Galleria
delle Opere
René Lalique, creatore di
gioielli e di vetri, nasce il 6 aprile 1860 ad Aÿ nel Dipartimento della Marne,
da Jules Lalique e Olympe Berthellemy. Da ragazzo inizia a studiare disegno al
Collegio Turgot a Parigi, per poi continuare al Collegio Barbe a
Fontenay-sur-Bois. Rimasto orfano del padre, ancora sedicenne viene mandato
presso il gioielliere Louis Aucoc, che gli insegna le tecniche
orafe; intanto prosegue i corsi serali di disegno e modellato alla Scuola d'arte
decorativa di Parigi, che lascia nel 1878 per trasferirsi due anni a Londra,
dove segue i corsi professionali di oreficeria e disegno alla famosa Scuola
d'arte di Sydenham. Al suo ritorno a Parigi nel 1880, inizia a lavorare
progettando nuovi modelli per rinomati gioiellieri parigini, come Aucoc, Acno,
Cartier, Gariod, Jacta, Renn e Destapes. Da quest'ultimo, nel 1886, Lalique
preleva la piccola ditta, diventando fabbricante di gioielli egli stesso.
Subito, ingrandendo l'attività, si trasferisce prima al 24 di rue du
Quatre-Septembre, poi, aumentato il suo giro d'affari, nel '90 si trasferisce al
20 della rue Thérèse in un'ampia sede per la quale egli stesso disegna
l'arredamento. La creatività di Lalique va oltre i materiali preziosi e il
mestiere dell'orefice. Non sono infatti solo le perle, le pietre e i metalli
preziosi a dar valore ai suoi gioielli; egli utilizza vari materiali, come il
corno, l'avorio, la tartaruga, la madreperla, il bronzo, lo smalto, l'agata e il
vetro. Le linee curve e sinuose Art Nouveau trovano
nei gioielli del maestro una raffinata interpretazione. In ogni oggetto -
parures, pendenti, diademi, colliers, pettini, anelli e bracciali - si fondono
magistralmente arte e fantasia, raffigurazioni di animali fantastici o di donne
fatali, temi inusitati in gioielleria che trascendono il gusto del momento e il
capriccio femminile. Tra le schiere di entusiasti ammiratori, le attrici Sarah
Bernhardt e Julia Barthet, per le quali Lalique, assecondandone la personalità,
crea gioielli straordinari che le attrici sfoggiano anche sulla scena. Anche
importanti uomini d'affari collezionano i suoi gioielli, fra questi il
finanziere turco Caluste Sarkis Gulbenkian, che tra il 1900 e 1903 raccoglie
oltre 150 pezzi, ora esposti alla Fondazione del museo omonimo a Lisbona.
All'Esposizione Universale di Parigi del 1900, dove espone con altri
grandi maestri del vetro Art Nouveau, quali Emile Gallé e Antonin Daum, è
premiato per le sue originalissime opere e riporta un successo che diventa ben
presto di fama mondiale. I suoi gioielli sono considerati un'alta espressione
dell'arte decorativa, appartenendo all'architettura, alla scultura, alla pittura
e alla vetreria insieme.
Le prime ricerche sul vetro di René Lalique datano 1890, quando realizza i suoi
elementi per i gioielli intervenendo con le tecniche della smaltatura e
dell'incisione al touret. Lalique, sempre più interessato alle esecuzioni in
vetro, è incoraggiato dalla critica di Jules Heurivaux, direttore della
manifattura Saint-Gobain, che gli fornisce i blocchi di cristallo necessari ai
suoi lavori; incomincia a creare vasi e coppette con la tecnica della cera
persa, che espone - in una vetrina da lui stesso ideata e che contiene una
trentina di pezzi - al Salone di Parigi nel 1901 (userà la stessa vetrina l'anno
seguente all'Esposizione Internazionale di Arti Decorative Moderne di Torino).
Verso il 1902 apre un nuovo atelier a Clairefontaine, piccolo centro nei pressi
della foresta di Rambouillet, dove inizia a produrre in serie vetri dalle forme
da lui inventate, con le tecniche del vetro soufflé-moulé (soffiato dentro uno
stampo in metallo con la canna a bocca, ma nel caso di Lalique, il più delle
volte per mezzo di un tubo di gomma con un rubinetto regolabile, collegato
all'impianto, che immette direttamente aria compressa nella canna), e
moulé-pressé (il vetro o cristallo allo stato vischioso - bolo, viene pressato
in uno stampo in metallo tramite uno stantuffo).
Lalique mette così la macchina al servizio dell'arte per realizzare dei pezzi
quasi industriali, riservandosi però una finizione artigianale di lavorazione a
freddo. Questa comporta il taglio al collo o alla base del vaso, la pulizia alla
mola per eliminare costolature o sbavature, in certi casi l'arricchimento della
decorazione mediante l'incisione ad acido, o al getto di sabbia, oppure
servendosi della tecnica del depolire (smerigliatura o satinatura), che rende il
vetro più contrastato e leggibile. Un'operazione complementare può essere la
smaltatura, come annerire i pistilli dei fiori, i gambi di certi vetri e qualche
motivo decorativo (operazione seguita poi da una cottura in forno a bassa
temperatura). Altro intervento abbastanza frequente è la patinatura, consistente
nell'applicare a pennello un velo di smalto colorato per dare più rilievo al
decoro; possiamo perciò trovare vasi dello stesso modello con patina di
diverso colore.
Questo procedimento permette di variare all'infinito gli effetti di materia e di
trasparenza; ma ha lo svantaggio che, non essendo fissato a caldo, con il tempo
e i numerosi lavaggi è facile che questo velo di smalto vada scomparendo.
Sempre nel 1902 si inaugura a Parigi in Cours la Reine (oggi al n. 40 di Cours
Albert I) la Maison Lalique, adibita ad atelier di disegno e a luogo di
esposizione, nota per la porta con figure d'atleti in bassorilievo in vetro
traslucido, all'avanguardia per il gioco dei bianchi e dei satinati opachi.
Con l'apertura di una nuova fabbrica a Combs-La-Ville vicino a Fontainebleau,
nel 1909, René Lalique, nel contempo artista verrier e abile uomo d'affari,
ormai avviato ad un grande successo internazionale, comincia a disegnare e
produrre per il profumiere Coty i primiflacons: L 'effeurt,
Ambre antique, Stiyx, Cyclamen. Con gli anni si aggiungeranno altri
modelli realizzati in migliaia di pezzi, evaderà ordinazioni, oltre che per Coty,
per D' Orsay, Rigaud, Arys, Roger & Gallet, Worth e molti altri. Ai flaconi
faranno seguito i vaporizzatori e tutta una serie di scatole portacipria.
Il 1912 è l'anno in cui Lalique smette la lavorazione dei gioielli con materiali
diversi e si consacra unicamente al vetro. La varietà dei suoi vetri sembra
infinita, è sempre lui a studiare e a disegnare la maggior parte dei modelli,
vasi, coppe, piatti, statuine, orologi, soprammobili, candelieri, caraffe,
bicchieri, bomboniere, scatole,garnitures de toilette, portacenere, brucia-pro-
fumi, specchi, porta-ritratti, oggetti religiosi, calamai, buvards, boccette,
presse-papier, bouchons de radiateur, gioielli in vetro. Opere a cui dà un nome
e un numero, verificabile nei cataloghi R. Lalique del 1932 e
nell'esauriente catalogo ragionato R. Lalique di Félix Marcilhac del 1989.
Incomincia nel 1920 l'originale lavorazione dei bouchons de radiateur (molti
modelli senza l'apposita avvitatura in metallo cromato diventano presse-papiers
o ferma-libri). Sono piccole sculture in vetro o in cristallo per automobili
private, ma nel 1926 riceve anche un'ordinazione da parte di André Citroën per
lanciare la nuova 5CV; le sue esecuzioni più famose: Comète, Faucon, Tête de
belier, Vitesse, Perche, Cinq che-vaux, Paon, Granouille, Mustang, Archer, Tête
de cerf, Libellule, Victoire (ora Spirit of the wind), Tete d 'aigle
(modello del '28 che piacque a Hitler e se ne servì come regalo ad alcuni suoi
generali); alcune di queste mascottes, montate con una piccola lampada alla
base, diventano un punto luce di notte. Anche nel settore dell'illuminazione
Lalique realizza splendide opere: lampade da tavolo, lampadari, plafoniere,
appliques, veilleuses. All'éclairage si interessa sin dal 1905, ma è nel 1920
che manifesta tutto il suo talento, specie in quelle sculture in vetro spesso,
montate su uno zoccolo in bronzo - in cui si trova la lampadina che illumina il
vetro - creazioni personalissime, tra cui Suzanne au bain, modello creato
nel '25, in catalogo n. 833 (lo stesso modello eseguito in cera persa porta in
catalogo il n. CP 411), Thaïs (detta anche Suzanne II) modello del
'25, in catalogo n. 834; Oiseau de feu, del '22 in catalogo con il n.
1111; modelli questi che Lalique fa eseguire, anche senza l'illuminazione, su
base in vetro come centri-tavola.
Le opere d'illuminazione, esposte nei vari Saloni, gli valgono da parte della
critica dell'epoca l'appellattivo di magicien de la lumière. Lalique deve
la sua riuscita alla tecnica del vetro modellato in forma: partendo dalle radici
Art Nouveau e giungendo alle forme Art Déco, sviluppa verso il 1920 una vasta
produzione di vetri opalescenti (circa il 90% della sua produzione), che
presentano una superficie perlacea, con una misteriosa lucentezza che sfuma nel
blu.
Altre opere sono in vetro bianco, a volte satinato quindi non lucente, per
questo chiamato blanc traditionel. Solo eccezionalmente prima del 1914 Lalique
utilizza vetro colorato, in seguito con vetro colorato nella massa realizza
varianti di modelli precedenti fabbricati in bianco semi-trasparente, satinati o
brillanti, oppure patinati. A partire dal '21 certi modelli vengono creati sia
in vetro opalescente che colorato (questi ultimi sono ricercati quasi come le
sue rarissime opere a cera persa, anche se il loro numero sul mercato è di gran
lunga superiore). I colori ottenuti con l'aggiunta di vari ossidi metallici al
composto di base, assumono tonalità che vanno dall'ambra all'aranciato, dal
rosato al rosso rubino, dal bruno o grigio fumé al nero, dal verde giada al
verde smeraldo, fino al blu intenso. Il medesimo modello può presentare delle
varianti di intensità di tinta dovute alla fusione. I vetri inoltre possono
assumere aspetti particolari quando con la canna si
preleva da un crogiolo vetro in fusione colorato, da un altro del bianco
opalescente e, secondo la sequenza di immissione nello stampo, la materia
opalescente può fare da base al colore o viceversa. Il vetro opalescente di
Lalique deriva da una modifica apportata alla tecnica collaudata dai veneziani
all'inizio del Cinquecento: il vetro lattimo, ottenuto inserendo nel composto
vetroso a base di potassio polveri d'ossa calcinate o con l'ossido di stagno o
con quello d'antimonio.
Lalique aggiunge ossido di piombo nella percentuale del 12% (ottenendo un
demicristal), e inoltre miscela fosfati di ossidi di fluoro, d'alluminio e di
manganese, spesso insieme ad una piccolissima percentuale di cobalto, che è
quella che dà la sfumatura blu del riflesso. Questi pezzi presentano a volte le
parti in rilievo più opache dello sfondo, ciò è dovuto al fatto che il grado di
opalescenza dipende dalla velocità di raffreddamento della superficie esterna
rispetto all'interno. Intorno agli anni '20 Lalique riprende la lavorazione dei
gioielli in vetro, creando con successo numerosi pendentifs da indossarsi
sospesi ad un semplice cordoncino di seta. La lavorazione si estende ad anelli,
bottoni, bracciali (i cui elementi forati sono tenuti assieme da una doppia fila
di elastici), broches, fibbie per cintura, colliers e spille. I motivi
decorativi, simili a quelli dei suoi oggetti, rappresentano figurine per lo più
danzanti, angioletti, naiadi, maschere, meduse o anche vari animali: dai cervi,
alle cicogne, alle farfalle e fiori e foglie stilizzate. Nel 1921 Lalique apre
una nuova fabbrica a Wingen-sur-Moder in Alsazia, affidandone la direzione al
figlio Marco. Questo nuovo stabilimento all'inizio ha una produzione
complementare alla vetreria di Combs-La-Ville, in seguito, attrezzandosi con
macchinari più moderni che rendono più rapida la lavorazione e meno costoso
l'oggetto, produce soprattutto pezzi semplici e destinati alla tavola, con tale
successo che gli iniziali 50 operai diventano 400 nel 1940.
Contemporaneamente a Combs-La-Ville si continua la produzione dei pezzi di
qualità più artistica, ed è René Lalique stesso ad eseguire i pezzi unici,
ottenuti con il procedimento lungo e costoso della cera persa. Durante tutta la
sua carriera realizza poco più di seicento modelli. La maggior parte in un solo
esemplare, altre volte le prove dello stesso modello arrivano a sei, in altri
casi, la richiesta dei collezionisti induce Lalique a rifare più volte
l'impronta utilizzando la stessa tecnica. Solo in rari casi le cere perse non
sono firmate, generalmente la firma incisa alla ruota si trova sotto la base.
Tra i più famosi vasi della manifattura Lalique: Serpent (n. 896) in
vetro bianco soufflé-moulé, anche patinato o in vetro colorato, h. 26 cm,
modello creato nel 1924, non più in produzione dopo il 1947; Cluny
(n. 961, anche chiamato Due maschere con anse in bronzo) in vetro
fumé-soufflé-moulé, anche in vetro colorato, h. 26 cm, modello creato nel 1925,
non più in produzione dopo il 1947; Danaides (n. 972) in vetro bianco
moulé-pressé patinato, o opalescente, anche in vetro colorato fumé, h. 18,5 cm,
modello creato nel 1926, non più in produzione dopo il 1947; Tourbillons
(n. 973) in vetro bianco moulé-pressé smaltato, anche in vetro colorato giallo,
h. 20 cm, modello creato nel 1926, dal 1947 resta in produzione fino al 1951 con
il n. 2003; Bacchantes (n. 997) in vetro bianco moulé-pressé patinato, o
opalescente, anche in vetro colorato fumé, h. 25 cm, modello del 1927, dal 1947
resta in produzione fino al 1951 con il n. 2005, tuttora in produzione;
Palestre (n. 1012) in vetro bianco soufflé-moulé satinato, h. 40,5 cm,
modello creato nel 1928, non più in produzione dopo il 1947; Salmonidés
(n. 1015) in vetro bianco soufflé-moulé patinato, anche in vetro colorato, h. 29
cm, modello creato nel 1928, non più in produzione dopo il 1947.
René Lalique nella sua lunga carriera crea opere monumentali; celebri le sue
fontane di cui si conoscono venti modelli in vetro pressato, il più delle volte
con strutture in nichel.
Nella manifattura si eseguono anche pannelli ed elementi per mobili e per
l'architettura, noti i pannelli decorativi per porte di edifici e per la
Compagnie Internationale des Wagons-Lits, ed anche gli arredi per
transatlantici. Verso gli anni Trenta hanno successo i tavoli da pranzo in vetro
bianco o giallo pressato, con montature in metallo cromato, o anche i deliziosi
guéridons, tutti in vetro stampato, oppure con il solo piano in vetro inciso al
getto di sabbia e la base in palissandro.
Non poche sono le installazioni e gli elementi di architettura religiosa: è tale
la reputazione di Lalique che architetti e scultori gli chiedono di realizzare
in vetro le loro opere commissionate dalla
chiesa. Ma spesso è lui stesso a progettare: nel '31 l'arredamento di un 'intera
cappella all' Avana richiestagli da un ricco committente di Cuba; nel 1932 tutto
il complesso - altare, grande croce, candelieri, porta a due battenti, pannelli
decorativi, colonne, fonte battesimale, tavolo, appliques, lampadari e vetrate -
per la chiesa di Saint- Matthew a Saint-Hélier nell'isola di Jersey; altri
altari e pale sono eseguite per chiese in Francia; tra le vetrate, quelle dei
trittici raffiguranti angeli, collocate nel 1925 nella chiesa di Saint-Nicasie
du Foyer Ré-mois a Reims. Un'importante Via Crucis i cui pannelli misurano 63 x
54 cm realizzata nel 1930 per la chiesa di Sauchy-Lestrée nella regione di
Pas-de-Calais.
I suoi collaboratori più attivi sono il modellista Maurice Bargelin, i
disegnatori Chardon, Barette e Riard e il maestro vetraio Pierre Girre. Questi,
dopo essere stato apprendista da Décorchemont, presta la sua opera da Lalique
dal 1915 al 1926, apportando utilissime innovazioni tecniche, poi lavora in
proprio firmando i vetri con il nome d 'arte Pierre D 'Avesn.
Con le sue creazioni estrose e moderne, Lalique suscita l' interesse della
critica e dei collezionisti, numerosi giornali e riviste specializzate gli
dedicano articoli con commenti lusinghieri e sottolineano la sua presenza alle
mostre e alle esposizioni: Esposizione Universale di Parigi del 1889 (gioielli);
Esposizione Universale di Bruxelles del 1897 (gioielli), dove ottiene il Grand
Prix; Esposizione Universale di Parigi del 1900 (gioielli); Esposizione al Salon
di Parigi del 1901 (gioielli e i primi vetri); Esposizione Internazionale di
Arti Decorative Moderne di Torino (gioielli e vetri); Esposizione Universale di
Saint-Louis del 1904 (gioielli e vetri); Esposizione al Pavillon de Marsan di
Parigi del 1906 (decori ricamati realizzati su suo disegno dalla collaboratrice
Ory-Robin, centri tavola in argento e vetri); Esposizione Internazionale di Arti
Decorative Moderne di Torino nel 1911 (gioielli e vetri); Esposizioni al Musée
Galliéra di Parigi (dal 1912 solo più con i vetri).
All' Esposizione Internazionale di Arti Decorative di Parigi del 1925 è
presidente per la sezione vetreria...Società degli Artisti Francesi a Parigi
(dal 1912 solo più con i vetri); Saloni degli Artisti decoratori di Parigi (dopo
il 1912 solo più con vetri); Esposizioni al Musée Galliéra di Parigi (dal 1912
solo più con vetri). All' Esposizione Internazionale di Arti Decorative di
Parigi del 1925 è presidente per la sezione vetreria.
Oltre ad allestire il suo stand, che ottiene un enorme successo, viene
incaricato di decorare in vetro con porte, pannelli, fregi e lampadari, non
pochi pavillons di altre ditte espositrici. Inoltre realizza su richiesta del
Comune di Parigi la monumetale fontana Sources de France, composta da 128
cariatidi, smontate a fine esposizione e vendute separatamente.
Partecipa al gruppo degli artisti della Galleria di Géo Rouard esponendo in
permanenza. Infine espone alla Biennale di Milano del 1936 e lo stesso anno al
Metropolitan Museum di New York; nel
1938 alla Fiera di Belgrado e nel 1939 all' Esposizione Internazionale di New
York, ultima mostra del maestro in vita.
Numerosi artisti e varie marche hanno seguito la via tracciata da Lalique,
usando le stesse tecniche, con risultati abbastanza somiglianti, fra questi:
Sabino, Etling, Hunebelle, Genet & Micon, Verlux e l'inglese Arthur Jobling,
nonché alcuni vetrai boemi (di questi ultimi, alcuni modelli portano la firma
apocrifa del maestro).
Il figlio Marco (1900-1977), alla morte del padre nel 1945, assume la direzione
di tutte le manifatture. Mantenendo in produzione alcuni modelli del padre, crea
nuovi modelli disegnandoli egli stesso. Oggi la firma Lalique è diretta dalla
nipote Marie Claude, figlia di Marco, che continua la tradizione del nonno
illustre, progettando creazioni contemporanee.
I lavori di René Lalique fino al 1945 portano la firma R. Lalique (in qualche
eccezione senza la R), a volte seguita da France, in stampatello, ottenuta
previo stampo o in corsivo, incisa alla piccola ruota, spesso seguita da un
numero che contraddistingue il modello; con la scomparsa di René, quando la
direzione passa al figlio, viene abolita definitivamente l'iniziale R e i vetri
portano da allora la scritta Lalique France.
Franco Borga
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