Il Vetro nel corso dei secoli

 

 

Franco Borga

 

 

 

 

Nell'arte del vetro i periodi comprendenti l'Art Nouveau e l'Art Déco rappresentano il momento più appassionante per chi ama i vetri. Tra il 1880 e il 1930, tutta una generazione di artisti ed artigiani, rinnovando tecnica e creazione; raggiungendo il culmine della bellezza nella realizzazione delle loro opere, hanno dato al vetro d'arte un'impronta e un'importanza che prima non aveva.

Ma è impossibile parlare del vetro senza ricordare lo sviluppo e l'espansione che Venezia diede a quest'arte, e, più indietro ancora nel tempo, citare il Medio Oriente, dove il vetro ha le sue origini, l'Egitto, dove si migliorarono gli effetti della lavorazione e la Roma imperiale che ne trasformò radicalmente la tecnica.

Si dice che la lavorazione del vetro sia nata in Mesopotamia, dove il vetro è stato impiegato nella fabbricazione di diversi tipi di oggetti fra il 3000 e il 2000 a. C.

Raccogliendo storia e leggenda tramandata nei tempi, nel I° secolo d.C. Plinio il Vecchio nel libro XXXVI della Naturalis historia, racconta che marinai fenici scopersero il vetro casualmente quando, gettando del salnitro nel fuoco acceso alla foce del fiume Belus, videro uscire dalla fiamma un fluido denso e vischioso: ed era il vetro formatosi dall'associazione ad alta temperatura del salnitro con la sabbia.

Una grande svolta è determinata dall'invenzione della canna da soffio, ancora tra i Fenici o comunque in area siro-palestinese, verso il I° sec. a.C.: una tecnica che consente di assottigliare la superficie modellata e permette una produzione più accelerata, con notevole risparmio di tempo rispetto alla lavorazione per fusione a stampo, la famosa pasta di vetro, in cui eccelsero per maestria gli Egizi ai tempi dei Faraoni.

I reperti archeologici dimostrano che questi antichi popoli avevano una ricca e raffinata produzione, che spesso ha influenzato per tema, forma o stile, sia i maestri esecutori della Venezia rinascimentale, sia i maestri del Novecento.

Altri interessanti esemplari che si possono ammirare nei musei, sono i vetri dell'Alto Medioevo, fino all'epoca del gotico (periodo in cui l'architettura determina la diffusione in Europa delle vetrate policrome legate a piombo, già esistenti nella produzione islamica e nella Roma imperiale), ma bisognerà aspettare la Venezia del '400, in cui ferree leggi regolamentavano il lavoro delle vetrerie, per vedere svilupparsi una vera industria del vetro senza precedenti. Venezia con le sue lavorazioni per quattro secoli conquistò l'intero mercato mondiale e fece scuola.

 

 

I Veneziani

Da grandi navigatori quali erano, i veneziani, commerciando i prodotti d'Occidente con il Medio Oriente, importavano i vetri e li vendevano con alti profitti in Europa; fu così che pensarono anche di fabbricarli. Per apprenderne la lavorazione e i segreti, dapprima inviarono nei luoghi di produzione giovani veneziani, ma quasi certamente reclutarono e portarono nella Serenissima Repubblica artigiani da Bisanzio, Damasco, Alessandria d'Egitto e forse anche da Atene. Al tempo dell'espansione del dominio arabo, l'Islam provocò quasi un'unificazione di stili; anche se si svilupparono nuovi motivi decorativi ispirati al Corano, le affinità dei vetri prodotti allora nel bacino del Mediterraneo divennero tali che era pressoché impossibile trovare la differenza tra un vetro persiano e uno egiziano, e questa influenza fu sentita anche in laguna, dove, almeno nei primi tempi, le stesse affinità si manifestarono.

Dopo questo primo ingresso veneziano nell'arte del vetro, si tese alla riorganizzazione delle forze nel campo della vetreria: per secoli ci sarà una diaspora di trasmigrati veneti che andranno un po' ovunque, là dove la nascita di una vetreria richiedeva abili esperti.

L'estrema importanza che la Repubblica veneta accordava alle sue vetrerie fece sì che fin dal 1292 le autorità riunite sotto l'ordine del Gran Consiglio decidessero di trasferire le vetrerie sull'isola di Murano, con lo scopo di esercitare maggiori controlli, decisione che permise per lungo tempo di mantenere i vetrai legati nelle Corporazioni locali, e di impedire la fuga a chi era disposto ad offrire tecniche e segreti al servizio della concorrenza. L'impedimento ai vetrai di espatriare implicava il rischio, se sorpresi, di incorrere nella pena capitale; rischio che però non frenò le emigrazioni volontarie di artigiani che andarono per il mondo a cercare fortuna e maggiori guadagni, contribuendo alla divulgazione di quest'arte.

Nel corso dei secoli, in ogni stile o periodo, si instaurò dalla Boemia alla Spagna, dalla Germania all'Inghilterra, dalla Francia ai Paesi Scandinavi, il termine à la facon de Venise, tanto furono grandi e determinanti l'influenza e la tradizione veneziane.

 

 

Bernard Perrot

Allo sviluppo dell'arte vetraria nell'intera Europa contribuì Altare presso Savona, centro noto fin dal Medioevo e forse più antico della stessa Murano; fin dall'inizio del 1500 da queste fornaci partirono artigiani, prima per la Francia, poi verso tutte le destinazioni. Nel XVII secolo, il maestro di Altare Bernardo Perrotto, divenuto poi in terra francese Bernard Perrot (morto nel 1709), lavorò a Nevers e ad Orléans. Egli può essere considerato non solo il maggiore divulgatore, ma anche un grande interprete dello stile veneziano, nonché artista di molte invenzioni. Al suo insegnamento si devono i risultati raggiunti nel 1637 nella Galerie des Glaces a Versailles, con un nuovo procedimento di fusione detto coulage du verre sur table, invenzione riconosciutagli anche dall'Accademia francese delle Scienze. Da allora fu possibile la produzione di grandi lastre di vetro per finestre e per specchi, in sostituzione dei piccoli formati soffiati dei tipi detti a cilindro o a corona. Il diminuito costo delle lastre di vetro modificò in architettura le dimensioni delle finestre, che da piccole e strette divennero ampie e luminose. Ma la scoperta di Bernard Perrot non si limitò al procedimento delle lastre: utilizzando la stessa tecnica gli fu possibile realizzare autentiche opere d'arte, oggetti decorativi e ornamentali, e addirittura ritratti fusi e modellati a stampo (noto quello di Luigi XIV, realizzato verso il 1688, ora al Musée des Beaux Arts a Orléans).

 

 

Il cristallo

A Venezia va riconosciuto il merito di aver creato, agli inizi del 1500, un vetro perfettamente incolore, il "cristallo", che a Venezia prese il nome di "vetro cristallino" e che diventerà di capitale importanza nella storia del vetro: più solido, più spesso, più prossimo al costoso minerale già conosciuto, il cristallo di rocca.

Ma la vera straordinaria invenzione del cristallo, perfettamente migliorato, va attribuita all'inglese Georges Ravenscroft, quando, verso il 1674, le sue esperienze lo portarono con successo alla messa a punto del cristallo al piombo. Il piombo era già conosciuto come un eccellente materiale per lega e fusione: gli Italiani del Rinascimento già l'utilizzavano, mescolandolo al vetro in fusione, per imitare le pietre preziose, ottenendo un indice di rifrazione elevata e fedele.

Ravenscroft ne aveva sperimentato l'utilizzo avendo lavorato per diversi anni a Venezia, dove fece il suo apprendistato. Ritornato in patria, ricco di un grande bagaglio tecnico e scientifico, al servizio di Sir Robert Mansell, direttore della "Worshipful Company of Glass Sellers", continuò ad approfondire le sue ricerche, fino a giungere ad una rivoluzionaria scoperta.

In Italia abbondava il legname per alimentare i forni, contrariamente all'Inghilterra, dove una legge del 23 maggio 1615, per penuria di boschi, aveva vietato l'uso del legname per scopi industriali e imposto come combustibile per i forni delle vetrerie il carbone, abbondantemente estratto dal sottosuolo. Ravenscroft dovette perciò cambiare i metodi di lavorazione perché la pasta vitrea in fusione si sporcava e l'utilizzazione del carbone sprigionava polveri e ossidi indesiderati; fu costretto a ricorrere alla chiusura dei pots infornati. Questa fu una fortunata decisione, poiché, chiudendo i pots, si provocò una maggiore concentrazione di calore: fu l'elemento chiave che al maestro mancava, e che gli permise di produrre l'illustre "cristallo". Cristallo piombico, questo inglese, non calcico come il cristallo veneziano, non potassico come il cristallo boemo.

 

 

Il Settecento e la divulgazione del vetro

Il XVIII secolo vide nascere le grandi manifatture di vetreria e cristalleria, che si imposero e diventarono celebri marche, le cui produzioni spesso continuarono nell'Ottocento; alcune, tuttora operanti, sono diventate fabbriche che producono con l'aiuto dell'alta tecnologia. Queste marche, fabbricando principalmente gobeleteries e attenendosi quasi sempre ad una produzione utilitaria o di lusso, solo raramente hanno prodotto oggetti artistici. Da citare le francesi Baccarat (fondata nel 1764) e Saint-Louis (fondata nel 1767), le norvegesi Nöstetangen (fondata nel 1741) e Hurdals Verk (fondata nel 1755), la svedese Kungsholmen (fondata sin dal 1670), in Russia la Manifattura di Pietro il Grande promossa dallo zar nel 1730. In Italia, Austria, Germania, Belgio e Spagna furono tante le piccole e medie manifatture attive, sparse un po' ovunque; così come in Inghilterra dove i vetrai ormai celebri continuarono la loro tradizione, che darà loro nell'Ottocento grandi meriti. Di ampia reputazione godette la Boemia a partire dal XVIII secolo, reputazione che continua ai nostri giorni. Praga giocò un ruolo determinante in contrapposizione a Venezia: il suo cristallo, semplicemente chiamato "Boemia" veniva lavorato e intagliato in molte vetrerie (per l'arte dell'intaglio va ricordato il boemo Kaspar Lehman 1570-1622 che fu il primo in Europa ad usare la mola per decorare il vetro e il cristallo).

La prima grande manifattura sorta negli Stati Uniti fu fondata da Gaspar Wistar, nel New Jersey, nel 1739; la seconda fu quella di Henry William Stiegel, nel 1780; a Manheim, una terza in ordine di tempo, fu fondata da John Friedrih, nel 1784; e a Amelung, nel Maryland, ne sorse una sotto la denominazione di New Bremen Glass Factory, nel 1790.

Con l'imponente produzione per usi domestici e ornamentali iniziata nel Settecento, il vetro diventò un elemento indispensabile per la vita quotidiana, e la sua produzione si espanse un po' ovunque: la vetreria entrò così in tutte le case. Quella che è oggi l'umile bottiglia che gettiamo senza minimamente pensarci, ebbe un successo senza precedenti: è stato il vetro più ambito da ogni famiglia, specie le più povere, per l'utilità e la praticità nella conservazione dei liquidi, diventando oggetto di prima necessità.

Un particolare successo ebbero i lampadari in vetro soffiato e quelli in cristallo intagliato a gocce o lacrimoni, che raccogliendo i raggi con le loro sfaccettature, splendevano alla luce del sole o della fiamma viva dei ceri.

Il XVIII secolo fu anche il secolo che conobbe la diffusione del vetro al servizio della scienza, sviluppandosi la produzione di provette, alambicchi e lenti ottiche.

Accanto alle lavorazioni di largo consumo, nelle vetrerie dove operavano maestri vetrai, non sono mai cessate le creazioni individuali e le esecuzioni artigianali di vetri artistici, ben distinti dai lavori sia pur definiti di lusso, ma prodotti su larga scala.

 

 

Un nome prestigioso nella storia del vetro: i Barovier

L'intramontabile famiglia dei vetrai veneziani Barovier pose le sue radici agli albori del vetro a Murano. Barovier, per la vetreria d'arte, è il nome più antico, ma è anche il più contemporaneo, perché la tradizione dei Barovier è tuttora attiva. Un famoso Barovier dal nome Angelo morì nei 1460, legando il suo nome alla famosa coppa nuziale ora al Museo del Vetro a Murano, ma anche ad altre opere conservate al Museo del Louvre. Attivi nel XV e XVI secolo, i figli Marino e Marietta, oltre a Salvatore, Angelo e Giovanni; e vi è un Domenico Barovier che nel XVII secolo impiantò la sua vetreria a El Escorial in Castiglia. Nel XIX secolo troviamo Antonio, Giovanni, Giuseppe e Benvenuto, collaboratori di Salviati. Nel nostro secolo i Barovier, Nicolò ed Ercole (1889-1974) e il figlio Angelo pittore e designer, sono figure emergenti nella vetreria d'arte muranese, maestri che con la loro abilità e inventiva hanno confermato quanto di bello e prezioso si possa fare con questa millenaria arte.

 

 

I radicali cambiamenti dell'Ottocento: gli stili e il colore.

Se la maggior parte delle opere in vetro del Settecento erano caratterizzate dal taglio, dall'incisione e dalla molatura, escludendo quasi del tutto la decorazione a smalto, che aveva rappresentato l'elemento caratteristico nei secoli precedenti, importanti e radicali cambiamenti avvennero anche nell'800, quando la chimica entrò in modo sostanziale in vetreria, apportandovi innovazioni tecniche, nonché arricchimenti estetici e cromatici. Accanto alle tecniche tradizionali, se ne aggiunsero di nuove e vi fu il recupero totale di quelle antiche, di cui aumentarono notevolmente le possibilità espressive: ciò che contribuì maggiormente alla trasformazione, caratteristica che da ora in poi si identificherà in stile, è stata l'introduzione del colore.

L'Ottocento, per la prima volta nella storia del vetro, è il secolo che dà autonomia alla datazione delle opere: queste sono concordi con lo stile in auge. Già nel Settecento il vetro aveva seguito parzialmente gli stili: vi troviamo lampadari Luigi XV, e anfore neoclassiche, con bicchieri e altri oggetti, ma siamo ancora al tempo in cui maestri e artigiani svolgevano opera individuale piuttosto che conformarsi agli stili del momento. Questo a maggior ragione e con frequenza avveniva nei secoli precedenti; pertanto nella catalogazione e datazione di un vetro antico, più che il riferimento al modello, è necessario lo studio del lessico tecnico-decorativo.

Nel 1820, negli Stati Uniti, si inventò la lavorazione dei vetri pressati, metodo che vent'anni dopo si sviluppo' in Europa, permettendo ai fabbricanti di ampliare la produzione, e riducendo di molto i costi dei vetri detti di lusso. Il metodo del vetro pressato dentro uno stampo diventerà lavorazione artistica nel Novecento quando René Lalique l'adotterà per la sua massiccia produzione.

Con l'apporto della scienza, fisica e chimica, il colore entrò, all'inizio dell'800, nella vetreria artistica, per restarvi da protagonista in quel tempo lunghissimo che intercorre tra il Primo Impero e l'ultimo Déco, per interrompersi definitivamente negli anni '40 e '50. Nel XIX secolo, non si sviluppo' solo il vetro rubino di Kunchel (il cui metodo di fabbricazione risale al 1679), ma la scoperta della litialina (lithyalin) rese possibile in vetreria l'imitazione di tutta la gamma delle pietre colorate; fu soprattutto possibile operare attraverso gli impasti, colorando il vetro nella massa, tramite gli ossidi di metallo, e anche colorare o patinare il vetro esternamente, non più solo con i tradizionali smalti, ma con il nuovo procedimento degli acidi mordenti.

Il vetro o cristallo incolore poteva così essere soffiato a tinte piene o a più colori, con l'innovazione di variegate striature e sfumature.

La smerigliatura e l'opacizzazione, grazie all'uso di polveri d'osso, riuscì a creare sempre di più l'effetto di somiglianza alle pietre dure.

 

 

Stili e espressioni dell' Ottocento

Ovunque, in ogni centro vetrario, si sono create, colorando, dorando, finemente cesellando e molando ad altissimo livello, opere che variano dal più severo Impero (1810-1820) al raffinato Biedermaier (1820-1830), attraverso il Romanticismo (1830-1850 circa), periodo in cui apparvero i caratteristici temi riuniti a medaglione, le ghirlande e le decorazioni allegoriche, fatti storici e contemporanei, e tutta una ripresa del passato che va dal Rococò all'antica Roma.

In Germania, con la forte crescita borghese, si ricrearono i vecchi modelli del Rinascimento tedesco a smalto, e le riprese dei "Römer", lavorati nella tipica maniera con bugne e fili, e certi boccali da birra "Gambrinus" istoriati.

È anche l'era in cui sbocciarono i decorativi presse papiers, tanti millefiori e anche fini ritratti, diffusi con spietata concorrenza da Clichy, Baccarat, Cristallerie di Sèvres, Powell Glass, Saint-Louis, Val-Saint-Lambert, Murano.

Con lo stile Luigi Filippo ritornarono in auge vecchie tecniche dimenticate: nel 1839 l'Associazione per il Progresso Industriale Prussiano, dopo aver indetto un concorso, premiò il maestro Franz Pohl, che aveva riportato in lavorazione l'antica tecnica veneziana del "reticello". Un altro maestro, l'inglese John Northwood, nel 1876, ottenne un importante premio in denaro dalla Manifattura Benjamin Richardson di Stourbridge, per un'opera che era la copia perfetta di un vetro d'arte dell' antica Roma, il famoso "vaso di Portland", risalente alla seconda metà del I sec. d.C. (conservato al British Museum di Londra).

L'esecuzione di Northwood è passata alla storia come l'opera a cui tecnicamente più si è guardato. Il vaso Portland, in vetro blu scuro, ricoperto da un secondo strato bianco opalino, è stato inciso tagliando le mitologiche figure in positivo, e asportando il restante strato bianco per ritrovare il fondo, il primo strato blu scuro; è stato così eseguito il primo vetro della storia moderna, detto "cammeo".

 

 

Dalla prima Esposizione Universale al preludio dell'Art Nouveau

L'Ottocento è il secolo che vide le prime mostre internazionali, organizzate con regolarità dal 1851, poi luoghi di incontro e di commercio per ditte, manifatture e firme.

Alla Esposizione Universale del 1867 a Parigi ebbero successo i vetri italiani della Società Salviati di Murano, che si rifacevano ai modelli antichi veneziani; sempre nel 1867 in occasione della fondazione del Museo di Arti Applicate di Berlino, venne acquistato il considerevole numero di 400 vetri della Società Salviati.

All'Esposizione Universale del 1873 a Vienna destarono viva impressione i vetri dipinti a smalto dal francese Philippe Brocard, rivisitazione di temi e modelli islamici, in particolare le lampade da moschea.

L'ultimo quarto del secolo fu il preludio dell'Art Nouveau: il vetro d'arte si avviava verso la rivoluzione industriale e le grandi creazioni individuali e artigianali; i suoi precursori erano già in cammino. Il celebre esteta Emile Gallé, nel 1874, dava avvio al suo primo periodo, quello detto "trasparente", influenzato inizialmente dal connazionale Brocard, e in seguito dal "vaso di Portland". Gallé avrà una carriera senza precedenti, influenzando con la sua arte una nutrita schiera di seguaci, che, partendo dalla sua scuola, sapranno con maestria personalizzare materia e lavorazione. Contemporanei di Gallé, vi troviamo i fratelli Daum dalle personali esecuzioni.

Vanno ricordati i maestri Paul Nicolas, fondatore della manifattura D'Argental dopo essere stato il braccio destro di Emile Gallé, la vetreria Belga Val-Saint-Lambert, André Delatte, i fratelli Pannier a l'Escalier de Cristal, De Vez, i Fratelli Schneider, Degué e per i vetri a cammeo Legras e i fratelli Muller.

Inoltre fanno storia a sé, René Lalique, Maurice Marinot, Thuret, D'Avesn, Amedee Duc de Caranza, Argy Rousseau, Walter, Decorchemont, Jean Sala, Model, Etling, Sabino, Coupy Auguste Heligenstein, senza dimenticare chi è stato anche il maestro di Gallé, Désiré Christian, inoltre la manifattura Loetz con le altre austriache e boeme, tra le quali Lobmeyr, Fritz Heckert, Moser, Palme-König & Habel, la Wiener Werkstätte, e Josep Rinaskopf & Söhne, infine l'americano Louis Confort Tiffany e la manifattura svedese Reijmyre.

 

 

I periodi Art Nouveau e Art Deco

Art Nouveau in Francia ma anche Art 1900, il periodo della Bella Epoque; Art Modern in Belgio; Arts and Crafts e Modern Style in Inghilterra; Jugendstil in Germania; Secessione in Austria; Floreale o Liberty in Italia, sono i diversi termini adoperati per indicare quel vasto movimento stilistico che nel periodo ufficialmente individuabile dal 1890 al 1914, si diffonde in tutto il mondo occidentale investendo i settori più diversi.

Nell'epoca in cui crescono le grandi città, si inventa la luce elettrica, si diffonde la rivoluzione industriale, dal "Simbolismo" si sviluppano nuovi mondi poetici, creati per dare risalto e valore alle arti decorative. Metamorfosi prodigiose, come, una donna-fiore, un letto-farfalla, un vaso-cipolla, un collier-ramo di pino, una lampada-ninfea o lampada-fungo, la trasformazione di stanze da bagno a motivi di ortensie, boiserie, arredi e sale da pranzo che assumono motivi floreali a decoro di iris - simbolo giapponese della vittoria e dello splendore -, orchidee, peonie, clematidi, o anche motivi di fantastici paesaggi. Da vetri, ceramiche, mobili e altri oggetti, emergono flora e fauna con montagne e laghi, foreste o boschi in clima autunnale o innevati, campi di grano o semplici spighe, papaveri, pommiers en fleurs e libellule sullo stagno.

Oscar Wilde (1854-1900) stesso spiega ... noi amiamo il giglio e il girasole perché questi due fiori deliziosi sono i modelli più perfetti del disegno, quelli quelli che si prestano maggiormente all'arte decorativa (Charles Spencer). Le caratteristiche comuni al movimento Art Nouveau si riassumono in motivi naturalistici, rifiuto dell'equilibrio creato dalla simmetria, esaltazione della linea curva, predominanza di spirali e volute, corrente mistica, spiritualismo, e un costante riferimento all'arte giapponese.

Sul grande portone in legno degli ateliers della Garenne a Nancy, Emile Gallé ha fatto intagliare Nos racines sont au fond de bois, au bord des sources, sur les mousses; da qui viene l'ispirazione dei processi germinativi che vanno a cristallizzarsi sui suoi vasi.

 

 

Arts and Crafts Movement: l'Inghilterra e gli albori di un nuovo stile

Il primo arredatore moderno è stato certamente William Morris (1834-1896), attivo fin dal 1861 a Londra, dove apre un negozio e mette in vendita per la prima volta nella storia tutto quello che può essere l'occorrente per il decoro di una casa. Disegnatore e creatore di mobili, tappezzerie, stoffe, tappeti, arazzi, ceramiche e vetri, nonché promotore e teorico di un nuovo concetto di architettura nazionale, impegnato nel ridare dignità alle arti minori e alle arti decorative.

Morris, dopo aver fondato poco più che ventenne la Morris Marshall Faulkner and Company, chiama tra gli altri in suo aiuto, per creare nuove decorazioni, i pittori Preraffaelliti Dante Gabriel Rossetti (1828-1882), Edward Bume-Jones (1823-1889) e Ford Madox Brown (1821-1893) che, con l'apporto dato alle arti applicate insieme al rivoluzionario Morris, spianano la strada all'Art Nouveau, essendone i predecessori. Morris in seguito è anche collaboratore di Arthur Lasenby Liberty (1843-1917). Questi, dopo l'apertura a Londra nel 1875 di un negozio di oggetti d'arte orientale, diventa il grande industriale che produce ed esporta mobili e un'infinità di oggetti in tutto il mondo, anche in Italia, dove il nuovo stile si imporrà con il nome dello stesso Liberty.

A questo primo sodalizio di innovatori inglesi, va aggiunto, per il suo apporto teorico fondamentale, lo scrittore d'arte e disegnatore John Ruskin (1819-1900) e vanno ricordati il pittore e decoratore Walter Crane (1845-1915), fondatore nel 1882 dell'Art Workers Guild, l'architetto Arthur Mackmurdo (1851-1942), fondatore nel 1883 del Century Guild, ed il pittore americano James Mac Neill Whistler (1834-1903) - quest'ultimo noto per la realizzazione nel 1876 della Stanza dei Pavoni (decorazione monumentale ora alla Freer Gallery of Art a Washington); nonché il poeta e scrittore Oscar Wilde portavoce e propagandista dell'Aesthetic Movement (famose le sue conferenze negli Stati Uniti nel 1887), corrente di gusto che investe in Inghilterra tutti i campi, dal rinnovamento architettonico alla trasformazione delle arti e mestieri, e che si può definire non solo il movimento precursore dell'Art Nouveau, ma anche del Costruttivismo e del Bauhaus, in cui si ricalcano le teorie di William Morris.
Nel 1878 a Parigi con la prima delle Esposizioni Internazionali dopo l'instaurazione della Repubblica, William Morris è presente quale fondatore a Londra, nel 1867, dell'Art Forniture Company; qui trasmette ai visitatori francesi e di altre nazionalità presenti la sua "arte nuova", per il cui rinnovamento si è sempre prodigato.
 

 

La Francia e le prime avvisaglie Art Nouveau
In Francia le prime avvisaglie Art Nouveau si manifestano con l'opera del pittore e ceramista Félix Bracquemond (1833-1914) che opera per la Manifattura Haviland di Limoges.
Questi scopre le stampe giapponesi, e, traendone ispirazione, spinge la sua ricerca verso una nuova stilizzazione che lo porterà porterà a temi naturalistici e al gusto asimmetrico della linea. Il servizio da tavola che esegue nel 1867 per il mercante di ceramiche Eugene Rousseau, porta l'impronta d'una interpretazione che segnerà le creazioni di fine secolo.
Come i Preraffaelliti in Inghilterra, così in Francia l'architetto Violet Le Duc (1814- 1879), si rifà al mondo gotico, ponendo i presupposti dell'Art Nouveau.
Non pochi sono i pittori francesi che percorrono inizialmente la strada simbolista, che attua il rovesciamento degli schemi accademici: Pierre Puvis de Chavannes (1824-1898), Gustave Moreau (1826-1898), Odijon Redon (1840-1916), Paul Gauguin (1848-1903), Eugene Carrière (1849-1906) e Jules Chéret (1336-1930) precursore dell'affiche moderna. Artisti ferventi che, oltre alla pittura da cavalletto, decorano ceramiche e vetri, creano sculture, affreschi, litografie, con richiami al gusto dell'erudizione, ai motivi esotici, biblici e pagani, con predilezione per la vita interiore, affidandosi al mondo onirico e visionario.
A Eugène Grasset (1841-1917), svizzero trapiantato a Parigi, studioso di Violet Le Duc e dell'arte dei pittori giapponesi Utamaro (1753-1806) e Hokusai (1760-1849), va il merito della pubblicazione di illustrazioni floreali nel 1879 e, tra l'altro, di aver disegnato stupende vetrate - famosa La Primavera eseguita nel 1884, ora al Musée des Arts Décoratifs di Parigi.

Infine lo stile Art Nouveau si manifesta appieno e maturo con Hector Guimard (1867-1942), il celebre architetto lionese che rivoluziona Parigi con le sue opere, tra cui gli ingressi del Métro, fitomorfiche griglie con steli illuminanti, una tra le pochissime realizzazioni Art Nouveau a destinazione pubblica.

 

 

Il cambiamento di un 'epoca: stile 1925 o Art Déco

L'Art Nouveau non ha ancora finito di creare entusiasmo, di meravigliare stupefatti spettatori, incantati dall'atmosfera dei suoi colori e dalle linee delicate e nervose, e mentre ha continuità e prolungamento con certi suoi adepti anche dopo il 1920, già all'Esposizione Universale del 1911 a Torino si intravede una metamorfosi stilistica. Alcune opere esposte nel vasto campo delle arti decorative, annunciano evidenti varianti di linea e forma, confermate dopo la fine della prima grande guerra, quando si evidenziano quelle opere che sono avviate verso l'Art Déco, consacrata a Parigi con l'enorme e risonante Esposizione Internazionale delle Arti Decorative del 1925, che darà anche il nome al periodo, semplificato appunto in Art Déco.

Ancora una volta sono i Paesi anglosassoni all'origine di questa corrente artistica: i quattro di Glasgow - l'architetto scozzese Charles Rennie Mackintosh (1868-1923) con l'amico Herbert Mac Nair (1370-1945) e le loro spose le sorelle Margaret Mac Donald (1365-1933) e Frances Mac Donald (1874-1921) - con l'intento di essere moderni, nel 1900 in pieno periodo Art Nouveau, danno vita alle più audaci stilizzazioni in architettura, ebanisteria, tappezzeria e grafica. Le loro "sintetiche" realizzazioni lasciano un'impronta che già preannuncia lo stile futuro, inducendo i contemporanei a discutere sul notevole salto rispetto al clima dell'epoca. Ma anche a Vienna la "Wiener Sezession" - in particolare con le opere di Josef Hoffmann (1370-1956) e Koloman Moser (1369-1918) fondatori della "Wiener Werkstätte" nel 1903, Otto Wagner (1341-1918) e Adolf Loos (1370-1933) - anticipa quella che vent'anni dopo sarà la tendenza generale all'utilizzazione di linee dritte ed angoli retti, all'ornamentazione semplice geometrica e funzionale. Tra il 1907 e il 1914 il binomio Picasso-Braque percorre l'affascinante avventura cubista, i due geniali artisti, in sette irripetibili anni di creatività cambiano il mondo dell'arte e la teoria cubista tocca, sensibilizza e coinvolge altri artisti, con la conseguente ripercussione sull'artigianato e la decorazione. Nel 1918 a fine guerra, quando si riprende l'atto creativo, le arti decorative raggiungono la purezza della linea e della forma negli anni detti les anneès folles; ed è ormai in auge la nuova corrente artistica che sarà denominata più tardi Stile 1925 o Art Déco. Caratterizzata da simmetria stilizzata e forme geometriche, l'Art Déco respinge il floreale armonioso e naturalistico per ricrearlo alla maniera cubista come ornamento (la rosa ridisegnata diventa simbolo attuale per più di un décorateur).

A Parigi nel 1919 un gruppo di valenti artisti e artigiani lavorano riuniti con il nome di "Compagnie Des Arts Francais", scegliendo "il cesto e la ghirlanda di fiori e frutta" come insegna del nuovo stile.

A Parigi anche la moda del dopoguerra segue di pari passo le arti decorative: gli abiti femminili non sono mai stati così corti, così come i capelli, la vita corre frenetica a tempo di charleston, la riscoperta dell'arte africana produce notevoli mutamenti creativi. La pittrice Sonia Delaunay (1885-1979) disegna tessuti e vestiti "simultanei" vivamente colorati o semplicemente in bianco e nero e i suoi motivi vengono ripresi dall'industria e dall'alta moda.

Il pittore Fernand Léger (1881-1955) è all'origine dei disegni per la rinascita del tappeto, e Raoul Dufy (1877-1953) a sua volta presta la sua opera per la manifattura dei "Gobelins", disegnando cartoni per arazzi e lampassi per fabbricanti di stoffe.

In tutti i modi pubblicità e consumismo spingono le masse a scoprire i grandi magazzini appena nati.

Alcuni decoratori, stilisti, ebanisti, vetrai, ceramisti, che per l'importanza delle loro opere vanno ricordati, sono: Louis Sùe (1875-1968), André Mare (1887-1932), Paul Iribe (1883-1953), Maurice Dufrène (1876-1955), Emile Lenoble (1876-1940), Paul Follot (1877-1941), Auguste Delaherche (1857-1940), Jean Dunand (1877-1942), André Marty (1882-1974), Jules Leleu (1883-1961), Emile-Jacques Ruhlmann (1879-1933), François Décorchemont (1880-1971), Pierre Legrain (1889-1929), Armand Rateau (1882-1938).

Un periodo di rapide e profonde trasformazioni è iniziato, e anche la vetreria d'arte ne segue il percorso: se i successori di Gallé e pochi altri artisti restano fedeli alla linea Art Nouveau, altri, in particolare la Manifattura Daum, intraprendono il cammino con nuove sperimentazioni, e vi sarà la consacrazione di Lalique vetraio. Soprattutto Marinot, il solitario grande artefice del vetro, andrà incontro a quei risultati che gli sono riconosciuti unici.

Nei vetri Art Nouveau e Art Déco vi è la pittura, la scultura e la grafica; sono matière vivante, matière poétique, opere che per gusto, cultura figurativa, tecnica e bellezza hanno raggiunto il massimo livello espressivo, mai raggiunto prima e non più eguagliato.

 

 

Franco Borga

 

 

 

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