Nouveau
el'ArtDéco rappresentano il
momento più appassionante per chi ama i vetri. Tra il 1880 e il 1930,
tutta una generazione di artisti ed artigiani, rinnovando tecnica e
creazione; raggiungendo il culmine della bellezza nella realizzazione
delle loro opere, hanno dato al vetro d'arte un'impronta e un'importanza
che prima non aveva.
Ma è impossibile
parlare del vetro senza ricordare lo sviluppo e l'espansione che Venezia
diede a quest'arte, e, più indietro ancora nel tempo, citare il Medio
Oriente,
dove il vetro ha le sue origini, l'Egitto, dove si
migliorarono gli effetti della lavorazione e la Roma imperiale che ne
trasformò radicalmente la tecnica.
Si dice che la lavorazione del vetro sia nata in
Mesopotamia, dove il vetro è stato impiegato nella fabbricazione di
diversi tipi di oggetti fra il 3000 e
il 2000 a. C.
Raccogliendo storia e
leggenda tramandata nei tempi, nel I° secolo d.C. Plinio il Vecchio nel
libro XXXVI della Naturalis historia, racconta che marinai
fenici scopersero il vetro casualmente quando, gettando del salnitro nel
fuoco acceso alla foce del fiume Belus, videro uscire dalla fiamma un
fluido denso e vischioso: ed era il vetro formatosi dall'associazione ad
alta temperatura del salnitro con la sabbia.
Una
grande
svolta è
determinata dall'invenzione della canna da soffio, ancora tra i Fenici o
comunque in area siro-palestinese, verso il I° sec. a.C.: una tecnica
che consente di assottigliare la superficie modellata e permette una
produzione più accelerata, con notevole risparmio di tempo rispetto alla
lavorazione per fusione a stampo, la famosa pasta di vetro, in cui
eccelsero per maestria gli Egizi ai tempi dei Faraoni.
I reperti archeologici dimostrano che questi
antichi popoli avevano una ricca e raffinata produzione, che spesso ha
influenzato per tema, forma o stile, sia i maestri esecutori della
Venezia rinascimentale, sia i maestri del Novecento.
Altri interessanti esemplari che si possono
ammirare nei musei, sono i vetri dell'Alto Medioevo, fino all'epoca del
gotico (periodo in cui l'architettura determina la diffusione in Europa
delle vetrate policrome legate a piombo, già esistenti nella produzione
islamica e nella Roma imperiale), ma bisognerà aspettare la Venezia del
'400, in cui ferree leggi regolamentavano il lavoro delle vetrerie, per
vedere svilupparsi una vera industria del vetro senza precedenti.
Venezia con le sue lavorazioni per quattro secoli conquistò l'intero
mercato
mondiale e fece scuola.
I Veneziani
Da grandi navigatori quali erano, i veneziani,
commerciando i prodotti d'Occidente con il Medio Oriente, importavano i
vetri e li vendevano con
alti profitti in
Europa; fu così che pensarono anche di fabbricarli. Per apprenderne la
lavorazione e i segreti, dapprima inviarono nei luoghi di produzione
giovani veneziani, ma quasi certamente reclutarono e portarono nella
Serenissima Repubblica artigiani da Bisanzio, Damasco, Alessandria
d'Egitto e forse anche da Atene. Al tempo dell'espansione del dominio
arabo, l'Islam provocò quasi un'unificazione di stili; anche se si
svilupparono nuovi motivi decorativi ispirati al Corano,
le affinità dei
vetri prodotti allora nel bacino del Mediterraneo divennero tali che
era pressoché impossibile trovare la differenza tra un vetro persiano e
uno egiziano, e questa influenza fu sentita anche in laguna, dove, almeno nei
primi tempi, le stesse affinità si manifestarono.
Dopo questo primo ingresso veneziano nell'arte
del vetro, si tese alla riorganizzazione delle forze nel campo della
vetreria: per secoli ci sarà una diaspora di trasmigrati veneti che
andranno un po' ovunque, là dove la nascita di una vetreria richiedeva
abili esperti.
L'estrema importanza che la Repubblica veneta
accordava alle sue vetrerie fece sì che fin dal 1292 le autorità riunite sotto l'ordine
del Gran Consiglio decidessero di trasferire le vetrerie sull'isola di
Murano, con lo scopo di esercitare maggiori controlli, decisione che
permise per lungo tempo di mantenere i vetrai legati nelle Corporazioni
locali, e di impedire la fuga a chi era disposto ad offrire tecniche e
segreti al servizio della concorrenza. L'impedimento ai vetrai di
espatriare implicava il rischio, se sorpresi,
di incorrere nella
pena capitale; rischio che però non frenò le emigrazioni volontarie di
artigiani che andarono per il mondo a cercare fortuna e maggiori
guadagni, contribuendo alla divulgazione di quest'arte.
Nel corso dei secoli,
in ogni stile o periodo, si instaurò dalla Boemia alla Spagna, dalla
Germania all'Inghilterra, dalla Francia ai Paesi Scandinavi, il termine
à la
facon de Venise,
tanto furono grandi e
determinanti l'influenza e la tradizione veneziane.
Bernard Perrot
Allo sviluppo dell'arte vetraria nell'intera
Europa contribuì Altare presso Savona,
centro noto fin dal
Medioevo e forse più antico della stessa Murano; fin dall'inizio del
1500 da queste fornaci partirono artigiani, prima per la Francia, poi
verso tutte le destinazioni. Nel XVII secolo, il maestro di Altare
Bernardo Perrotto, divenuto poi in terra francese Bernard Perrot (morto nel
1709), lavorò a Nevers e ad Orléans. Egli può essere considerato non
solo il maggiore divulgatore, ma anche un grande interprete dello stile
veneziano, nonché artista di molte invenzioni. Al suo insegnamento si
devono i risultati raggiunti nel 1637 nella Galerie des Glaces a
Versailles, con un nuovo procedimento di fusione detto coulage du
verre sur table, invenzione riconosciutagli anche dall'Accademia
francese delle Scienze. Da allora fu possibile la produzione di grandi
lastre di vetro per finestre e per specchi, in sostituzione dei piccoli
formati soffiati dei tipi detti a cilindro o a corona. Il diminuito
costo delle lastre di vetro modificò in architettura le dimensioni delle
finestre, che da piccole e strette divennero ampie e luminose. Ma la
scoperta di Bernard Perrot non si limitò al procedimento delle lastre:
utilizzando la stessa tecnica gli fu possibile realizzare autentiche
opere d'arte, oggetti decorativi e ornamentali, e addirittura ritratti
fusi e modellati a stampo (noto quello di Luigi XIV, realizzato verso il
1688, ora al Musée des Beaux Arts a Orléans).
Il cristallo
A Venezia va riconosciuto il merito di aver creato, agli inizi del 1500,
un vetro perfettamente incolore, il "cristallo", che a Venezia prese il
nome di "vetro cristallino" e che diventerà di capitale importanza nella
storia del vetro: più solido, più spesso, più prossimo al costoso
minerale già conosciuto, il cristallo di rocca.
Ma la vera straordinaria invenzione del cristallo, perfettamente
migliorato, va attribuita all'inglese Georges Ravenscroft, quando, verso
il 1674, le sue esperienze lo por
tarono con successo alla messa a punto del
cristallo al piombo. Il piombo era già conosciuto come un eccellente
materiale per lega e fusione: gli Italiani del Rinascimento già
l'utilizzavano, mescolandolo al vetro in fusione, per imitare le
pietre preziose, ottenendo un indice di rifrazione elevata e fedele.
Ravenscroft ne aveva sperimentato l'utilizzo
avendo lavorato per diversi anni a Venezia, dove fece il suo
apprendistato. Ritornato in patria, ricco di un grande bagaglio
tecnico e scientifico, al servizio di Sir Robert Mansell, direttore
della "Worshipful Company of Glass Sellers", continuò ad
approfondire le sue ricerche, fino a giungere ad una rivoluzionaria
scoperta.
In Italia abbondava il legname per alimentare
i forni, contrariamente all'Inghilterra, dove una legge del 23
maggio 1615, per penuria di boschi, aveva vietato l'uso del legname
per scopi industriali e imposto come combustibile per i forni delle
vetrerie il carbone, abbondantemente estratto dal sottosuolo.
Ravenscroft dovette perciò cambiare i metodi di lavorazione perché la
pasta vitrea in fusione si sporcava e l'utilizzazione del carbone
sprigionava polveri e ossidi indesiderati; fu costretto a ricorrere alla
chiusura dei
pots infornati. Questa fu una
fortunata decisione, poiché, chiudendo i
pots, siprovocò una
maggiore concentrazione di calore: fu l'elemento chiave che al maestro
mancava, e che gli permise di produrre l'illustre "cristallo". Cristallo
piombico, questo inglese, non calcico come il cristallo veneziano, non
potassico come il cristallo boemo.
Il
Settecento e la
divulgazione del vetro
Il XVIII secolo vide
nascere le grandi manifatture di vetreria e cristalleria, che si
imposero e diventarono celebri marche, le cui produzioni spesso
continuarono nell'Ottocento; alcune, tuttora operanti, sono diventate
fabbriche che producono con l'aiuto dell'alta tecnologia. Queste marche,
fabbricando principalmente gobeleteries e attenendosi
quasi sempre ad una produzione utilitaria
o di lusso, solo raramente hanno prodotto oggetti artistici. Da citare
le francesi Baccarat (fondata nel 1764) e Saint-Louis (fondata nel
1767), le norvegesi Nöstetangen (fondata nel 1741) e Hurdals Verk
(fondata nel 1755), la svedese Kungsholmen (fondata sin dal 1670), in
Russia la Manifattura di Pietro il Grande promossa dallo zar nel 1730.
In Italia, Austria, Germania, Belgio e Spagna furono tante le piccole e
medie manifatture attive, sparse un po' ovunque; così come in
Inghilterra dove i vetrai ormai celebri
continuarono la loro tradizione, che darà loro nell'Ottocento grandi
meriti. Di ampia reputazione godette la Boemia a partire dal XVIII
secolo, reputazione che continua ai nostri giorni. Praga giocò un ruolo
determinante in contrapposizione a Venezia:
il suo cristallo, semplicemente chiamato "Boemia" veniva lavorato e
intagliato in molte vetrerie (per l'arte dell'intaglio va ricordato il boemo Kaspar Lehman 1570-1622 che fu il primo in Europa ad usare la mola
per decorare il vetro e il cristallo).
La prima grande manifattura sorta negli Stati
Uniti fu fondata da Gaspar Wistar, nel New Jersey, nel 1739; la seconda
fu quella di Henry William Stiegel, nel 1780; a Manheim, una terza in
ordine di tempo, fu fondata da John Friedrih, nel 1784; e a Amelung, nel
Maryland, ne sorse una sotto la denominazione di
New Bremen Glass
Factory, nel 1790.
Con l'imponente
produzione per usi domestici e ornamentali iniziata nel Settecento, il
vetro diventò un elemento indispensabile per la vita quotidiana, e la sua
produzione si espanse un po'
ovunque: la
vetreria entrò così in tutte le case. Quella che è oggi l'umile
bottiglia che gettiamo senza minimamente pensarci, ebbe un successo
senza precedenti: è stato il vetro più ambito da ogni famiglia, specie
le più povere, per l'utilità e la praticità nella conservazione dei
liquidi, diventando oggetto di prima necessità.
Un particolare successo ebbero i lampadari in
vetro soffiato e quelli in cristallo intagliato a gocce o lacrimoni, che
raccogliendo i raggi con le loro sfaccettature, splendevano alla luce
del sole o della fiamma viva dei ceri.
Il XVIII secolo fu
anche
il secolo che
conobbe la diffusione del vetro al servizio della scienza, sviluppandosi
la produzione di provette, alambicchi e lenti ottiche.
Accanto alle lavorazioni di largo consumo, nelle
vetrerie dove operavano maestri vetrai, non sono mai cessate le creazioni
individuali e le esecuzioni artigianali di vetri artistici, ben distinti
dai lavori sia pur definiti di lusso, ma prodotti su larga scala.
Un nome prestigioso nella storia del vetro: i Barovier
L'intramontabile famiglia dei vetrai veneziani
Barovier pose le sue radici agli albori del vetro a Murano. Barovier,
per la vetreria d'arte, è il nome più antico, ma è
anche il più
contemporaneo, perché la tradizione dei Barovier è tuttora attiva. Un famoso Barovier dal
nome Angelo morì nei 1460, legando il suo nome alla famosa coppa nuziale
ora al Museo del Vetro a Murano, ma anche ad altre opere conservate al
Museo del Louvre. Attivi nel XV
e XVI secolo, i figli Marino e Marietta, oltre a Salvatore, Angelo e
Giovanni; e vi è un Domenico Barovier che nel XVII secolo impiantò la
sua vetreria a El Escorial in Castiglia. Nel XIX secolo troviamo
Antonio, Giovanni, Giuseppe e Benvenuto, collaboratori di Salviati. Nel
nostro secolo i Barovier, Nicolò ed Ercole (1889-1974) e il figlio
Angelo pittore e designer, sono figure emergenti nella vetreria
d'arte muranese, maestri che con la loro abilità e inventiva hanno
confermato quanto di bello e prezioso si possa fare con questa
millenaria arte.
I radicali
cambiamenti dell'Ottocento: gli stili e il colore.
Se la maggior parte delle opere in vetro del Settecento erano
caratterizzate dal taglio,
dall'incisione e dalla molatura, escludendo quasi del tutto la
decorazione a smalto, che aveva rappresentato l'elemento caratteristico
nei secoli precedenti, importanti e radicali cambiamenti avvennero
anche nell'800, quando la chimica entrò in modo sostanziale in
vetreria, apportandovi innovazioni tecniche, nonché arricchimenti
estetici e cromatici. Accanto alle tecniche tradizionali, se ne
aggiunsero di nuove e vi fu il recupero totale di quelle antiche, di cui au
mentarono notevolmente le possibilità espressive:
ciò che contribuì maggiormente alla trasformazione, caratteristica che
da ora in poi si identificherà in stile, è stata l'introduzione del
colore.
L'Ottocento, per la prima volta nella storia del
vetro, è il secolo che dà autonomia alla datazione delle opere: queste
sono concordi con lo stile in auge. Già nel Settecento il vetro aveva
seguito parzialmente gli stili: vi troviamo lampadari Luigi XV, e anfore
neoclassiche, con bicchieri e altri oggetti, ma siamo ancora al tempo in
cui maestri e artigiani svolgevano opera individuale piuttosto che
conformarsi agli stili del
momento. Questo a
maggior ragione e con frequenza avveniva nei secoli precedenti; pertanto
nella catalogazione e datazione di un vetro antico, più che il
riferimento al modello, è necessario lo studio del lessico
tecnico-decorativo.
Nel 1820, negli Stati
Uniti, si inventò la lavorazione dei vetri pressati, metodo che
vent'anni dopo si sviluppo' in Europa, permettendo ai fabbricanti di
ampliare la produzione, e riducendo di molto i costi dei vetri detti di
lusso. Il metodo del vetro pressato dentro uno stampo diventerà
lavorazione artistica nel Novecento quando René Lalique l'adotterà per
la sua massiccia produzione.
Con l'apporto della
scienza, fisica e chimica, il colore entrò, all'inizio dell'800, nella
vetreria artistica, per restarvi da protagonista in quel tempo
lunghissimo che intercorre tra il Primo Impero e l'ultimo Déco,
per interrompersi definitivamente negli anni '40 e '50. Nel XIX secolo,
non si sviluppo' solo il vetro rubino di Kunchel (il cui metodo di
fabbricazione risale al 1679), ma la scoperta della litialina
(lithyalin) rese possibile in vetreria l'imitazione di tutta la gamma
delle pietre colorate; fu soprattutto possibile operare attraverso gli
impasti, colorando il vetro nella massa, tramite gli ossidi di metallo,
e anche colorare o patinare il vetro esternamente, non più solo con i
tradizionali smalti, ma con il nuovo procedimento degli acidi mordenti.
Il vetro o cristallo incolore poteva così essere
soffiato a tinte piene o a più colori, con l'innovazione di variegate
striature e sfumature.
La smerigliatura e l'opacizzazione, grazie all'uso
di polveri d'osso, riuscì a creare sempre di più l'effetto di
somiglianza alle pietre dure.
Stili e espressioni
dell' Ottocento
Ovunque,
in ogni centro vetrario, si sono create, colorando, dorando, finemente
cesellando e molando ad altissimo livello, opere che variano dal più
severo Impero (1810-1820) al raffinato Biedermaier (1820-1830),
attraverso il Romanticismo (1830-1850 circa), periodo in cui apparvero i
caratteristici temi riuniti a medaglione, le ghirlande e le decorazioni
allegoriche, fatti storici e contemporanei, e tutta una ripresa del
passato che va dal Rococò
all'antica Roma.
In Germania, con la forte crescita borghese, si
ricrearono i vecchi modelli del Rinascimento tedesco a smalto, e le
riprese dei "Römer", lavorati nella tipica maniera con bugne e fili, e
certi boccali da birra "Gambrinus" istoriati.
È anche l'era in cui sbocciarono i decorativi
presse
papiers, tanti
millefiori e anche fini ritratti, diffusi con spietata concorrenza da
Clichy, Baccarat, Cristallerie di Sèvres,
Powell Glass, Saint-Louis,
Val-Saint-Lambert, Murano.
Con lo stile Luigi Filippo ritornarono in auge
vecchie tecniche dimenticate: nel 1839 l'Associazione per il Progresso
Industriale Prussiano, dopo aver indetto un concorso, premiò il maestro
Franz Pohl, che aveva riportato in lavorazione l'antica tecnica
veneziana del "reticello". Un altro maestro, l'inglese John Northwood,
nel 1876, ottenne un importante premio in denaro dalla Manifattura
Benjamin Richardson di Stourbridge, per un'opera che era la copia
perfetta di un vetro d'arte dell' antica Roma, il famoso "vaso di
Portland", risalente alla seconda metà del I sec. d.C. (conservato al
British Museum di Londra).
L'esecuzione di Northwood è passata alla storia
come l'opera a cui tecnicamente più si è guardato. Il vaso Portland, in
vetro blu
scuro, ricoperto da un secondo
strato bianco opalino, è stato inciso tagliando le mitologiche figure
in positivo, e asportando il restante strato bianco per ritrovare il
fondo, il primo strato blu scuro; è stato così eseguito il primo vetro
della storia moderna, detto "cammeo".
Dalla prima Esposizione Universale al preludio
dell'Art Nouveau
L'Ottocento è il secolo che vide le prime mostre
internazionali, organizzate con regolarità
dal 1851, poi luoghi
di incontro e di commercio per ditte, manifatture e firme.
Alla Esposizione
Universale del 1867 a Parigi ebbero successo i vetri italiani della
Società Salviati di Murano, che si rifacevano ai modelli antichi
veneziani; sempre nel 1867
in occasione della fondazione
del Museo di Arti Applicate di Berlino, venne acquistato il
considerevole numero di 400 vetri della Società Salviati.
All'Esposizione Universale del 1873 a Vienna
destarono viva impressione i vetri dipinti a smalto dal francese
Philippe Brocard, rivisitazione di temi e modelli islamici, in
particolare le lampade da moschea.
L'ultimo quarto del secolo fu il preludio dell'Art
Nouveau: il vetro d'arte si avviava verso la rivoluzione
industriale e le grandi creazioni individuali e artigianali; i suoi
precursori erano già in cammino. Il celebre esteta
Emile
Gallé, nel
1874, dava avvio al suo primo periodo, quello detto "trasparente",
influenzato inizialmente dal connazionale Brocard, e in seguito dal
"vaso di Portland". Gallé avrà una carriera senza precedenti,
influenzando con la sua arte una nutrita schiera di seguaci, che,
partendo dalla sua scuola, sapranno con maestria personalizzare materia
e lavorazione. Contemporanei di Gallé, vi troviamo i fratelli Daum dalle
personali esecuzioni.
Vanno ricordati i maestri Paul Nicolas, fondatore
della manifattura D'Argental dopo essere stato il braccio destro di
Emile Gallé, la vetreria Belga Val-Saint-Lambert, André Delatte,
i fratelli Pannier a l'Escalier de Cristal, De Vez, i Fratelli Schneider,
Degué e per i vetri a cammeo Legras e i fratelli Muller.
Inoltre fanno storia a sé, René Lalique, Maurice
Marinot, Thuret, D'Avesn, Amedee Duc de Caranza, Argy Rousseau, Walter,
Decorchemont, Jean Sala, Model, Etling, Sabino, Coupy Auguste
Heligenstein, senza dimenticare chi è stato anche il maestro di Gallé,
Désiré Christian, inoltre la manifattura Loetz con le altre austriache e
boeme, tra le quali Lobmeyr, Fritz Heckert, Moser, Palme-König
& Habel, la Wiener
Werkstätte, e Josep Rinaskopf & Söhne, infine l'americano Louis Confort
Tiffany e la manifattura svedese
Reijmyre.
I
periodi Art Nouveau e
Art Deco
Art Nouveau
in Francia ma anche
Art 1900, il periodo della Bella Epoque; Art Modern in Belgio; Arts and
Crafts e Modern Style in Inghilterra; Jugendstil
in Germania;
Secessione in Austria; Floreale o Liberty in Italia, sono i diversi
termini adoperati per indicare quel vasto movimento stilistico che nel
periodo ufficialmente individuabile dal 1890 al 1914, si diffonde in
tutto il mondo occidentale investendo i settori più diversi.
Nell'epoca in cui crescono le grandi città, si inventa la luce
elettrica, si diffonde la rivoluzione industriale, dal "Simbolismo" si
sviluppano nuovi mondi poetici, creati per dare risalto e valore
alle arti decorative. Metamorfosi prodigiose, come, una donna-fiore,
un letto-farfalla, un vaso-cipolla, un collier-ramo di pino, una
lampada-ninfea o lampada-fungo, la trasformazione di stanze da bagno
a motivi di ortensie, boiserie, arredi e sale da pranzo che assumono
motivi floreali a decoro di iris - simbolo giapponese della vittoria
e dello splendore -, orchidee, peonie, clematidi, o anche motivi di
fantastici paesaggi. Da vetri, ceramiche, mobili e altri oggetti,
emergono flora e fauna con montagne e laghi, foreste o boschi in
clima autunnale o innevati, campi di grano o semplici spighe,
papaveri,
pommiers en fleurs
e libellule
sullo stagno.
Oscar Wilde (1854-1900) stesso spiega ...
noi amiamo il giglio
e il girasole perché
questi due fiori deliziosi sono i modelli più perfetti del disegno,
quelli quelli che si prestano maggiormente all'arte decorativa
(Charles
Spencer). Le caratteristiche comuni al movimento Art Nouveau siriassumono in motivi naturalistici, rifiuto dell'equilibrio creato dalla
simmetria, esaltazione della linea curva, predominanza di spirali e
volute, corrente mistica, spiritualismo, e un costante riferimento
all'arte giapponese.
Sul grande portone in
legno degli ateliers della Garenne a Nancy, Emile Gallé ha fatto
intagliare Nos racines sont au fond de bois, au bord des sources, sur
les mousses; da qui viene l'ispirazione dei processi germinativi
che vanno a cristallizzarsi sui suoi vasi.
Arts and Crafts
Movement:
l'Inghilterra e gli albori di
un nuovo stile
Il primo arredatore moderno è stato certamente William Morris
(1834-1896), attivo fin dal 1861 a Londra, dove apre un negozio e mette
in vendita per la prima volta nella storia tutto quello che può essere
l'occorrente per il decoro di una casa. Disegnatore e creatore di
mobili, tappezzerie, stoffe, tappeti, arazzi,
ceramiche e vetri, nonché promotore e teorico di
un nuovo concetto di architettura nazionale, impegnato nel ridare
dignità alle arti minori e alle arti decorative.
Morris, dopo aver fondato poco più che ventenne la
Morris Marshall Faulkner and Company, chiama tra gli altri in suo aiuto,
per creare nuove decorazioni, i pittori Preraffaelliti Dante Gabriel Rossetti (1828-1882),
Edward Bume-Jones (1823-1889) e Ford Madox Brown (1821-1893) che, con
l'apporto dato alle arti applicate insieme al rivoluzionario Morris,
spianano la strada all'Art
Nouveau, essendone i predecessori. Morris in seguito è anche collaboratore di
Arthur Lasenby Liberty (1843-1917). Questi, dopo l'apertura a Londra nel
1875 di un negozio di oggetti d'arte orientale, diventa il grande
industriale che produce ed esporta mobili e un'infinità di oggetti in
tutto il mondo, anche in Italia, dove il nuovo stile si imporrà con il
nome dello stesso Liberty.
A questo primo
sodalizio di innovatori inglesi, va aggiunto, per il suo apporto teorico
fondamentale, lo scrittore d'arte e disegnatore John Ruskin (1819-1900)
e vanno ricordati il pittore e decoratore Walter Crane (1845-1915),
fondatore nel 1882 dell'Art Workers Guild, l'architetto Arthur Mackmurdo
(1851-1942), fondatore nel 1883 del Century Guild, ed il pittore
americano James Mac Neill Whistler (1834-1903) - quest'ultimo noto per
la realizzazione nel 1876 della
Stanza dei Pavoni
(decorazione monumentale ora alla
Freer Gallery of Art a Washington); nonché il poeta e scrittore Oscar Wilde portavoce e propagandista dell'AestheticMovement
(famose
le sue conferenze negli Stati Uniti nel 1887), corrente di gusto che
investe in Inghilterra tutti i campi, dal rinnovamento architettonico
alla trasformazione delle arti e mestieri, e che si può definire non
solo il movimento precursore dell'Art Nouveau, ma anche del
Costruttivismo e del Bauhaus, in cui si ricalcano le teorie di William
Morris. Nel 1878 a Parigi con la prima delle Esposizioni Internazionali dopo
l'instaurazione della Repubblica, William Morris è presente quale
fondatore a Londra, nel 1867, dell'Art Forniture Company; qui trasmette
ai visitatori francesi e di altre nazionalità presenti la sua "arte
nuova", per il cui rinnovamento si è sempre prodigato.
La Francia e le
prime avvisaglie Art Nouveau In Francia le prime avvisaglie
Art Nouveau si manifestano con
l'opera del pittore e ceramista Félix Bracquemond (1833-1914) che opera
per la Manifattura Haviland di Limoges. Questi scopre le stampe giapponesi, e, traendone ispirazione, spinge la
sua ricerca verso una nuova stilizzazione che lo porterà porterà a temi
naturalistici e al gusto asimmetrico della linea. Il servizio da tavola
che esegue nel 1867 per il mercante di ceramiche Eugene Rousseau, porta
l'impronta d'una interpretazione che segnerà le creazioni di fine
secolo. Come i Preraffaelliti in Inghilterra, così in Francia l'architetto
Violet Le Duc (1814- 1879), si rifà al mondo gotico, ponendo i
presupposti dell'Art Nouveau. Non pochi sono i pittori francesi che percorrono inizialmente la strada
simbolista, che attua il rovesciamento degli schemi accademici: Pierre
Puvis de Chavannes (1824-1898), Gustave Moreau (1826-1898), Odijon Redon
(1840-1916), Paul Gauguin (1848-1903), Eugene Carrière (1849-1906) e
Jules Chéret (1336-1930) precursore dell'affiche moderna. Artisti
ferventi che, oltre alla pittura da cavalletto, decorano ceramiche e
vetri, creano sculture, affreschi, litografie, con richiami al gusto
dell'erudizione, ai motivi esotici, biblici e pagani, con predilezione
per la vita interiore, affidandosi al mondo onirico e visionario. A Eugène Grasset (1841-1917), svizzero trapiantato a Parigi,
studioso di Violet Le Duc e dell'arte dei pittori giapponesi Utamaro
(1753-1806) e Hokusai (1760-1849), va il merito della pubblicazione di
illustrazioni floreali nel 1879 e, tra l'altro, di aver disegnato
stupende vetrate - famosa La Primavera eseguita nel 1884, ora al
Musée des Arts Décoratifs di Parigi.
Infine lo stile
Art Nouveau
si manifesta appieno e maturo con
Hector Guimard (1867-1942), il celebre architetto lionese che
rivoluziona Parigi con le sue opere, tra cui gli ingressi del Métro,
fitomorfiche griglie con steli illuminanti, una tra le pochissime
realizzazioni Art
Nouveau a
destinazione pubblica.
Il
cambiamento di un
'epoca: stile 1925 o Art Déco
L'Art
Nouveau
non ha ancora finito
di creare entusiasmo, di meravigliare stupefatti spettatori, incantati
dall'atmosfera dei suoi colori e dalle linee delicate e nervose, e
mentre ha continuità e prolungamento con certi suoi adepti anche dopo il
1920, già all'Esposizione Universale del 1911 a Torino si intravede una
metamorfosi stilistica. Alcune opere esposte nel vasto campo delle arti
decorative, annunciano evidenti varianti di linea e forma, confermate
dopo la fine della prima grande guerra, quando si evidenziano quelle
opere che sono avviate verso l'Art Déco,
consacrata a Parigi con l'enorme e risonante
Esposizione Internazionale delle Arti Decorative del 1925, che darà
anche il nome al periodo, semplificato appunto in Art Déco.
Ancora una volta sono i Paesi anglosassoni
all'origine di questa corrente artistica: i quattro di Glasgow - l'architetto
scozzese Charles Rennie Mackintosh (1868-1923) con l'amico Herbert Mac
Nair (1370-1945) e le loro spose le sorelle Margaret Mac Donald
(1365-1933) e Frances Mac Donald (1874-1921) - con l'intento di essere
moderni, nel 1900 in pieno periodo
Art Nouveau,
danno vita alle più audaci stilizzazioni in
architettura, ebanisteria, tappezzeria e grafica. Le loro "sintetiche"
realizzazioni lasciano un'impronta che già preannuncia lo stile futuro,
inducendo i contemporanei a discutere sul notevole salto rispetto al
clima dell'epoca. Ma anche a Vienna la "Wiener Sezession" - in
particolare con le opere di Josef Hoffmann (1370-1956) e Koloman Moser
(1369-1918) fondatori della "Wiener Werkstätte" nel 1903, Otto Wagner
(1341-1918) e Adolf Loos (1370-1933) - anticipa quella che vent'anni
dopo sarà la tendenza generale all'utilizzazione di linee dritte ed
angoli retti, all'ornamentazione semplice geometrica e funzionale. Tra
il 1907 e il 1914 il binomio Picasso-Braque percorre l'affascinante
avventura cubista, i due geniali artisti, in sette irripetibili anni di
creatività cambiano il mondo dell'arte e la teoria cubista tocca,
sensibilizza e coinvolge altri artisti, con la conseguente ripercussione
sull'artigianato e la decorazione. Nel 1918 a fine guerra, quando si
riprende l'atto creativo, le arti decorative raggiungono la purezza
della
linea e della forma negli anni detti
les anneès
folles;
ed è ormai in
auge la nuova corrente artistica che sarà denominata più tardi Stile 1925
o Art Déco. Caratterizzata da simmetria
stilizzata e forme geometriche, l'ArtDéco respinge il floreale
armonioso e naturalistico per ricrearlo alla maniera cubista come
ornamento (la rosa ridisegnata diventa simbolo attuale per più di un
décorateur).
A Parigi nel 1919 un gruppo di valenti artisti e
artigiani lavorano riuniti con il nome di "Compagnie Des Arts Francais",
scegliendo "il cesto e la ghirlanda di fiori e frutta" come insegna del
nuovo stile.
A Parigi anche la moda del dopoguerra segue di
pari passo le arti decorative: gli abiti femminili non sono mai stati
così corti, così come i capelli, la vita corre frenetica a tempo di
charleston,
la riscoperta dell'arte africana produce notevoli
mutamenti creativi. La pittrice Sonia Delaunay (1885-1979) disegna
tessuti e vestiti "simultanei" vivamente colorati o semplicemente in
bianco e nero e i suoi motivi vengono ripresi dall'industria e dall'alta
moda.
Il pittore Fernand
Léger (1881-1955) è all'origine dei disegni per la rinascita del
tappeto, e Raoul Dufy
(1877-1953) a sua volta presta la sua opera per la manifattura dei "Gobelins",
disegnando cartoni per arazzi e lampassi per fabbricanti di stoffe.
In tutti i modi pubblicità e consumismo spingono
le masse a scoprire i grandi magazzini appena nati.
Alcuni decoratori, stilisti, ebanisti, vetrai,
ceramisti, che per l'importanza delle loro opere vanno ricordati, sono:
Louis Sùe
(1875-1968), André
Mare (1887-1932), Paul Iribe (1883-1953), Maurice Dufrène (1876-1955),
Emile Lenoble (1876-1940), Paul Follot (1877-1941), Auguste Delaherche
(1857-1940), Jean Dunand (1877-1942), André Marty (1882-1974), Jules
Leleu (1883-1961), Emile-Jacques Ruhlmann (1879-1933), François
Décorchemont (1880-1971), Pierre Legrain (1889-1929), Armand Rateau
(1882-1938).
Un periodo di rapide
e profonde trasformazioni è iniziato, e anche la vetreria d'arte ne
segue il percorso: se i successori di Gallé e pochi altri artisti
restano fedeli alla linea Art Nouveau, altri, in particolare la
Manifattura Daum, intraprendono il cammino con nuove sperimentazioni, e
vi sarà la consacrazione di Lalique vetraio. Soprattutto Marinot, il
solitario grande artefice del vetro, andrà incontro a quei risultati che
gli sono riconosciuti unici.
Nei vetri Art Nouveau
e Art Déco vi è la
pittura, la scultura e la grafica; sono matière vivante, matière
poétique,
opere che per gusto, cultura figurativa, tecnica e
bellezza hanno raggiunto il massimo livello espressivo, mai raggiunto
prima e non più eguagliato.