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Pablo Picasso,
dalla formazione artistica alla nascita del cubismo
Giorgio Catania
José Ruiz Blasco ritratto in
una foto dell'epoca
Pablo Picasso, 1896, Ritratto
della madre, pastello su carta. Barcellona, Museo Picasso
Pablo Ruiz Picasso
- Le origini
Pablo, Ruiz y Picasso, nasce a Málaga il 25 ottobre
1881. Il padre, don
José Ruiz Blasco (1838-1913), è insegnante di disegno
presso la locale scuola di Belle Arti e Mestieri, la madre, Maria Picasso y Lopez (1855-1939),
ha
origini genovesi.
La famiglia al tempo risiedeva a Malaga, in Spagna, dove
Pablo trascorrerà i primi dieci anni della sua vita. La famiglia Ruiz,
avrà dopo Pablo altri due figli, Dolores ("Lola") nata nel 1884 e
Concepción ("Conchita") nata nel 1887, e destinata a morire di
tisi nel 1895.
a goffaggine di un bambino, la sua ingenuità. Io ho fatto dei disegni
accademica all'età di sette anni, la precisione del minuto che mi ha
spaventato ".
-
José Ruiz Blasco. Nel
pollaio
Pablo Ruiz Picasso
- La formazione artistica
Quello di Picasso con
l'arte è un rapporto che, con approcci diversi e con un coinvolgimento
sempre maggiore,
inizia nella casa paterna sin dal primo respiro e sarà destinato a
perdurare in costante trasformazione fino alla fine dei suoi giorni. E' proprio
all'interno delle mura domestiche che Pablo riceve le basi formali di
disegno e pittura, studia con attenzione ogni tecnica, segue da vicino il lavoro del
padre José Ruiz Blasco,
conservatore del locale Museo, professore di disegno alla scuola provinciale di
arti e mestieri, e pittore nel tempo libero. Il padre si era
specializzato nella decorazione di sale da pranzo,
dipingendovi motivi floreali ed uccelli che ritraeva nei minimi
particolari.
Pablo si dedica al disegno da gessi anatomici, esegue scene
caricaturali, passando poi al modello dal vivo; predilige come soggetti
figure di vecchi, nature morte e paesaggi. Ben presto il
suo talento farà che si che il padre gli
affidi la realizzazione dei particolari dei suoi dipinti.
Quando la famiglia Ruiz nel 1891 si traferisce a
Coruña, in Galizia,
dove
il padre ottiene un impiego più remunerativo
come insegnante di disegno nel
locale Istituto d'Arte, Pablo si
iscrive ai corsi di disegno, a partire
dal 1892. Realizza per gioco
riviste (in un unico esemplare) che redige e illustra, dando loro nomi
di fantasia quali La torre de Hercules, La Coruna, Azuly Blanco.
Durante questi anni
realizza i dipinti Due vecchi e Ragazza con i piedi nudi,
nei quali il gioco di luci e di ombre che mettono in risalto le figure,
ci rivelano già l'ottimo possesso dei mezzi tecnici
del giovane Picasso. Nel Giugno 1895, la famiglia si sposta nuovamente, questa volta a Barcellona, dove
Pablo prosegue gli studi artistici
all'Accademia della capitale catalana. In questo
ambiente, che influenzerà profondamente la sua formazione, conosce
Manolo, Baroja, Sabartès, Nonell, Casas, Sunyer, Soler e Casagemas.
Grazie all'aiuto del
padre, apre in calle de la Plata, uno
studio che condivide con il suo amico
Manuel Pallarès.
Pablo Picasso, 1895-96, Prima
Comunione.
Barcellona, Museo Picasso
E' di
questo periodo la tela Prima comunione, nella quale ritrae la
sorella Lola inginocchiata vicino all'altare sotto lo sguardo
amorevole dei genitori, di un realismo
accademico ancora debitore alla
pittura paterna.
Pablo Picasso, 1896,
Autoritratto. Barcellona, Museo Picasso
Firma le sue opere Pablo Ruiz, ma aggiunge il nome
della madre "Picasso". Nel 1897,
dopo aver vinto un concorso, si trasferisce a Madrid e segue i
corsi all'Accademia Reale San Fernando; ammalatosi di
scarlattina, ritorna dalla famiglia a Barcellona dove
collabora con le riviste Joventut
e Arte Joven, e frequenta
la taverna artistica letteraria "Ai quattro gatti" ("Els Quatre Gats"),
ritrovo di artisti, politicanti, poeti e vagabondi.
Pablo Picasso, 1899,
Ritratto
della sorella Lola, pastello
Studia per proprio
conto le opere del Greco, di Goya, poi di Renoir e Munch, sperimenta
tecniche diverse: scolpisce una Donna seduta, incide ad
acquaforte El Zurdo, disegna scene dal vero e si cimenta in
ritratti di amici (Sabartès, Nonell, De Soto, Gonzales).
Novecento - Un
nuovo panorama socio-culturale
Il
'900 si apre in uno scenario socio-culturale che vede un progressivo
dissolversi dei valori di
rappresentazione utilizzati per molti secoli,
causato anche dal vorticoso e sorprendente sviluppo
della scienza, della tecnologia e
della società industriale,
già colto e preannunciato dai pittori impressionisti. Un
mondo tramonta, con i suoi riti e
tradizioni, travolto da uno nuovo. Il progresso, caratterizzato
da cambiamenti senza tregua, richiede nuove forme di
espressione in grado di comunicare il disagio interiore
provocato dal contrasto tra gli ideali umani e la reale condizione
sociale dell'uomo.
Gli abitanti
dei sobborghi, la gente umile, i salariati che lavorano nelle strade, diventano gli eroi
della città moderna. Quando
nel 1874, viene organizzata la prima mostra degli "Impressionisti"
(i maggiori esponenti
saranno Edouard Manet (1831-1883),
Claude Monet (1840-1926), Pierre Auguste Renoir (1841-1919), Paul
Cezanne (1839-1906), Edgar Degas (1834-1917), Camille Pissarro
(1830-1903), Alfred Sisley (1840-1899), Georges Seurat (1859-1891), Paul Signac
(1863-1935) e Paul Gaugin (1848-1903)), nei
locali di Boulevard des Capucines di proprietà di Nadar,
le critiche
sono alle stelle, le vendite un autentico fiasco.
Il movimento impressionista, in otto esposizioni ben spalmate in dodici
anni, pur senza aver conseguito reali consensi, ha comunque aperto la
strada ad
un nuovo
modus di fare arte, e già si vanno preparando all'orizzonte
nuove avanguardie: l'Espressionismo, il Cubismo, il Costruttivismo,
il Futurismo, il Dadaismo, il Surrealismo e correnti minori.
Nella ricerca del
nuovo vengono coinvolti non solo i pittori,
ma anche i poeti, gli scrittori, i musicisti. E' una protesta contro
tutti i convenzionali mezzi espressivi, contro le
tradizioni, contro le accademie, le scuole, le associazioni.
Parigi nel 1900
Lo scenario della Parigi dell'epoca, si svolge in una metropoli di
1.5000.000 abitanti con sei stazioni ferroviarie che collegano la
capitale con il resto della nazione.
La trasformazione urbanistica messa in atto dal barone Haussmann fin dal
1853, vide oltre alla realizzazione di opere monumentali (per esprimere
la fastosità dello stato), la realizzazione di strade più larghe, la
creazione di parchi pubblici (il più grande dei quali fu il Bois de
Boulogne), nuovi acquedotti, una nuova rete fognaria, l'illuminazione a
gas nelle strade e la costruzione di quartieri periferici per accogliere
la popolazione meno abbiente. Ogni rione della città aveva il suo
colore e lo stile «nouveau» aveva già ispirato la decorazione di negozi
e palazzi. Nella maggior parte delle case mancavano ancora acqua, gas,
elettricità, ed il bagno era un lusso per pochi. Strade mal pavimentate
e maleodoranti anche nei grandi boulevard, ovunque un brulicante via vai
di persone tra urla di venditori ambulanti, carrozze trainate da cavalli
e qualche scoppiettio di buffe automobili dai clacson arroganti. Si
respirava comunque un'aria di spensieratezza e di allegria.
Anche se i salari erano bassi, il lavoro non mancava e per chi conosceva
l'arte di arrangiarsi, la vita non era poi così male. Le donne portavano
corsetto, puf e stivaletti; gli uomini tuba, colletto rigido e guanti,
di rigore i baffi. Quasi stendardo parigino, la città offriva una
libertà di costumi che consentiva ad ognuno di trovare, in luoghi per
tutti i gusti, dallo champagne all'assenzio,
dall'hashish all'oppio, dal sesso etero delle maisons closes a
qualsivoglia forma di appagamento erotico.
Da Chez Maxim's, dove
Georges Feydeau aveva un tavolo sempre riservato e a cui si ispirerà per
la sua commedia La dame de Chez Maxim del 1899, coperte di
gioielli e di piume, le cocotte allietavano la ricca clientela. Ma
molti erano i locali per tutti i gusti
ed estrazioni sociali: Comédie-Française, Opéra,
Cafés-chantant. Venivano organizzati balli, cabaret musicali, sagre popolari
in ogni dove. Un'infinità di caféterie fungevano da punto d'incontro o
da ritrovo per intellettuali, letterati,
giornalisti e uomini politici.
Parigi 1900, Ingresso principale dell'Esposizione
I Giochi della seconda Olimpiade e l'Esposizione Universale del 1900
L'Esposizione Universale di Parigi del 1900, anno che dava l'avvio ad un
nuovo secolo, era stata annunciata con grande anticipo e senza risparmio
di mezzi.
Quello stesso anno, nello stesso periodo, Parigi ospitò anche i Giochi della II Olimpiade,
che si svolsero dal 14 maggio al 28 ottobre.
La selezione della città che avrebbe ospitato la seconda edizione
delle Olimpiadi (la prima si tenne ad Atene nel 1896), avvenne nell'anfiteatro
dell'Università della Sorbona, dal 16 al 23 giugno 1894 e fu
organizzato da Pierre de Coubertin. Vi parteciparono circa 2.000 persone
con 78 delegati di tredici nazioni ed annoverò la presenza di
ospiti illustri quali il re del Belgio Leopoldo II, il principe di
Galles Edoardo ed il principe Costantino di Grecia.
Il barone de Coubertin riteneva che lo svolgersi delle Olimpiadi,
durante l'Esposizione Universale, avrebbe potuto creare interesse per
questa ripristinata tradizione sportiva, e contribuire inoltre ad introdurre in
Francia il concetto di sport come modello educativo. Allo scopo di
ottenere un grande impatto coreografico, Coubertin presentò alcuni
progetti per una ricostruzione dell'antico sito di Olimpia che includeva
templi, statue e palestre.
Nel 1893, l'ingegnere
Alfred Picard, presidente di una sezione del Consiglio di Stato,
nominato a capo della terza Esposizione Universale che si sarebbe tenuta
a Parigi nel 1900, decise di inserire nel programma della manifestazione
stessa i "Concorsi di esercizi fisici e sportivi".
Coubertin, durante un incontro ufficiale, gli manifesta la sua
intenzione di organizzare, durante il periodo dell’Expo la seconda
edizione dei Giochi olimpici, ma Picard è invece dell'avviso che lo
sport deve essere esteso a livello di massa e nella maggior quantità di
discipline; tra i due diventa scontro aperto.
Coubertin crea allora un Comitato privato in antitesi al Comitato
pubblico dell’Expo, a cui vengono mosse pesanti critiche.
L' U.S.F.S.A, importante Associazione che comprendeva molte delle
società sportive francesi, non riconosce però il comitato privato di
Coubertin e si schiera con Picard e nel gennaio del '99 la commissione
di Coubertin, è costretta a dimettersi.
Coubertin, però non desiste e scrive al nuovo presidente dei giochi
sportivi dell’Esposizione, Daniel Mérillon, affinché essi possano essere
considerati anche Giochi della seconda Olimpiade, cosa che di fatto
avviene. E così i "Concorsi di esercizi fisici e sportivi" ed i "Giochi
olimpici" si fondono in un'unica cosa.
Proprio per la peculiarità della manifestazione allargata a tutti, le
fonti parlano di 58.000 partecipanti, da semplici cittadini a studenti,
militari e atleti più o meno qualificati che si esibiscono in una
miriade di gare sovente senza crismi di ufficialità. Nei programmi
esposti, che indicavano il tipo di sport e gli orari, non compare mai la
parola "Olimpiade".
Vennero anche organizzati convegni scientifici che avevano per tema
argomenti di chimica biologica, fisiologia, locomozione, igiene, e
patologia.
Lo sforzo economico del governo francese,
comunque, si concentrò
prevalentemente sull'organizzazione dell'Esposizione Universale
e così, vennero seriamente ridotte le risorse economiche per le
infrastrutture sportive ed i giochi finirono per essere disputati in
campi di gara spesso improvvisati. Alla mancanza di un
impianto idoneo per le gare di nuotò si sopperì recintando un tratto della
Senna.
Nei cinque mesi della sua durata, ai Giochi vi parteciparono atleti provenienti da 19 nazioni e per la prima volta nella storia
dei "Giochi olimpici" vennero ammesse le donne, fecero la loro
comparsa molte gare che nel futuro non sarebbero più state riproposte
quali
salti equestri in alto e in lungo, nuoto ad ostacoli, cricket,
gare di
aquiloni, tiro al piccione vivo, tiro alla fune ecc...
Le "Olimpiadi",
iniziate senza alcuna cerimonia di apertura, si conclusero allo
stesso modo, in sordina, e con un bilancio globalmente negativo: più che
di Olimpiadi si è trattato di un'interminabile serie di gare disputate
nella più totale disorganizzazione.
L'Esposizione Universale, al contrario, sarebbe passata alla storia come
una delle più importanti manifestazioni mai organizzate. Si tenne
dal 14 aprile al 10 novembre e venne visitata da più di 50 milioni di
persone.
Per l'Esposizione
Universale
del 1889, la Francia aveva inaugurato la "Torre Eiffel", ed ora, per
questo nuovo evento di inizio secolo, aveva in serbo altre grandiosità. Venne
costruito il "Petit Palais", un autentico capolavoro di raffinatezza ed
imponenza, che racchiudeva modernità e classicismo: marmo, mosaico, ferro
e sopratutto enormi vetrate furono fra i molti materiali utilizzati per la sua
realizzazione.
Il progetto, di Charles Girault, è un trapezio
diviso in quattro edifici principali, intorno ad un giardino
semicircolare delimitato da un portico, e sarà destinato ad ospitare
l'Esposizione Universale.
Viene anche inaugurata la prima linea della Metropolitana di Parigi
(tutt'ora in funzione)
e il Palazzo dell’Elettricità, progetto dell'architetto Eugène Hénard.
Situato
di fronte alla Torre Eiffel, esso ospitava vari esempi di applicazioni
dell’elettricità (fu la maggiore attrazione per i visitatori
dell'Esposizione), e di fatto forniva l’energia necessaria all’illuminazione ed al funzionamento
di tutti i padiglioni espositivi.
Parigi 1900, Stazione ferroviaria d'Orsay
Molti altri edifici e monumenti furono costruiti per l'occasione,
inclusi la Gare de Lyon, la Gare d'Orsay (ora Museo d'Orsay), il Ponte Alessandro
III, il Grand Palais, La Ruche,
Il Genio dell’elettricità,
una statua alta più di sei metri..
L'esposizione parigina vide anche la presentazione ufficiale del cinematografo dei
fratelli Lumière.
Il primo viaggio a Parigi di Picasso
Nel 1900, Picasso intraprende un primo viaggio a Parigi. Dopo una lunga
notte trascorsa in uno scompartimento di terza classe, scende in una
nebbiosa mattina d'autunno delle fine settembre alla stazione d'Orsay,
si dice, abbigliato con grosse scarpe e un feltro da moschettiere in
testa, trasportando un cavalletto, una tavolozza e una scatola di colori
(in altri bozzetti è vestito con un soprabito da cocchiere con il
colletto rialzato per ripararsi dal freddo).
Pablo Picasso,
1901, Autoritratto
Pablo, non ancora
diciannovenne, all'epoca era attratto dallo stile dei preraffaelliti
inglesi e dallo Jugendstil tedesco, e sovente aveva detto ad amici e
conoscenti che un giovane artista doveva necessariamente soggiornare a
Monaco e Londra. Pablo, quindi, aveva intrapreso il viaggio a Parigi
proprio in funzione di poter visitare l'Esposizione Universale,
fortemente motivato dal fatto che una sua opera era stata scelta per
essere esposta nel padiglione che rappresentava la Spagna.
Pablo Ruiz-Picasso, 1897, Scienza e Carità. Barcellona, Museo Picasso
Il dipinto, che
compariva nel catalogo della mostra con il N°79, dal titolo Gli ultimi
momenti (Scienza e Carità), era stato dipinto tre anni prima, firmato
Pablo Ruiz-Picasso, ed aveva già vinto un riconoscimento a Madrid. Il
soggetto, rappresenta un medico mentre visita un malato alla presenza di
una suora di carità che tiene un bimbo fra le braccia. Sembra che il
padre don José avesse fatto da modello per il medico e la sorella Lola
per la monaca.
Pablo, che al tempo non parlava francese, aveva convinto due studenti ad
accompagnarlo, Pallarès e Casagemas, anch'essi dell'Accademia di Belle
Arti di Barcellona, anche contando sul fatto che i due, di famiglia
benestante, avrebbero potuto contribuire alle spese. Durante questo
primo soggiorno parigino, durato due mesi, Pablo si immerge nelle
Gallerie d'arte, non disdegnando la sera i caffè bohemienne,
i night-club e le sale da ballo di Montmartre. Proprio in quel quartiere
Picasso ha trovato sistemazione, nell'atelier prestatogli dal pittore barcellonese Isidro
Nonell, ed ha conosciuto Pedro Manyac, un mercante di quadri spagnolo
stabilitosi a Parigi, con il quale si accorda per un salario di 150
franchi al mese in cambio della sua produzione di quadri, il che gli
consente di fare fronte a tutte le spese.
Pablo Picasso,
1900, Le Moulin de la Galette.
New York, Guggenhein Museum
Dipinge
Le Moulin de la Galette,
il suo primo dipinto parigino, dove viene ripresa
la vita notturna del famoso locale ricavato nel 1870 all'interno di un
vecchio mulino a vento di Montmartre.
Le Moulin de la Galette,
ispirerà qualche anno più tardi, Charles Ziedler e
Joseph Oller, alla realizzazione di un locale analogo, il Moulin Rouge
nel quartiere a luci rosse di Pigalle, destinato a diventare famosissimo
con il suo can-can.
Nel dipinto, Picasso ritrae
un ambiente dalla decadenza
lussuriosa usando
colori vivaci, molto più brillanti rispetto al passato,
con uno stile ancora impressionista.
Henry de Toulouse-Lautrec,
1889,
Le Moulin de la Galette
Pablo ricalca un tema
popolare ed amato, già percorso più volte da Degas, Manet
e
Toulouse-Lautrec, i cui dipinti dalla fine degli anni '80 e '90
ritraggono sovente locali notturni e case del piacere parigine, con i
loro frequentatori.
Dopo questo
primo soggiorno, Picasso ritorna a Parigi nel maggio 1901, dopo aver appreso
la notizia che il suo amico Carlos Casagemas, innamoratosi non corrisposto di una
ballerina, si era suicidato con un colpo di pistola.
Pablo Picasso, 1903, La Vie. Cleveland, Museum of Art
Pablo ne resta profondamente scosso, tanto
che realizzerà nel corso del tempo alcune opere dal cromatismo
rabbioso, dedicate all'amico scomparso: La morte di Casagemas,
dove l'amico appare composto nella bara, La sepoltura di Casagemas, che trae ispirazione dal dipinto La sepoltura del conte di
Orgaz, realizzato nel 1586 da El Greco, e successivamente nel
più monocromo
La Vie (1903), dove l'uomo ha il volto del suo amico defunto.
Pur continuando a
frequentare prevalentemente gli artisti spagnoli che vivevano a Parigi,
come Iturrino, Gargallo e Gonzales, Picasso non manca di introdursi nell'ambiente artistico parigino,
legando amicizia con Coquiot e con Max Jacob. Espone, insieme a
Francisco Iturrino, nella Galleria
di Vollard e alcuni pastelli in una mostra al Salon Parès, i quali vengono apprezzati
da Miguel Utrillo.
Quasi ad esito naturale,
dopo i primi contatti parigini,
la sua pittura ha assunto forti venature simboliste, evidenti in una
serie di paesaggi realizzati in innaturali toni di violetto e verde, con uno stile
formale più sobrio e compatto dei dipinti precedenti, ora debitrice ai modi di Toulouse-Lautrec.
Il periodo che ne segue è
comunque caratterizzato dalla tristezza, Pablo si
sposta costantemente tra Parigi e Barcellona.
Il periodo Blù
Con l'autunno del 1901 ha inizio il cosiddetto "periodo blu", che durerà
fino a tutto il 1904.
Più tardi scriverà: "Ho iniziato a
dipingere in blu, quando ho capito che era morto Casagemas". Il linguaggio
prevalentemente monocromo di questo periodo, accentuato da un disegno
stilizzato e pungente che definisce duramente i volumi, in linea con la
corrente espressionista, rivela anche la personale tristezza di Pablo
per la morte prematura dell'amico e
collega. I suoi
soggetti: prostitute, mendicanti, emarginati, sono immersi in una luce
irreale che evidenzia una tragica condizione sociale ed umana, oltre che l'infelicità del giovane pittore. Durante la mostra
organizzata da Manyac e Berthe Weill, nell'aprile 1902, Pablo affermerà:
«... l'Arte è figlia della tristezza e del dolore».
Da questo periodo firmerà le sue opere
solamente Picasso, con il cognome della madre. Egli stesso spiegherà
questa decisione, dichiarando che «... i miei amici di
Barcellona mi chiamavano Picasso perché questo nome era più strano, più
sonoro di Ruiz. E' probabilmente per questa ragione che l'ho adottato».
Picasso si
trasferisce a Parigi
Nel 1904 Picasso si stabilisce a Parigi al
Bateau-Lavoir
- 13 di Place
Émile-Goudeau - con la sua nuova compagna Fernande Olivier (1881-1966).
Bateau-Lavoir cioè "Battello-Lavatoio", si trovava
quasi al culmine
della collina di Montmartre,
abitato storicamente da artisti e gente umile, apostrofato così per la
quotidiana presenza di panni stesi ad asciugare davanti le finestre,
ricordando i battelli-lavatoio lungo la Senna. All'epoca, in quella zona
si potevano affittare degli appartamenti privi di gas ed elettricità con
pochi franchi al mese; cifre modeste, ideali per giovani artisti
squattrinati. Proprio quell'edificio, in passato adibito a laboratorio di pianoforti
e poi restaurato nel 1889 in modo da ottenerne dieci
piccoli appartamenti da affittare, era diventato un atelier d'artisti, casa comune che
per caso avrebbe visto nascere il cubismo.
Il Bateau-Lavoir, in ambienti
dalle pareti sottilissime, freddi d'inverno e caldi d'estate,
un unico
gabinetto in comune, con il trascorrere del tempo avrebbe visto
soggiornarvi
molti artisti, quali
Paul Gauguin,
Henry
Matisse,
Fernand Léger, Jean Cocteau,
Amedeo Modigliani, Robert
Delaunay, Maurice Denis,
Francis Picabia,
Alexander
Archipenko, Ardengo Soffici, Raymond Radiguet
ed
il pittore olandese Kees van Dongen,
che nello stesso periodo di Picasso abitava al pian terreno accanto alla porta principale,
ed al cui posto nel 1906, sarebbe venuto a vivere
Juan Gris, rimanendovi ben 16
anni con moglie e figlio.
Il giovane Picasso
strinse grande amicizia con Juan Gris,
ma anche con
Guillaume Apollinaire, Raynal, Max Jacob,
André Salmon, André Breton e Gertrude
Stein, e la sua casa-studio diventò un ritrovo di artisti ed
intellettuali.
La frequentavano
Georges Braque, Pierre Reverdy, Amedeo Modigliani, poi André Derain,
quelli che per sopravvivere svendevano quadri e strofe e che quando
bevevano troppo si prendevano a pistolettate. Il gruppo, capeggiato da
Pablo, venne etichettato la "Bande à Picasso".
Quelle serate erano spesso rallegrate da
Max Jacob (Quimper
1876 - 1944), poeta, pittore, scrittore e critico, soprannominato il
bretone (che aveva già condiviso una stanza con Pablo Picasso), e da
Wilhelm
Apollinaire
(Roma 1880-Parigi 1918),
poeta e scrittore, soprannominato Guillaume.
Di
origini ebraiche,
noto per il suo alcolismo e omosessualità,
Max Jacob, è considerato un importante collegamento tra i simbolisti e
i surrealisti.
All'epoca viveva a rue Ravignan.
"...spesso andavamo a prenderlo
- col suo spirito, la sua verve sorprendente e il suo fascino
di narratore di storie fantastiche ci faceva trascorrere ore deliziose.
L'originalità della sua immaginazione aggiungeva un sapore speciale a
tutti i suoi racconti"." (Fernande
Olivier)
Wilhelm Apollinaris de
Kostrowitzky, figlio naturale di una polacca e di un ufficiale
pontificio, trasferitosi giovanissimo in Francia, riuniva in sé il
fascino dell'innovatore e del grande poeta romantico e popolare. Svolgeva anche attività di critico d'arte,
affiancancò, con conferenze ed articoli, successivamente raccolti in
volumi Les peintres cubistes; Chroniques d'art,
l'opera d'avanguardia dei grandi movimenti pittorici e dei loro
attori, dai fauves a Picasso e
Braque, da Delaunay ai futuristi, a Picabia e De Chirico.
Apollinaire, per il suo carattere particolare, venne anche sospettato ed arrestato per essere l'autore del furto del dipinto
La Gioconda
avvenuto nel 1911 al Museo del Louvre (sospetto di cui fu gravato anche Pablo Picasso),
risultando poi del tutto estraneo ai fatti e rilasciato.
Così lo
descriverà Fernand Olivier: «...arrivava
sempre indaffarato, con un mucchio di vecchi libri sotto il braccio; in
mano vecchie incisioni che aveva scovato per pochi soldi nei più diversi
quartieri. Credeva sempre di avere fatto un grande affare.
Aveva la testa un po' a pera, tratti acuti, simpatici, distinti e occhi
piccoli molto ravvicinati al naso aquilino lungo e stretto, con le
sopracciglia come due virgole. Una bocca piccola che si riduceva
ulteriormente quando parlava, quasi a dare maggior forza a quello che
diceva. Un'aria da bambino buono, calma e dolce, grave o tenera, che
faceva sì che lo si ascoltasse con fiducia appena cominciava a parlare,
e parlava molto.
Come Picasso fumava la pipa ed era sempre con la pipa in mano o in bocca
che raccontava le sue storie, le più insignificanti o le più
buffe. Recitava male i suoi versi che amava tanto declamare
personalmente! Come li faceva risaltare poco! Eppure riusciva lo stesso a
commuoverci».
La banda Picasso
Questa allegra
compagnia si ritrovava la sera
per cantare, leggere poesie e ubriacarsi, o
divertendosi con le imitazioni di Max Jacob e di altri, facendo gran
baccano. A volte qualcuno
recuperava dell'oppio e nelle anguste stanze il suo odore dolce si
mescolava a quello acre del fumo di sigaretta. Il gruppo di giovani
scapestrati divenne
ben presto famoso sopratutto per essere piuttosto chiassoso. Dopo le
serate trascorse a bere vino e assenzio e parlare di pittura, presso Le cabaret des assassins, o Au Lapin Agile,
locali non distanti da Place
Émile-Goudeau, in una Montmartre quasi campestre, l'alticcia ed allegra
banda, tornando a piedi, cantava a squarciagola lungo tutto il percorso e
talvolta venivano perfino sparati dei colpi di pistola. Picasso, che ne possedeva una,
la portava sempre con sé, ed era suo uso sparare talvolta un colpo in aria
prima di entrare a casa, o al suo risveglio, a tarda mattinata. Quando
Pablo dipingeva (solitamente dal pomeriggio in poi, poiché si
svegliava tardi al mattino a causa delle serate brave) non voleva essere
disturbato da nessuno, a costo di essere villano e scortese.
Durante quel soggiorno, in cronica carenza di soldi, Pablo e Fernande
Olivier evitavano accuratamente i creditori, facendosi lasciare le
consegne davanti la porta d’ingresso, o non aprendo, con varie scuse,
per rinviare i pagamenti.
Il periodo Rosa
Dal 1905, la vena
drammatica in Picasso si attenua, nelle dolci, seppur
malinconiche figure del periodo "rosa", anche
questo caratterizzato da un colore prevalente, in cui l'artista
manifesta una particolare attenzione per il mondo
del circo: saltimbanchi, acrobati, ed ancora arlecchini, sono i
soggetti preferiti (Famiglia d'acrobati, 1905; Donna col
ventaglio, 1905; Acrobata e giovane equilibrista 1905; Due
acrobati con cane, 1905; Famiglia di acrobati con scimmia,
1905; Ragazza di Maiorca, 1905; Ragazzo con pipa, 1905;
Due fratelli, 1906). Nel trascorrere di due anni anche questa vena
artistica sarà destinata ad esaurirsi.
Il movimento
Fauves
Al "Salon d'Automne" del 1905
si tiene la prima mostra dei "Fauves", artisti destinati a
ripercorrere il percorso di critica e disapprezzamento già
occorso qualche decennio prima ai pittori impressionisti. Al movimento
aderiscono: H.
Matisse (1869-1954), A. Marquet
(1875-1947), K. van
Dongen
(1877-1931), R.
Dufy
(1877-1953), G.
Braque
(1882-1963) e
M. Vlaminck (1876-1958).
Partendo dalle esperienze di
Cézanne,
di van Gogh,
di
Gauguin
e dall'approccio analitico del Neoimpressionismo, i Fauves vogliono esaltare la dimensione primitiva della
creatività e dell'istinto.
In modo particolare
nelle opere di Matisse e di Dufy, le immagini
tendono a svilupparsi sul piano, come zone cromatiche.
E' nella Donna con
ventaglio e nel Ragazzo di profilo con collarino, eseguiti
da Picasso durante la visita in Olanda all'amico Tom Schilperoot,
che appaiono le prime
influenze di Cézanne e dei Fauves.
Nel 1906, al Salon d'Automne,
espone Gauguin, che l'anno successivo organizza una mostra commemorativa di
Cézanne in occasione della quale viene pubblicata la lettera di E. Bernard,
(datata aprile 1904), nella quale il pittore così si esprime: « ... traiter la nature par le cylindre, la sphère et le cône » («...trattare
la natura con il cilindro, la sfera e il cono»).
Il periodo negro -
I Primitivi
Quando sul finire del 1906, in
Pablo si manifestano le influenze esercitate dall'arte
orientale e dall'arte africana, segnando l'inizio di quel periodo
indicato come "Epoca negra" o dei "Primitivi" - egli è
già riconosciuto e ammirato come un artista completo - il successo è
alle porte.
L'arte dei "primitivi", delle civiltà meno
evolute, apparentemente imperfetta, racchiude valori di freschezza e
spontaneità.
Durante le visite ai musei parigini, Picasso era rimasto affascinato
dall'unità plastica della forma delle maschere africane e dall'immediatezza
dei sentimenti che esse riuscivano a trasmettere: forza, paura, terrore, ilarità, che
egli avrebbe voluto anche nelle sue
opere - guarda anche ai
rilievi iberici, all'arte orientale.
Pablo Picasso, 1907, Les demoiselles d'Avignon.
New York,
Museum of Modern Art
Nel 1907
Picasso realizza il dipinto,
Le Demoiselles d'Avignon, dove la sua pittura
inizia ad assumere tratti
geometrici. Il
grande quadro
(quasi
otto metri quadrati), esposto per la prima volta solamente nel 1916 (sarà
tacciato di immoralità), viene
titolato da Picasso Le bordel philosophique
(Il bordello filosofico), poi verrà ribattezzato Les demoiselles d'Avignon (Le signorine di Avignone).
Nelle cinque donne nude, cinque prostitute in un bordello di calle Avignon
a Barcellona, la frammentazione della forma è già molto avanzata.
Pablo Picasso, 1907,
Les demoiselles d'Avignon, particolare
Nella
composizione, i corpi appaiono piatti, quasi
senza modellazione, linee più scure e più chiare suggeriscono le forme essenziali, senza
consentire l'individualizzazione dei caratteri somatici, gli occhi
sono fortemente contornati di nero, privi di espressione, una
singola linea unisce il sopracciglio con il
naso mostrato di
profilo. I volti delle due figure
all'estrema destra del dipinto sono rappresentazioni di maschere
africane stilizzate.
Nella sua
apparente semplicità esecutiva, Picasso in questo dipinto ha
dovuto risolvere diversi problemi
legati alla rappresentazione dei volumi per evitare qualsiasi
effetto di prospettiva, sostituendo le zone d'ombra con lunghe
linee parallele di colore.
Pablo Picasso, 1907,
studio per Les demoiselles d'Avignon
Le tappe di
questa ricerca sono testimoniate dai molti disegni e
bozzetti realizzati nelle varie fasi di progetto ed esecuzione,
fino alla stesura finale dell'opera che rappresenterà il
trait d'union tra la
visione fauve e il futuro cubismo.
Pablo Picasso, 1907,
Donna nuda.
Milano, Museo d'Arte Contemporanea
Maurice Raynal, mecenate avanguardista, grande sostenitore e promotore di
Picasso e del gruppo dei giovani artisti fin dal 1907, per quasi mezzo secolo ne
scrisse su giornali e riviste e ne pubblicò decine di volumi. A
cinquant'anni di distanza, il nipote giornalista, David Raynal, ha
raccolto in un libro, "La
bande à Picasso", una documentazione straordinaria di vecchi articoli,
appunti, lettere e fotografie inedite, oltre ad una fitta
documentazione di corrispondenza intercorsa tra Picasso e suo nonno.
Kees van Dongen, 1907, Ritratto
di Fernand Olivier.
Montpellier, Musee Fabre
Henri Julien Félix Rousseau.
La Bohémienne endormie, particolare
Il banchetto in
onore di Rousseau
Nel tardo dicembre 1908, Picasso organizza una festa in onore del
pittore Henri Julien Félix Rousseau (1844 – 1910), soprannominato il
Doganiere Rousseau.
Nato il 21 maggio 1844 a Laval, Rousseau, dopo la morte del padre
avvenuta nel 1868, si era trasferito a Parigi in rue Roussellet 25.
Pittore partecipe dei fermenti innovativi della sua epoca, relativamente
poco apprezzato e compreso dalla critica, esponeva con scarso successo
commerciale, tanto da essere perennemente oppresso da difficoltà
economiche e debiti. Nell'ambiente artistico, sebbene egli fosse già
anziano rispetto alla maggior parte dei pittori attivi in quel tempo,
ben presto ottenne la simpatia di Pablo Picasso, il quale riconosceva
nella figurazione primitiva ed esotica delle sue opere una ricerca di
spiritualità ed un ritorno alle origini.
Il banchetto organizzato in suo onore da Picasso, Apollinaire e
combriccola, nascondeva in realtà finalità ludiche e di bonaria burla.
Il soprannome Doganiere, ad esempio, sembra gli sia stato dato proprio
da Apollinaire (il quale era solito burlarsi della realtà), e si era
inventato completamente la storia facendo di Rousseau un impiegato delle
dogane, mentre era stato un impiegato del fisco. Che Apollinaire non
apprezzasse la pittura di Rousseau era evidente dal fatto che aveva
messo in cantina il ritratto che questo gli aveva fatto con Marie
Laurencin.
Per l’occasione del banchetto lo studio fu liberato dalle pitture e
sulle pareti vennero lasciate soltanto le maschere negre; vennero
decorati i locali con bandiere, bandierine e frasche. Due studi vicini,
quello di Juan Gris e quello di Jacques Vaillant, vennero adibiti a
dispensa e a guardaroba. Fernande Olivier preparò diversi manicaretti e
l’alcool abbondò, Apollinaire e Salmon recitarono poesie, Rousseau suonò
con il suo violino.
Apollinaire ad un certo punto richiese l'attenzione degli ospiti e
solennemente declamò il poema-burla che aveva accuratamente preparato:
«Ricordi, Rousseau, quel paesaggio azteco / le foreste dove spuntano il
mango e l'ananas, / le scimmie che spandevano tutto il sangue delle
angurie / e il biondo imperatore fucilato laggiù./ I quadri che dipingi
li vedesti in Messico / dove un sole rosso ornava la fronte degli alberi
di banano, / e tu, valoroso soldato, scambiasti la giacca militare /
contro il dolman blu dei bravi doganieri».
Apollinaire gli aveva quindi appioppato un'altra delle sue invenzioni,
ovvero una presunta spedizione militare in Messico nel 1863, che il
Doganiere avrebbe compiuto in gioventù, agli ordini del generale
francese François Bazaine.
Rousseau, che non era mai andato in Messico, si guardò bene dallo
smentire Apollinaire, forse compiaciuto dal prestigio ottenuto agli
occhi dei suoi nuovi amici, grazie a questa nuova veste eroica e
misteriosa.
Alla fine del banchetto, quando la festa si concluse in piena notte, il
Doganiere era così ubriaco, da dover essere trasportato a casa con una
carrozza.
Sembra che Rousseau, mentre veniva aiutato da Picasso a salire sul mezzo
di trasporto, gli disse con gratitudine: «Tu ed io siamo i due più
grandi pittori del mondo, io nel genere egiziano e tu in quello
moderno».
Nell'ambiente artistico francese si parlò talmente di questo banchetto,
che tutti coloro che fino ad allora si erano fatti burla del Doganiere,
cominciarono a prenderlo in seria considerazione, rivalutandolo
artisticamente. Il banchetto aveva assunto il carattere di un sincero
omaggio a un genio fino ad allora trascurato, della cui scoperta si
attribuì il merito a Picasso.
Pablo Picasso, 1909,
Donna seduta.
Il cubismo
Il cubismo è stato
prima di tutto una decisa confutazione dell'arte come imitazione della
natura, dell'arte come sentimento, che vede il soggetto-oggetto
sottoposto ad un'analisi profonda, ad una spoliazione totale. La fase
detta del cubismo analitico, ci mostra come l'immagine, pur rimanendo
immagine-forma, possa essere ridotta a segni quasi algebrici, perdere
quasi totalmente la propria significazione.
Il cubismo non soltanto non fu un episodio effimero di analisi della
forma, ma proprio, nell'avanzare della ricerca dell'analisi
dell'oggetto, questa suggeriva nuovi mezzi di indagine, nuovi mezzi
espressivi alla nuova spazialità dell'immagine.
L'importanza di un movimento artistico deve essere valutato non
tanto dal
valore intrinseco delle opere realizzate, quanto dalle influenze e dai
mutamenti che esso è riuscito a produrre.
«... il Cubismo, questa rivoluzione che non ha eguale nella storia dell'arte dal
Rinascimento in poi, ha esercitato la sua influenza su tutta la sfera
delle attività artistiche, dalla poesia alla musica, e dall'architettura
al teatro» (Argan).
Da sinistra: 1) Pablo
Picasso, 1908, Rue-des-Bois; 2) Pablo
Picasso, 1909, Paesaggio a Horta de Hebro;
3) Georges
Braque, 1909, La Roche-Guyon
Una ricerca,
quella della
spazialità
dell'immagine,
che condurrà Picasso ai
geometrici e sfaccettati paesaggi eseguiti nell'estate del 1908 a La Rue-des-Bois
e
nell'estate del 1909 a Horta
de Hebro (Paesaggio a Horta de Hebro), contraddistinti
da una più dettagliata frammentazione degli angoli visivi.
Nel 1908,
Braque aveva allestito una personale alla Galerie Kahnweiler, a
Parigi.
Dal 1909, inizia
una intensa frequentazione
e
collaborazione fra Braque e Picasso, già conosciutisi tramite
Apollinaire, nel 1907.
Braque, diviene il più convinto teorico del movimento, dando
luogo assieme a Picasso a quel sodalizio che verrà definito la
"Fondazione del Cubismo".
Da sinistra: 1) Georges Braque, 1910,
Candelieri;
2) Pablo Picasso, 1911,
Il poeta, Venezia, Museo Guggenheim
In Picasso la scomposizione dei piani si fa sempre
più accentuata, divenendo
totale negli anni 1911-12 (Il poeta,
Venezia, Museo Guggenheim;
Ma jolie,
New York, Museum of Modern Art). Braque e
Picasso
sono così
vicini stilisticamente che molte loro tele sembrano dipinte da
un'unica mano;
realizzano composizioni in cui vengono talvolta inseriti ritagli di carta,
carta da parati e di giornale. Questa nuova invenzione (il
papier collé ed il collage),
fu in breve
adottata da quasi tutti i pittori cubisti,
conducendo ad
un successivo sviluppo, detto "cubismo sintetico" (avrebbe
ispirato l'arte dadaista e poi quella
surrealista).
Dopo una mostra cubista in Germania nel 1910, Picasso nel 1911
(anno in cui
lavora assieme a Braque a Céret),
tenne
la sua prima personale negli Stati Uniti.
Il 1912
vede ancora Picasso e Braque insieme a Sorgues
(Foglio di
musica e chitarra, 1912-13, Parigi, Musée National d'Art
Moderne);
nel 1913 nuovamente a Céret con
J.
Gris e Jacob; con Derain
ad Avignone nell'estate del 1914
(Donna in
poltrona davanti al caminetto, Parigi, Musée National d'Art
Moderne; Bicchiere di assenzio, scultura policroma, New
York, Museum of Modern Art).
In questi anni, il
Cubismo di Picasso e Braque diviene sempre più noto in
Francia e all'estero, anche per merito di D. H. Kahnweiler che, oltre
a svolgere l'attività di mercante, promuove una campagna di
divulgazione del
Cubismo con mostre internazionali a Monaco, Colonia, Berlino
e pubblica le opere nelle migliori riviste
internazionali d'avanguardia.
Juan Gris, 1912, Ritratto di Picasso
Nel 1912
Metzinger e Gleizes pubblicano,
presso l'editore Eugene Figuière di Parigi, Du Cubisme, il
primo saggio sul cubismo;
l'anno successivo compare Les peintres cubistes, di Apollinaire.
Nel 1918, anno in cui muore Apollinaire, Amédée Ozenfant e
Charles Edouard Jeanneret pubblicano Après le cubisme.
Pablo Picasso, 1909,
Testa di Fernande Olivier
Il movimento cubista influenzò fortemente anche la scultura. Lo stesso Picasso
vi si cimentò con la celebre Testa di
donna, del 1909, ove i piani, quasi annullano l'entità volumetrica.
In scultura, il problema della resa del piano
indipendente dal volume, il quale consenta di agire
liberamente nello spazio, venne affrontato dagli scultori cubisti Henri
Laurens, Jacques Lipchitz, Alexandre Archipenko, Costantin Brancusi e Julio Gonzàlez.
Nel 1914, allo scoppio della prima guerra mondiale, Picasso, essendo
straniero, non viene arruolato sotto le armi come molti dei suoi amici e
compagni. Questo segna la fine di un periodo che aveva visto
lavorare assieme Braque, Picasso, Derain e Gris. Non sarà, come
avevano immaginato allora i nostri protagonisti, una separazione
temporanea,
ma segnerà la rottura di una comunanza di interessi. Proprio in quell'anno,
Braque, richiamato alle armi viene gravemente ferito in
combattimento, tanto che riprenderà a dipingere soltanto nel
1917, e non sarà più lo stesso.
Rimasto quasi
solo, Picasso si impegna in una ricerca che lo conduce ad un realismo
tendente al classicismo; ad un cubismo in cui la forma si identifica col
simbolo, col mito, caratterizzando la sua attività per circa dieci anni. Al
geometrico Arlecchino del 1915 si contrappongono l'Arlecchino
del 1917 ed i ritratti "realisti" di Max Jacob, di Cocteau e
di Vollard.
Giorgio
Catania
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D. Cooper, I Picasso di Picasso, Milano, 1960
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vol. X, Venezia - Roma, 1963
Crespelle
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Picasso, les femmes, les amis, l'oeuvre,
Paris, 1967
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Picasso
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R. Penrose, Pablo Picasso, Torino, 1969
P. Pascal, Apollinaire, Firenze, 1970
Metzinger Jean,
Le cubisme était
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editions Présence,
Paris, 1972
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P.A. Jannini, Apollinaire e l'avanguardia, Roma, 1984
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Picasso e i suoi amici, Roma, 1993
Anne Baldassari,
Picasso e la Fotografia - Lo specchio nero. Alinari 1998
Jean-Paul Crespelle,
La vita quotidiana a Montmartre ai tempi di Picasso (1900-1910). Milano, 1998
F. Galluzzi, Pablo Picasso. Giunti, Firenze, 2002
G. Dorfles, A. Vettese, Il Novecento. Protagonisti e movimenti.
Milano, 2006
Herbert Lottman,
Amedeo Modigliani, Principe di Montparnasse, Milano, 2007
David Raynal,
Maurice Raynal, La Bande à Picasso, Ouest-France, 2008/2011
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