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MARC RIBOUD
Michele Catania
"Se il nostro lavoro può, in qualche modo, influire un po' sulla realtà, questo avviene proprio in epoche come la nostra in cui la funzione della testimonianza diventa essenziale".
Marc Riboud, quinto di sette figli, nasce a Lione il 24 giugno 1923. La famiglia Riboud con una solida tradizione culturale, aveva la passione per i grandi viaggi: il padre, banchiere, aveva compiuto nel 1910 un giro del mondo, documentandolo con numerose fotografie; lo zio, Jules Riboud, nel 1920 aveva intrapreso un avventuroso viaggio in Congo.
In occasione del suo
quattordicesimo compleanno, Marc riceve in dono la West-Pocket Kodak che
il padre aveva usato durante la Grande Guerra per documentare la sua
vita in trincea. Con questa macchina fotografica, Marc scatta la sua
prima foto in occasione dell'Esposizione Universale di Parigi. Due anni
più tardi, alla morte del padre, gli viene affidata una Leica del 1935. Durante un periodo di sei mesi trascorsi in Inghilterra scatta molte fotografie di Londra, documenta lo sciopero degli scaricatori di Liverpool e il Congresso del Partito Conservatore presieduto da Winston Churchill, per conto del Pycture Post. Incontra Robert Capa immediatamente prima che questi parta per l'Indocina, dove alcune settimane dopo sarebbe stato ucciso.
Nel 1957 si reca in
Cina, e viaggia per l'Estremo Oriente per due anni. Compie, con
Christian Berjoneau, un viaggio con un fuoristrada, dal nord dell'Alaska
fino al Messico. Alcuni suoi servizi vengono pubblicati su Paris
Match. Esegue servizi fotografici sui moti di indipendenza in Ghana,
Costa d'Avorio, Nigeria, Congo. Viene eletto vicepresidente della
Magnum-Europa. Nel 1963, assieme a Jean Daniel, compie un viaggio a
Cuba dove incontra Fidel Castro. Dal 1968 al 1976 realizza diversi
reportage sul Sud e Nord Vietnam, documentando le atrocità di guerra su
entrambi i fronti (incontra Ho Chi-minh e Pham Van Dong); viaggia in
Asia, Africa, India, Nepal, Cina, Unione Sovietica, Stati Uniti e
Giappone. Marc Riboud è un uomo sensibile, simpatico, sempre pronto ad aiutare, ad aprire i rapporti con gli altri; rende partecipi gli amici e i familiari di tutte le iniziative e le attività che lo interessano.
Il figlio Alexis, il 20 ottobre 1981 lo descriverà così:
"È un uomo di corporatura normale, dal passo energico, un paio d'occhiali poggiati su un grande naso, un volto da intellettuale, molto intelligente ma sempre distratto. È un cultore appassionato di fotografia, musica classica e pittura. Nutre una vera passione per la fotografia: cosa del tutto naturale per un fotografo! Adora ridere, parlare, discutere dei fatti d'attualità e di politica. La vita notturna, invece, lo lascia del tutto indifferente: la sera, preferisce rimanere a casa... Dopo lo scatto della macchina fotografica, è lo squillo del telefono che scandisce la sua vita: lo usa ininterrottamente, ma parla raramente, evitando le frasi troppo lunghe e farraginose. Ha un linguaggio conciso e immediato e un carattere concreto che facilita il suo lavoro. Quando parte per eseguire un servizio fotografico, compie preparativi molto elaborati e movimentati. Prepara le pellicole, gli apparecchi fotografici e gli abiti all'ultimo momento. Quando ritorna da un viaggio, racconta aneddoti, parla degli incontri con persone e situazioni: ma aggiunge sempre un tocco di ironia che provoca il sorriso e un autentico divertimento in chi ascolta. Quando rievoca i suoi viaggi e le avventure di cui è stato protagonista o spettatore comunica, con grande intensità, le sue emozioni e la sua appassionata adesione alla vita".
(I
grandi fotografi,
Marc Riboud
- Fabbri 1982)
Marc Riboud ha sempre considerato il suo lavoro di fotografo con molta serietà:
"Sarebbe bene che noi fotografi non ci prendessimo troppo sul serio!... Fotografare è fin troppo facile: saper guardare e vedere, invece, è molto più difficile, in quanto non si tratta di un riflesso condizionato, ma è frutto di un serio lavoro di apprendimento. La disciplina è altrettanto importante della spontaneità e della sensibilità... La fotografia non deve convincere, la fotografia non è certo in grado di cambiare il mondo, ma può mostrare il mondo, soprattutto quando sta mutando... Fotografare significa accettare l'imprevisto, la sorpresa: ma per cogliere questo aspetto della realtà bisogna avere una grande passione, direi l'ossessione di osservare instancabilmente la realtà ... Se l'amore per la vita si attenua, anche le fotografie si fanno sbiadite, perché fotografare significa assaporare la vita, ogni istante, intensamente!".
Marc Riboud, nel
suo lungo percorso professionale ha vinto innumerevoli premi e gli
vengono costantemente dedicate importanti mostre retrospettive in
Musei e
Gallerie di tutto il mondo.
Bibliografia:
I grandi fotografi, Marc Riboud - Fabbri 1982
Face of North Vietnam, New York 1970
Le bon usage du monde, Losanna 1964
Sitografia:
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