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Rodolfo Palucchini

 

Gli inizi di Antonio Canaletto

 

 

 

Anche il Canaletto, ai suoi inizi, sembra affiancarsi alla corrente patetico?chiaroscurale Bencovich-Piazzetta. Le strade erano certo preparate alla apparizione del pittore, che sa immettere un soffio nuovo di poesia nella materia, troppo spesso senza anima, del suo diretto predecessore, il friulano Luca Carlevarijs.

Di Antonio Canal, detto il Canaletto (nato a Venezia il 18 ottobre 1697 e morto ivi il 20 giugno 1768), scrive lo Zanetti (1771): ? Figliuolo egli fu di Bernardo, che traea origine dalla nobilissima famiglia da Canal ed era pittore da teatro. N?primi anni seguit?col padre quell'esercizio, utile per sciogliere la mano e svegliare la fantasia della giovent? e per obbligarlo a operar con prontezza; e fece bellissimi disegni per gli scenari. Lasciato poi il teatro, annoiato dalla indiscretezza d?Poeti drammatici, pass?giovinetto a Roma e tutto si diede a dipingere vedute dal naturale ?. Lo Zanetti aggiunge: ? Ci?fu circa l'anno 1719, in cui scomunic? cos?dicea egli, solennemente il teatro ?.

Il temperamento del Canaletto si ribellava alle strettoie di un genere meramente decorativo, ma per comprendere meglio la sua attivit?giovanile di vedutista non bisogna dimenticare i suoi inizi di pittore da teatro, che lo avevano iniziato ad un gusto scenografico. La Povoledo (in Moschini, 1954) ha fissato tale attivit?tra il 1716 ed il 1718 indicando anche le opere alle quali il Canaletto collabor?come scenografo.

Ormai fatto esperto delle regole prospettiche, il Canaletto part?per Roma, dove, tra l'altro, pot?incontrare il Pannini, che allora andava affermandosi come pittore di vedute e di rovine. Come ha indicato il Moschini (1954), a Roma il Canaletto ? trovava esempi evidenti di pittura lontana dal barocco e attenta alla realt? sia in opere ormai stagionate come quelle dei bamboccianti sia in altre di produzione attuale, di vedutisti nordici umilmente fedeli al vero, e soprattutto dell'olandese Gaspare Van Wittel ?. Continua lo Zanetti: ? Bei soggetti ei trov?quivi nel genere spezialmente dell'antichit? e belli per i pittoreschi accidenti n'ebbe dopo nella patria sua, i siti della quale non possono essere pi? opportuni a quel fatto ?. Non sappiamo oggi come il veneziano dipingesse in questa sua prima sosta romana:   certo nel 1720 era di ritorno a Venezia, figurando in quell'anno nella Fraglia pittorica lagunare. Il Moschini (1806), nei cenni abbastanza circostanziati attorno al Carlevarijs, scrive che questo: ? fu superato dal suo discepolo Antonio Canal.... ?. Ma fu una discendenza ideale o veramente si tratt? di un insegnamento diretto? Non abbiamo elementi per rispondere neppure a questo interrogativo: ad ogni modo si pu?supporre che il Canaletto si fosse accorto anche della pittura paesistica di Marco Ricci, traendo vantaggio da quei suoi modi pittorici tosi succosi e variati, ben diversi dalle levigate ed anemiche stesure prospettiche del Carlevarijs.

La pi?antica veduta oggi nota del Canaletto ?la ? Piazza San Marco ? gi? della collezione Liechtenstein, dove si accompagnava con due ? Vedute del Canal Grande ? oggi passate la prima nella coll. von Thyssen a Lugano, le altre nella coll. Mario Crespi di Milano: essa ?anteriore al 1723, anno in cui l'architetto Andrea Tirali esegui il nuovo selciato della piazza, con ornamentazioni di marmo chiaro a disegno geometrico. Non c'?dubbio che, specialmente nelle macchiette, il Canaletto si rif?al Carlevarijs: ma nel complesso, cio? nell'impostazione della veduta, egli cerca di essere indipendente, tendendo ad altri risultati che non fossero quelli del friulano. Mediante un telaio prospettico volutamente un poco forzato, il Canaletto ha cercato di rendere pi?grandioso il vano della piazza. Egli fa sfoggio subito di una sensibilit?cromatica che mancava al Carlevarijs. Il Canaletto dipinge con una pennellata robusta un po' grassa nella colatura del colore, prediligendo per lo pi?toni caldi e brunacei, che in qualche modo rammentano la tavolozza di Marco Ricci. La stesura cromatica di tale veduta ?ravvivata appunto dal gioco di luci studiate sulla piazza verso le ore tarde del mattino, con il taglio d'ombra cos?profondo verso destra e le grandi macchie di scuro nelle arcate della basilica. S'avverte allora come questo telaio prospettico, un po' anacolutico, sia l'occasione per un contrappunto chiaro?scurale quanto mai gustoso e robusto: come al Canaletto interessi il tono locale grigio-brunaceo del pavimento, il rosso caldo dei mattoni del campanile, lo svariare di luci sui marmi della basilica, il gioco pittoresco delle tende bianco-azzurre sporgenti dalle Procuratie vecchie o di quelle dei merciai dinnanzi a San Marco. In questa veduta insomma c'?una sensibilit?di luce e di colore del tutto nuova rispetto al Carlevarijs: in un certo senso pi?prossima a quella di Marco Ricci, ma con un gusto del chiaroscuro cos?accentuato che denota una dichiarata simpatia verso il Piazzetta stesso. Nella ? Veduta del Canal Grande ? all'altezza del palazzo Barbarigo della Terrazza, nella Galleria di Dresda, il Canaletto subordina le leggi prospettiche, come gli potevano essere suggerite dalla camera oscura, ad una assoluta necessit?di composizione per diagonali che si intersecano con direttrici a perpendicolo, come quella costruita dalla riva di destra, di modo che il campo visivo della scena possa spaziare con una ampiezza di respiro che trascende il dato realistico, per assumere un aspetto pi?favoloso e fantastico al tempo stesso. La trovata che d?stabilit?al primo piano della complessa composizione ?quel gruppo di imbarcazioni, per lo pi? ? burchi ? da carico, ancorati dinnanzi alla riva destra, che, con le loro vele, le loro tende, i loro alberi, costituiscono un gustoso ed animato argomento di descrizione pittorica. Mentre le macchiette della ? Piazza San Marco ? gi?Liechtenstein erano legate ai modi del Carlevarijs, qui sono descritte con maggiore attenzione, individuate gi? nella loro struttura.

? questa una veduta di grandi proporzioni che, per il suo impegno, costituisce una prova coraggiosa e direi fondamentale degli inizi dell'arte del Canaletto. Essa segna un grande progresso nei confronti di quella precedente: quanto era statica e goffa quella, tanto ?arditamente dinamica questa, nel piegare gli effetti prospettici ad un gusto scenografico cos?favoloso. In questa vasta stesura spaziale, dove lo spazio ?captato con grande ardimento, il gioco delle ombre e delle luci ha una sua funzione precisa.

Il Canaletto in questi anni, cio?nella prima met?del terzo decennio, si sforza di allargare l'intavolazione spaziale della veduta, magari attraverso molteplici punti di fuga, come la prima educazione scenografica gli suggeriva; cercando di renderla vibrante attraverso una concitazione chiaroscurale, che in seguito ceder?il passo ad una luce reale, osservata e colta nei diversi momenti della giornata.

Nella Raccolta Pillow di Montreal si conservano le quattro vedute dipinte per Stefano Conti di Lucca: il ? Canal Grande con le Fabbriche nuove e Ca' Pesaro ?, il ? Ponte di Rialto ed il Palazzo dei Camerlenghi ? , eseguite tra il 2 agosto ed il 25 novembre 1725, il ? Canal Grande con la chiesa della Carit?? e la ? Basilica dei Santi Giovanni e Paolo ? terminate il 15 giugno 1726. In queste vedute il Canaletto ha studiato attentamente il taglio della scena, in relazione ad un momento particolare del giorno, allo scopo di far scaturire da quel gioco di masse, per lo pi? specchiantesi nel Canal Grande, tutto un susseguirsi di effetti di zone illuminate dal sole e di altre in ombra. Egli accettava il ? motivo ? vedutistico cos?come lo aveva realizzato il Carlevarijs, ma con una poetica chiaroscurale tanto pi?profonda, che naturalmente rende pi? intenso il rapporto cromatico, traendo tutta una variet?di passaggi da quell'alternare di ombre e luci. Si osservi la veduta del ? Campo della Carit??, terminata nel giugno del '26. Tutto ?subordinato all'effetto della luce calda del sole, che batte sul campo e sulla facciata gotica della chiesa. sulla quale si ritaglia favolosamente l'ombra del prospetto della Scuola della Carit? e quella luce d?una ricchezza particolare al timbro cromatico delle pietre, dei marmi, dei mattoni caldi e slabbrati, dell'intonaco fatiscente, traendo da essi tutto uno svariare ricco di effetti pittoreschi.

Il Watson (1949) data '26-'27 sei grandi ? Vedute della Piazza San Marco ? e delle sue immediate vicinanze, oggi nelle collezioni reali di Windsor Castle, provenienti dalla collezione del console Smith. Sono inquadrature che colgono in formati verticali (tranne due), con rapidi ed audaci scorci prospettici, i celebri edifici monumentali della piazza e della piazzetta, aprendo nel tempo stesso grandi spazi nei cieli. Il gusto prospettico ?divenuto pi? smaliziato e sicuro, il colore s'?leggermente schiarito, pur predominando ancora i toni caldi, le macchiette vanno acquistando una importanza nuova nell'economia della veduta, dipinte come sono con una pennellata corposa, grassa, a stacchi netti: nel complesso d'una vivacit? icastica sorprendente. Il Canaletto mette in scena una Venezia monumentale a toni un po' cupi, robusti, sentita in un'atmosfera estiva, densa ed afosa: una Venezia dallo spirito avventuroso e romantico, che gi?sembra preludere a quella evocata da Francesco Guardi almeno mezzo secolo pi?tardi.

Un'altra mirabile impaginazione prospettica, dove anche il cielo ha la sua parte, ?costituita dalla veduta delle ? Isole di San Michele e di San Cristoforo della Pace viste dalle Fondamente Nuove ?, pure conservata a Windsor Castle. ?un brano di Venezia minore, colto con una libert?nuova. Lo specchio della laguna ? conchiuso dalle diagonali del ponte in ombra e della riva al sole, che s'allacciano a quelle formate dalle isole e dai monti lontani: nubi grigiastre, d'un tono caldo, afoso, sono scalate in modo da suggerir anche nel cielo un'apertura di spazio. L'acqua, d'una pesantezza stagnante, rispecchia i toni caldi brunacei del cielo.

La prova pi?alta di questo primo momento del linguaggio canalettiano ?certo la veduta della ? Chiesa della Carit?dal laboratorio dei marmi di San Vitale ? della National Gallery di Londra: la stessa colorazione calda, ad impasti robusti, della tela di Windsor: un'ampiezza panoramica grandiosa nel taglio stupendamente scenografico della inquadratura. Che luce calda, mirabilmente dosata, il Canaletto ha saputo cogliere su quei muri rossastri, dove la pennellata ormai incide con l'esattezza visiva d'un olandese; che giustezza di valori cromatici sentiti in quell'atmosfera autunnale pesante e sciroccale! Un alito profondo di vita egli sa infondere in questa scena: ?un'osservazione minuta, ma non pedante, degli aspetti reali, trasfigurati da quella luce particolare, calda e sensuale.

Ancora prossima a tale veduta ?quella del ? Vecchio mercato del pesce sul molo ? del Metropolitan Museum di New York. La prospettiva agisce ancora come elemento dinamico della composizione, organizzata in rapporto alla colonna ed alla prima arcata della Libreria. La composizione si stabilisce su di un gioco di diagonali, delle quali una, quella che passa per la Salute e la Dogana, ha il compito di allontanare l'orizzonte, sul quale s'innalza il cielo azzurro traversato da candide nubi; mentre, in primo piano, la folla anima la scena col suo andirivieni. Questo spazio aperto nel quale salgono quelle nubi vaporose ?un tema nuovo, che verr?ripreso un secolo dopo dal Constable.

La veduta, nata col Carlevarijs in funzione di documento, passando nelle mani del Canaletto riacquista una sua autonoma libert?espressiva. Il Canaletto studia con amore la realt?che lo circonda, anche quella minore, trasfigurandola in un particolare sentimento di colore e di luce. Da questa posizione dell'artista di fronte alla natura scaturisce una nuova volont?di linguaggio poetico. L'osservazione di quella luce naturale, che in questo primo gruppo di scene ?realizzata con un andante chiaroscurale quanto mai sostenuto, porta naturalmente il Canaletto a sganciarsi da quel gusto pittoricamente cos?imparentato alla corrente Bencovich-Piazzetta-Tiepolo. La rivelazione di una luce naturale e schiarita implica un disinteresse verso una messa in scena prospettica forzata e scenografica. Dalla crisalide barocca esce fuori un nuovo Canaletto: e la trasformazione ?improvvisa ed inattesa.

A partire dalla fine del '27 il Canaletto muta rotta: si badi, pressapoco nello stesso tempo in cui il Tiepolo si rinnovava negli affreschi dell'Arcivescovado di Udine. Nelle due vedutine su rame dipinte per il Duca di Richmond, come ci attesta il Mc Swiny in una lettera del 28 novembre 1727 (dove fa parola del ? Ponte di Rialto ?), ancor oggi in quella raccolta, il Canaletto rinnova completamente il suo registro chiaroscurale, intonando le vedute in una luminosit?piena e trasparente. Si apre cos?un nuovo periodo dell'arte canalettiana.

 

 

Rodolfo Palucchini

 

 

tratto da: La Pittura Veneziana del '700   (1960)