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Daniele D'Anza
Appunti
sulla produzione
festiva di Joseph Heintz
il Giovane.
Opere autografe e di bottega
In ambito collezionistico europeo emergono con sempre maggiore frequenza dipinti
riferiti a Joseph Heintz il giovane, che, alla luce degli studi più recenti,
assumono un'importanza non irrilevante nella definizione della sua cosiddetta
produzione festiva. Di quella parte cioè della sua variegata attività
volta a cogliere gli aspetti più esteriori della società veneziana, espressi in
massima misura durante importanti eventi celebrativi o nelle feste popolari.
Se in precedenza qualche artista aveva già trasposto su grandi teleri
certe significative cerimonie veneziane, fu Heintz il primo a commercializzarle
impiegando supporti, le cui dimensioni ridotte rispondevano meglio alle esigenze
di una committenza privata. Attivo a Venezia fino al 1678, anno della morte,
l'artista tedesco dovette avvalersi, nel crescere degli anni, dell'ausilio della
bottega per far fronte alle esigenze di un mercato sempre più sensibile alle sue
timide e stravaganti vedute, in seguito considerate vere anticipazioni di quelle
settecentesche. Le opere presentate in questa sede confermano l'esistenza di
allievi che intervennero in alcuni dipinti e d'altri che ne continuarono la
produzione, utilizzando tuttavia un idioma evidentemente diverso.
1 - Joseph Heintz il Giovane,
La processione del
Redentore. Già mercato
antiquario.
2 - Joseph Heintz il Giovane,
La
processione del Redentore.
Venezia, Museo Correr.
La processione del
Redentore (fig. 1), battuta ad un'asta parigina nel 1979, replica in
scala ridotta e con alcune varianti la nota composizione del Museo Correr di
Venezia (fig. 2). Opera probabilmente autografa, essa conserva la
commistione tra il solenne corteo e la realtà popolare visibile nel prototipo,
presentando vieppiù la medesima cura nella definizione elegante delle vesti. In
questo caso quella del biondo cavaliere dal cappello piumato o i sontuosi
mantelli degli alti dignitari ecclesiastici situati all'inizio del ponte
galleggiante.
3 - Joseph Heintz il Giovane,
Ricevimento in collegio.
Venezia, Museo Correr.
4 - Joseph Heintz il Giovane,
Ricevimento in collegio.
Già mercato antiquario.
Di poco più grande, ma identico in tutto a quello custodito presso il Museo
Correr di Venezia (fig. 3), è il Ricevimento in Collegio passato a
più riprese sul mercato antiquario parigino (fig. 4). Il dipinto ben
testimonia come l'attività della bottega nel crescere degli anni dovette farsi
seriale in modo da soddisfare le esigenze di una committenza forse straniera che
reclamava questi "souvenirs pictures".
5 - Joseph Heintz il Giovane,
Scrutinio per l'elezione del doge.
Già mercato antiquario.
Rientra certo in questa
categoria lo
Scrutinio per l'elezione del doge transitato recentemente presso un'asta
londinese (fig. 5). Qui la diligenza descrittiva degli sfarzosi interni
palatini prevale sulla consueta vena briosa dell'artista e limita, se non
addirittura annulla, la trovata divertente. Si direbbe che la paternità di
Heintz, in questo caso, si giudichi per sottrazione, ovvero non vi si scorge una
mano diversa e la cifra stilistica pare la stessa, tuttavia si registra un
piglio differente, meno vivace rispetto alle solite rappresentazioni.
6 - Joseph Heintz il Giovane,
Incoronazione del doge sulla scala dei Giganti.
Augusta,
Städtische Kunstsammlungen.
In quest'opera insomma la
consueta verve tende a neutralizzarsi, e la temperie, forse in ossequio al
soggetto rappresentato, si scarica di quella visione faceta presente nelle sue
opere più tipiche quali ad esempio la straordinaria Incoronazione del doge
sulla scala dei Giganti conservata presso la Städtische Kunstsammlungen di
Augusta (fig. 6) "Curiosissima e animatissima raffigurazione di uno dei
momenti più solenni della liturgia pubblica veneziana", dove l'evento narrato
diventa il pretesto per allestire una regia spettacolare pronta a cogliere la
scenetta gustosa e colorita.
Si osservino ad esempio i
popolani che si tuffano a pesce nel pozzetto, intenti ad arraffare qualche
moneta dimenticata dal doge dopo aver compiuto il consueto giro entro la piazza
San Marco, o ancora la galante conversazione intrattenuta dal cavaliere
mascherato con la dama protetta da un delicato velo nero.
7 -
Joseph Heintz il Giovane e bottega,
Il doge
in pozzetto.
Già
mercato antiquario.
8 -
Joseph Heintz il Giovane e bottega,
La caccia
ai tori a San Polo. Già
mercato
antiquario.
9 -
Joseph Heintz il Giovane e bottega,
Lo sposalizio del mare.
Già
mercato
antiquario.
10 -
Joseph Heintz il Giovane e bottega,
Regata sul Canal Grande. Già
mercato
antiquario.
Diverso problema pone la serie di quattro piccole tele raffiguranti Il doge
in pozzetto, La caccia ai tori in campo San Polo, Lo sposalizio
del mare e la Regata sul Canal Grande (figg. 7-8-9-10). Qui la
presenza di Heintz si somma a quella di un collaboratore percepibile soprattutto
nelle prime due composizioni. Si tratta di una pittura contigua a quella del
maestro ma che tuttavia diverge nella resa delle figurine, non più di chiara
ascendenza callottiana. Queste marionette, governate da una mano divertita
pronta a sfidare la forza di gravità, tengono pose impossibili, saltano, corrono
in preda ad un'agitazione incontrollabile mai riscontrata in quelle del tedesco.
«Macchiette» dalle braccia spalancate, dalle gambe divaricate in una corsa
affannosa, a tratti artificiosa, che paiono animate da scariche elettrizzanti.
Ad ogni modo la componente più tipicamente heintziana, anche in questi dipinti,
continua a dominare. L'impostazione generale è delle più caratteristiche, mentre
alcuni particolari come la vecchia questuante o l'attento cagnolino
scodinzolante che le sta accanto ne Il doge in pozzetto, potrebbero
valere tanto quanto una firma.
111
-
Joseph Heintz il Giovane,
imitatore,
Caccia ai tori in Palazzo Ducale.
Collezione privata.
Si conosce però un'opera, la
Caccia ai tori in Palazzo Ducale (fig. 11), già assegnata a Heintz,
dove la presenza di questo collaboratore pare integrale e la sua cifra
stilistica si palesa in misura ancora più dirompente. I protagonisti oltre alle
solite pose da melodramma assumono spassose mimiche da balletto. Ad escludere,
in questo caso, la paternità del tedesco vi è altresì la partitura coloristica
così diversa da quella consueta, che prevede accesi contrappunti cromatici.
Per quanto riguarda questa serie di piccole tele, va detto infine che la
Caccia ai tori in Campo San Polo, rispetto a quella del Museo Correr ribalta
il punto d'osservazione. Ciò preclude la visione di Palazzo Corner ma introduce
la chiesa di San Polo ed evidenzia la facciata gotico-moresca, "sormontata da
una sfilata di merli traforati di forma fantasiosa" di Palazzo Garzoni, demolito
nei primi anni dell'Ottocento. Il dipinto rappresenta una delle più amate e
cruente feste tradizionali veneziane che si svolgevano durante il Carnevale. Una
specie di addomesticata corrida dove il toro, ma spesso venivano utilizzati dei
buoi, si difendeva dall'attacco dei cani addestrati all'occorrenza. Il mastino
lo aggrediva tentando di afferrarne l'orecchio dai fianchi e talvolta lo mordeva
e si attaccava "con tanto furore da non poter essere distaccato dal cavacani
accorso se non tirato per le zampe posteriori, o compresso nei genitali, o morso
alla coda. L'abilità del tiratore era quella di aiutare - con stratti alla
corda, allentamenti, sbalzi, svolte improvvise -, il toro a sottrarsi
all'assalto del cane; il toro per conto suo si inarcava, si drizzava sulle zampe
posteriori, scalciava, correva, mettendo a dura prova la forza e l'equilibrio
dei tiratori; li faceva anzi qualche volta stramazzare, ma più spesso, quando
pareva avesse in corsa preso loro la mano, con un abile strattone trasversale
alla corda veniva a sua volta atterrato tra urla fischi incitamenti e applausi".
Succedeva a volte che il toro sfuggisse di mano ai tiratori e puntando verso la
folla diffondesse il panico tra gli astanti, procurando però spasso agli
osservatori sulle finestre e sulle tribune. Nel dipinto in esame, incuranti
della baraonda che li attornia, alcuni ginnasti si cimentano nelle Forze
d'Ercole, vera e propria gara tra Castellani e Nicolotti che prevedeva la
costruzione di una piramide umana mediante l'ausilio di lunghi regoli.
9 -
Joseph Heintz il Giovane e bottega,
Lo sposalizio del mare.
Ne Lo sposalizio del mare
(fig. 9) invece Heintz recupera l'impaginazione a volo d'uccello, con
l'orizzonte tenuto altissimo, già sperimentata nei dipinti Veduta prospettica
di Venezia e Veduta prospettica di Udine, in questo caso però la
condotta è meno felice e la resa prospettica più goffa.
Nelle opere fin qui esaminate la presenza di Heintz appare evidente, tuttavia vi
sono casi di repliche che palesano una cifra stilistica affatto diversa.
12 -
Da
Joseph Heintz il Giovane,
Lo sposalizio del mare. Già
mercato antiquario.
13 - Da Joseph Heintz il Giovane,
Parlatorio di monache. Già
mercato antiquario.
14 - Joseph Heintz il Giovane,
Parlatorio di monache. Già
mercato antiquario.
Ne sono testimonianza Lo
sposalizio del mare
di ubicazione ignota e il Parlatorio di monache passato sul mercato
antiquario parigino (figg. 12-13). Opere che vanno indubbiamente riferite
ad allievi o seguaci del tedesco che continuarono a riproporre anche oltre il
1700 certe sue composizioni.
Un esercizio di distinzione circa l'autografia di alcune opere significative del
catalogo di Heintz, è stato inoltre possibile, recentemente, durante una visita
ad alcune importanti collezioni pubbliche tedesche.
15
- Da
Joseph Heintz il Giovane,
Lotta
sul ponte dei pugni.
Würzburg, Staatsgalerie.
Dei due dipinti conservati
presso le Gallerie Statali di Würzburg, il Ridotto si conferma autografo,
mentre
La lotta sul ponte dei pugni assegnata all'artista da Arthur Peltzer nel
1952, e implicitamente da tutta la critica successiva, è da riferirsi ad un
collaboratore o seguace (fig. 15). Essa ripresenta la consueta
impaginazione, tuttavia il tratto, rispetto a quello del maestro, è più largo,
meno guizzante e soprattutto difetta di quei colpi dati in punta di pennello che
impreziosiscono la materia e sempre si ritrovano nella sua produzione festiva.
Oltre all'assenza di codeste rifiniture, l'impasto cromatico è chiaramente
diverso. La tavolozza ignora quei contrappunti coloristici così peculiari in
questo suo genere di opere, dove il giallo puro si affianca al blu, il rosso
cangiante al verde acceso. Inoltre la consueta teatralità, fatta di pose e
atteggiamenti spiritosi, appare qui meno partecipata, e indagata in modo più
sommario. Anche quel suo inconfondibile gusto per le scenette curiose ripetute a
iosa nel Ridotto, è in questo caso praticamente assente.
16 - Joseph Heintz il Giovane,
Lotta
sul ponte dei pugni.
Norimberga, Germanisches Nationalmuseum.
Espungere dal catalogo del pittore tedesco questo dipinto tradizionalmente
assegnatogli è stato possibile anche grazie allo studio diretto della Lotta
sul ponte dei pugni custodita presso il Germanisches Nationalmuseum di
Norimberga (fig. 16). La composizione, al di là di qualche piccola
differenza, è praticamente la medesima. L'artista però esibisce qui la sua
tipica orchestrazione cromatica e la consueta pennellata densa e rapida.
Rispetto ad altre opere certe, Heintz, in questo caso, opera sullo sfondo una
sintesi pittorica sorprendente. La folla festante, accorsa ad assistere
all'evento, viene evocata solamente con piccoli e rapidi tocchi di color rosa.
Ad ogni modo, entrambi i dipinti devono essere considerati riprese da un
prototipo heintziano ancora sconosciuto. Se il quadro di Würzburg, infatti, è da
riferirsi ad un allievo o seguace, quello di Norimberga, datato 1673, palesa una
certa stanchezza esecutiva tipica della replica, seppur autografa.
17
- Joseph Heintz il Giovane,
Festa veneziana con fuochi
artificiali. Già
mercato antiquario.
Rilassamento che non appare
invece nell'ultima opera finora conosciuta di questa sua produzione: la Festa
veneziana con fuochi artificiali datata 1678 e resa nota da Rodolfo
Pallucchini (fig. 17). "Una kermesse popolare davanti alla
Basilica ed al Palazzo Ducale, dove non mancano gli spassi di ogni genere,
compresi i fuochi d'artificio [...] È sintomatica la libertà che lo Heintz si
prende nel montaggio di tale scena, sgomberando il campo d'azione del suo folto
racconto, dove le figure hanno ancora una furia segnica callottiana, togliendo
di mezzo il campanile e la Libreria marciana", disponendo dei dati vedutistici
reali "con una libertà di fantasia che prelude alla «veduta ideata»
settecentesca".
Infine, per quanto riguarda la composizione della sua bottega, la critica ha già
individuato correttamente nei figli Daniel e Regina due dei suoi principali
assistenti. A questi bisogna aggiungere, con tutta probabilità, un altro figlio,
quel "Ottavio Ens Pittor" ricordato in un documento d'archivio, e
Francesco Trevisani. Quest'ultimo frequentò la sua bottega a partire solamente
dal 1671 per trasferirsi a Roma nel 1678, anno della morte del maestro. La
produzione nota di Trevisani non permette, tuttavia, di comprendere, al di là di
qualche vaga assonanza, quale fosse il suo ruolo all'interno della bottega.
L'unica opera che potrebbe, in questo senso, gettar un po' di luce è quella
Caccia del Toro in Venezia eseguita nel 1682 per il cardinale Flavio Chigi, ma
sfortunatamente non più rintracciata. Se di Ottavio Heintz finora rimane solo un
documento a testimonianza della sua professione, del figlio Daniel il catalogo,
invero ancora esiguo, conta esclusivamente opere sacre o storiche che non
aiutano ad individuare i suoi probabili interventi all'interno di quella
produzione festiva che qui si è voluto analizzare.
L'unico spunto di riflessione lo offre allora Marco Boschini che nel 1675, in
una delle numerose lettere inviate a Leopoldo dÈ Medici per informarlo sulla
situazione artistica veneziana, cita "una figlia del sopranominato Gioseffo Enze
che si chiama Regina che per copiar le cose del padre è degna di molta lode". In
assenza di un dipinto attorno al quale tentare la ricostruzione della
personalità artistica di Regina Heintz, la notizia è ugualmente importante
considerando le opere appena presentate. Allo stato attuale non sappiamo certo
quale fosse il grado di mimesi della figlia, tuttavia la notizia rivela una
pratica, quella della replica, che dovette essere diffusa all'interno della
bottega e dovette proseguire anche dopo la morte del maestro. In questo senso un
seguace del tedesco è già stato individuato in Ignatius Vick.
Daniele D'Anza
Arte in Friuli, Arte a Trieste
N°24
©
Edizioni della Laguna
P.S.: Nel testo corrente sono
state omesse, per questioni di spazio, le note dell'autore.