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Appunti sulla produzione festiva di Joseph Heintz il Giovane

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Joseph Heintz il giovane "pittore di più pennelli"

Daniele D'Anza

 

Joseph Heintz il giovane (Augsburg 1600 c. – Venezia 1678)

 

 

In Italia Heintz il giovane godette inizialmente una certa fama soprattutto come autore di quadri “capricciosissimi”, dove “concerti di mostri, fantasme, di chimere e cose simili” condividono la scena con eroi classici o mitologici. Se l’ambientazione recupera schemi diffusi dalle stampe di Bosch e Brueghel il vecchio, alcuni mostriciattoli derivano invece da matrici callottiane. Due esempi tipici di questa produzione sono l’Orfeo agli inferi della Galleria degli Uffizi e la Vanitas della Pinacoteca di Brera.

Artista eclettico, capace di spaziare con disinvoltura da un genere all’altro, Heintz il giovane fu inoltre il “primo interprete”, a Venezia, “dell’interesse specifico per la veduta” (Pedrocco 2001). Nelle cosiddette Feste veneziane del Museo Correr egli “tenta il documentario con uno spirito figurativo aneddotico e preciso. Ma che spigliatezza, che brio, che vivacità frizzante ed icastica nella resa delle macchiette, dove s’insinua una certa eleganza callottiana, ravvivata dalla cromia accesa e festosissima, che ricorda Forabosco e Maffei. In queste scene spira una vena caricaturale abbastanza in anticipo sui tempi. Insomma l’Heintz appare da queste tele un temperamento che ha infilato la sua strada fuori dall’accademia, dal genere aulico e sacro” (Pallucchini 1937). Fra le lagune il tedesco contava inoltre “un certo numero di seguaci, per di più anonimi forestieri, che si limitavano nelle loro opere a ripetere meccanicamente un ristretto novero di composizioni topografiche, soprattutto l’immancabile veduta della Piazzetta” (Aikema 2002).

Durante la sua lunga permanenza fra le lagune, egli divenne il cronista attento e smaliziato della civiltà veneziana del Seicento. Spettano al suo pennello infatti la serie dei Ridotti e le numerose Lotte sul ponte dei pugni, “antichi e semplici dipinti di divertimenti veneziani”, dove “lo scherzo più insensato diventa lo spasso di tutto il mondo che riempie balconi e si diverte prendendo parte in allegria ed agitazione” (Goethe).

Egli fu, come detto, uno "specialista in vedute urbane condite da gustosi particolari fatti da improvvisate in costumi variopinti o da tranche de vies sature di realismo da bambocciante [...], nel corso della sua carriera eclettica ebbe modo di misurarsi con le vedute di città a volo d'uccello, genere a cui appartiene la tela di Udine: al museo Correr è esposta una grande Pianta prospettica di Venezia con la sua firma, replica con notevoli varianti dell'incisione del 1500 di Jacopo dÈ Barbari [...]. Il catalogo heintziano propone però altri interessanti raffronti per consolidare la nuova attribuzione della Pianta della città di Udine. Collocati allo stesso periodo (la prima metà del sesto decennio del Seicento), il Pescivendolo di collezione privata romana - firmato e datato 1652 o 1655 - e l'Interno di cucina del museo Davia-Bargellini di Bologna dimostrano una forte attenzione alla descrizione caricata della vita della gente comune d'allora, la medesima che frequenta la zona bassa dell'opera udinese" (Lucchese 2004).  

Datata 1666 è invece la pala d'altare della parrocchiale di Laggio di Cadore. "Ad una data tanto avanti nel secolo, lo Heintz costruisce l'immagine variando leggermente il telaio veronesiano; anche la problematica della forma sembra svolta in termini manieristici, modernizzati soltanto dalla pennellata larga e schiumante, piena di tremolii occhielli, cediglie, capricci grafici; come se tutte le cose fossero di carta piegata. Non manca qualche accenno al caravaggismo importato a Venezia dal Saraceni, nelle pagine del libro dagli angoli consunti dall'uso, o nelle unghie nerastre di S. Antonio" (Lucco 1981).   

“Il pittore di Augusta, ultimamente riscoperto dalla critica (in primis Rodolfo Pallucchini), fu effettivamente un precursore in Venezia di generi prettamente collezionistici, quali le vedute della città, le scene di fantasia, le nature morte” (Fantelli 1982). Tuttavia alcune repliche tradiscono “la presenza di una bottega prolifica che sosteneva la produzione del maestro [...]. Talune soffrono uno scadimento qualitativo, altre, probabilmente realizzate in gran parte da Heintz, mantengono invece la qualità pittorica del prototipo” (D’Anza 2004).

 

 

Daniele D'Anza