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Dario Succi

 

 

Pietro Bellotti: un altro "Canaletto"

 

 

 

 

 

Sebbene il nome di Pietro Bellotto, documentato anche come Bellotti, sia da tempo conosciuto agli studiosi, le sue opere non sono mai state oggetto di un'analisi che ponesse in risalto le peculiari caratteristiche stilistiche, mettendole a confronto con quelle dei dipinti degli altri componenti il clan dei Canal: Bernardo Canal, Antonio Canal, Bernardo Bellotto.

Fratello di Bernardo e nipote di Antonio Canal, Pietro Bellotto nacque a Venezia in data imprecisata, probabilmente intorno al 1725.1 Dopo un apprendistato nella città lagunare presso il fratello Bernardo, durato fino all'inizio degli anni quaranta2, per ragioni sconosciute Pietro Bellotto si trasferì a Tolosa dove il 25 marzo 1749 si unì in matrimonio con Françoise Lacombe, dalla quale aveva avuto una figlia, Barbe, battezzata alla vigilia delle nozze (Mesuret 1952, p. 170). Dal matrimonio nacquero altri due figli di cui uno, dal nome sconosciuto, fu pittore di anatomia e ritrattista. Negli anni 1755, 1760, 1765, 1774 e 1790 i dipinti di Bellotti (il cognome venne francesizzato anche in Beloty) furono esposti al Salon dell'Académie Royale de Peinture, Sculpture et Architecture di Tolosa. Il più importante Salon fu quello del 1765 nel quale vennero presentati, sotto il n. 35 del catalogo, «Vingt petits Tableaux, par Belloti, peintre, qui sont de Vues en perspective». Di questo nutrito gruppo di vedute ben diciassette tele, tutte misuranti 37x48 cm, sono state individuate da Robert Mesuret nel castello di Merville, presso Tolosa, nella collezione del marchese di Beaumont.

Le vedute, finora pubblicate solo in piccola parte, raffigurano varie città europee, tra cui Venezia, Firenze, Roma, Milano Genova, Malta, Marsiglia, Versailles, L'Aia, e sembrano quasi tutte derivate da stampe (de Sandt, 2001, pp. 100-102). Altri dipinti della stessa serie mostrano l'interno di una chiesa, un lago, un porto di mare al tramonto con edifici d'invenzione capricciosa (Mesuret 1952, p. 172).

Tra le vedute di Venezia esposte al Salon del 1765, quella raffigurante Il molo con la Piazzetta e il palazzo Ducale si basa sul prototipo di Antonio Canal nella collezione del duca di Norfolk (Constable, Links 1989, n. 104), mentre quella con San Giorgio Maggiore verso la riva degli Schiavoni deriva, con minime variazioni nelle figure, dalla corrispondente acquaforte di Michele Marieschi facente parte della serie pubblicata nel 1741 (Succi 1987[b], n. 6).

I dipinti di Bellotti sono quasi sempre derivati da stampe. Per quanto riguarda le vedute veneziane, il pittore utilizzò le raccolte di Michele Marieschi (1741), di Antonio Visentini (1742) e del Canaletto (1745-1746), mentre per i capricci si avvalse anche delle incisioni di Fabio Berardi derivate da dipinti del Canaletto.

 

1 - Pietro Bellotti, Il molo verso la Libreria e la Salute. Collezione privata

 

Un tipico esempio della maniera di Bellotti è costituito dalla interessante veduta inedita raffigurante Il molo verso la Libreria e la Salute3 derivata da una incisione di Visentini, a sua volta basata su un prototipo canalettiano (Succi 1986, p. 247) (fig. 1). La resa accurata degli elementi architettonici, la luminosità diffusa, leggermente fredda, le delicate sfumature rosate e il velo di nebbia che attenua i contorni degli edifici sullo sfondo caratterizzano il dipinto di chiaro gusto canalettiano, mentre nelle figure non manca qualche riferimento ai modelli allungati e tendenzialmente squadrati del fratello Bernardo.

 

 

2 - Pietro Bellotti, Le porte del Dolo. Collezione privata

 

 

Particolarmente interessante è la tela, pure inedita, derivata dalla stupenda acquaforte canalettiana Le porte del Dolo. La veduta è l'unica opera finora conosciuta recante la firma autografa dell'artista: «Bellotti dit Canalletti»4 (fig. 2). Questa maniera di firmare è interessante non solo perché dimostra come Pietro Bellotti, al pari del fratello Bernardo, cercasse di sfruttare la fama dello zio, ma anche perché permette di sciogliere l'enigma relativo all'identificazione di un altro artista attivo a Nantes nel Settecento. Si tratta di quel «Pietro Bellotto di Canaleti» che nel 1755 fece domanda di poter esercitare a Nantes la professione di pittore e il cui nome ricorre anche in alcuni documenti del 1768 di quella città5. Sebbene Rodolfo Pallucchini (1960, p. 228) e Giuseppe Fiocco (1964, pp. 178-179) fossero portati a ritenere che il pittore di Tolosa e quello di Nantes fossero la stessa persona, l'ipotesi restava tuttavia non dimostrata. Kozakiewicz (1972, p. 58) osservava che solo nuove fonti documentarie avrebbero potuto fornire la certezza che il Pietro Bellotti di Tolosa coincidesse con il «Pietro Bellotto di Canaleti» citato nei documenti di Nantes.

Il ritrovamento di questo dipinto firmato dirime ogni dubbio perché fornisce la prova oggettiva che anche il Bellotto di Tolosa pretendeva, come quello di Nantes, di essere chiamato con l'appellativo di "Canaletto".

 

 

3 - Pietro Bellotti, Dintorni di Padova con la torre di Ezzelino. Collezione privata

 

 

Il quadro firmato si accompagna con un capriccio raffigurante i Dintorni di Padova con la torre di Ezzelino (fig. 3). Il dipinto è derivato da una stampa di Fabio Berardi appartenente alla serie di «sei villaggi campestri», quattro dei quali riproducono in controparte altrettanti disegni del Canaletto (Pignatti 1969, p. 24).

La stampa, edita da Wagner, reca in calce l'iscrizione (con allusione alla fanciulla che ha steso i panni sul finestrone a sinistra): «Mettendo i panni al sole / Scalda ella pur chi vuole».

La derivazione del dipinto da una incisione appartenente a una serie che, come ha giustamente suggerito Pignatti, deve essere stata pubblicata nella prima metà del settimo decennio, fornisce un prezioso elemento per la datazione intorno al 1770 della tela firmata e del relativo pendant. Rispetto alla precedente produzione pittorica, in questa coppia di tele lo stile dell'artista, pur rimanendo ancorato ai riferimenti iconografici provenienti da Venezia, sembra evolversi verso finezze cromatiche estenuate, attente al gusto francese.

Altri due dipinti, comparsi recentemente sul mercato, sono particolarmente interessanti perché sono databili con certezza ante 1760 essendo stati esposti una prima volta nel Salon tolosano del 1760 e una seconda volta in quello del 1775 come proprietà del marchese de Puget. In seguito entrarono a far parte della collezione Bernard Desarnaut di Tolosa, dove vennero individuati da Mesuret (1952, p. 170). Le tele raffigurano due vedute, una di Roma, Il Tevere con Castel Sant'Angelo, e una di Venezia, Il Canal Grande a Cannaregio, derivata dall'incisione di Visentini facente parte della prima edizione della raccolta Prospectus Magni Canalis Venetiarum pubblicata nel 1735.6

Questi dipinti e gli altri finora conosciuti dimostrano che lo stile di Pietro Bellotti è diverso da quello molto personale e immediatamente caratterizzato fin dagli esordi del fratello Bernardo, risultando piuttosto influenzato dalla maniera del Canaletto, come del resto era logico.

Non si conosce l'anno e il luogo della morte di Bellotti. Un catalogo del Musée des Augustins del 1818, attribuendogli una veduta del ponte di Rialto, contiene l'indicazione generica che l'artista era morto da pochi anni in Francia. Di fatto l'ultima notizia sicura risale al 1776 quando, come ricordava Mesuret (ivi, p. 172), il pittore ricorse a un annuncio per pubblicizzare una veduta ottica: «Messer Bellotti, pittore Veneziano già conosciuto in questa città, ha composto un'ottica fra le più curiose, che si propone d'esporre al pubblico. S'è annunciato per mezzo d'affissi e biglietti che ha fatto distribuire in città». Si può quindi ritenere che il pittore sia morto intorno al 1800, quando doveva avere circa settantacinque anni.

 

 

Dario Succi

 

 

 

NOTE

 

1Bozena Kowalczyk (1995, p. 71 e nota 22) ha evidenziato che Pietro Bellotto nominato, insieme al fratello Bernardo, in un documento del 1768 relativo alla divisione dell'eredità del Canaletto (A.S.V., Notarile, notaio Giuseppe Bernardo Bellan, Atti 2211, p. 2886). Secondo la studiosa Pietro Bellotto potrebbe essere nato nel 1721, nel 1723 o poco dopo il 1724.

2 Un disegno di Bernardo Bellotto, raffigurante Piazza degli Antelminelli a Lucca, reca a tergo la scritta «pietro Beloti» (Kozakiewicz 1972, n. 60). Poiché esso è databile con sicurezza al 1742, tale anno rappresenta il termine post quem della partenza di Pietro Bellotto dai territori della Serenissima. Secondo una notizia di Kowalczyk (2001, p. n.n.) nel 1741 la madre Fiorenza stende un documento in cui dichiara che, dopo l'abbandono da parte del marito Lorenzo, il figlio Bernardo provvedeva al mantenimento suo e del fratello Pietro che erano ospitati nella sua casa. In un altro documento del 1741 Pietro Bellotto afferma di aver imparato la pittura dal fratello Bernardo e si impegna a corrispondergli centoventi ducati ogni anno per perfezionarsi nella professione.

3 Olio su tela, 62x76 cm. Collezione privata.

4Olio su tela, 32x49.5 cm. Collezione privata.

5«Nouv. Arch. de l'Art Francais., 1898, p. 28.

6" I due dipinti, di notevoli dimensioni (98.4x145.4 cm) sono passati in vendita presso Sotheby's, New York, 28 gennaio 1999, n. 334.