Raffaello Sernesi (Firenze  1838 – Bolzano  1866)

 


Il Pratone alle cascine olio su cartone

  

 

 

Nato a Firenze il 29 dicembre del 1838, compie l’apprendistato artistico presso l’Accademia di Belle Arti della sua città natale, come allievo di Antonio Ciseri. Subito dopo aver combattuto la guerra di Indipendenza (1859), si unisce al gruppo di artisti che frequenta il Caffè Michelangiolo, diventando quindi membro attivo dei cosiddetti “Macchiaioli”. Un termine, questo, utilizzato per la prima volta nel 1861 per indicare quel gruppo di pittori (di cui fanno parte, oltre allo stesso Sernesi, Fattori, Signorini, Lega e Abbati) che alla Prima esposizione universale di Firenze propongono opere (prevalentemente paesaggi) pittoricamente eseguite per contrapposizioni nette di colori.

In quello stesso anno Sernesi espone il suo dipinto piú celebre, Tetti al sole (1861, olio su cartone, 13 x 19 cm, Galleria nazionale d’arte moderna, Roma), una piccola veduta che esprime la capacità di sintesi dell’artista, il quale riesce a rendere monumentale e solenne un anonimo gruppo di case reso ancor più semplice dalle ridotte dimensioni del supporto pittorico. Seguendo i “precetti” macchiaioli, Sernesi tende a restituire la natura cosí come appare all’occhio, stendendo pennellate brevi e semplificate e rinunciando al contorno-disegno, dando così vita ad un marcato rigorismo strutturale delle masse plastiche degli edifici, costruite tramite il colore, a cui fa eco una acuta stilizzazione derivante dal senso dell’ordine proprio della cultura toscana quattrocentesca.

Dal 1862, in compagnia di Lega, Borrani e Signorini, l’artista soggiorna frequentemente in una località della campagna toscana, dando vita alla cosiddetta “Scuola di Piagentina”, e successivamente a Castiglioncello, presso il critico Diego Martelli. In questo periodo Sernesi si dedica maggiormente al paesaggio, alternando visioni dei colli fiorentini a immagini delle montagne pistoiesi nei dintorni di San Marcello, tutte eseguite con quella grazia e quel tono poetico che ne hanno caratterizzato l’intera produzione artistica. Cosí, infatti, lo ricorda il suo amico Telemaco Signorini in un sonetto a lui dedicato: "[…] tutto che il tuo pennello potea toccare, prendeva vita serena e gentilezza, fosse un piano di fango, o fosse il mare".

Fervente sostenitore delle idee garibaldine, muore di cancrena l’11 agosto 1866, appena ventottenne, dopo essere stato ferito e fatto prigioniero dagli austriaci.

 

 

Mirko Moizi

 

 

 

Bibliografia:

 

S. Bietoletti, I macchiaioli. La storia, gli artisti, le opere, Firenze, 2001.
 

G. Bora, G. Fiaccadori, A. Negri, A. Nova, I luoghi dell’arte 5.  Dall’età neoclassica all’Impressionismo, Roma, 2005.

 

 

 

Sitografia:

 

I Macchiaioli a Castiglioncello

 

Il Vero e la Macchia in Italia