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Riccardo Lattuada
Sei dipinti
inediti di Nicola Grassi
Di Nicola
Grassi gli studi moderni di storia dell'arte hanno già affrontato una
sistemazione generale nella mostra organizzata a Tolmezzo nel 1982 da
Aldo Rizzi e nel Convegno tenutosi in quello stesso anno, pubblicato nel
1984. Ma molti altri interventi hanno in seguito arricchito le
conoscenze sul catalogo del pittore, definendone a poco a poco un buon
numero di aspetti.
Esplorare Nicola Grassi significa affrontare una personalità fra le più
originali del Settecento italiano, il cui interesse, per chi scrive, non
risiede soltanto nella ricchezza e nell' impegno formale della sua
produzione, ma anche nella sua notevole capacità di dislocare una
posizione professionale e un proprio discorso figurativo su un quadrante
territoriale molto ampio, che unisce la civiltà artistica veneta al
mondo germanico, con propaggini importanti verso il resto del versante
padano a ovest, e verso il mondo croato e sloveno a est. L'occasione di
apportare elementi nuovi alla discussione su Grassi mi viene fornita da
un gruppo di opere che, a quanto mi risulta, non sono ancora entrate
nella discussione sul pittore, eppure mi sembrano sue opere tipiche e di
notevole impegno. Si tratta di una serie di cinque tele, tutte di
identico formato, che raffigurano
Cristo,
La
Vergine Annunciata,
San Giovanni Evangelista,
San Pietro
e
San Paolo (figg. 1-5), e che
sono a Milano, nelle collezioni della Fondazione Cassa di Risparmio
delle Provincie Lombarde. Le tele sono attualmente attribuite alla
scuola veneta del secolo XVIII, ma non credo si possa dubitare del fatto
che si tratti di cinque notevoli autografi di Nicola Grassi. E possibile
che in origine i cinque dipinti abbiano fatto parte di una serie di
Apostoli con Cristo e la Vergine, serie che non sarebbe unica nella
produzione di Grassi. Paralleli stilistici, infatti, sono immediatamente
istituibili rispetto alla serie di Apostoli nel duomo di Tolmezzo,
datata dal Rizzi verso il 1731-32 insieme alla Crocifissione,
alla Vergine, al
Cristo, al San Giovanni Battista, al Sant' Ilario Martire
e al San Francesco di Paola. L'altro termine di paragone è nel
San Matteo Evangelista, nel San Giovanni Evangelista, nel
San Bartolomeo, e nel Redentore della chiesa della
Trasfigurazione a Moggio Udinese, opere considerate dal Rizzi successive
quelle del ciclo del duomo di Tolmezzo. Un rapporto altrettanto
evidente, anche se meno immediato, si coglie poi rispetto alla serie di
Evangelisti nella parrocchiale di Sant'Odorico di Flaibano, resa
nota ed estesamente discussa da Giuseppe Maria Pilo, che la data al
1728.
L'abilità di Grassi nel variare le sue composizioni di figura senza mai
veramente ripetere uno schema fisso emerge con chiarezza da tutte le
tele del ciclo appartenente alla Fondazione Cassa di Risparmio delle
Provincie Lombarde. Il Cristo mostra una composizione variata
rispetto a quelle di Tolmezzo e di Moggio Udinese, e lo stesso discorso
vale per la Vergine Annunciata, la cui modella è ancora più
giovane di quella impiegata nell'opera a Tolmezzo. L'ispirato San
Giovanni Evangelista, in drammatico ascolto della voce divina,
potrebbe essere latamente accostato alla postura del volto e del busto
di Susanna in Daniele che difende Susanna a Udine, Banca
Popolare, ma in pratica si tratta di assonanze reperibili in tutta la
produzione di Grassi. L'impianto del San Pietro ricorda quello
del torso di Cristo nel Cristo deriso in collezione privata a
Venezia, ma il suo sguardo intenso, puntato sullo spettatore in
un'espressione che sembrerebbe quasi affaticata, si ricollega alla cifra
psicologica del San Luca di Tolmezzo. Il San Paolo apostolo,
sia per la postura sia per il tipo fisico, trova raffronti soprattutto
nel San Filippo apostolo di Tolmezzo, ed anche nel San Matteo
della danneggiata Sacra Famiglia con i santi Matteo e Nicolò
della Chiesa di Sant'Antonio in Casaola a Chiusaforte (Udine). Tutte le
cinque figure della serie della Fondazione Cassa di Risparmio delle
Province Lombarde sono impostate secondo vigorose diagonali, e tale
soluzione conferisce alla loro sequenza un notevole dinamismo. La
condizione conservativa di tutte le tele della serie è molto buona e,
nonostante qualche lieve appiattimento delle superfici dovuto al
rifodero, sono perfettamente leggibili le nervose creste di colore con
cui Grassi rende i riflessi degli abiti dai colori saturi. Nel San
Paolo apostolo lo squillante accordo di bianco canapa e verde marcio
degli abiti fa spiccare la barba scarmigliata, in cui nervose pennellate
a zig zag si staccano dalla massa fulva. I tocchi di carminio
trasparente sugli incarnati conferiscono ai volti e alle mani quel senso
di dinamismo e di vitalità dei tipi umani raffigurati che mi sembrano
caratteri fondamentali della poetica del pittore.
Se ancora risente di un generico ascendente delle mezze figure di
Piazzetta, Grassi sembra aver del tutto metabolizzato i suoi riferimenti
culturali — soprattutto Ricci e Pellegrini — raggiungendo una cifra
stilistica altamente individuale. Tutt'al più è Tiepolo a costituire un
termine di confronto.
L'impaginazione degli "apostoli" di Flaibano, di Tolmezzo, di Moggio
Udinese e di Milano sembra echeggiare, in un sottile confronto tra
personalità molto diverse ma sicuramente in grado di comprendersi, la
singolare serie dei diciotto San Rocco di Tiepolo,
presumibilmente prodotti dal pittore veneziano all'inizio degli anni
Trenta per vari confratelli della Scuola di San Rocco. Di questa serie
l'elemento che ha più colpito la critica è la eccezionale capacità di
Tiepolo nel variare la postura e gli atteggiamenti di uno stesso
soggetto e, in pratica, di uno stesso modello. Grassi sembra quasi voler
gareggiare con le eccezionali attitudini di Tiepolo, producendo immagini
modulari mai veramente sovrapponibili.
Fig. 6
Fig. 7
6. Nicola Grassi, San
Nicola di Bari. Londra, Bonhams & Brooks, 2001 (già)
7. Nicola Grassi, San Luca.
Tolmezzo, duomo.
Un altro esempio
dell'abilità di Grassi, che si può aggiungere qui alla serie della
Fondazione Cassa di Risparmio delle Province Lombarde, è dato dall'altro
dipinto di cui vorrei dar conto qui, e cioè da un piccolo San Nicola
di Bari
(fig. 6), recentemente passato in asta a Londra con l'attribuzione alla
cerchia di Domenico Pedrini. L'opera, di formato ridotto (misura cm.
45x35), non ha rapporti con Pedrini e neppure con l'ambiente bolognese
facente capo ai Gandolfi, ma riepiloga invece con bella sintesi le
qualità cromatiche e compositive del Grassi più noto e tipiche, ad
esempio, del San Luca di Tolmezzo (fig. 7).
La scaltrezza di
Grassi nel manipolare materiali anche molto distanti da quelli prodotti
nel suo tempo spinge a cercare ancor più a fondo l'identità delle sue
fonti. Se la posa leziosa di molte sue figure femminili, tanto tipica di
opere come la Rebecca al pozzo, nelle versioni di San Francesco
della Vigna a Venezia e della parrocchiale di Sezza di Zuglio, richiama
gli schemi di Pellegrini o di Ricci, va qui osservata – credo per la
prima volta – una curiosa consonanza con il mondo delle stampe del
manierismo nordico.
8. Hendrick Goltzius, Quattro apostoli, incisioni.
A esempio la serie di
Cristo, gli Apostoli e San Paolo di Hendrick Goltzius (fig. 8),
sembra aver fornito qualche spunto a Grassi per le sue serie di
Apostoli; così come la Crocifissione dello stesso Goltzius (fig.
9), nel disegno del Cristo e nel forte spicco verticale delle figure,
potrebbe essere stata una fonte per la Crocifissione di Grassi
del duomo di Tolmezzo (fig.10).
Fig. 9
Fig. 10
9. Hendrick
Goltzius,
Crocifissione, incisione.
10. Nicola Grassi,
Crocifissione. Tolmezzo, duomo.
Ma Grassi resta
sostanzialmente un pittore legato alla rappresentazione della figura
umana, per lo più stagliata su fondali neutri che ne esaltano il
carattere, sicché egli non sembra essersi mai interessato alle aperture
paesistiche presenti nelle opere di Goltzius o di altri autori.
Fig. 11
Fig. 12
11. Nicola Grassi, Estasi
di sant' Agostino. Raveo, parrocchiale.
12. Antoon van Dyck, Estasi
di sant' Agostino. Anversa, chiesa di Sant'Agostino.
Un'altra curiosa coincidenza riguarda l' Estasi di sant'Agostino
della parrocchiale di Raveo (fig. 11). In questo caso Grassi riprende
palesemente, e con varianti minime, la figura del santo sorretto dagli
angeli dell'opera omonima di Antoon van Dyck nella chiesa di Sant'Agostino
ad Anversa (fig. 12). E anche se le figure di angeli intorno al santo
sono diverse, analoga è la ricerca di un rapporto con lo spettatore
nell'angelo che, in entrambi i dipinti, indica la Trinità nella parte
superiore. Su questa scelta può aver giocato sicuramente il peso di una
tradizione iconografica più diffusa di quanto sinora sospettato, il che
forse spiega il prelievo da un'opera lontana nel tempo. Ma anche in
questa circostanza non sembra casuale che Grassi si sia avvalso di una
stampa, e cioè quella che Pieter de Jode trasse dalla pala di Van Dyck
ad Anversa.
Dato che non sarebbe certo unica la circostanza di un recupero di fonti
figurative disparate da parte di un pittore del Settecento, resta
comunque sorprendente — e per quanto io sappia non ancora discusso — il
fatto che lo stesso Grassi l'abbia praticato. Se i prelievi che
abbiamo qui indicato trovassero altri riscontri nel corpus delle
sue opere, anch'egli si confermerebbe come un artista che, nella sua
capacità di conseguire una identità propria nel panorama della pittura
italiana del Settecento, la alimentò con scaltra consapevolezza
attingendo in modo colto e spregiudicato alle "ricche minere" di
immagini sedimentate dal lungo corso della Maniera moderna.
Desidero ringraziare i professori
Rosanna Cioffi, Franco Renzo Pesenti, Pierre Rosenberg, e soprattutto il
professor Gianni Carlo Sciolla per gli scambi di idee e i consigli che
hanno voluto concedermi sui temi di questo scritto, orientandone
proficuamente molti aspetti. Le responsabilità di eventuali errori od
omissioni sono solo mie.
Riccardo Lattuada
ARTE Documento
N°16
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Edizioni della Laguna