Articoli correlati:  

Nicola Grassi - Biografia

Daniele D'Anza

Nicola Grassi - Lo stile pittorico

Daniele D'Anza

A proposito di Nicola Grassi: tre brevi appunti

Andrea Piai

Sei piccoli dipinti devozionali e una Susanna al bagno di Nicola Grassi

Andrea Piai

Sottrazioni e addizioni al catalogo di Nicola Grassi; un'ipotesi per Giovanni Battista Grassi

Andrea Piai

Schede per Antonio Carneo e Nicola Grassi

Aldo Rizzi

Rivelazione di Nicola Grassi        

Ugo Ruggeri

 

 

 

  

Riccardo Lattuada

 

 

Sei dipinti inediti di Nicola Grassi

                            

 

 

 

 

  

                   

Di Nicola Grassi gli studi moderni di storia dell'arte hanno già affrontato una sistemazione generale nella mostra organizzata a Tolmezzo nel 1982 da Aldo Rizzi e nel Convegno tenutosi in quello stesso anno, pubblicato nel 1984. Ma molti altri interventi hanno in seguito arricchito le conoscenze sul catalogo del pittore, definendone a poco a poco un buon numero di aspetti.
Esplorare Nicola Grassi significa affrontare una personalità fra le più originali del Settecento italiano, il cui interesse, per chi scrive, non risiede soltanto nella ricchezza e nell' impegno formale della sua produzione, ma anche nella sua notevole capacità di dislocare una posizione professionale e un proprio discorso figurativo su un quadrante territoriale molto ampio, che unisce la civiltà artistica veneta al mondo germanico, con propaggini importanti verso il resto del versante padano a ovest, e verso il mondo croato e sloveno a est. L'occasione di apportare elementi nuovi alla discussione su Grassi mi viene fornita da un gruppo di opere che, a quanto mi risulta, non sono ancora entrate nella discussione sul pittore, eppure mi sembrano sue opere tipiche e di notevole impegno. Si tratta di una serie di cinque tele, tutte di identico formato, che raffigurano
Cristo, La Vergine Annunciata, San Giovanni Evangelista, San Pietro e San Paolo (figg. 1-5), e che sono a Milano, nelle collezioni della Fondazione Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde. Le tele sono attualmente attribuite alla scuola veneta del secolo XVIII, ma non credo si possa dubitare del fatto che si tratti di cinque notevoli autografi di Nicola Grassi. E possibile che in origine i cinque dipinti abbiano fatto parte di una serie di Apostoli con Cristo e la Vergine, serie che non sarebbe unica nella produzione di Grassi. Paralleli stilistici, infatti, sono immediatamente istituibili rispetto alla serie di Apostoli nel duomo di Tolmezzo, datata dal Rizzi verso il 1731-32 insieme alla Crocifissione, alla Vergine, al Cristo, al San Giovanni Battista, al Sant' Ilario Martire e al San Francesco di Paola. L'altro termine di paragone è nel San Matteo Evangelista, nel San Giovanni Evangelista, nel San Bartolomeo, e nel Redentore della chiesa della Trasfigurazione a Moggio Udinese, opere considerate dal Rizzi successive quelle del ciclo del duomo di Tolmezzo. Un rapporto altrettanto evidente, anche se meno immediato, si coglie poi rispetto alla serie di Evangelisti nella parrocchiale di Sant'Odorico di Flaibano, resa nota ed estesamente discussa da Giuseppe Maria Pilo, che la data al 1728.
L'abilità di Grassi nel variare le sue composizioni di figura senza mai veramente ripetere uno schema fisso emerge con chiarezza da tutte le tele del ciclo appartenente alla Fondazione Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde. Il Cristo mostra una composizione variata rispetto a quelle di Tolmezzo e di Moggio Udinese, e lo stesso discorso vale per la Vergine Annunciata, la cui modella è ancora più giovane di quella impiegata nell'opera a Tolmezzo. L'ispirato San Giovanni Evangelista, in drammatico ascolto della voce divina, potrebbe essere latamente accostato alla postura del volto e del busto di Susanna in Daniele che difende Susanna a Udine, Banca Popolare, ma in pratica si tratta di assonanze reperibili in tutta la produzione di Grassi. L'impianto del San Pietro ricorda quello del torso di Cristo nel Cristo deriso in collezione privata a Venezia, ma il suo sguardo intenso, puntato sullo spettatore in un'espressione che sembrerebbe quasi affaticata, si ricollega alla cifra psicologica del San Luca di Tolmezzo. Il San Paolo apostolo, sia per la postura sia per il tipo fisico, trova raffronti soprattutto nel San Filippo apostolo di Tolmezzo, ed anche nel San Matteo della danneggiata Sacra Famiglia con i santi Matteo e Nicolò della Chiesa di Sant'Antonio in Casaola a Chiusaforte (Udine). Tutte le cinque figure della serie della Fondazione Cassa di Risparmio delle Province Lombarde sono impostate secondo vigorose diagonali, e tale soluzione conferisce alla loro sequenza un notevole dinamismo. La condizione conservativa di tutte le tele della serie è molto buona e, nonostante qualche lieve appiattimento delle superfici dovuto al rifodero, sono perfettamente leggibili le nervose creste di colore con cui Grassi rende i riflessi degli abiti dai colori saturi. Nel San Paolo apostolo lo squillante accordo di bianco canapa e verde marcio degli abiti fa spiccare la barba scarmigliata, in cui nervose pennellate a zig zag si staccano dalla massa fulva. I tocchi di carminio trasparente sugli incarnati conferiscono ai volti e alle mani quel senso di dinamismo e di vitalità dei tipi umani raffigurati che mi sembrano caratteri fondamentali della poetica del pittore.
Se ancora risente di un generico ascendente delle mezze figure di Piazzetta, Grassi sembra aver del tutto metabolizzato i suoi riferimenti culturali — soprattutto Ricci e Pellegrini — raggiungendo una cifra stilistica altamente individuale. Tutt'al più è Tiepolo a costituire un termine di confronto.
L'impaginazione degli "apostoli" di Flaibano, di Tolmezzo, di Moggio Udinese e di Milano sembra echeggiare, in un sottile confronto tra personalità molto diverse ma sicuramente in grado di comprendersi, la singolare serie dei diciotto San Rocco di Tiepolo, presumibilmente prodotti dal pittore veneziano all'inizio degli anni Trenta per vari confratelli della Scuola di San Rocco. Di questa serie l'elemento che ha più colpito la critica è la eccezionale capacità di Tiepolo nel variare la postura e gli atteggiamenti di uno stesso soggetto e, in pratica, di uno stesso modello. Grassi sembra quasi voler gareggiare con le eccezionali attitudini di Tiepolo, producendo immagini modulari mai veramente sovrapponibili.

 

 

 Fig. 6                                                                    Fig. 7

 

6. Nicola Grassi, San Nicola di Bari. Londra, Bonhams & Brooks, 2001 (già)

7. Nicola Grassi, San Luca. Tolmezzo, duomo.

 

Un altro esempio dell'abilità di Grassi, che si può aggiungere qui alla serie della Fondazione Cassa di Risparmio delle Province Lombarde, è dato dall'altro dipinto di cui vorrei dar conto qui, e cioè da un piccolo San Nicola di Bari (fig. 6), recentemente passato in asta a Londra con l'attribuzione alla cerchia di Domenico Pedrini. L'opera, di formato ridotto (misura cm. 45x35), non ha rapporti con Pedrini e neppure con l'ambiente bolognese facente capo ai Gandolfi, ma riepiloga invece con bella sintesi le qualità cromatiche e compositive del Grassi più noto e tipiche, ad esempio, del San Luca di Tolmezzo (fig. 7).

La scaltrezza di Grassi nel manipolare materiali anche molto distanti da quelli prodotti nel suo tempo spinge a cercare ancor più a fondo l'identità delle sue fonti. Se la posa leziosa di molte sue figure femminili, tanto tipica di opere come la Rebecca al pozzo, nelle versioni di San Francesco della Vigna a Venezia e della parrocchiale di Sezza di Zuglio, richiama gli schemi di Pellegrini o di Ricci, va qui osservata – credo per la prima volta – una curiosa consonanza con il mondo delle stampe del manierismo nordico.

 

                                                         8. Hendrick Goltzius, Quattro apostoli, incisioni.

 

A esempio la serie di Cristo, gli Apostoli e San Paolo di Hendrick Goltzius (fig. 8), sembra aver fornito qualche spunto a Grassi per le sue serie di Apostoli; così come la Crocifissione dello stesso Goltzius (fig. 9), nel disegno del Cristo e nel forte spicco verticale delle figure, potrebbe essere stata una fonte per la Crocifissione di Grassi del duomo di Tolmezzo (fig.10).

 

 

Fig. 9                                                                   Fig. 10

 

  9. Hendrick Goltzius, Crocifissione, incisione.

10. Nicola Grassi, Crocifissione. Tolmezzo, duomo.

 

Ma Grassi resta sostanzialmente un pittore legato alla rappresentazione della figura umana, per lo più stagliata su fondali neutri che ne esaltano il carattere, sicché egli non sembra essersi mai interessato alle aperture paesistiche presenti nelle opere di Goltzius o di altri autori.

 

 

                                              Fig. 11                                                                Fig. 12

 

11. Nicola Grassi, Estasi di sant' Agostino. Raveo, parrocchiale.

12. Antoon van Dyck, Estasi di sant' Agostino. Anversa, chiesa di Sant'Agostino.


Un'altra curiosa coincidenza riguarda l' Estasi di sant'Agostino della parrocchiale di Raveo (fig. 11). In questo caso Grassi riprende palesemente, e con varianti minime, la figura del santo sorretto dagli angeli dell'opera omonima di Antoon van Dyck nella chiesa di Sant'Agostino ad Anversa (fig. 12). E anche se le figure di angeli intorno al santo sono diverse, analoga è la ricerca di un rapporto con lo spettatore nell'angelo che, in entrambi i dipinti, indica la Trinità nella parte superiore. Su questa scelta può aver giocato sicuramente il peso di una tradizione iconografica più diffusa di quanto sinora sospettato, il che forse spiega il prelievo da un'opera lontana nel tempo. Ma anche in questa circostanza non sembra casuale che Grassi si sia avvalso di una stampa, e cioè quella che Pieter de Jode trasse dalla pala di Van Dyck ad Anversa.
Dato che non sarebbe certo unica la circostanza di un recupero di fonti figurative disparate da parte di un pittore del Settecento, resta comunque sorprendente — e per quanto io sappia non ancora discusso — il fatto che lo stesso Grassi  l'abbia praticato. Se i prelievi che abbiamo qui indicato trovassero altri riscontri nel corpus delle sue opere, anch'egli si confermerebbe come un artista che, nella sua capacità di conseguire una identità propria nel panorama della pittura italiana del Settecento, la alimentò con scaltra consapevolezza attingendo in modo colto e spregiudicato alle "ricche minere" di immagini sedimentate dal lungo corso della Maniera moderna.


Desidero ringraziare i professori Rosanna Cioffi, Franco Renzo Pesenti, Pierre Rosenberg, e soprattutto il professor Gianni Carlo Sciolla per gli scambi di idee e i consigli che hanno voluto concedermi sui temi di questo scritto, orientandone proficuamente molti aspetti. Le responsabilità di eventuali errori od omissioni sono solo mie.

 

Riccardo Lattuada

 

 

ARTE Documento  N°16                                                                     © Edizioni della Laguna