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Considerazioni sull’attività di Giovan Francesco Gaggini.
Le notizie biografiche riguardanti Giovan Francesco Gaggini non sono né molto consistenti, né molto precise: d’altra parte, sulla scorta di un atto di pagamento datato 29 ottobre 1727[1] concernente i pagamenti per i lavori a Mondovì, si evince che il luogo natio di questo artista è Bissone. Consultando il Registro dei battesimi della Parrocchia di Bissone[2] si viene a conoscenza che i Gaggini nati in questo paese e battezzati con il nome di Giovanni Francesco sono due: il primo nato il 3 dicembre del 1663, il secondo il 24 giugno 1683. Basandosi sulla cronologia delle opere di Giovan Francesco, l’artista deve essere identificato con quest’ultimo Gaggini nato nel 1683, figlio di Giovanni Giacomo e Cecilia Garovi. Altri elementi che fanno propendere per la seconda ipotesi sono alcuni legami di parentela: il Giovan Francesco Gaggini artista è più volte menzionato come nipote di Giuseppe Gaggini, scultore nato a Bissone nel 1643 e fratello di Giacomo Gaggini, anch’egli scultore, entrambi figli di Francesco Gaggini[3]. Nomi, questi, che ritornano nella famiglia del Giovan Francesco Gaggini nato a Bissone nel 1683: infatti, questi risulta nipote di un certo Polonio Giuseppe (unico Gaggini nato a Bissone nel 1643), uno dei fratelli di Giovanni Giacomo (il padre dello stesso Giovanni Francesco), entrambi figli di Francesco e Dorothea Mazzetti[4]. È quindi da scartare (almeno in parte) l’ipotesi di Antonino Olmo secondo la quale Giovan Francesco fosse fratello di Giuseppe e Pietro Francesco Gaggini, entrambi attivi, intorno al 1712, nella bottega del santuario di Vicoforte, presso Mondovì[5]. La voce a cura di Franchini Guelfi nel Dizionario biografico degli italiani, infatti, dà una diversa versione di questo parentado, segnalando la contemporanea presenza di Giuseppe Gaggini e del nipote Giovan Francesco alla stesura del contratto per una statua da collocare nel sopracitato santuario di Vicoforte; da non tralasciare che proprio il nipote, alla morte dello zio (1713), prese le redini della bottega assieme a Pietro Francesco[6]. Cercando di dare un po’ di ordine alla famiglia di Francesco Gaggini, nonno di Giovan Francesco, e riassumendo le considerazioni fatte fino ad ora, Giovanni Giacomo Gaggini, nato a Bissone nel 1641 e padre di Giovan Francesco, è identificabile con il Giacomo Gaggini scultore attivo a Genova nell’ultimo trentennio del Seicento, di cui si ignorano gli estremi biografici[7]. Polonio Giuseppe Gaggini, nato a Bissone nel 1643 e fratello di Giovanni Giacomo, quindi zio di Giovan Francesco, è invece riconducibile alla figura di quel Giuseppe Gaggini attivo in più località liguri e al santuario di Vicoforte sempre nell’ultimo trentennio del Seicento[8]; su segnalazione di Marco Albanese, pare che Giuseppe Gaggini fosse il padre di Pietro Francesco, e quest’ultimo, quindi, cugino di Giovan Francesco Gaggini. Questi invece nacque, come detto, il 24 giugno del 1683 a Bissone, da Giovanni Giacomo e Cecilia Garovi. Successivamente, il 21 dicembre 1717, l’artista sposò a Cuneo Laura Maddalena Savio, dalla quale ebbe cinque figli: Giuseppe Maria, Maria Dorothea, Giacomo Maria, Giovanni Battista e Maria Dorothea (verosimilmente la prima figlia, omonima di quest’ultima, morì in età precoce), tutti nati a Bissone[9]; infine, l’artista morì nel suo paese natio, dopo una lunga malattia, il 14 giugno 1768, quasi ottantacinquenne[10]. Per quanto riguarda l’attività artistica del Gaggini, documentata o presunta, questa è concentrata tra Genova, città in cui viveva un ramo della sua famiglia, Piemonte, specialmente nel Cuneese, provincia bresciana e attuale Canton Ticino. Dai testi consultabili, pare che il primo storico a ricollegare alla famiglia Gaggini la realizzazione degli affreschi della volta della cappella del Crocefisso nella chiesa genovese di Santa Maria delle Vigne sia stato il Ratti nel 1780. Secondo lo studioso, «gli affreschi con i misteri della Passione, ch’erano del Tavarone, son stati ridipinti da un lombardo nomato Gagino»[11]. Purtroppo il Ratti non trascrive il completo nome dell’artista e il Tencalla, all’inizio del Novecento, assegna l’esecuzione degli affreschi a Giacomo Gaggini, ma senza datarli[12]. A soli due anni di distanza, la notizia del Tencalla non viene confermata da Luigi Cervetto, il quale attribuisce a Giovan Francesco Gaggini gli affreschi nella volta della cappella, con però una erronea datazione alla seconda metà del Seicento[13]. La ricerca della Algeri, infine, è utile per venire a conoscenza che la cappella appartenne in origine alla famiglia Negrone, ma passò nel 1710 agli Squarciafico. La realizzazione di tali affreschi del Gaggini potrebbe essere collegata a questo cambiamento di proprietà, in virtù del fatto che «gli affreschi del Tavarone, rapidamente deterioratisi, vennero ridipinti nel Settecento»[14]. L’operato di Giovan Francesco Gaggini in Piemonte è testimoniato dalle numerose opere da lui lasciate in questa regione. L’evidente propensione del nostro artista per gli spostamenti verso i territori piemontesi riflette una più generale tendenza delle maestranze ticinesi, le cui cause si potrebbero rintracciare nelle agevolazioni economiche concesse a questi artisti negli stati sabaudi[15]. In Piemonte, il primo ciclo di affreschi che è attribuito a questo pittore sono le Storie di Santo Stefano dipinte nella chiesa eponima a Piozzo, datate al 1712, che mostrano tangenze stilistiche con le opere genovesi appena citate[16]. Infatti, lo stile degli affreschi genovesi e di quelli di Piozzo risulta a tratti più morbido rispetto a quello che il Gaggini mostra nelle opere seguenti, nonostante siano rintracciabili anche in queste scene giovanili elementi che si ritrovano nella produzione successiva, come i panneggi consistenti o i forti scorci dei volti. Sempre in queste zone, il Gaggini è testimoniato a Cuneo tra il 1713 e il 1718 circa, richiesto da Francesco Gallo nel cantiere per la chiesa di Santa Croce, in cui alcuni affreschi palesano similitudini (sia stilistiche che compositive) con i cicli di Genova e di Piozzo. Da un documento del 25 giugno 1713 abbiamo notizia che il Consiglio della Confraternita di Santa Croce propose di assegnare al Gaggini «qualche ornamento di pittura al Cupolino della Chiesa»; si documenta la mano di Giovan Francesco anche nella volta del coro, sulle pareti dello stesso (in cui affrescò «tre puttini con trofei della Croce») e «nei medaglioni dei cartelloni». Alcune indicazioni cronologiche ci permettono di seguire l’evoluzione dei lavori: il 9 luglio del 1713 il Gaggini «ha quasi terminata la pittura alla cupola»; il 6 agosto dello stesso anno, l’artista ha compiuto le pitture «alla Volta del Choro, e Cupolino», e gli si dà incarico di continuare la decorazione della chiesa «sino alli curniggioni»; il 29 ottobre, il Gaggini e Domenico Beltramelli, stuccatore, «vanno approssimandosi al termine delle luoro rispettive opere»[17]; «i tre quadri ovali sulla volta della cappella della compagnia del Suffragio e […] quelli della cappella dei SS. Vittore e Massimo» sono eseguiti tra il 1714 e il 1715, mentre verso la fine del 1716 il Gaggini viene pagato per la realizzazione dei dodici profeti nei vani della cupola e per il quadro vicino all’ancona del Sancta Sanctorum; ritornerà nella chiesa nell’inverno del 1718[18].
(Fig. 1) G. F. Gaggini, Circoncisione, 1719-1727 circa. Savigliano, santuario dell'Assunta.
La presenza del Gaggini è successivamente ipotizzata a più riprese tra il 1719 e il 1727 circa a Savigliano, città nella quale, secondo Antonino Olmo e Casimiro Turletti, l’artista eseguì alcune delle otto tele poste negli intercolumni del santuario dell’Assunta (Nascita della Vergine, Sposalizio della Vergine, Visitazione, Vergine al Tempio, Adorazione dei pastori, Adorazione dei Magi, Circoncisione e Fuga in Egitto) (fig. 1): di queste, a causa di differenze stilistiche, non si ha ancora certezza se siano tutte opera del bissonese oppure se alcune appartengano ad un altro artista, forse un allievo, mentre altri dubbi riguardano la possibile datazione, poiché non è dato sapere da quali fonti i due storici sopracitati traggano le informazioni[19]. Sempre in questa città si riscontra la mano del Gaggini nell’ancona con il Martirio di San Sebastiano nella chiesa di Sant’Andrea, eseguita nel 1727[20]; il Santo, riconoscibile dalle frecce che gli trafiggono il corpo, è affiancato sulla destra da San Rocco, a sua volta accompagnato dal fedele cane, e a sinistra da San Francesco di Sales, compatrono della città assieme agli altri due Santi; nella parte superiore, la Vergine assisa su un cumulo di nubi e il Bambino completano la scena. Infine, il Bartoli gli assegna gli affreschi della volta dell’ex-chiesa di Santa Chiara: secondo lo storico, le figure sono opera del Gaggini, mentre le architetture sarebbero di Carlo Pozzi[21]. Sono questi gli anni in cui il Gaggini consolida il suo stile, mostrando una maniera sempre più stabile, scevra di sperimentalismi, che a volte si traduce in una monotona ripetizione di schemi compositivi (oltre a riproporre modelli personali, il Gaggini ha eseguito alcune scene in Piemonte ricavando le composizioni da incisioni del Grechetto e del Tencalla)[22]. La produzione di questo personaggio, infatti, può dare l’immagine di un artista non molto fantasioso, allenatosi su poche tipologie figurative che diventano, reiterate fino quasi all’eccesso, una firma inconfondibile. Altra città piemontese nella quale il Gaggini è segnalato da più fonti è Mondovì, dove affrescò la chiesa di San Giuseppe dei Carmelitani in collaborazione con il quadraturista Pietro Antonio Pozzi e Domenico Beltramelli, e nuovamente sotto la direzione di Francesco Gallo. Le informazioni più complete sono fornite ancora una volta da Nino Carboneri, il quale afferma che la pittura era stata affidata a Giovan Francesco Gaggini: in un atto del 29 ottobre 1727 i Carmelitani, «con scudi 300 moneta Romana lasciatili da un benefattore» hanno «fatto dipinger la Cupola […]»: fra i testimoni figura lo stesso Gaggini, che comparirà con la stessa funzione anche in un atto del 17 dicembre 1729[23]. Nel centro della cupola è dipinta la Trinità, attorno alla quale ruotano San Giuseppe, San Giovanni Battista, angeli e Santi carmelitani, la cui attenzione è rivolta verso la Santa Teresa d’Avila in gloria dipinta ai piedi della Vergine; nei pennacchi, in parte rovinati, trovano collocazione angeli che recano gli attributi della Santa[24], mentre la Gloria di San Giuseppe (fig. 2) è affrescata sulla volta dell’arco presbiteriale.
(Fig. 2) G. F. Gaggini. Gloria di San Giuseppe, 1727 circa. Mondovì, San Giuseppe dei Carmelitani.
È possibile che il Gaggini abbia realizzato anche i quadri con Storie di Santa Teresa d’Avila (fig. 3), posti sulle pareti della navata e del coro.
(Fig. 3) G. F. Gaggini, Storie di Santa Teresa, 1727 circa. Mondovì, San Giuseppe dei Carmelitani.
Inoltre, Simona Sarto ricollega a questo personaggio la pala di San Vitale (1729) nella chiesa dell’Assunta a Busca (edificio progettato dal Gallo), i cicli pittorici nelle cupole della chiesa della Santissima Annunziata (in collaborazione con Pietro Antonio Pozzi, intorno al 1733; in questa chiesa viene attribuita al Gaggini anche la tela dell’Annunciazione) e della chiesa di San Giovanni decollato (coeva alla precedente; nei pagamenti è citato anche un Beltramelli), entrambe a Cuneo[25]. Più difficile proporre uno studio dettagliato degli affreschi dipinti ad Asti e a Racconigi, in quanto le informazioni appaiono esigue: nella prima città, a detta delle Schede Vesme, pare che il Gaggini abbia dipinto il volto che sovrasta la porta maggiore della chiesa di Sant’Agostino, mentre di Racconigi si ricorda il quadro con San Giuseppe nel Duomo. Inoltre, sempre la medesima fonte richiama l’attenzione sulla chiesa di Sant’Agostino a Savigliano, il cui coro pare fosse tutto dipinto a fresco dal Gaggini: purtroppo non si trovano ulteriori informazioni relative a questa chiesa[26]. Dopo la metà degli anni Trenta del Settecento, le notizie attorno a Giovan Francesco Gaggini si concentrano nel territorio bresciano. Secondo Fiorella Frisoni, il Gaggini faceva parte di quella schiera di comacini e intelvesi (fra cui Carlo Innocenzo Carloni) che avevano raggiunto Brescia negli anni Trenta, forse al seguito del Turbini, l’architetto ticinese cui spetta la costruzione fra il 1735 e il 1745 di Villa Lechi[27]. Uno spostamento che, sulla scorta di quanto si ha notizia della pittura lombarda del periodo, non appare anomalo. Infatti, sembra che la committenza lombarda (specificamente quelle bergamasca e bresciana) preferisse affidare l’esecuzione di grandi imprese ad artisti forestieri, forieri di uno stile filtrato dal Classicismo emiliano e romano, maggiormente aulico rispetto allo stile natural-realistico proprio della tradizione locale e più adatto quindi alla celebrazione encomiastica della committenza stessa. La produzione bresciana del Gaggini risulta abbastanza considerevole. Già il Carboni, nel 1760, menzionò la mano di questo artista nell’esecuzione degli affreschi nella cappella della Trinità nella chiesa di San Francesco d’Assisi a Brescia: «tutto l’ornato della Cappella è dipinto da Carlo Molinari, con le figure di Giovan Francesco Gagini»[28]. Fonte, questa, della quale non deve aver tenuto conto Begni Redona[29], che riporta, invece, la descrizione del Maccarinelli[30]: gli affreschi della cappella risultavano allo storico opere di Carlo Molinari, quadraturista, e di un certo (Giovan) Antonio Gagini, autore delle figure (è da precisare che non si rintracciano voci relative ad alcun Antonio Gagini, o Gaggini, vissuto nel Settecento): per un’indicazione cronologica, valga la datazione del 1738 data da Sandro Guerrini[31]. Di nuovo il Carboni attribuì al Gaggini anche gli affreschi nell’ex-chiesa di Santa Chiara a Brescia, datati 1739 dal Maccarinelli (che, però, ancora attribuisce a G. A. Gagini)[32]: tra questi spiccano la Santa Chiara in gloria e il San Francesco in adorazione della Trinità e Santi dipinto nel primo medaglione verso l’ingresso.
(Fig. 4) G. F. Gaggini - Assunzione della Vergine, 1739 circa. Bagnolo Mella, chiesa della Visitazione.
Molto più complessa è stata l’assegnazione a questo artista degli affreschi sulla volta della navata della chiesa della Visitazione a Bagnolo Mella (fig. 4), datati 1739 da recenti studi di Sandro Guerrini[33]. In un primo tempo Paolo Guerrini e Bruno Passamani li attribuirono al bresciano Giuseppe Scalvini[34]; successivamente lo stesso Paolo Guerrini propose come realizzatore di tali affreschi il nostro Gaggini, supportato da alcune note di don Stefano Fenaroli, il quale scrisse intorno al 1870 che «tutta la chiesa poi è dipinta a diversi reparti da Francesco Gagini Comasco»[35]. Qualche decennio più tardi Sandro Guerrini notò delle similitudini stilistiche tra queste opere e gli affreschi del presbiterio nella chiesa parrocchiale di San Zenone a Sale Marasino, che lo studioso, forse sulla scorta degli studi su Sale Marasino condotti da Paolo Guerrini e Camillo Boselli[36], riteneva di Francesco Monti: di conseguenza, contraddicendo le indicazioni di don Fenaroli, attribuì a quest’ultimo artista anche i dipinti di Bagnolo Mella[37]. Ad ogni modo, la paternità degli affreschi è stata ricondotta recentemente a Giovan Francesco Gaggini da Fiorella Frisoni[38]. Nonostante l’errore di attribuzione, va comunque riconosciuto a Sandro Guerrini il merito di aver evidenziato il legame stilistico tra gli affreschi di Bagnolo Mella e quelli della zona presbiteriale della chiesa parrocchiale di Sale Marasino (fig. 5), che Frisoni per prima non riconduce al Monti, ma al Gaggini[39].
(Fig. 5) G. F. Gaggini - Assunzione della Vergine, 1738-1748 circa. Sale Marasino, chiesa di San Zenone.
La data di esecuzione di questi lavori è ricavabile dall’autobiografia dello Zanardi, dalla quale si viene a sapere che nel 1748 lo Zanardi venne chiamato, assieme al Monti, per lavorare nella chiesa di San Zenone a Sale Marasino, dove precedentemente pare abbia lavorato un certo «Gazzini»[40]. La data dell’esecuzione di questi affreschi è quindi da collocare tra il 1737 (anno di edificazione della chiesa) e il 1748. Recentemente Sandro Guerrini propone come lavori del bissonese anche parte delle pitture murali della chiesa dei Santi Pietro e Paolo ad Azzano Mella, che precedentemente ha attribuito prima a Giovan Battista Sassi e poi al Monti[41]: sono queste la decorazione della cupola del presbiterio, dove spicca la Gloria di San Pietro in cui il Santo, gemello del San Giuseppe di Mondovì ma da lui distinguibile per la chiave nella mano, è raffigurato nel momento dell’incoronazione da parte di Cristo, e le Virtù teologali dipinte nei pennacchi. Ulteriori proposte di attribuzione riguardano temi a soggetto profano, molto rari per il nostro pittore: tra questi l’affresco del salone principale di Palazzo Pancera di Zoppola a Collebeato (già villa Martinengo di Padernello), con l’Allegoria della Pace tra Marte e Venere, datata 1741[42] (fig. 6).
(Fig. 6) G. F. Gaggini - Allegoria, 1741 circa. Collebeato, Palazzo Pancera di Zoppola.
Altra famiglia bresciana per la quale pare il Gaggini abbia lavorato è quella dei Lechi, eseguendo nella volta di un ambiente a piano terra del Palazzetto Lechi in Corsetto Sant’Agata una figura allegorica con uno scettro nella mano sinistra e tre corone nella mano destra. Fausto Lechi attribuisce questo dipinto a Giuseppe Scalvini, ma Frisoni ritiene sia da ricollegare all’opera del bissonese, al quale andrebbero restituiti anche tre affreschi di Villa Lechi a Montirone: La Fortezza e la Giustizia e il Giudizio di Paride nelle volte di due sale del piano terra, e la Gloria di Ercole nel soffitto dello scalone monumentale[43].Sono presentate da Sandro Guerrini come opere del Gaggini sia la Verità scoperta dal Tempo, dipinta nel 1737 sulla volta dello scalone di Palazzo Suardi a Santa Maria Calchera, pare in collaborazione con Domenico Romani, sia gli affreschi degli scaloni di Palazzo Pontoglio e quelli di Palazzo Rossa, entrambi a Brescia[44]. Da quanto esposto fino ad ora, è evidente che ci troviamo di fronte ad un artista non di primo piano, ma che non merita assolutamente di essere ignorato, in virtù delle numerose opere da lui lasciate in suddette zone. Inoltre, studi più recenti hanno dimostrato che Giovan Francesco Gaggini mantenne stretti rapporti anche con il suo territorio natio, ovvero quello dell’attuale Canton Ticino. Il ciclo di affreschi più antico realizzato in queste zone dall’artista bissonese è quello relativo alla volta della chiesa di Salorino, nei pressi di Mendrisio. Alcuni documenti riportati da Martinola li datano al 1721 e li attribuiscono ad un non meglio identificato Gaggini (che lo storico ipotizza provenire da Tremona, un piccolo paese nei pressi di Salorino che annoverava, tra i suoi abitanti, alcuni esponenti della famiglia dei Gaggini), in collaborazione con i fratelli Calvi[45]. Dalle informazioni ricavabili dal testo del Martinola, pare che sicure opere di queste maestranze siano solamente le quadrature aperte su cieli intensamente azzurri dipinte ai lati della volta, nelle quali si librano in volo dei putti che recano con sè simboli di San Zenone (esemplare il putto con pesce e canna da pesca), corone di fiori e palme. Il fatto che lo storico definisca i Calvi come abili quadraturisti farebbe supporre che il lavoro dell’ignoto Gaggini sia da ricercarsi nell’esecuzione delle figure: l’idea che questo frescante possa essere identificato con Giovan Francesco Gaggini viene rafforzata da un confronto con alcuni affreschi eseguiti da quest’ultimo intorno al 1727 nella già citata chiesa di San Giuseppe dei Carmelitani a Mondovì, in particolar modo con i putti dipinti sulle pareti dell’edificio. Si può infatti notare come il legame stilistico tra le composizioni sia decisamente forte, contraddistinte dall’uniformità nella resa degli angeli, restituiti con volti scorciati, pieni e rotondi, mentre sul piano compositivo si assiste, in un caso, alla quasi esatta ripetizione del modello.
(Fig. 7) G. F. Gaggini - Angeli Musici, 1721 circa. Salorino, chiesa di San Zenone.
All’interno dell’edificio, si possono attribuire a Giovan Francesco Gaggini anche gli affreschi dipinti nella fascia centrale della volta, i quali constano di due medaglioni raffiguranti Angeli osannanti e musici (fig. 7), più un medaglione centrale con dipinta la Gloria di San Zenone (fig. 8).
(Fig. 8) G. F. Gaggini - Gloria di San Zenone,1721 circa. Salorino, chiesa di San Zenone.
In quest’ultimo episodio, in cui il Santo inginocchiato ascende al cielo sospinto da due presenze angeliche, numerosi sono i rimandi alle opere del nostro artista, tra le quali la Gloria di San Giuseppe nella chiesa di San Giuseppe a Mondovì e il San Zenone in gloria eseguito verso la metà del quinto decennio del Settecento nella chiesa parrocchiale di Sale Marasino: scene, queste, in cui si scorgono diversi elementi imparentati con le opere di Salorino. Certamente la postura dei Santi non è rigorosamente replicata, ma lo stile, i volti scorciati, la disposizione delle braccia in gesti esagerati, le testine alate che affollano le scene, nonché piccoli particolari come il volto fanciullesco che in basso a sinistra osserva il Santo fanno pensare alla medesima mano, ma non riconducibile, come sostiene Martinola, a quella dell’artista impegnato nell’esecuzione degli affreschi nella volta del coro. Spostando l’attenzione sui rimanenti affreschi della volta, una componente molto valida che permetterebbe di restituire al Gaggini anche i medaglioni raffiguranti gli Angeli osannanti e musici, che il Martinola ritiene (sbagliando ancora una volta) di altra mano rispetto al San Zenone, è l’angelo dipinto sulla sinistra di una di queste scene, il quale può essere inteso come una sorta di «adattamento musicale» di alcuni angeli portatori di nubi che affollano solitamente le opere del bissonese, dei quali riprende la posa[46]. Un altro edificio ticinese in cui si propone abbia lavorato Giovan Francesco Gaggini è la chiesa di San Carpoforo a Bissone, per la quale avrebbe realizzato gli affreschi nella volta della navata centrale e nella cupola, per lungo tempo attribuiti ad un ignoto pittore della fine del Seicento.
(Fig. 9) G. F. Gaggini - Vittoria della Croce, 1743-1747 circa. Bissone, chiesa di San Carpoforo.
(Fig. 10) G. F. Gaggini - Preghiera dell'Agnello, 1743-1747 circa. Bissone, chiesa di San Carpoforo.
Al centro della volta sono dipinte la Vittoria della Croce (fig. 9) e la Preghiera dell’Agnello (fig. 10), mentre ai lati della volta si trovano degli spicchi raffiguranti Angeli musici. Nella cupola, infine, è rappresentato l’Empireo, in cui la Trinità, al centro, è attorniata da angeli e Santi, tra cui si possono riconoscere San Giovanni Battista, la Vergine, San Rocco accanto a San Francesco, il re David (con corona e arpa) e San Giuseppe. Ai piedi della Trinità è dipinta la Gloria di San Carpoforo, titolare della chiesa in questione in procinto di essere incoronato da Cristo. Nonostante le incertezze sul possibile autore di questi affreschi, appare evidente che questi lavori appartengono alla medesima mano, non riconducibile a nessuno degli autori attivi nell’esecuzione degli altri affreschi della chiesa (tra questi si ricordano Carpoforo Tencalla, Carlo Antonio Bussi, Giuseppe Canonica, Abbondio Bagutti e Francesco Tencalla)[47]. Ritengo infine interessante far notare come, tra gli altri artisti presenti nella realizzazione dei decori di questa chiesa, siano presenti nella realizzazione del tabernacolo e di parti dell’altare maggiore anche Francesco, (Giovanni) Giacomo e (Polonio) Giuseppe Gaggini[48], imparentati con l’artista fin qui trattato. Anche in questo caso, come per i precedenti affreschi di Salorino, un confronto stilistico-compositivo può avvalorare l’ipotesi che questi affreschi siano da restituire a Giovan Francesco Gaggini, in quanto il ductus pittorico si presenta deciso e netto, e la stesura del colore, acceso e cangiante, molto compatta. Inoltre, i volti graziosi e fanciulleschi dei personaggi, i forti scorci di sottinsù e gli svolazzanti panneggi, nonché le testine alate e le contorsioni degli angeli sono tutte peculiarità riscontrabili nella produzione del Gaggini, come anche gli elementi compositivi. Per quanto concerne la cupola, il primo e più lampante rimando all’opera del Gaggini è costituito dagli angeli che sorreggono San Carpoforo: accostando questo gruppo di figure ad altre composizioni del pittore (ad esempio la Santa Chiara in gloria di Brescia e l’Assunzione della Vergine di Bagnolo Mella) balzano subito all’occhio le analogie tra le pose degli angeli, tanto da far pensare al riutilizzo del medesimo cartone preparatorio. Pensiero che ritorna con l’accostamento tra il Cristo nella cupola del presbiterio di Azzano Mella e quello di Bissone, nonché tra il Padreterno dipinto nella cupola di San Carpoforo e quelli raffigurati uno nell’episodio del San Francesco in adorazione della Trinità, affrescato nell’ex-chiesa di Santa Chiara a Brescia, l’altro nell’Incoronazione della Vergine della parrocchiale di Bagnolo Mella. Inoltre, la Vergine dipinta a Bissone nella Vittoria della Croce è senza dubbio gemella di quella dipinta dal Gaggini sempre nel medaglione di Bagnolo Mella appena citato, dove appare inginocchiata e con le mani giunte nella preghiera. Un ulteriore prova, probabilmente la più determinante, che spinge a sostenere con forza che l’autore di questi affreschi sia realmente Giovan Francesco Gaggini, è la forte analogia tra le parti «terrene» della Preghiera dell’Agnello di Bissone e dell’Assunzione della Vergine di Sale Marasino, dipinta dal Gaggini intorno agli anni Quaranta del Settecento. In entrambe le composizioni, infatti, è presente in primo piano sulla destra un anziano inginocchiato: indiscutibilmente le due figure, colori a parte, risultano esattamente identiche, e addirittura si ripetono sia il dettaglio della mano, con palmo rivolto verso l’alto e dito medio e anulare uniti, sia i risvolti e le pieghe della veste. Spostando lo sguardo sulla restante decorazione pittorica della volta, si può riconoscere la mano del Gaggini anche nei putti affrescati nei medaglioni posti a ridosso della facciata e verso la cupola, molto simili per tipologia a quelli in Santa Chiara a Brescia, e in alcune figure dei restanti spicchi situati sopra i finestroni laterali, anch’essi affini a quelli bresciani. Un ultimo pensiero su questi affreschi è in relazione a quelli conservati nella chiesa di San Zenone a Salorino: infatti, il San Francesco inginocchiato della cupola bissonese è indubbiamente fedele al San Zenone di Salorino, del quale ripete quasi esattamente la posa, così come la testolina che in basso a sinistra osserva il Santo, presente in entrambe le composizioni. Per quanto concerne la possibile datazione degli affreschi, è da sottolineare la mancanza degli atti relativi ai pagamenti per questi lavori, comprensibile però con l’ipotesi di un omaggio di Giovan Francesco Gaggini alla Confraternita del SS. Sacramento, della quale faceva parte dal 1707[49] e da cui avrebbe ricevuto in cambio la possibilità di essere sepolto all’interno della chiesa stessa[50]. Ad ogni modo, se in molti studi le date proposte per questi affreschi si aggirano attorno agli anni Ottanta del Seicento[51], coeve quindi alla ristrutturazione della chiesa ad opera della famiglia Tencalla, tali ipotesi sono da scartare, per ovvie ragioni cronologiche, alla luce della data di nascita di Giovan Francesco Gaggini nel 1683: appare infatti difficile accettare che il Gaggini abbia lavorato nel cantiere finanziato da Giovanni Pietro Tencalla, giacché questi muore nel 1702. Da alcuni documenti, tuttavia, si viene a conoscenza che nella chiesa di San Carpoforo si effettuarono due grandi interventi nella prima metà del Settecento: uno nel 1715, per l’intonacatura dell’intero edificio, l’altro tra il 1743 e il 1747, per il restauro e la pulizia degli stucchi[52]. Alla luce di questi eventi, si può ipotizzare che i lavori del Gaggini si inseriscano all’interno di uno di questi cantieri, tendendo però a scartare la contemporaneità tra queste opere e gli affreschi della chiesa cuneese di Santa Croce (1713-1715) per ragioni stilistiche e orientandosi, invece, sulla possibilità che la volta della chiesa bissonese sia stata affrescata nel quinto decennio del Settecento[53].
(Fig. 11) G. F. Gaggini - Gloria di Sant'Antonio, 1753-1755. Castel San Pietro, chiesa di Sant'Eusebio.
(Fig. 12) G. F. Gaggini - Angeli, 1753-1755. Castel San Pietro, chiesa di Sant'Eusebio.
Gli affreschi, raffiguranti la Gloria di Sant'Antonio sulla volta (fig. 11) e gli Angioletti nei medaglioni laterali (fig. 12), dipinti nella cappella di Sant'Antonio da Padova (realizzata tra il 1748 e il 1755)[54] nella chiesa di Sant'Eusebio a Castel San Pietro costituiscono il terzo ciclo di opere nell’attuale Canton Ticino attribuite a Giovan Francesco Gaggini. Nei testi riguardanti la chiesa in questione non si rintraccia nessuna attribuzione per questi lavori, neppure a livello ipotetico, e quasi viene ignorata l'esistenza degli affreschi stessi. Una delle rare menzioni proviene dal Martinola, il quale ricorda la Gloria di Sant'Antonio come un «affresco brillante di colore»[55]; è comunque probabile che l’affresco centrale facesse parte di quei nove «quadri a fresco di diversi autori» che il Mugiasca segnalò nell’inventario della visita compiuta nel 1769. Anche in questo caso, sono i confronti stilistico-compositivi a spingere verso la paternità di Giovan Francesco Gaggini. Infatti, la Gloria di Sant'Antonio di Castel San Pietro appare senza dubbio come l'immagine speculare della Santa Chiara in gloria affrescata nel 1739 a Brescia, nell'ormai ex-chiesa di Santa Chiara: simile la posa dei Santi, simile l'angelo regginube e simile l'angelo sul lato che congiunge le mani. Altri utili elementi di confronto si possono rintracciare nell’Assunzione della Vergine della parrocchiale di Bagnolo Mella (1739 circa) e nei dipinti dal Gaggini a Salorino (1721) e a Mondovì (1727 circa), dove compaiono le medesime carnosità accentuate dei putti affrescati a Castel San Pietro. Per quanto riguarda la datazione, i probabili termini post e ante quem sono noti, in quanto si è a conoscenza sia dell’anno in cui iniziò la costruzione della cappella di Sant'Antonio, il 1748, sia di quello della consacrazione della stessa, avvenuta nel 1755. Può forse essere d'aiuto, per restringere di qualche anno l'arco di tempo in cui collocare l'esecuzione degli affreschi, riportare che solo nel 1753 venne rifinita la nicchia per la statua del Santo[56]: è plausibile, infatti, che prima di accordare il via alla decorazione pittorica si aspettasse di terminare tutte le opere in muratura per evitare di rovinare le pitture. Un ulteriore segnalazione è datata 1756, anno in cui nei registri della chiesa risulta il pagamento di L. 300 ad un frescante anonimo[57]: impossibile identificare con certezza questo personaggio con il Gaggini, poiché nel documento non si specifica neppure il lavoro per cui quel pittore venne pagato (si parla genericamente di «quadri a fresco», a differenza dei pagamenti per i dipinti eseguiti nella stessa chiesa da Carlo Innocenzo Carloni: per questi sono segnati nome dell’autore, opera e spesa, indicazione questa che può far pensare che il riconoscimento sociale del Carloni fosse maggiore di quello del nostro artista, relegato al ruolo di semplice «pittore»), ma è altamente probabile che il 1756 sia l’anno in cui venne saldato il conto all’artista bissonese per i lavori eseguiti nella cappella di Sant’Antonio (anche al Carloni alcune opere vennero pagate qualche anno dopo)[58]. Era infatti prassi che agli artisti venisse corrisposta parte della somma accordata solamente al termine dei lavori, una sorta di garanzia per far rispettare gli accordi presi in precedenza. Illuminante a tal proposito un episodio che coinvolge proprio il Gaggini, avvenuto in Piemonte qualche decennio prima dell’esecuzione degli affreschi di Castel San Pietro: pare infatti che il pittore, impegnato nel 1716 nella decorazione di alcune cappelle della chiesa di Santa Croce a Cuneo, si sia visto respingere la richiesta di pagamento per i lavori svolti «perché la pittura non era stata ancora compiuta»[59].
(Fig. 13) F. Gaggini - Predica di San Rocco. Bissone, chiesa di San Rocco.
Infine, meritano una menzione particolare le quattro tele (San Nicola Vescovo, l’Annunciazone, il Martirio di San Sebastiano e la Predica di San Rocco) custodite a Bissone nell’oratorio di San Rocco (fig. 13), attribuite a Francesco Gaggini[60], un artista settecentesco del quale non si hanno precise indicazioni biografiche, ma la cui attività è stata fatta coincidere con quella di Giovan Francesco Gaggini[61]. Benché si possano riscontrare delle similitudini stilistiche tra queste tele e i dipinti realizzati da quest’ultimo in territorio piemontese, si notano incongruenze talmente evidenti tra i Santi Rocco e Sebastiano del Martirio di San Sebastiano nella chiesa di Sant’Andrea a Savigliano e gli stessi Santi delle tele nell’oratorio di San Rocco che viene difficile ritenerli opere del medesimo artista; tutt’al più si può ipotizzare, per i dipinti bissonesi, un’esecuzione a più mani[62]. Questa constatazione solleva inevitabilmente alcune questioni: era Giovan Francesco Gaggini a capo di una bottega? E in che periodo l’artista avrebbe realizzato tali lavori? All’inizio di questo articolo, si è accennato al fatto che Giovan Francesco ereditò la bottega dello zio Giuseppe Gaggini assieme al cugino Pietro Francesco, ma purtroppo, allo stato attuale, non è possibile approfondire questo discorso data la mancanza di una documentazione adeguata. Per quanto concerne la possibile datazione delle tele, come accennato in precedenza vi è una diversità stilistica tra i lavori di San Rocco ed alcuni eseguiti da Giovan Francesco, come ad esempio,quelli della volta della chiesa di San Zenone a Salorino. Molto probabilmente si è in presenza di opere eseguite in periodi diversi, e ciò potrebbe far pensare alle tele di San Rocco come ad una fase particolare dell’artista, caratterizzata, evidentemente, dalla decisa ripresa di un pittore compaesano vissuto precedentemente quale Carpoforo Tencalla. Stabilire se si tratti di una fase giovanile o matura appare molto arduo, anche se il più morbido trattamento dei contorni nelle prime opere note del Gaggini farebbe scartare l’ipotesi di un’esecuzione precoce delle tele di San Rocco. Può però essere utile ricordare come queste tele mostrino punti in comune con quelle saviglianesi, la cui esecuzione si pensa sia compresa (dubitativamente) tra il 1719 e il 1727, e con le tele di Mondovì, eseguite alla fine degli anni Venti: i dipinti di San Rocco, quindi, potrebbero anche essere ricondotti al medesimo periodo. La questione, data la mancanza di documenti, è ben lontana dall’essere conclusa[63].
Questo testo è la rielaborazione di due articoli già pubblicati qualche anno fa: - M. Moizi, Giovan Francesco Gaggini. Un “nuovo” artista per il Ticino, in “Arte & Storia”, 41, 2008, pp. 124-146; - M. Moizi, Un’aggiunta al catalogo di Giovan Francesco Gaggini. Gli affreschi della cappella di Sant'Antonio nella chiesa di Sant'Eusebio a Castel San Pietro, in “Arte & Storia”, 47, 2010, pp. 76-82.
[1]Prestito del Ven.do Seminario de Chierici della presente Città a P.P. Carmelitani Scalzi della medema, CCCXXXIII, fol. 182, 29 ottobre 1727, Archivio notarile, Mondovì. [2]Registro dei battesimi della Parrocchia di Bissone dal 1622 al 1732, Archivio della Curia, Lugano. [3]L. A. Cervetto, I Gaggini da Bissone, loro opere in Genova e altrove, Milano 1903,pp. 184-185; F. Franchini Guelfi, inDizionario biografico degli italiani, LI, Roma 1998, pp. 241-242, S. Partsch, inSaur Allgemeines Kunstlerlexicon,a cura di G. Meissner, XLVII, Monaco-Lipsia 2005, p. 200. [4]Registro dei battesimi della Parrocchia di Bissone dal 1622 al 1732, Archivio della Curia, Lugano. [5] A. Olmo, Arte in Savigliano, Savigliano 1978, p. 230. [6]F. Franchini Guelfi, op. cit., 1998, pp. 241-242. [7]Ibidem; S. Partsch, op. cit., p. 197. [8]Ibidem, p. 200. [9]Registro dei battesimi della Parrocchia di Bissone dal 1622 al 1732, Archivio della Curia, Lugano. [10]Registro dei morti della Parrocchia di Bissone dal 1733 al 1866, Archivio della Curia, Lugano. Tutte le informazioni relative agli estremi biografici di Giovan Francesco Gaggini e della sua famiglia sono riassunti in M. Moizi, Giovan Francesco Gaggini. Un “nuovo” artista per il Ticino, in “Arte & Storia”, 41, 2008, pp. 124-126. [11]C. G. Ratti, Instruzione di quanto può vedersi di più bello in Genova in pittura, scultura ed architettura, Genova 1780, p. 242. [12]P. Tencalla, Cenni biografici dei più celebri artisti bissonesi, Lugano 1901, p. 13. [13]L. A. Cervetto, I Gaggini da Bissone, loro opere in Genova e altrove, Milano 1903,p.179. [14]G. Algeri, Chiesa di Santa Maria delle Vigne, Genova 1975,p. 13. [15]D. Severin, Privilegi Sabaudi, Bellinzona 1933,pp. 3-7. [16]S. Sartori, Il Settecento a Cuneo: interventi decorativi nelle chiese, inCantieri e documenti del Barocco. Cuneo e le sue valli,cat. della mostra (Cuneo, maggio – giugno 2003), a cura di G. Romano, G. Spione, Cuneo 2003, pp. 71-100. [17] Tutti i documenti sono stati ricavati dagli Ordinati di Consiglio dall’anno 1711 fino al 1720, Archivio dell’Ospedale di Santa Croce, Cuneo, trascritti inN. Carboneri, Stuccatori Luganesi in Piemonte tra Sei e Settecento, inArte e artisti dei laghi lombardi, II, a cura di E. Arslan, Como 1964,pp. 27-30. I documenti qui citati sono, in ordine: fol. 39, 25 giugno 1713; fol. 40, 16 luglio 1713; fol. 57, 24 aprile 1714; fol. 39, 9 luglio 1713; fol. 41, 6 agosto 1713; fol. 45, 29 ottobre 1713. Per un approfondimento su questa chiesa si consultiM. Albanese, La decorazione pittorica di Giovanni Francesco Gaggini a Santa Croce, inLa Carità svelata. Il patrimonio storico artistico della Confraternita e dell'Ospedale di Santa Croce in Cuneo,cat. della mostra (Cuneo,22 aprile – 30 giugno 2007), a cura di G. Galante Garrone, G. Romano, G. Spione, Cuneo 2007, pp. 43-58. [18]S. Sartori, Il Settecento a Cuneo…, cit., 2003,p. 76. [19]A. Olmo, Arte in Savigliano, Savigliano 1978, pp. 227-236. Lo storico riconosce, nell’esecuzione di queste tele, la possibilità di «una seconda mano di evidente inferiorità rispetto a quelle sicuramente attribuite al Gagini» (Ibidem, p.230): secondo Olmo queste sarebbero La fuga in Egitto, La Vergine al Tempio, La circoncisione e L’adorazione dei Magi, che presentano indubitabilmente una cifra stilistica molto simile. A mio parere, a queste tele andrebbero avvicinate anche La visitazione e Lo sposalizio della Vergine. Conferma la presenza del Gaggini in questo santuario anche N. Carboneri, L’architetto Francesco Gallo, 1672-1750, Torino 1954, p. 91, senza specificare però il suo operato. Dalle parole di C. Turletti, Storia di Savigliano, II, Savigliano 1883, p. 855, veniamo a conoscenza che il Gaggini «dipinse quattro degli otto preziosi quadri che stanno negli intercolumni di S. M. Assunta». Le date riportate dal Turletti per la realizzazione di dette tele (tra il 1719 e il 1739), peró, non corrispondono a quelle di Olmo(op. cit., 1978, p. 227), il quale propone invece che siano state realizzate tra il 1719 e il 1727. [20]C. Turletti, op.cit., 1883, p. 855.
[21]
Passo accennato in A. Olmo,
op. cit., 1978, p. 232, il quale ha attinto le informazioni daF.
S. Bartoli, Notizie delle pitture, sculture ed
architetture, che ornano le chiese, e gli altri luoghi pubblici
di tutte le più [22]M. Albanese, La decorazione pittorica di Giovanni Francesco Gaggini…, cit., 2007, p. 53. [23]N. Carboneri, L’architetto Francesco Gallo…, cit., 1954, p. 91, daPrestito del Ven.do Seminario de Chierici della presente Città a P.P. Carmelitani Scalzi della medema, CCCXXXIII, fol. 182, Archivio notarile, Mondovì. [24]M. Albanese, Giovanni Francesco Gaggini da Bissone: una prima indagine sull'attività nel Piemonte meridionale, Tesi di Laurea, rel. G. Dardanello, Torino 2005-2006, p. 65. [25]S. Sartori, Il Settecento a Cuneo…,cit., 2003, pp. 71-100. [26] Le poche notizie sulle opere eseguite dal Gaggini nelle chiese di Racconigi, Asti e nella chiesa di Sant’Agostino a Savigliano sono ricavate daSchede Vesme. L’arte in Piemonte dal XVI al XVIII secolo, II, a cura di A. Baudi Di Vesme, Torino 1966, p. 487. Affreschi astigiani segnalati anche inKunstlerlexiconfür Bildenden Kunst…, cit.,1920, p. 59. [27]F. Frisoni, Un pittore ritrovato nel bresciano: Giovan Francesco Gagini, in La Parrocchiale di Sale Marasino nel Settecento artistico bresciano, suppl. di “Vieni a casa: bimestrale di vita parrocchiale di Sale Marasino”, 46, 2002, p. 11. [28]G. B. Carboni, Le pitture e sculture di Brescia che sono esposte al pubblico con un’appendice di alcune private gallerie, Brescia 1760, p. 69. [29]P. V. Begni Redona, Pitture e sculture in San Francesco, inV. Volta, P. V. Begni Redona, R. Prestini, e altri, La chiesa e il convento di San Francesco d’Assisi in Brescia, Brescia 1994, p. 143. [30]F. Maccarinelli, Le Glorie di Brescia raccolte dalle Pitture, che nelle sue Chiese, Oratorii, Palazzi, et altri luoghi pubblici sono esposte. Date in luce da me N. N. Sacerdote Brescia.o. Nell’Anno 1747, in suppl. ai “Commentarii dell’Ateneo di Brescia per l’anno 1959”, a cura di C. Boselli, Brescia 1959, p. 65. [31]S. Guerrini, La Chiesa Parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo, Vobarno 2005, p. 18: committenti di questi affreschi sono, secondo il Guerrini, i Conti Suardi. [32]G. B. Carboni, op. cit., 1760, p. 25; F. Maccarinelli, op. cit., 1959, p. 148. [33]Datando gli affreschi al 1739, S. Guerrini(La parrocchiale della Visitazione in Bagnolo Mella, Brescia 1982, pp. 45-46) smentisce P. Guerrini(Bagnolo Mella. Storia e documenti, in “Monografie di storia bresciana”, 3, 1926, p. 384), secondo il quale la chiesa venne tutta decorata nel 1750. [34]Ibidem; B. Passamani, Storia di Brescia, III, Brescia 1964, p. 654, nota 2. [35]P. Guerrini, Noterelle e documenti inediti di storia bagnolese, in “Memorie storiche della Diocesi di Brescia”, 9, 1939, p. 147. [36]P. Guerrini, La Pieve di Sale Marasino, in “Memorie storiche della Diocesi di Brescia”, 3, 1932, p. 30; Origine e vita di Giovanni Zanardi commorante in Brescia. Vita di Francesco Monti, suppl. ai “Commentarii dell’Ateneo di Brescia per l’anno 1964”, a cura di C. Boselli, 1965, illustrazioni alle pp. 32-33. [37]S. Guerrini, In margine alle mostre queriniane. Inediti settecenteschi nel territorio bresciano, in “Brixia Sacra”, 16, 1981, pp. 213, 218; Idem, La parrocchiale della Visitazione…, cit., 1982, pp. 45-46. [38]F. Frisoni, op. cit., 2002, pp. 9-10. [39]Ibidem, pp. 8-15. Per un approfondimento si vedaF. Frisoni, Un pittore ritrovato nel bresciano: Giovan Francesco Gaggini, in F. Frisoni, A. Burlotti, Storia ed Arte nella chiesa di San Zenone a Sale Marasino, Brescia 2007, pp. 149-159. Recentemente lo stesso S. Guerrini(La Chiesa Parrocchiale dei Santi…, cit., 2005, p. 17)ha corretto la sua precedente attribuzione riconducendo l’esecuzione degli affreschi di Sale Marasino al Gaggini. [40]Origine e vita…, cit., 1965, p. 52. [41] Per l’attribuzione al Sassi si consultiS. Guerrini, In margine alle mostre queriniane…, cit., 1981, pp. 209-226, mentre l’attribuzione di Guerrini al Monti è ricordata in F. Frisoni, op. cit., 2002, p. 14, nota 13. In S. Guerrini, La Chiesa Parrocchiale dei Santi…, cit., 2005, gli affreschi sono ricondotti al Gaggini. [42]F. Frisoni, op. cit., 2002, p. 12. Riporta la notizia dell’intervento G. B. Zaist, Notizie istoriche de’ Pittori, scultori et architetti cremonesi, opera postuma di Giambattista Zaist pittore, ed architetto cremonese, data in luce da Anton’ Maria Panni[…], II, Cremona 1774, p. 155. [43]F. Lechi, Le dimore bresciane in cinque secoli di storia. Il Cinquecento nella città, III, Brescia 1974, pp. 200, 204; F. Frisoni, op. cit., 2002, p. 11. [44]S. Guerrini, La Chiesa Parrocchialedei Santi…, cit., 2005. Frisoni(op. cit., 2007, p. 156, nota 33) ricorda come per gli affreschi di questi ultimi due palazzi vi siano documenti che riconducono la paternità al Gaggini. [45]G. Martinola, Inventariodelle cose d’arte e di antichità del distretto di Mendrisio, s. l., 1975, p. 492. [46]M. Moizi, L’attività ticinese di Giovan Francesco Gaggini, Tesi di Laurea, rel. F. Frisoni, Milano 2005-2006, pp. 55-61;Idem, Giovan Francesco Gaggini…, cit., 2008, pp. 134-135. L’ipotesi è contenuta anche in. [47]I. Proserpi, La chiesa parrocchiale di San Carpoforo a Bissone, Berna 1987, p. 14. [48]Ibidem, p. 19. [49]Note dei Confratelli e Consorelle della Confraternita del SS. Sacramento, fol. 193, Archivio della Curia, Lugano. [50]Registro dei morti della Parrocchia di Bissone dal 1733 al 1866, Archivio della Curia, Lugano; Note dei Confratelli e Consorelle della Confraternita del SS. Sacramento, fol. 273, Archivio della Curia, Lugano. In questi documenti si annota che Giovan Francesco Gaggini venne sepolto nella chiesa di San Carpoforo il giorno dopo la morte. [51]I. Proserpi, Bissone, Berna 1999, p. 25. [52] Informazioni ricevute da Ivano Proserpi. [53]M. Moizi,L’attività ticinese…, cit., 2005-2006, pp. 48-54; Idem,Giovan Francesco Gaggini…, cit., 2008, pp. 135-140. [54]G. Martinola, Inventario…,cit., 1975, p. 127; Idem, Notizie sulla chiesa di Castel S. Pietro, in “Bollettino Storico della Svizzera Italiana”, 85, 1973, p. 123. [55]Idem, Inventario…,cit., 1975, p. 127. [56]Idem, Notizie sulla chiesa di Castel S. Pietro…, cit., 1973, p. 122. [57]Idem, Altre notizie sulla chiesa di Castel S. Pietro, in “Bollettino Storico della Svizzera Italiana”, 4, 1945, p. 43. [58]M. Moizi, Un’aggiunta al catalogo di Giovan Francesco Gaggini. Gli affreschi della cappella di Sant'Antonio nella chiesa di Sant'Eusebio a Castel San Pietro, in “Arte & Storia”, 47, 2010, pp. 76-82. [59]M. Albanese, La decorazione pittorica di Giovanni Francesco Gaggini…, cit., 2007, pp. 47-48). [60]I. Proserpi, I Tencalla di Bissone, Lugano 1999, p. 41. [61]S. Sartori, Il Settecento a Cuneo…, cit., 2003, pp. 71-100. [62]M. Moizi, Giovan Francesco Gaggini…, cit., 2008, pp. 140-142. [63]Ibidem, pp. 143-144.
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