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MIRAMARE

 

 

 

 

 

LA STRADA PER MIRAMARE
La strada carrozzabile per Miramare intorno al 1870. Il sito scelto da Massimiliano per il suo «nido d'amore» era solitario da secoli, ma lungo la riviera di Barcola (l'antica «Vallicola») furono rinvenuti in passato imponenti resti di ville romane.
(Coll. L. Susa)
 

 

 

 

L'Arciduca Massimiliano d'Austria veleggiava nel nostro golfo sul bragozzo da guerra «Madonna della Salute» in un tardo pomeriggio autunnale, quando un'improvvisa ed impetuosa bora lo costrinse a cercar riparo nell'insenatura di Grignano ed a chieder ricovero per la notte, nella casa del pescatore Daneu. Il mattino dopo, calmatosi il vento, l'arciduca poté ammirare l'incantevole bellezza dello sperone roccioso, tra l'azzurro del mare appena increspato e quello del cielo. Fu pronta e decisa la sua risoluzione: comperare quel terreno e costruirvi un castello, tutto in pietra d'Istria: il castello di Miramar: «nido d'amore costruito invano», come canterà più tardi Giosuè Carducci. Si era nel 1855. Acquistato, adunque, il terreno, fu costruito il castello, con una spesa di circa settecentomila fiorini. L'arciduca, però, già dall'anno precedente risiedeva a Trieste nella sua qualità di comandante supremo dell'I. R. Marina, ed anche nel periodo in cui fu vicerè del Lombardo-Veneto, vi veniva spesso, avendo conservato pure la carica di contrammiraglio della flotta. Dalla vigilia del Natale del 1860, con la consorte Carlotta del Belgio, passò ad abitare nel castello. Durante la sua permanenza nella nostra città, per la sua affabilità e generosità, egli fu benvoluto dalla popolazione.
Alla bora si deve l'erezione del castello, ma la bora soffiava anche il 14 aprile 1864, alla partenza della coppia felice per il lontano Messico. Furono a salutarla autorità e popolo, ma quest'ultimo, rivolto al principe, così l'esortava: «Massimiliano, non ti fidar: — Torna al castello di Miramar!»
Raimondo Cornet, poeticamente rimproverando Massimiliano, così scrive: «Andar in zerca de un destin dramatico - no, no iera bisogno: - Miramar iera un sogno - de lusso e de tranquilità romantica. - Là, con Carlotta, tropo presto vedova, - ti podevi restar». Da allora, secondo alcuni versi d'altro poeta, contenuti in un sonetto pubblicato nel 1900: «Come un dado di marmo istriato - s'erge sul mar la solitaria reggia», perché «Una storia di sangue ha inciso il fato - nel candor di quei marmi e ancor nereggia».
Il 5 luglio 1912, era ospite a Miramare dell'arciduchessa Maria Gioseffa, principessa di Sassonia, e del figlio suo Carlo, il futuro imperatore, la banda dei salesiani, accompagnata dal «regnicolo» don Michelangelo Rubino. In certo modo, s'incrociano qui le memorie austro-italiche. Tre anni dopo, il popolare don Rubino, che nell'oratorio di Via dell'Istria aveva inculcato il più puro amore all'Italia, doveva andarsene da Trieste; ma vi sarebbe ritornato coll'esercito liberatore, cappellano di guerra.
Dopo la vittoria, ecco soggiornare brevemente a Miramare il duca Emanuele Filiberto, l'«invitto» comandante della Terza Armata, che or riposa coi suoi fanti poco lungi, a Redipuglia. Senza pensare alla lugubre fama del castello, dal 1931 al 1937 vi dimorò il figlio, duca Amedeo di Savoia-Aosta, e Trieste lo volle suo cittadino onorario. L'affettuosa sua semplicità di modi, schiva d'ogni etichetta, lo faceva avvicinare ad ogni categoria di persone. Anche lui, unitamente all'augusta sua signora, fu dispensatore di larghi aiuti ai bisognosi. E purtroppo anche lui, come Massimiliano, cadde lontano da Trieste, dalla patria, in terra straniera. Dal 1959, però, ritornò nell'effigie bronzea scolpita da Romano Romanelli.
Nel parco, ancora, ritornerà Elisabetta d'Austria nel suo monumento già in Piazza della Stazione — ora Libertà — quasi a ricordare ancor una volta la sua visita a Miramare.

 

 

 

 

TRIESTE ROMANTICA

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