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LA CATTEDRALE  DI  SAN  GIUSTO

 

 

 

 

 

CATTEDRALE  DI S. GIUSTO
La Cattedrale di S. Giusto in una cartolina del 1907. Nei restauri del 1932 vennero staccati dalla facciata gli intonachi settecenteschi e il sagrato venne notevolmente abbassato. Furono riportati in luce i piccoli conci di «masegno», che col loro colore caldo esaltano le candide strutture del rosone e dei portali. Le pietre tombali vennero sistemate dietro l'abside.
(Coll. L. Susa)
 

 

 

La facciata di San Giusto è dominata da uno splendido rosone gotico trecentesco, a doppio giro di colonnine: un ricamo leggero di pietra, attraverso il quale la cattedrale è innondata di luce. È opera di maestri scalpellini lombardi, chiamati dal vescovo Rodolfo Pedrazzani, cremonese.
Il portale, sotto quel rosone, sembra troppo umile: gli stipiti infatti sono stati ricavati da una lapide tombale romana, segata a metà. Però è un ingresso unico per originalità, non visto altrove.
Varcata la soglia, ti trovi in una chiesa che, pur essendo a cinque navate, non ti opprime con la sua grandezza e maestà, ma ti dà una sensazione di pace, come di un rientro nel tepore della casa dopo una giornata laboriosa.
Le irregolarità e diversità architettoniche, gli accostamenti di stili e di epoche, tutto si risolve in una superiore unità, in una visione tranquilla, unica e irripetibile. La basilica infatti, come spiegano le guide, risulta dall'unione, che si fa risalire al Trecento, di due chiese precedenti: quella di sinistra consacrata alla Vergine assunta, del secolo V, e quella di destra consacrata a San Giusto, martire triestino e patrono della città, del secolo XI.
La grande abside centrale è tutta dominata da un moderno mosaico votivo, opera di Guido Cadorin, a ricordo dell'unione di Trieste all'Italia. Vi è raffigurata l'incoronazione della Vergine. Il tutto è circondato ed incorniciato dalla teoria dei martiri triestini, da angeli e simboli. L'inaugurazione di questo mosaico (3 novembre 1933) è accompagnata da un aneddoto, che ricaviamo da una cronaca inedita del tempo. «Ieri, facendosi la prova della illuminazione in presenza di qualche personaggio illustre, tutt'a un tratto si notò una macchia enorme d'olio nel marmo sopra una porta della sacrestia minore. Come lavarla? Si ventilarono cento proposte; si mettono a posto scale, ecc., quando la macchia si... rivela l'ombra del piatto d'uno dei sei candelabri, che erano stati collocati sull'altare!!!»
Ma se questo mosaico può anche non piacere, quello dell'abside dell'altare del Santissimo (sec. XII-XIII) — che rappresenta la Madonna nell'atto di sollevare il Bambino benedicente, cui fanno corona angeli ed apostoli — ti lascia con il fiato sospeso.
E così pure l'altro, nella navata destra, sopra l'altare di San Giusto. Qui, nell'abside, un'altra meraviglia: nel catino Cristo fra San Giusto e San Servolo, in un mosaico veneziano del Duecento, mentre sotto, fra sei colonnine bizantine, in otto affreschi del sec. XIII, la storia del martirio di San Giusto. Narra la tradizione che il giovanetto Giusto — poteva essere l'anno 290 o 302 — perché cristiano fu arrestato per ordine del prefetto Manazio. Rifiutandosi di bruciare l'incenso agli idoli, fu prima torturato e quindi condannato ad essere annegato nei pressi dell'attuale vecchia Lanterna. Il suo corpo, liberatosi miracolosamente dalle pietre che l'avevano trascinato al fondo, galleggiò presso la Riva Grumula, e il Santo, apparendo in sogno al sacerdote Sebastiano, ne chiese cristiana sepoltura. E l'ebbe, poco distante di là. Dopo la pace religiosa, le reliquie del Martire furono portate nella Cattedrale che da lui prende il nome.
Con queste impressioni negli occhi e nel cuore, fermarsi un momento per una breve sosta di meditazione fa bene allo spirito: sentirai nascere in te un forte bisogno di essere migliore. Ed allora le altre cose belle (e sono tante) che si possono ammirare nelle altre cappelle, potranno anche interessarti meno.



 

 

 

 

TRIESTE ROMANTICA

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