La Storia
Il nome Tergeste
è di origine preromana, con base preindoeuropea: terg = mercato,
ed il suffisso –este, tipico dei toponimi venetici. In
alternativa, si ritrova proposta l'origine latina del nome "tergestum"
(riportata dal geografo di età augustea Strabone), legata al
fatto che i legionari romani dovettero combattere tre battagle
per avere ragione delle popolazioni indigene ("Ter-gestum bellum",
dal latino "ter" = tre volte e "gerere bellum" = far guerra, cui
il participio passato da "gestum bellum").
Sin dal II millennio a.C. il territorio della provincia di
Trieste fu sede di importanti insediamenti protostorici, i
castellieri, villaggi arroccati sulle alture e protetti da
fortificazioni in pietra, i cui abitanti appartenevano a
popolazioni di probabile origine illirica e di stirpe
indoeuropea. Fra il X e il IX secolo a.C. la popolazione
autoctona entrò in contatto con un'altra etnia indoeuropea, i
(Venetici, Heneti o Eneti), da cui venne notevolmente
influenzata sotto il profilo culturale.
Con le conquiste militari dell'Illiria da parte dei Romani, i
cui episodi più salienti furono la guerra contro la pirateria
degli Istri del 221 a.C., la fondazione di Aquileia nel 181 a.C.
e la guerra istrica del 178-177 a.C., ebbe inizio un processo di
romanizzazione ed assimilazione delle popolazioni preesistenti.
Tergeste fu colonizzata alla metà del I secolo a.C. in epoca
cesariana (Regio X Venetia et Histria), ed è probabile che la
fortezza principale fosse situata sulle pendici del colle di San
Giusto. I Tergestini sono menzionati nel De bello Gallico
di Giulio Cesare, a proposito di una precedente invasione forse
di Giapidi: "Chiamò T. Labieno e mandò la legione quindicesima
(che aveva svernato con lui) nella Gallia Cisalpina, a tutela
delle colonie dei cittadini romani, per evitare che
incorressero, per incursioni di barbari, in qualche danno simile
a quello che nell'estate precedente era toccato ai Tergestini
che, inaspettatamente, avevano subito irruzioni e rapine. (CAES.
Gall. 8.24). Tergestum fu citata poi da Strabone, geografo
attivo in età augustea, che la definì come phrourion
(avamposto militare) con funzioni di difesa e di snodo
commerciale.
Tergeste si sviluppò e prosperò in epoca imperiale, imponendosi
come uno dei porti più importanti dell'alto Adriatico sulla via
Popilia-Annia. Il nucleo abitativo nel 33 a.C. venne cinto da
alte mura (ancora visibile la porta meridionale, il cosiddetto
Arco di Riccardo) da Ottaviano Augusto (murum turresque fecit) e
venne arricchito da importanti costruzioni quali il Foro ed il
Teatro.
Dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, la città passò
sotto il controllo dell'impero bizantino fino al 788, quando
venne occupata dai franchi. Nel 1098 risultava già diocesi
vescovile con il nome latino di Tergestum. Nel XII secolo
divenne un Libero Comune e dopo secoli di battaglie contro la
rivale Venezia, Trieste si pose sotto la protezione (1382) del
duca d'Austria conservando però una notevole autonomia fino al
XVII secolo.
Nel 1719 divenne porto franco ed in quanto unico sbocco sul mare
Adriatico dell'Impero Austriaco, Trieste fu oggetto di
investimenti e si sviluppò diventando, nel 1867, capoluogo della
regione del Litorale Adriatico dell'impero (l'"Adriatisches
Küstenland"). Nonostante il suo stato privilegiato di unico
porto commerciale della Cisleithania e primo porto dell'Austria-Ungheria,
Trieste conservò sempre in primo piano, nei secoli, i legami
culturali con l'Italia; infatti, anche se la lingua ufficiale
della burocrazia era il tedesco, l'italiano era la lingua del
commercio e della cultura. Nel XVIII secolo il dialetto
triestino (dialetto di tipo veneto) sostituì il tergestino,
l'antico dialetto locale di tipo retoromanzo. Il triestino,
parlato anche da scrittori e filosofi, continua ad essere
tuttora l'idioma più usato in ambito familiare e in molti
contesti sociali di natura informale e talvolta anche formale,
affiancandosi, in una situazione di diglossia, all'italiano,
lingua amministrativa e principale veicolo di comunicazione nei
rapporti di carattere pubblico.
Trieste fu, con Trento, oggetto e al tempo stesso centro di
irredentismo, movimento che, negli ultimi decenni del XIX secolo
e agli inizi del XX aspirava ad un'annessione della città
all'Italia. Ad alimentare l'irredentismo triestino erano
soprattutto le classi borghesi in ascesa (ivi compresa la
facoltosa colonia ebraica), le cui potenzialità ed aspirazioni
politiche non trovavano pieno soddisfacimento all'interno
dell'Impero austro-ungarico. Quest'ultimo veniva visto da molti
come un naturale protettore del gruppo etnico slavo (verbali del
consiglio dei ministri imperiali asburgici del 1866, dopo la
perdita di Venezia, per ridurre dove possibile l'influenza
dell'elemento italiano, in favore di quello germanico o slavo
quando questi fossero presenti) che viveva sia in città che in
quelle zone multietniche che costituivano il suo immediato
retroterra (che iniziò ad essere definito in quegli anni con il
termine di Venezia Giulia).
L'imperatore Francesco Giuseppe ordinò infatti una politica di
"germanizzazione" e "slavizzazione" che andava contro gli
Italiani che vivevano nel suo impero. Il sovrano ordinò: "si
operi nel Tirolo del Sud, in Dalmazia e sul Litorale per la
germanizzazione e la slavizzazione [Germanisierung oder
Slawisierung] di detti territori [...], con energia e senza
scrupolo alcuno": così recitava il verbale del Consiglio della
Corona del 12 novembre 1866. Il termine "Litorale" era impiegato
nell'amministrazione asburgica per indicare la Venezia Giulia,
quindi anche Trieste. Fra le molte misure di germanizzazione e
slavizzazione promosse dal governo e dall'amministrazione
asburgica vi furono delle espulsioni di massa imposte dal
governatore triestino, principe Hohenlohe, che provocarono la
fuoriuscita forzata di circa 35.000 italiani da Trieste fra il
1903 ed il 1913. Nel 1913, dopo un altro decreto del principe
Hohenlohe che prevedeva espulsioni d'Italiani, i nazionalisti
slavi suoi sostenitori tennero un pubblico comizio contro
l’Italia, per poi svolgere una manifestazione al grido di “Viva
Hohenlohe! Abbasso l’Italia! Gli Italiani al mare!”, tentando
poi di assalire lo stesso Consolato italiano.
Si ebbero inoltre altre iniziative repressive o discriminatorie
nei confronti degli italiani, fra cui anche episodi di violenza
e vittime. A Trieste tra il 10 e il 12 luglio 1868, si ebbero
violenze sugli Italiani da parte di soldati asburgici arruolati
fra gli sloveni locali, che provocarono diversi morti e un gran
numero di feriti fra gli italiani. Una delle vittime, Rodolfo
Parisi, fu massacrato con 26 colpi di baionetta. L'impero cercò
inoltre di diffondere il più possibile scuole tedesche
(esistevano scuole medie tedesche anche a Trieste, come in molte
altre località limitrofe) od in alternativa slovene e croate,
tagliando i fondi alle scuole italiane od anche proibendone la
costruzione, proprio per cancellare la cultura italiana, così
come avveniva negli stessi anni in Dalmazia. Gli stessi libri di
testo furono sottoposti a rigide forme di censura, con esiti
paradossali, come l'imposizione di studiare la letteratura
italiana su testi tradotti dal tedesco o la proibizione di
studiare la stessa storia di Trieste, perché ritenuta "troppo
italiana". L'autonomia triestina venne ad essere drasticamente
ridotta dal "centralismo viennese" che "aveva attentato" sin dal
1861 "ai resti della vita autonomistica, specialmente a
Trieste". Infatti, era volontà del governo austriaco di
"indebolire i poteri e la forza politica ed economica del comune
di Trieste controllato dai nazionali-liberali Italiani,
ritenendolo giustamente il cuore del liberalismo nazionale in
Austria e delle tendenze irredentiste". Questo prevedeva anche
la recisione degli "stretti rapporti politici, culturali e
sociali fra i liberali triestini e l'Italia". Poiché all'interno
della comunità ebraica triestina erano diffuse idee irredentiste
e filotaliane, le autorità imperiali cercarono anche di
diffondere l'antisemitismo in funzione antirredentista ed
antitaliana.
In realtà agli inizi del Novecento il gruppo etnico sloveno era
in piena ascesa demografica, sociale ed economica, e, secondo il
discusso censimento del 1910, costituiva circa la quarta parte
dell'intera popolazione triestina. Ciò spiega come
l'irredentismo assunse spesso, nella città giuliana, dei
caratteri marcatamente anti-slavi che vennero perfettamente
incarnati dalla figura di Ruggero Timeus. La convivenza fra i
vari gruppi etnici che aveva da secoli contraddistinto la realtà
sociale di Trieste (e di Gorizia) subì, pertanto, un generale
deterioramento fin dagli anni che precedettero la prima guerra
mondiale.
Nel 1918 il Regio esercito entrò a Trieste acclamato dalla
maggioranza della popolazione, che era di sentimenti italiani.
La sicura imminente annessione della città e della Venezia
Giulia all'Italia, fu però accompagnata da un ulteriore
inasprimento dei rapporti tra il gruppo etnico italiano e quello
sloveno, traducendosi talvolta anche in scontri armati. A tale
proposito furono emblematici, il giorno 13 aprile 1920, i
disordini scoppiati a Trieste in seguito di un attentato contro
l'esercito italiano di stanza a Spalato, che aveva causato due
vittime fra i militari. Durante i disordini, contraddistinti da
un marcato carattere anti-slavo, un gruppo di squadristi
triestini presidiò l'Hotel Balkan, ove aveva sede il Narodni dom
(Casa Nazionale), centro culturale degli sloveni e delle altre
nazionalità slave locali, che fu dato alle fiamme. «Il
rogo...mostra con le fiamme, che ben si possono scorgere da
diversi punti della città, la forza del fascismo in attesa».
Con la firma del Trattato di Rapallo del novembre 1920, Trieste
passò definitivamente all'Italia, inglobando, nel proprio
territorio provinciale, zone dell'ex Contea di Gorizia e
Gradisca, dell'Istria e della Carniola.
Il periodo tra la prima e la seconda guerra mondiale fu segnato
da numerose difficoltà per Trieste. L'economia della città fu
colpita infatti dalla perdita del suo secolare entroterra
economico; ne soffrì soprattutto l'attività portuale e
commerciale, ma anche il settore finanziario. Trieste perse la
sua tradizionale autonomia comunale e cambiò anche la propria
configurazione linguistica e culturale; quasi la totalità della
comunità germanofona lasciò infatti la città dopo l'annessione
all'Italia; con l'avvento del fascismo l'uso pubblico delle
lingue slovena e tedesca fu proibito e vennero chiuse le scuole,
i circoli culturali e la stampa della comunità slovena.
Moltissimi sloveni così emigrarono nel vicino Regno di
Jugoslavia.Un fenomeno analogo si era avuto, poco prima, ma in
senso inverso, con la fuga dei dalmati italiani dalle loro
ataviche terre, dinnanzi alle persecuzione attuate dai
serbocroati, una volta che la Dalmazia era stata annessa al
regno di Jugoslavia. Dalla fine degli anni venti, cominciò
l'attività sovversiva dell'organizzazione antifascista e
irredentista sloveno-croata TIGR, con alcuni attentati
dinamitardi anche nel centro cittadino.
Nonostante i problemi economici e il teso clima politico, la
popolazione della città crebbe negli anni venti del Novecento,
grazie soprattutto all'immigrazione da altre zone dell'Italia.
La prima metà degli anni trenta furono invece anni di ristagno
demografico, con una leggera flessione della popolazione
dell'ordine di circa l'1% su base quinquennale (nel 1936 si
contarono infatti quasi duemila abitanti in meno che nel 1931).
Nello stesso periodo, e successivamente, fino allo scoppio della
seconda guerra mondiale, furono portate avanti alcune importanti
opere urbanistiche; tra gli edifici più rilevanti vanno
ricordati il palazzo dell'Università e il Faro della vittoria.
Con l'introduzione delle leggi razziali fasciste del 1938, la
vita culturale ed economica della città subì un ulteriore
degrado dovuto all'esclusione della comunità ebraica dalla vita
pubblica.
Nel periodo che va dall'armistizio (8 settembre 1943)
all'immediato dopoguerra, Trieste fu al centro di una serie di
vicende che hanno segnato profondamente la storia del capoluogo
giuliano e della regione circostante e suscitano tuttora accesi
dibattiti. Nel settembre del 1943 la Germania nazista occupò
senza alcuna resistenza la città che venne a costituire, insieme
a tutta la Venezia Giulia una zona di operazioni di guerra, l'OZAK
(Operationszone Adriatisches Küstenland), alle dirette
dipendenze del Gauleiter di Carinzia Friedrich Rainer. Egli
tollerò in città la ricostituzione di una sede del PFR, diretta
dal federale Bruno Sambo, la presenza di un'esigua forza di
militari italiani al comando del generale della GNR Giovanni
Esposito e l'insediamento di un reparto della Guardia di
Finanza. Si riservò però la nomina del podestà, nella persona di
Cesare Pagnini, e del prefetto della provincia di Trieste, Bruno
Coceani, entrambi ben accetti ai fascisti locali, alle autorità
della RSI e allo stesso Mussolini, che conosceva personalmente
Coceani. Durante l'occupazione nazista la Risiera di San Sabba -
oggi Monumento Nazionale e museo - venne destinata a campo di
prigionia e di smistamento per i deportati in Germania e Polonia
e per detenuti politici, partigiani italiani e slavi. La
presenza del forno crematorio nella Risiera testimonia che non
fu utilizzata solo come luogo di smistamento e di detenzione di
prigionieri, ma anche come campo di sterminio. Si tratta
dell'unico campo di concentramento nazista presente in
territorio italiano. In seguito, nei primi anni cinquanta la
Risiera fu usata come campo profughi per gli esuli istriani,
fiumani e dalmati in fuga dai territori passati alla sovranità
jugoslava.
L'insurrezione dei partigiani italiani e jugoslavi a Trieste fu
contraddistinta da uno svolgimento anomalo. Il 30 aprile 1945 il
Comitato di Liberazione Nazionale del quale era presidente don
Edoardo Marzari, composto da tutte le forze politiche
antifasciste con l'eccezione dei comunisti, proclamò
l'insurrezione generale; al tempo stesso le brigate dei
partigiani jugoslavi con l'appoggio del PCI attaccarono
dall'altipiano. Gli scontri si registrarono principalmente nelle
zone di Opicina (sull'altipiano carsico), del Porto Vecchio, del
castello di San Giusto e dentro il Palazzo di Giustizia, in
città. Tutto il resto della città fu liberato. Il comando
tedesco si arrese solo il 2 maggio alle avanguardie
neozelandesi, che precedettero di un giorno l'arrivo del
generale Freyberg. Le brigate partigiane jugoslave di Tito erano
già giunte a Trieste il 1º maggio e i suoi dirigenti convocarono
in breve tempo un'assemblea cittadina composta da cittadini
jugoslavi e da due italiani. Questa assemblea proclamò la
liberazione di Trieste, così presentando i partigiani di Tito
come i veri liberatori della città agli occhi degli alleati
spingendo i partigiani non comunisti del CLN a rientrare nella
clandestinità.
Gli jugoslavi esposero sui palazzi la bandiera jugoslava, il
Tricolore italiano con la stella rossa al centro e le bandiere
rosse con la falce e martello. Le brigate jugoslave, giunte a
Trieste a marce forzate per precedere gli anglo-americani nella
liberazione della Venezia Giulia, non contenevano nessuna unità
partigiana italiana inserita nell'Esercito jugoslavo, mandate
invece a operare altrove, benché molti triestini (italiani e
sloveni) vi fossero compresi. Gli alleati (nello specifico la
Seconda divisione neozelandese, che fu la prima ad arrivare in
città), riconobbero che la liberazione era stata compiuta dai
partigiani di Tito e in cambio chiesero e ottennero la gestione
diretta del porto e delle vie di comunicazione con l'Austria
(infatti, non essendo ancora a conoscenza del suicidio di
Hitler, gli angloamericani stavano preparando il passo ad
un'invasione dell'Austria e quindi della Germania).
L'esercito jugoslavo assunse i pieni poteri. Nominò un
Commissario Politico, Franc Štoka, membro del partito comunista.
Il 4 maggio vennero emanati dall'autorità jugoslava a Trieste,
il Comando Città di Trieste (Komanda Mesta Trst) gli ordini 1,
2, 3 e 4 che proclamano lo stato di guerra, impongono il
coprifuoco (a combattimenti terminati) e uniformano il fuso
orario triestino a quello jugoslavo. Limitarono la circolazione
dei veicoli e prelevarono dalle proprie case numerosi cittadini,
sospettati di nutrire scarse simpatie nei confronti della
ideologia che guidava le brigate jugoslave. Fra questi non vi
furono solo fascisti o collaborazionisti, ma anche combattenti
della Guerra di Liberazione. Un memorandum statunitense dell'8
maggio recitava:
« A Trieste gli Jugoslavi stanno usando tutte le familiari
tattiche di terrore. Ogni italiano di una qualche importanza
viene arrestato. Gli Jugoslavi hanno assunto un controllo
completo e stanno attuando la coscrizione degli italiani per il
lavoro forzato, rilevando le banche e altre proprietà di valore
e requisendo cereali e altre vettovaglie in grande quantità. »
L'otto maggio proclamarono Trieste città autonoma in seno alla
Repubblica Federativa di Jugoslavia. Sugli edifici pubblici
fecero sventolare la bandiera Jugoslava affiancata dal Tricolore
italiano con la stella rossa al centro. La città visse momenti
difficili, di gran timore, con le persone dibattute tra idee
profondamente diverse: l'annessione alla Jugoslavia o il ritorno
all'Italia. In questo clima si verificarono confische,
requisizioni e arresti sommari. Vi furono anche casi di vendette
personali, in una popolazione esasperata dagli eventi bellici e
dalle contrapposizioni del periodo fascista. Invano i triestini
sollecitarono l'intervento degli Alleati. Il comando alleato e
quello jugoslavo raggiunsero infine un accordo provvisorio
sull'occupazione di Trieste. Il 9 giugno 1945 a Belgrado, Josip
Broz Tito, verificato che Stalin non era disposto a sostenerlo,
concluse l'accordo con il generale Alexander che portò le truppe
jugoslave a ritirarsi dietro la linea Morgan. Gli alleati
assunsero allora il controllo della Città e del suo hinterland.
Le rivendicazioni jugoslave e italiane nonché l'importanza del
porto di Trieste per gli Alleati furono la spinta nel 1947,
sotto l'egida dell'ONU, alla istituzione del "Territorio libero
di Trieste" (TLT). Per l'impossibilità di nominare un
Governatore scelto in accordo tra angloamericani e sovietici, il
TLT rimase diviso in due zone d'occupazione militare: la Zona A
amministrata dagli Angloamericani e la Zona B amministrata dagli
jugoslavi.
Tale situazione si protrasse fino al 1954 quando il problema
venne risolto confermando la spartizione del territorio libero
di Trieste secondo le due zone già assegnate: anzi, furono
incorporati alla Jugoslavia alcuni villaggi della zona A (Albaro
Vescovà, San Servolo, Crevatini, Elleri, Plavie, Ancarano e
Valle Oltra) appartenenti al comune di Muggia, che vide in tal
modo dimezzato il proprio territorio. La frontiera fra la zona
assegnata all'amministrazione italiana e quella occupata dalla
Jugoslavia venne così a passare sui rilievi che sovrastavano la
periferia meridionale della cittadina istriana.
Tale situazione provvisoria fu resa definitiva nel 1975, col
Trattato di Osimo stipulato tra l'Italia e la Jugoslavia, nel
quale si dichiarava il definitivo ritorno della città
all'Italia. Nel 1962 Trieste divenne capoluogo della Regione
Autonoma Friuli-Venezia Giulia.
Nel 2004, assieme ad altri Paesi, la Slovenia entra a far parte
dell'Unione Europea e solo 3 anni più tardi la vicina Repubblica
aderisce ai trattati di Schengen, facendo perdere quindi a
Trieste la sua decennale posizione di città di confine.
Geografia
La città è situata nell'estremo nord-est italiano, vicino al
confine con la Slovenia, nella parte più settentrionale
dell'Alto Adriatico e si affaccia sull'omonimo golfo. Il
territorio cittadino è occupato prevalentemente da un pendio
collinare che diventa montagna anche nelle zone limitrofe
all'abitato; si trova ai piedi di un'imponente scarpata che
dall'altopiano del Carso scende bruscamente verso il mare. Il
monte Carso, a ridosso della città, raggiunge la quota di 458
metri sul livello del mare. Il comune di Trieste è diviso in
varie zone climatiche a seconda della distanza dal mare o
dell'altitudine. Al di sotto delle arterie stradali cittadine
scorrono corsi d'acqua che provengono dall'altopiano. Liberi un
tempo di scorrere all'aperto, da quando la città si è
sviluppata, a partire dalla seconda metà del 1700, vennero
incanalati in apposite condutture ed ancora oggi percorrono i
sotterranei delle odierne via Carducci (precedentemente via del
Torrente, appunto), via Battisti (ex Corsia Stadion), viale
venti Settembre (ex viale dell'Acquedotto), via delle Sette
fontane o piazza tra i Rivi. A sud della città scorre il Rio
Ospo che segna il confine geografico con l'Istria. Inoltre
l'attuale zona cittadina compresa tra la stazione ferroviaria,
il mare, "via Carducci" e Piazza della Borsa, il Borgo
Teresiano, venne edificata nel XVIII secolo dopo l'interramento
delle precedenti saline per ordine dell'Imperatrice Maria Teresa
d'Austria.
Monumenti e
luoghi d'interesse
Piazza Unità d'Italia
Palazzo del Municipio
Canal Grande
Cattedrale di San Giusto
Tempio serbo-ortodosso della Santissima Trinità e di San
Spiridione
Palazzi
Palazzo delle Poste (1890-1894)
Palazzo Leo (1745)
Palazzo del Municipio (1875)
Ospedale militare (1863)
Palazzo Modello (1870)
Palazzo Carciotti (1798)
Palazzo Marenzi (1650)
Palazzo Vivante
Palazzo del Tergesteo (1840-1842)
Palazzo del Lloyd (1880-1883)
Palazzo del Governo (1904)
Stazione Marittima (1930)
Arsenale del Lloyd (1853)
Palazzo Aedes
Palazzo Gopcevich
Palazzo Bartoli
Castelli
Castello di Miramare (1856-1860)
Castello di San Giusto (dal 1368 al 1630)
Siti archeologici
Basilica Forense (II secolo d.C.)
Castelliere - Cattinara
Acquedotto romano - Val Rosandra
Foro romano - San Giusto
Resti templi romani ad Atena e a Giove - San Giusto
Teatro romano (I secolo a.C.)
Torre difensiva mura romane (adiacenze scalinata S. M. Maggiore)
Resti abitazioni romane (comprensorio Cittavecchia)
Arco di Riccardo (33 a.C.)
Antiquarium di via Donota
Antiquarium di Borgo San Sergio
Basilica Paleocristiana
Tor Cucherna
Luoghi di culto
Cattedrale di San Giusto (1304)
Chiesa serbo-ortodossa della Santissima Trinità e di San
Spiridione (1869)
Chiesa Beata Vergine del Soccorso (1200)
Chiesa Beata Vergine del Rosario (1631)
Chiesa di San Nicolò dei Greci (1787)
Tempio ebraico - Sinagoga (1912)
Chiesa di Santa Maria Maggiore (1682)
Chiesa di Sant'Antonio Taumaturgo (1842)
Chiesa di Sant'Apollinare (1857), con gli affreschi di Pompeo
Randi
Chiesa evangelica luterana di Confessione Augustana 1870
Basilica di San Silvestro, luogo di culto delle comunità
elvetica e valdese (XI secolo)
Chiesa evangelica Metodista
Chiesa anglicana di Cristo (1829)
Altri luoghi d'interesse
Piazza Unità d'Italia
Piazza della Borsa
Canal Grande
Lanterna (1833)
Faro della Vittoria (1927)
Caffè San Marco, locale storico ritrovo di molti celebri
intellettuali europei.
Gallerie antiaeree Kleine Berlin
Trenovia di Opicina (Tram de Opcina) storica tranvia inaugurata
nel 1902.
Parco della Rimembranza sul colle di San Giusto
Cimitero austro-ungarico
Borgo Teresiano
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Muggia vecchia
Evoluzione demografica
Fra la metà del XVIII e gli inizi del XX secolo Trieste conobbe
un'epoca caratterizzata da un notevole sviluppo economico
accompagnato da una crescita demografica molto sostenuta, che
permise alla città di passare da alcune migliaia di residenti
del periodo 1730-1740 ai quasi 230.000 del 1910. Con la fine
della prima guerra mondiale e il congiungimento di Trieste
all'Italia, il capoluogo giuliano assisté a un progressivo
ristagno della propria popolazione a causa delle mutate
condizioni geopolitiche in cui si era venuto a trovare alla fine
della Grande guerra. Da principale emporio marittimo dell'Impero
austro-ungarico e fra i massimi del Mediterraneo, la città e il
suo porto iniziarono a declinare, passando ad occupare una
posizione sempre più periferica nell'allora Regno d'Italia.
All'indomani della seconda guerra mondiale in città si verificò
un altro mutamento delle dinamiche demografiche che l'avevano
caratterizzata fino ad allora: l'esodo di molti italiani dalle
terre dell'Istria ebbe infatti come meta Trieste, che conobbe
ancora una volta un'impennata della popolazione residente, oltre
a profonde trasformazioni della propria composizione etnica e
del tessuto sociale urbano. In quegli stessi anni, e in
particolare a partire dal 1954, con la fine del TLT, oltre
20.000 triestini, spinti da motivazioni di natura economica e
sociale, ma anche di indole politica, scelsero l'emigrazione,
dirigendosi principalmente in Australia, Canada e Sudamerica.
Durante gli anni cinquanta e sessanta gli abitanti si mantennero
costantemente al di sopra delle 270.000 unità raggiungendo un
massimo di 283.000 nel 1968.
Da quel momento la città ha assistito a una progressiva
diminuzione della propria popolazione. Le condizioni
geo-politiche nuovamente mutate, la mancanza di un entroterra
ampio che le desse respiro e la chiusura di molte attività
economiche (come i cantieri navali San Marco e le birrerie
Dreher) hanno costretto ampi strati di popolazione a trasferirsi
altrove alla ricerca di lavoro. Ne è conseguito un decremento
della natalità e un progressivo invecchiamento della popolazione
residente con cali demografici che per lungo tempo hanno
raggiunto e superato le 2000 unità all'anno.
Nell'ultimo decennio il decremento demografico è stato meno
marcato che in precedenza, stabilizzando la popolazione
triestina intorno ai 210.000 abitanti. Tale fenomeno è dovuto ad
una ripresa della natalità e ad un nuovo e lento processo di
immigrazione in massima parte proveniente dall'Europa orientale.
La particolarità del territorio provinciale, che conta circa
240.000 abitanti ed è il più piccolo d'Italia, è nei fatti una
sorta di conurbazione e un discreto movimento di popolazione è
avvenuto negli ultimi anni dal Comune capoluogo verso i Comuni
limitrofi.
Nonostante la ripresa demografica cui abbiamo fatto cenno, la
città assieme a Genova, Bologna e Venezia, continua ad essere in
testa alle classifiche italiane per anzianità della popolazione.
Etnie e minoranze straniere
Trieste è un crocevia di culture e religioni, conseguenza sia
della sua posizione geografica di "frontiera" sia delle
vicissitudini storiche che ne hanno fatto un punto di incontro
di molti popoli; infatti quasi ogni etnia e ogni movimento
religioso ha un proprio luogo di culto. Nella città di Trieste
attualmente sono presenti accanto alla popolazione italiana,
numerosi gruppi etnici minoritari storici tra cui sloveni,
croati, serbi, greci e tedeschi e gruppi di recente insediamento
tra i quali arabi, rumeni, albanesi, cinesi, africani e
sudamericani.
Nel vasto territorio comunale di Trieste, il cui contado si
spinge fino al confine con la Slovenia, si incontrano altresì
località dell'altopiano carsico con consistenti comunità di
lingua e cultura slovena. Il gruppo linguistico sloveno viene
tutelato da apposite normative e contributi della Repubblica
Italiana permettendogli di disporre di una propria rete
scolastica, di proprie organizzazioni culturali e sportive e di
propri movimenti politici. La comunità slovena era stimata, nel
1971, in circa il 5,7% della popolazione del comune.
Fino alla prima guerra mondiale la comunità di lingua tedesca
superava il 5% della popolazione del comune, poi si ridusse
drasticamente. La comunità slovena, presente nella città fin dal
Medioevo, raggiungeva il 25% della popolazione del comune
(secondo il discusso censimento austriaco del 1910). Durante il
ventennio fascista molti sloveni abbandonarono la città a causa
di una legislazione linguistica particolarmente iniqua nei loro
confronti e di una politica di italianizzazione forzosa.
Prima della seconda guerra mondiale e della conseguente
occupazione nazista, inoltre, esisteva anche una florida
comunità ebraica (nel 1931 i residenti di religione ebraica
erano 4.671, di cui 3.234 aventi la cittadinanza italiana).
Questa si è progressivamente ridotta e attualmente conta circa
700 membri.
Al 31 dicembre 2010 la popolazione di nazionalità
estera residente a Trieste era costituita da 18.257 persone (8.9 per
cento delle popolazione)
Università
Trieste era sede, fin dal 1877, di una reputata
Scuola Superiore di Commercio. Nel 1924 la città si dotò di
un'Università, che nei decenni successivi acquistò un notevole prestigio
e che ospita da tempo numerose organizzazioni scientifiche
internazionali e il principale parco scientifico italiano. Trieste
infatti è nota come Città della scienza e accoglie una comunità
scientifica ed universitaria molto conosciuta e rinomata all'estero che
richiama ogni anno migliaia di studenti da tutto il mondo e di tutte le
culture. Da notare in campo scientifico sono il sincrotrone ELETTRA
all'Area Science Park, la Scuola Internazionale Superiore di Studi
Avanzati (SISSA) ed il Centro Internazionale di Fisica Teorica.
Musei di Trieste e Provincia
Musei
Trieste accoglie 32 musei fra i quali troviamo il "Museo Revoltella -
Galleria d'arte moderna", i "Civici musei di storia ed arte", una rete
("museo multiplo") di undici istituzioni museali triestine (Museo di
storia ed arte e orto lapidario", Museo del Castello e Armeria",
Lapidario tergestino, Museo d'arte orientale, Museo teatrale "Carlo
Schmidl", Museo di guerra per la pace "Diego de Henriquez" Museo della
Risiera di San Sabba, Museo di storia patria, Museo Morpurgo de Nilma,
Museo Sartorio, Museo del Risorgimento e Sacrario Oberdan e Museo
postale e telegrafico della Mitteleuropa (in collaborazione con le Poste
italiane) e i "Civici musei scientifici", costituiti da quattro
istituzioni (Museo civico di storia naturale, Acquario marino, Museo del
mare e Orto botanico). Altri tre musei fanno parte del "Servizio
bibliotecario urbano" (Museo Sveviano, Museo petrarchesco piccolomineo e
Museo Joyce Museum), a cui si aggiungono due biblioteche (Biblioteca
civica "Attilio Hortis"" e Biblioteca comunale del popolo "Pier Antonio
Quarantotti Gambini", l'Archivio diplomatico e l'Archivio storico).
Lo Stadio Nereo Rocco, inaugurato nel 1992, ospita infine una serie di
opere d'arte contemporanea, vincitrici di un apposito concorso (Nike, di
Paolo Borghi primo classificato, ed opere di Nino Perizi, Marino
Cassetti e Franco Chersicola, Livio Schiozzi, Claudio Sivini, Carlo
Ciussi, Luciano Del Zotto, Gianni Borta, Enzo Mari e Francesco
Scarpabolla. Per il "Polo natatorio" Davide Rivalta ha scolpito
l'Ippopotamo in equilibrio sulla sfera.
Musei artistici [modifica]
Museo Revoltella - Galleria d'Arte Moderna, fondato nel 1872 con lascito
testamentario di Pasquale Revoltella (1795-1869) e ospitato inizialmente
nel Palazzo Revoltella (1852-1858, architetto Friedrich Hitzig), fu
ampliato nel 1907 con l'acquisto dell'attiguo palazzo Brunner
(ristrutturato nel 1968 su progetto di Carlo Scarpa, con interventi fino
al 1991). Conserva una pinacoteca con ampia raccolta di opere delle
principali correnti pittoriche ottocentesche, in seguito ingrandita con
opere novecentesche, nella sede di palazzo Brunner, mentre il palazzo
Revoltella è stato allestito con gli arredi originali e la collezione
raccolta dal donatore.
Civico Museo di storia ed arte e orto lapidario, nato nel 1843 come orto
lapidario attorno al cenotafio di Johann Joachim Winckelmann, mentre il
Museo di antichità presso la Biblioteca civica, conservava i materiali
di minori dimensioni. Le due sedi furono riunificate nel 1925 sul colle
di San Giusto. Raccoglie oggetti archeologici prevalentemente di origine
locale.
Civico Museo d'arte orientale, inaugurato nel 2001 nel settecentesco
"Palazzetto Leo", donato alla città dalla famiglia. Raccoglie materiali
riguardanti oggetti provenienti dall'Estremo Oriente.
Civico Museo Teatrale Carlo Schmidl, inaugurato nel 1924 dall'editore
musicale Carlo Schmidl (1859-1943), fu inizialmente ospitato nello
storico "Teatro Verdi". Nel 1991 fu spostato a Palazzo Morpurgo e quindi
nella sede di Palazzo Gopcevic (1850, architetto Giovanni Andrea Berlam).
Documenta la vita teatrale e musicale della città a partire dal XVIII
secolo.
Musei storici
Civico Museo del Castello e Armeria, dedicato alla storia del Castello
di San Giusto e ospitato nei locali dello stesso castello, acquisito dal
comune nel 1932 e restaurato nel 1936 l'armeria raccoglie armi tra il
XII e il XIX secolo.
Civico Museo di storia patria, nato come sezione del Museo di storia ed
arte, fu ospitato dal 1925 nella palazzina Basevi. Doveva raccogliere i
materiali della vita pubblica e privata della città, ma se ne
distaccarono nel 1934 i materiali risorgimentali e nel dopoguerra, in
seguito ai danni subiti dalla palazzina e lo spostamento alla sede
attuale, la collezione di dipinti fu distaccata presso il Museo
Sartorio.
Civico Museo del Risorgimento e Sacrario Oberdan, raccoglie cimeli
rinascimentali cittadini, precedentemente parte della raccolta del Museo
di storia patria, ospitati in un edificio costruito nel 1934
dall'architetto Umberto Nordio sul luogo della scomparsa caserma nella
quale era stato giustiziato Guglielmo Oberdan.
Civico Museo della Risiera di San Sabba, conserva, in alcune sale del
monumento, ristrutturato nel 1965 (architetto Romano Boico), una
raccolta di cimeli provenienti dai campi di sterminio tedeschi e oggetti
sottratti dai nazisti agli ebrei triestini.
Civico Museo di guerra per la pace "Diego de Henriquez", istituito nel
1997, raccoglie cimeli di storia militare riuniti dal collezionista
Diego de Henriquez.
Lapidario Tergestino, ospitato in uno dei bastioni del Castello,
custodisce reperti provenienti dagli edifici della Trieste romana e
precedentemente custoditi nell'Orto lapidario.
Museo Postale e Telegrafico della Mitteleuropa, nato dalla
collaborazione del Comune con le Poste italiane e ospitato nel palazzo
delle Poste del 1894, raccoglie cimeli postali della regione e delle
zone limitrofe.
Museo Etnografico di Servola, sorto nel 1975, per iniziativa di don
Dušan Jakomin, con lo scopo di raccogliere, conservare, esporre e
mettere a disposizione di studiosi e di quanti siano interessati,
documenti e oggetti legati alla storia, alla cultura e al costume del
rione di Servola.
Musei scientifici
Civico Museo di storia naturale, inaugurato nel 1846 da un'associazione
privata (la "Società di amici della scienza naturale") come "Gabinetto
zoologico-zootomico", venne donato alla città nel 1852 e si trasferì
nella sede attuale con il nome di "Civico museo Ferdinando
Massimiliano". Comprende una sezione botanica, una sezione zoologica,
una sezione paleontologica e una mineralogica e svolge attività
didattica e di ricerca.
Civico Acquario Marino, inaugurato nel 1933 ed ospitato nell'ex
"Peschiera Centrale", edificata nel 1913 in stile liberty
dall'architetto Giorgio Polli. Ospita esemplari della fauna marina
adriatica in un sistema di vasche con acqua prelevata direttamente dal
mare.
Civico Museo del mare, inaugurato nel 1904 come "Museo della pesca"
dalla "Società di pesca e piscicultura marina". A questo si aggiunsero
materiali provenienti dall'Istituto nautico "Tomaso di Savoia Duca di
Genova" di Trieste, con la trasformazione in "Esposizione marina
permanente", affidato alla "Società adriatica di scienze naturali". Nel
1968 divenne il museo attuale con la nuova sede allestita
dall'architetto Umberto Nordio. Ospita i materiali sulla storia della
marineria triestina.
Orto Botanico, fondato nel 1842 dal "Gremio farmaceutico", a cui seguì
nel 1861 un giardino per le specie spontanee dell'ambiente carsico. Nel
1903 ricevette il nome attuale.
Musei letterari
Museo Joyce Museum, nato nel 2004 dalla collaborazione tra Comune e
Università, come centro di documentazione e studio di James Joyce in
Italia.
Museo sveviano, ospitato a palazzo Biserini presso la Biblioteca civica,
centro di documentazione e di studio su Italo Svevo (pseudonimo
dell'industriale triestino Ettore Schmitz).
Museo petrarchesco piccolomineo, aperto nel 2003 per l'esposizione delle
opere di Francesco Petrarca ed Enea Silvio Piccolomini conservate nella
Biblioteca Hortis.
Dimore storiche
Civico museo Sartorio, ospitato in una villa settecentesca,
ristrutturata nell'Ottocento e appartenente alla famiglia Sartorio.
Conserva alcuni ambienti con arredi originali e diverse collezioni
donate alla città, il Trittico di Santa Chiara, opera di Paolo e Marco
Veneziano del 1328 e disegni di Giambattista Tiepolo.
Civico Museo Morpurgo de Nilma, ospitato nell'appartamento ottocentesco
dei banchieri Morpurgo, con gli arredi originali, donato dalla famiglia
al Comune nel 1943.
Altri Musei
Museo della Civiltà Istriana, Fiumana e Dalmata
Museo della Bora
Museo della comunità ebraica
Museo della Fondazione Giuseppe Scaramangà di Altomonte
Galleria Nazionale d'Arte Antica
Museo Nazionale dell'Antartide
Museo ferroviario
Museo etnografico di Servola
Museo speleologico "Speleovivarium"
Museo della Farmacia "Picciola"
Museo Commerciale
Science Centre Immaginario Scientifico (Grignano)
Antiquarium di Borgo San Sergio
Donazione Sambo
Principali teatri di Trieste:
Teatro Rossetti Stabile di Trieste
Teatro Comunale Giuseppe Verdi
Teatro Silvio Pellico
Teatro Orazio Bobbio (ex Contrada)
Teatro dei Fabbri
Teatro Miela Reina
Teatro la Barcaccia
Teatro Slovensko Gledalisce
Letteratura
L'ambiente culturale mitteleuropeo e la particolare storia di Trieste
hanno favorito fin dall'Ottocento l'affermazione di scrittori triestini
e l'arrivo di importanti autori stranieri che nella Città vissero a
lungo. L'elenco di sotto comprende i più importanti scrittori nativi di
Trieste e altri scrittori celebri che vissero e scrissero le loro
maggiori opere nel capoluogo giuliano.
Scrittori di lingua italiana:
Francesco Burdin
Carolus Cergoly
Mauro Covacich
Diego De Castro
Piero Dorfles
Marcello Labor
Giuseppe O. Longo
Claudio Magris
Bruno Maier
Stelio Mattioni
Elody Oblath
Pier Antonio Quarantotti Gambini
Renzo Rosso
Pino Roveredo
Paolo Rumiz
Umberto Saba
Bruno Giordano Sanzin
Scipio Slataper
Giani Stuparich
Italo Svevo
Susanna Tamaro
Fulvio Tomizza
Bruno Vasari
Franco Vegliani
Giorgio Voghera
Guido Voghera
Scrittori dialettali:
Lino Carpinteri
Mariano Faraguna
Virgilio Giotti (premiato nel 1957 dall'Accademia dei Lincei)
Scrittori di lingua tedesca:
Theodor Däubler
Julius Kugy
Robert Hamerling
Veit Heinichen
Rainer Maria Rilke
Günter Schatzdorfer
Scrittori di lingua inglese:
Richard Francis Burton (nel XIX secolo, in epoca asburgica, visse i suoi
ultimi 18 anni di vita a Trieste)
James Joyce
Jan Morris (lasciò Trieste nel 1954, subito dopo la ricongiunzione della
città all'Italia)
Scrittori di lingua slovena:
Vladimir Bartol
Dušan Jelinčič
France Bevk
Miroslav Košuta
Jovan Vesel Koseski
Marko Kravos
Boris Pahor
Alojz Rebula
Igor Škamperle
Scrittori di lingua francese:
Vitomir Ahtik
Françoise Bergère
Stendhal, consule di Francia a Trieste in 1831
Charles Nodier (1780 – 1844)
Paul Morand (1888-1976)
Catherine Néal Phleng
Marie Bonaparte, castello di Duino
Luoghi storici e situazioni della Storia di
Trieste
Crediti: Testi tratti dall'Enciclopedia Libera
Wikipedia sotto licenza
GFDL.
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