Il Presepe napoletano

 

Giovanni Attinà

 

 

 

 


Tempo fa avevo letto e apprezzato l’ottimo articolo sul Presepe napoletano di Alessandra Doratti.
Rileggendolo ora, mi è sembrato che mancasse qualcosa  di specifico, proprio di Napoli, a cominciare da qualche immagine, che aiutano a comprendere meglio le caratteristiche di quel presepe.

Come è noto, “Presepe” indica la mangiatoia, la stalla, perciò la scena della Natività così come indicata nei testi religiosi cristiani, nei vangeli:  nel Vangelo di Luca si parla solo della mangiatoia, nei vangeli apocrifi appaiono invece, tutti gli altri elementi, la grotta, il bue e l’asino, i pastori adoranti, la cometa.

La tradizione cristiana fa risalire il primo presepe a Francesco d’Assisi, che nel dicembre del 1223, ottenuta l’autorizzazione dal papa Onorio III, fece rivivere, in una grotta di Greccio, oggi in provincia di Rieti, Lazio, la scena della natività.  Nella grotta egli fece sistemare una mangiatoia, arrivarono contadini e pastori con cavalli, asini e altre bestie, e lì fu celebrata la messa.

La scena è ricordata in un dipinto di Giotto, un affresco della cappella superiore di S. Francesco ad Assisi, e viene ricordata come il primo presepe..

Secondo alcuni studiosi, il primo presepe invece, consistente in una semplice rappresentazione della natività, fu fatto a Roma, nell’827 da papa Gregorio IV. Questo tipo di rappresentazione sacra, detta anche “mistero”, era molto diffusa nelle campagne e nelle città, già nell’alto medio Evo.

A Napoli, il primo presepe, secondo alcuni, fu allestito nel 1025, in una antica diaconìa – così veniva definito nelle prime comunità cristiane un ufficio ecclesiastico subordinato al vescovo -, con una semplice tettoia sorretta da due antiche colonne romane.

E’ in questa città che il presepe assumerà un suo particolare sviluppo.

Innanzi tutto, a Napoli, c’è, unica al mondo, una intera strada dedicata al presepe: è via S.Gregorio Armeno, nel centro storico, l’antico “cardo maior” dell’epoca romana, che unisce la via Tribunali, il decumanus maior, con la più famosa via di Spaccanapoli, il decumanus inferior.

 

   


Lì, lungo tutta la strada, fiorisce ancora una antica attività artigiana, che forma, costruisce, dipinge e veste le statuine in terracotta, chiamati genericamente i ”pastori”, che popolano il presepe.
Il presepe di Napoli è un mondo, contiene non soltanto Madonna, Giuseppe, Bambino, bue, asinello e altri personaggi della tradizione cristiana, ma una serie di caratteristiche figure del folklore napoletano, mescolate con figure orientali, spesso con una confusione di epoche e di costumi. Ad esempio si abbigliarono i re Magi come re spagnoli, con mantelline gorgierine increspate, i pastori indossarono costumi del Molise e della Calabria.


Si racconta che, già più di duemila anni fa, alcuni parlano già del IV o III secolo a.c., su quella stessa strada, artigiani Greci e Romani fabbricavano statuette di creta da offrire alla dea Demetra (o Cerere ), il cui tempio si trovava proprio dove poi fu fondato, e ancora oggi esiste, la chiesa e il convento di S.Gregorio Armeno.

Personalmente credo che si tratti di una leggenda, anche se è storicamente provato che lì esisteva il tempio di Cerere, per cui non si può neanche escludere che nelle vicinanze ci fossero botteghe dedite alla fabbricazione e alla vendita di statuette votive, anche per gli altri Dei dell’epoca, i cui templi erano sempre nella zona.. 

Per secoli, il presepe fu essenzialmente una semplice rappresentazione liturgica anche a Napoli; secondo gli storici, bisogna arrivare al 1534 per un importante mutamento, avvenuto ad opera di S.Gaetano di Thiene, che operava nella chiesa di S. Paolo maggiore, situata nella piazza che oggi prende il suo nome, all’inizio e di fronte alla via S.Gregorio Armeno. Quale era questa novità? La natività fu attualizzata, resa più reale, i personaggi che animavano il presepe furono vestiti non come al tempo di Cristo, ma con abiti del ‘500. Fu, si racconta, un grande successo popolare.

Si proseguì perciò su questa strada, allestendo presepi sempre più complessi e con statuine di varia grandezza e fatte di vario materiale, con abiti su misura, capelli veri, visi più espressivi, fino ad arrivare poi, nel XVIII sec. alla composizione che conosciamo ancora oggi.

Lì, lungo tutta la strada di S.Gregorio, continua a fiorire ancora l’ antica attività artigiana, che forma, costruisce, dipinge e veste le statuine in terracotta, chiamati genericamente i ”pastori”. Tanti ricordi di quando ero ragazzino, si andava a vedere e comprare i pastori, ad acquistare il “sughero” per fabbricare il presepe in casa.

La particolarità del presepe di Napoli fu ed è questa, cioè quella di perdere molti elementi religiosi, e di assumere, invece, un carattere più allegro e vivace, di festa,  più realistico e autentico.

Lì viene rappresentato tutto un mondo, contiene non soltanto Madonna, Giuseppe, Bambino, bue, asinello e altri personaggi della tradizione cristiana, ma una serie di caratteristiche figure  del folklore napoletano, mescolate con figure orientali, spesso con una confusione di epoche e di costumi. Ad esempio si abbigliarono i re Magi come re spagnoli, con mantelline, gorgierine increspate, mentre i pastori indossarono costumi del Molise e della Calabria.

Sono i personaggi  che rappresentano il mondo reale con tutte le sue categorie sociali, soprattutto dell’epoca d’oro del presepe, il ‘700, con tutti i suoi mestieri e professioni.

Così il vinaio Cicci Bacco sulla botte, il pastorello Benino, ritratto dormiente, il pescatore e il barbiere Sarchiapone, il mercante, e altri, e oggi, come accennavo, qualche artigiano si avventura nella rappresentazione di personaggi attuali, politici, calciatori famosi e personaggi presi dalla cronaca.

Come dice Francesco Durante, nel suo “i Napoletani “: “che cos’è il presepe, se non la miniatura del mondo intero?”.

 Lo studioso Franco Mancini diceva che nel presepe napoletano: “l’arrotino, la zingara, il bottegaio, lo storpio, il pezzente, danno vita a una singolare corte dei miracoli, cui è contrapposta l’opulenza del mondo orientale, con il fasto e la ricchezza del seguito dei Re Magi”.

 

 

Una vera e propria arte che si sviluppò con Carlo di Borbone: il re aveva una vera passione per il presepe ed era condivisa anche dalla regina che sembra provvedesse direttamente all’allestimento  e alla scelta delle vesti da mettere ai pastori.

Scultori famosi, come Giuseppe Sanmartino e Lorenzo Vaccaro, quest’ultimo anche pittore, si dedicarono alla realizzazione di teste, mani e piedi per le statuine da presepe, ed anche abili artigiani contribuirono alla formazione  questo genere artistico e di quella struttura caratteristica del presepe napoletano. La grotta della natività generalmente posta in basso, con angeli e pastori,in alto la montagna con pastori , le greggi e qualche angelo volteggiante, e la stella cometa, di lato la taverna e gli avventori e gli altri personaggi tipici.

 

Alcune delle fotografie che pubblico sono scattate sul presepe esposto nella Certosa di S. Martino.

Sul presepe, Eduardo de Filippo, ci ha costruito una delle sue commedie più famose “Natale in casa Cupiello”, dove combatte una inutile battaglia per convincere il figlio che il presepe è bello:”Te piace ‘o presepio?”, e gli illustra la preparazione:” ccà, po’ ce faccio l’osteria….’a funtanella ca votta ll’acqua veramente…..”.  Ma è inutile perché : “ Nun me piace, ‘o presepio..”.Ed è sempre al “Presebbio”, sono rivolte le ultime parole del protagonista: “ che bel presepe! Quanto è bello!”.

Oggi, la tradizione del vero presepe si sta perdendo, sostituita dal più veloce, moderno e consumistico albero di Natale.

 

 

 

 


Giovanni Attinà