Nato dal sodalizio tra Franco Deboni e Gabriella Crespi nel 2015, 4H Puzzle Table é stato realizzato in esemplare unico, ne esiste uno identico con il piano blu.
Il tavolo, già parte della serie plurimi di Gabriella Crespi, in ottone dorato, presenta sul piano delle fusioni di vetro realizzate personalmente da Franco Deboni a Murano.
" Ero sempre stato attratto dalle produzioni di Gabriella Crespi, fin da quando avevo fatto la loro conoscenza attraverso le riviste di arredamento nei primi anni '80. Fu quindi per me un grande piacere avere l’occasione di incontrarla personalmente, nella sua splendida casa di Milano, su invito della figlia Elisabetta, curatrice dell’archivio Crespi, che per l’occasione mi aveva anche chiesto di portare della documentazione relativa ai miei lavori in vetro di Murano.
Dopo avere considerato con interesse i miei lavori, e dopo una breve consultazione con la figlia, mi fu fatta una proposta operativa oltremodo interessante: partendo dal materiale dei miei vasi, mi chiesero di realizzare i piani di un suo celebre tavolo componibile, il modello “Puzzle”, uno dei pezzi più iconici delle sue produzioni, in modo da risultare entrambi autori di questa variante, da chiamarsi appunto “4hands”.
Confesso che tale proposta mi lasciò un attimo perplesso data l’estrema difficoltà di mantenere le policromie che solitamente ottenevo sui miei vasi, considerando che lavorare su lastre piane richiede tecniche di lavorazione diversissime, e le materie usate reagiscono in maniera diversa: sicuramente un grande problema da risolvere, ma grande fu il mio orgoglio professionale, per essere stato scelto in tal senso.
Uscii da quell’incontro con la precisa sensazione di avere conosciuto un personaggio dal carisma straordinario, nonostante l’età avanzata, capace di infonderti pace ed energia creativa con la sua semplice presenza, ed ulteriormente gratificato del fatto che avesse scelto me, per la prima volta nella sua carriera, per un'opera che si sarebbe appunto chiamata “A quattro Mani”.
Dopo il nostro incontro, ebbi modo di approfondire la conoscenza di Gabriella Crespi attraverso la lettura del suo libro “Ricerca d’infinito - Himalaya”: non parlava di design, ma di sue ricerche spirituali, che avevano caratterizzato la sua vita, sin dalla giovinezza, e che avevano trovato appagamento in una sua quasi ventennale permanenza alle pendici dell’Himalaya.
Tale lettura mi pose in uno stato di predisposizione mentale tale da permettermi di entrare in maggiore sintonia con le sue opere di design, in particolare con il famoso tavolo, oggetto del nostro progetto a quattro mani, e quindi mi recai a Murano per cercare di avvicinarmi, con il mio vetro, quanto più possibile, ad un qualcosa che ben interpretasse le sue e le mie ispirazioni.
Tornai a Milano con alcuni campioni di conglomerati nuovi, li feci vedere alla Gabriella Crespi, ed alla fine lei scelse un materiale nei toni del nero e turchese, con lievi riflessi metallici, molto vicino al vetro dei miei vasi, e come seconda ipotesi un vetro rosso molto particolare, attraversato da screziature che lo rendevano simile a pietre dure: in seguito capii che il colore rosso aveva comunque una valenza particolare, legata ai suoi percorsi spirituali. Ritornato a Murano iniziai con i miei vetrai l’esecuzione delle formelle, operazione non semplice, che spesso richiese il rifacimento dei pezzi, perché non sempre corrispondevano alle aspettative. Dopo lunghi sforzi alla fine raggiunsi dei risultati che sia io che la signora Crespi, trovammo molto soddisfacenti, e quindi li esponemmo nella galleria milanese di Rita Fancsaly, in concomitanza con il “Salone del Mobile”.
I due tavoli “4hands” riscossero un notevole successo, essendo di grande impatto, caratterizzati come sono dalla purezza di linee e dalla preziosità dei materiali: la versione rossa trova oggi collocazione in una collezione americana, mentre abbiamo tenuto l’altro esemplare a Milano, in attesa di presentarlo ad una grande mostra retrospettiva, bloccata momentaneamente dagli eventi che hanno caratterizzato quest’ultimo anno.
Alla fine posso dire che si è trattato di un’esperienza creativa estremamente appagante, essendo riusciti ad armonizzare, in forma compiuta, le nostre potenzialità che, in apparenza, potevano sembrare inconciliabili, e che invece, all’atto pratico, hanno prodotto opere che vivono di vita propria, uniche ed inimitabili ". (Franco Deboni, 2021)
Foto: © Copyright Rita Fancsaly