Le vedute
lagunari nell'edizione "Della Istoria d'Italia" di Guicciardini
pubblicata da Pasquali.
Nel 1735, Antonio Visentini
ricevette da Joseph Smith, futuro console inglese presso la Serenissima
e avveduto patron di Canaletto, l'incarico di illustrare la nuova
edizione Della Istoria d'Italia di Francesco Guicciardini, il poliedrico
artista (architetto, professore, pittore, intagliatore in rame) si stava
avviando verso il culmine dell'attività di incisore e illustratore. Nel
1735 era stata appena raccolta in album, a spese di Smith, la serie di
14 vedute Prospectus Magni Canalis Venetiarum destinata ad essere
completata, nel 1742, con altre 24 tavole, tutte derivate da originali
di Canaletto. Ma già in precedenza Visentini aveva lavorato per la
stamperia del Seminario di Padova, su richiesta di Giovanni Poleni, e
iniziata la fruttuosa collaborazione con Giambattista Pasquali.
Dalle Epistole di Sallustio alle Prose e Poesie di Antonio Conti, dalle
Exercitationes Vitruvianae di Poleni all'Opera Omnia di Patarolo fino al
Dizionario Universale di Chambers e a tante altre pregevoli edizioni,
Visentini dà prova di eccezionali qualità inventive e di una raffinata
capacità compositiva nella creazione di moltissime vignette e fregi
decorativi. L'intreccio di motivi classici e floreali, di simboli della
Serenissima, di strumenti scientifici e astronomici, dà vita a un
repertorio iconografico in cui la leggiadria formale si accompagna al
segno di una pulizia davvero esemplare.
Non si può fare a meno di ritenere che il gusto sobrio e misurato di
Visentini e i frutti di una giovanile educazione barocca abbiano trovato
proprio nell'illustrazione Della Istoria d'Italia l'occasione più
propizia per un risultato di grande felicità creativa. II lavoro
preparatorio dovette iniziare per tempo, se già il 6 agosto 1735 Joseph
Smith, scrivendo ad Anton Francesco Gori, annunciava di star meditando
sulla ristampa dell'opera famosa, per la quale sarebbe stato auspicabile
riuscire ad ottenere qualcosa di inedito dagli eredi di Guicciardini, i
quali non avrebbero potuto che rallegrarsi per la gloria che loro
sarebbe venuta da una riedizione di sontuosa bellezza, fatta senza
badare a spese "in folio et magnificamente per tutti li capi". Nel mese
di gennaio del 1737 il primo volume era già in fase avanzata di
preparazione, ma il lavoro subì una battuta di arresto per un ritardo
nei rifornimenti della carta, a causa del rigore della stagione
invernale. Finalmente nel 1738-40 venne pubblicata l'opera, dedicata al
granduca di Toscana Francesco III di Lorena e recante in antiporta il
ritratto di Guicciardini inciso da Liotard su disegno di Ferretti. La
magnificenza dei due tomi è tutta dovuta alle venti vedutine lagunari
poste all'inizio di ciascun libro, ai capilettera rappresentanti famosi
edifici di Venezia e ai delicati finalini con le allegorie della
Repubblica: ogni motivo fu inventato, disegnato e inciso da Visentini, a
cominciare dal bellissimo stemma granducale che precede la dedica.
L'assenza di qualunque nesso tra lo scritto dello storico fiorentino e
le vignette tutte veneziane fu certo frutto di una scelta voluta da
Visentini in pieno accordo con Smith e con Pasquali.
Alla fine del Settecento il tema delle isole lagunari verrà ripreso - a
parte alcuni mediocri fogli di Marco Sebastiano Giampiccoli (1733-1872)
- nei disegni di Francesco Tironi, tradotti sul rame dalla calibrata
punta di Antonio Sandi (1733-1817) in una celebre serie di ventiquattro
tavole, estremo documento elegiaco gonfio di sentimentalismo
preromantico, dove la rievocazione malinconica di quegli incantati
silenzi e di quelle solitudini infinite quasi anticipa l'angosciante
presagio della fine ingloriosa della millennaria Repubblica. L'ultimo
notevole confronto con il tema delle isolette verrà fatto, a Ottocento
ormai inoltrato, da Antonio Lazzari che fu autore di alcune graziose e
delicate acquetinte di piccolo formato.
Ma al di là dell'eclettismo di maniera della raccolta Tironi-Sandi, il
gioiello di quella particolare iconografia settecentesca rimane la
fresca serie di Antonio Visentini, emblema in miniatura di un'arte
illuminata dalla verità della visione secondo ragione, ma anche suite
ricca di tonalità metamorfiche come un rondò modulante di Antonio
Vivaldi.