Sebastiano Ricci
nacque a Belluno nel 1659. Trasferitosi a Venezia all’età di dodici
anni, entrò come apprendista nella bottega di Federico Cervelli (Pascoli
1736). Successivamente, stando a quanto narrato dal suo contemporaneo
Sagrestani (Matteoli 1971), il pittore trovò occupazione in una “bottega
a Rialto di quadraro”, probabilmente un mercante, nelle cui vicinanze
abitava una giovane di grande bellezza. Dopo averla corteggiata,
Sebastiano la ingravidò, ma invece di sposarla, come lei sperava, tentò
di avvelenarla. La donna riuscì a sventare il delitto e denunciato il
pittore alle autorità lo fece imprigionare. Liberato grazie
all’intervento di una “nobil persona”, riparò nel 1681 a Bologna, città
non soggetta alla giurisdizione veneziana. Qui, infatti, è
documentato come “habitante sotto la Parrocchiale di S. Michele del
Mercato di Mezzo, essercente l’arte e la professione del pittore” (Derschau
1922). Grazie ai primi incarichi ufficiali, l’artista poté pensare di
formare e sostenere una famiglia. Chiese allora la mano della fanciulla,
che aveva sedotto e tentato di avvelenare. La giovane accettò grazie
soprattutto alla mediazione del cardinale Antonio Pignatelli
(Sagrestani).
Poco dopo, “chiamato al suo servigio dal Duca Ranuccio” Farnese (Pascoli
1736), il bellunese, forse presentato da Carlo Cignani (Gamba, 1924-25),
si trasferì a Parma, dove ebbe modo di studiare gli affreschi del
Correggio. Assieme a Ferdinando Bibiena, che s’era spostato a Parma a
partire dal 1684, Ricci ottenne l’incarico della decorazione ad affresco
dell’oratorio della Madonna del Serraglio presso San Secondo di Parma.
Il contratto iniziale è datato dicembre 1685, mentre i pagamenti
successivi si protraggono fino al dicembre del 1687 (Ghidiglia
Quintavalle, 1956-57). Durante questo soggiorno l’artista, a conferma di
un'indole scanzonata ed esuberante, “spendeva tutto il suo guadagno a
imparar a tirar di spada, giocar di bandiera, ballare, sonare di
chitarra” (Sagrestani).
Tornato a Bologna, a rivedere la figlia che gli era nata dalla veneziana
conosciuta a Rialto, conobbe la bella Maddalena, figlia del pittore
Giovanni Francesco Peruzzini. Tra i due accadde l’inevitabile e la
giovane accettò di fuggire con Ricci a Torino, dove gli amanti, lasciata
a Bologna “a benefizio di natura” la legittima consorte dell’artista, si
fecero passare per marito e moglie. Qui però risiedeva uno zio della
ragazza, anch’egli pittore e tenuto in gran considerazione dal duca di
Savoia, che denunciò l’accaduto. Sebastiano Ricci venne quindi arrestato
e condannato a morte. Stavolta fu Ranuccio Farnese ad intervenire
riuscendo a commutargli la pena nel bando perpetuo da Torino. Il
pittore, riconoscente, tornò a Parma per offrire i propri servizi al
duca, che a sua volta lo inviò a Roma (dove figura nell’aprile del
1691), “a terminare i suoi studi e mantenuto sempre di tutto finché vi
stette, nel Palazzo Farnese” (Pascoli 1736). Nell’Urbe, fra le molte
commissioni ottenute, ricordiamo quelle del re di Francia Luigi XIV e
l’affresco con la Glorificazione di Marcantonio Colonna nella Sala degli
Scrigni di Palazzo Colonna (1692).
Morto Ranuccio Farnese nel 1694, l’artista “s’incamminò verso la
Lombardia per la strada di Firenze” (Pascoli). Giunto a Milano, vi
rimase fino al 1798, allorquando decise di ritornare a Venezia, “dove si
fermò per circa tre anni senza starvi mai ozioso” (Pascoli). Il 24
agosto 1700 venne scoperta nella chiesa di Santa Giustina a Padova la
pala di San Gregorio, mentre il 15 settembre dello stesso anno iniziò a
dipingere la cappella del Santissimo Sacramento (D’Arcais 1972).
Nel 1702 fu sicuramente a Vienna dove attese al soffitto del palazzo di
Schönbrunn, mentre nel 1704 eseguì a Belluno gli affreschi di palazzo
Fulcis-De Bertoli (D’Arcais). Successivamente, chiamato da Ferdinando di
Toscana, l'artista si recò a Firenze (1706), dove fu impegnato nella
villa di Castello, in Palazzo Pitti e nel Palazzo Marucelli. Rientrato a
Venezia nel 1708 dipinse uno dei suoi più celebri capolavori, la pala
della chiesa di San Giorgio Maggiore.
Successivamente la sua feconda e generosa attività artistica lo portò in
Inghilterra assieme al nipote Marco Ricci, a Parigi e a Dresda. Nel 1724
fece ritorno definitivamente a Venezia dove si spense il 15 maggio 1734.
Nelle sue ultime volontà l’artista indicò la moglie come unica erede
“giacché non aveva figli” ed il nipote era deceduto prima di lui.
Maddalena, benché “in età decrepita”, si risposò subito dopo con un
“giovinotto” della cui compagnia, peraltro, non poté godere a lungo
poiché una grave malattia la condusse ben presto alla tomba (Pascoli
1736).