Figlio di Giacomo,
scultore e intagliatore in legno, Giambattista Piazzetta nasce a Venezia
il 13 febbraio 1683 (Ravà 1921). Dopo una prima educazione artistica
nella bottega del padre, che nel 1683 aveva realizzato la decorazione ad
intaglio ligneo della libreria del convento dei Santi Giovanni e Paolo,
passa verso il 1697 in quella del pittore Antonio Molinari (Pallucchini
1934). Va detto però che l’artista, in una lettera del 10 agosto 1744 ad
Angelo Nicolosi, indica come suo primo maestro il friulano Silvestro
Manaigo. Dopo essere rimasto alla scuola di Molinari fino all’età di
vent’anni, Piazzetta si reca a Bologna dove “fermossi per non breve
spazio, studiando e osservando con somma attenzione le meravigliose
opere de’ famosi Carracci e più ancora quelle del Guercino, di cui parve
che volesse imitare il gusto, e la maniera” (Albrizzi 1760).
“Partì adunque di Venezia il Piazzetta munito di lettere, e
singolarmente d’una pel celebre Giuseppe Crespi, detto lo Spagnuolo,
nella quale gli si raccomandava il giovine iniziato alla pittura, e lo
si pregava d’assisterlo co’ suoi precetti. Il Crespi lo accolse con
amorevolezza, e fiso fiso guardandolo, non parendogli che dovesse
riuscirvi quel giovane si serio nel portamento, gli tenne lungo discorso
della difficoltà dell’arte, dissuadendolo quasi dall’impresa, ignaro che
Giambattista avea fatto i primi suoi studj, e ch’era anche avanzato nel
colorito, il quale lui fu anzi migliore ne’ suoi principj. Ma poiché non
conviene giudicare dalla sola faccia, volle metterlo alle pruove, e gli
commise che disegnasse. Il Piazzetta allora disegnò alcune teste tolte
da rilievi, e colorì una mezza figura di N. D. con il puttino; e il
Crespi dopo averle attonito guardate e riguardate ruppe il silenzio in
queste parole: ‘voi venite a Bologna e da me per apprendere la pittura?
voi ne sapete più di me, ed io invece ò bisogno d’imparare da voi’. Ciò
non fece che non seguisse a studiare in Bologna, e ad esaminarvi con il
Crespi le opere migliori” (Moschini 1806).
Nel 1711 figura iscritto alla Fraglia dei pittori veneziani e
successivamente dal 1726 al 1730 (Favaro 1975). Verso il 1718-1719
esegue il dipinto con la Madonna e l'angelo custode per la scuola
omonima (Moretti 1978), “per il quale chiese 100 zecchini; la sua
richiesta non fu accolta e il quadro restò a lui. In una esposizione di
quadri che si tiene tradizionalmente a Venezia nel giorno di San Rocco
egli espose anche il suo; e il senatore Zaccaria Sagredo lo pagò 120
zecchini e lo fece portare nella sua galleria, dove si trova
attualmente” (d’Argenville 1762). Per la chiesa di San Stae realizza nel
1722 il San Jacopo trascinato al martirio. In questo stesso anno il
giovane Domenico Maggiotto, uno dei suoi più accreditati collaboratori,
inizia a frequentare la bottega dell’artista (Bulgarelli 1973).
Il 22 novembre 1724 si sposa, nella cappella della Beata Vergine dei
Padri Cappuccini alla Giudecca, con Muzioli Rosa (Bortolan 1973) e nello
stesso anno comincia a collaborare con l’editore Giambattista Albrizzi.
La sua notorietà, che ormai aveva varcato i confini veneziani, raggiunge
l’acme nel 1727 quando viene eletto membro dell’Accademia Clementina di
Bologna. Tra il 1736 ed il 1757 l’editore veneziano Albrizzi pubblica in
dieci volumi le Oeuvres de Jacques-Bénigne Bousset, corredate da
incisioni disegnate dal Piazzetta. Nel 1738 porta a termine la pala con
I santi Vincenzo Ferreri, Giacinto e Lodovico Bertrando della chiesa dei
Gesuati, mentre l’anno successivo viene menzionato nella Storia
dell’Accademia Clementina di Bologna, di G. Zanotti, nell’elenco degli
accademici d’onore, quale “egregio, ed aggiustato pittor viniziano”. Il
primo agosto 1743 sottoscrive con Francesco Algarotti e Giambattista
Albrizzi, che funge da mediatore, un contratto per un dipinto destinato
al re di Polonia. Il pittore garantisce d’eseguirlo “col più maggiore
impegno di sua cognizione, e promette darlo ultimato nel termine di anni
uno oggi principiato” (Ravà 1921).
In riconoscimento dei suoi meriti e delle sue note qualità didattiche,
viene nominato nel 1750 direttore della scuola di nudo dell’Accademia
veneziana, istituita dal Senato in quello stesso anno (Mariuz 1982).
Nonostante tali gratificazioni, Giambattista Piazzetta trascorre gli
ultimi anni della sua vita in uno stato di indigenza talmente acuto da
spingere i famigliari, dopo la sua morte, a scrivere “colle lagrime agli
occhi” una supplica al doge, implorando “un qualche sollievo alle loro
estreme indigenze” (Ravà 1921). Il pittore muore il 29 aprile 1754 nella
sua casa al ponte dei Saloni a San Gregorio, “oppresso in parte da male
acuto, in parte da interno cordoglio” (Albrizzi 1760). L’amico editore
Giambattista Albrizzi, “per ultima testimonianza della sua lunga e
fedele amicizia”, lo fa seppellire nella propria tomba presso la chiesa
di Santa Maria della Consolazione, detta della Fava, a Venezia.