Giambattista Mengardi (Padova 1738 – Venezia 1796)
Nato a Padova nel 1738,
“fece in patria i primi studi, che poi seguitò alla scuola del Tiepolo
[…] quantunque colui piuttosto si formasse da sé con suo studio nelle
stampe” (Moschini 1826). Tuttavia “non è agevole dar credito a queste
parole, dato che Giambattista Tiepolo lasciò Venezia nel 1762 e che il
Mengardi vi si trasferì nel 1767: d’altra parte la prima opera datata
del pittore padovano è il Ritratto di papa Clemente XIII del duomo di
Padova, del 1758. Una soluzione potrebbe essere quella di un primo
soggiorno veneziano, magari dopo lo scolastico Ritratto di papa Clemente
XIII (che il Pavanello [1974] ipotizza desunto da una stampa), in modo
da frequentare per breve tempo la bottega tiepolesca. Alla Pinacoteca
del Seminario di Rovigo c’è un pastello, firmato nel verso, con una
Testa femminile con il capo fasciato all’orientale, di carattere
decisamente tiepolesco, che potrebbe dar credito a tale ipotesi” (Pallucchini
1995).
Comunque sia, prima del suo definitivo trasferimento a Venezia nel 1767,
“il pittore doveva certo godere di prestigio se gli venne commissionata
la decorazione della cappella dedicata al vescovo Barbarigo: una delle
figure più celebrate tra il clero padovano” (Pavanello 1974). Oltre a
questi affreschi per il duomo, datati 1761-762 (Pavanello 1974),
Mengardi, nella sua città natale, portò a compimento anche la
decorazione del soffitto di palazzo Maldura (parzialmente distrutto).
Trasferitosi a Venezia nel 1767, fu iscritto nel libro della Fraglia dei
pittori per gli anni 1771-1779, e dal 27 novembre 1778 affiancò
“Pietro Edwards come ispettore presso gli Inquisitori di Stato, per i
dipinti «delli pittori più insigni». Come fosse giunto a questo ruolo,
non ci è dato di sapere per ora: certo le prove d’intervento su dipinti
antichi che lasciò, già un paio di decenni dopo erano stigmatizzate da
G. A. Moschini per la «poca lode» con cui erano condotte. Nonostante
ciò, era riuscito ad accorpare attorno alla sua attività, una serie di
operatori che intervennero su di un nutrito numero di dipinti antichi:
G.M. Sasso, Francesco Maggiotto, Domenico Tiepolo e Matteo Zais –
significativamente, i più, figli dei maggiori pittori veneziani
settecenteschi – fan parte del gruppo di «professori» ai quali con molta
probabilità si riferiva la stesso Edwards allorché sottolineava
l’esosità degli operatori del restauro, impiegati proprio grazie alla
mediazione del Mengardi; vien fatto di pensare ad una serie di interessi
che coinvolgevano lo stesso pittore padovano, come suggerisce l’episodio
delle proteste del priore di San Giovanni Evangelista, allorché per
cinque dipinti dell’Albergo della Santa Croce il pittore richiese trenta
zecchini al mese, senza però dare un termine ai lavori” (Fantelli 1984).
Nominato accademico il 6 gennaio 1776, fu maestro nel 1784, 1787, 1791 e
consigliere nel 1793. La sua morte venne annunciata il 28 agosto 1796 (Pavanello
1999).