“Nato a Venezia l’8 dicembre 1710 (Mauroner 1940), e dunque di tredici
anni più giovane del Canaletto, Michele Marieschi morì a trentatré anni,
il 18 gennaio 1743 («more veneto», cioè 1744), «quando gli si era appena
dischiuso il suo vero mondo dell’arte» (Morassi 1966).
Ne scriveva il Guarienti (1753): «datosi con indefesso studio alla
Quadratura ed Architettura, fu presto in istato di staccarsi dal Padre
[poco prima definito «mediocre pittore»] e portarsi in Germania, dove
con la bizzarria e copia di sue idee piacque a molti Personaggi, che lo
impiegarono in grandi e piccole operazioni; con che di non poche facoltà
fece acquisto». Probabilmente, come riteneva il Mauroner (1940), egli
entrò da giovane in contatto col bellunese Gaspare Diziani, stabilitosi
a Venezia fin dal 1725, che fu testimone alle sue nozze con Angela
Fontana nei 1737. Il Mauroner pensava ancora essere stato il Diziani,
che già aveva lavorato in Germania come scenografo, a favorire il
viaggio del Marieschi; viaggio che, in ogni caso, dovrebbe esser
avvenuto tra il gennaio del 1731, allorché (secondo le ricerche del
Manzelli, 1985 1986) si faceva garante di Francesco Tasso che doveva
apparecchiare la festa del giovedì grasso in piazza San Marco, e il
maggio del 1735, quando era a Fano, assieme appunto all’impresario
Tasso, per allestire gli addobbi funebri in occasione della morte della
regina di Polonia Maria Clementina Sobiesky” (Pallucchini 1995).
Il 3 gennaio 1731, come detto, l’artista prestò garanzia per
l’allestimento di un’architettura effimera (Padoan Urban 1980). In
questo documento, il primo conosciuto sulla sua attività, l’esplicito
riferimento a “Michiel Marieschi Pittor”, induce a credere che all’epoca
egli doveva essere attivo già da qualche tempo come pittore di
scenografie teatrali e apparati festivi.
Iscritto alla Fraglia dei pittori dal 1736 al 1743, la sua operosità si
compendia nel breve periodo veneziano degli ultimi anni di vita.
“Lavoratore instancabile, a partire dal 1738 iniziò ad incidere le
grandi tavole della stupenda raccolta di ventuno vedute veneziane,
pubblicate tra il 1741 ed il 1742, battendo sul tempo le analoghe
sillogi di Antonio Visentini (edizione completa del 1742) e di Canaletto
(1744). [...] Forse non aveva ancora finito di incidere le lastre di
rame (per cui il Senato gli aveva accordato il 3 giugno 1741 il
privilegio privativo decennale) che l’artista «aggravato da male», il 13
gennaio 1742 fece compilare la cedola testamentaria dal notaio Giuseppe
Uccelli: «Considerando io Michiel Marieschi q.m. Antonio la fragilità di
questa misera vita, la certezza della morte e l’incertezza dell’hora di
quella ho stabilito pertanto sino mi attrovo tempo voler disponer delle
cose mie qui in terra». Un anno dopo – 18 gennaio 1743 [more veneto,
1744] – l’artista moriva a trentadue anni appena compiuti” (Succi 1989).
Secondo Guarienti (1753) fu “la troppo assiduità alla fatica e allo
studio” a causargli la morte.