Jacopo Guarana, nato
a Verona da genitori veneziani il 28 ottobre 1720, secondo le fonti fece
“i primi suoi studi” con Sebastiano Ricci e Giambattista Tiepolo. Se
difficilmente poté essere stato allievo del primo, morto nel 1734, anche
il discepolato con il Tiepolo “va inteso su un piano più estensivo, cioè
come direzione di gusto” (Pallucchini 1960).
Iniziò molto giovane a lavorare con successo, a soli vent’anni infatti
decorò con un Trionfo di Bacco il soffitto del Ridotto a Venezia. È
invece datata 1758 la sua più vasta e coraggiosa impresa (Coletti
1935), la decorazione del soffitto della chiesa di San Teonisto a
Treviso (purtroppo distrutta durante la seconda guerra mondiale ma nota
grazie ad alcune fotografie), mentre il 5 settembre 1780 “con universale
applauso fu terminato” l’affresco con il Martirio di San Tomaso sul
soffitto della chiesa veneziana di San Tomà (Guerriero 1998).
Agli affreschi di natura religiosa l’artista alternò quelli di soggetto
profano, grazie ai quali riuscì ad imporsi “sulla scena veneziana come
uno degli artisti più richiesti, e proprio i suoi lavori negli interni
civili lo comprovano. Ventinove sono gli edifici menzionati da Moschini
[1808] con affreschi dell’artista, senza contare quelli in cui si
trovavano dipinti a olio, parti essenziali della decorazione” (Pavanello
1998). Insomma, “a partire dal soffitto di Ca’ Rezzonico (c. 1756) il
Guarana s’impose come decoratore alla moda nella società veneziana del
tempo, che lo chiamò spesso a decorare i soffitti delle proprie dimore”
(Pallucchini 1995).
Va detto inoltre che sebbene l’artista “avesse avuto molte
sollecitazioni dall’estero (dalle corti di Copenaghen, Varsavia e
Pietroburgo), non lasciò mai Venezia, altro che per recarsi a Ravenna a
decorare, purtroppo, la cupola di San Vitale [una delle sue
imprese più famose ma anche più infelici], o tutt’al più sui colli
Euganei (Villa di Valnogaredo)” (Pallucchini 1960). Ciò comunque non gli
impedì di lavorare anche per la corte russa, alla quale inviò da Venezia
alcuni dipinti (Fomiciova 1971, Pavanello 1995).
Negli ultimi anni però il pittore si vide superato dagli avvenimenti. La
caduta della Repubblica e soprattutto la nuova corrente neoclassica,
alla quale peraltro si era avvicinato, lo privarono dei suoi
committenti, destinandolo alla povertà. Il 1 dicembre del 1807, quasi
novantenne, dovette inviare una supplica al principe Eugenio viceré
d’Italia, rammentandogli i suoi meriti e chiedendo “un annuo assegno pel
restante de’ suoi giorni”, che peraltro non ottenne (Fogolari 1913). Il
18 aprile 1808 Jacopo Guarana “si spegneva in una città che aveva
cambiato volto” (Pallucchini 1995).