Nato a Genova nel 1581, dopo un breve alunnato nella bottega di Cesare Corte (1595) passò in quella del senese Pietro
Sorri, allora attivo nel capoluogo ligure. A diciassette anni,
nel 1598, decise di farsi prete cappuccino presso la comunità
di San Barnaba.
La dura vita claustrale del convento non gli fece però scordare l’amata
pittura, cosicché tra le preghiere e le funzioni, se “pur con fretta e
talor mancanza del bisognevole” (Soprani 1674), eseguì diversi quadretti
di devozione con “Santi francescani”.
La precaria situazione economica in cui versava la famiglia dopo la
morte del padre convinse il
vicario generale dell'ordine, padre Girolamo di Castelferretti, a concedergli il
permesso di abbandonare
temporaneamente il convento (1610), al fine di “andare a soccorrere” la
povertà dei suoi parenti. Ebbe così inizio la brillante ed intensa
attività pittorica del “prete genovese”. Lavorando “di continuo molti
quadri dipinse e molto guadagno trasse” (Soprani 1674). Ricevette
importanti commissioni: dagli affreschi del coro di San Domenico (andati
distrutti), alla volta di un salotto di Palazzo Doria, solo per citarne
alcuni.
Con la morte della madre (1630) però
venne a cadere il motivo della sua temporanea laicità e l’artista fu,
giocoforza, richiamato dall’Ordine. Ne scaturì una lunga vertenza con i
Cappuccini e lo stesso Pontefice. Strozzi, desideroso di continuare la
professione, chiese infine di passare nell’ordine dei Canonici regolari
lateranensi. I Cappuccini accettarono ma la Curia pretese che il pittore
si discolpasse
per la sua condotta.. Seguirono così una serie di vicende dal
sapore romanzesco culminate con la fuga, sotto mentite spoglie, a
Venezia (1633), dove peraltro, poco dopo (1635) fu nominato addirittura
Monsignore.
Tra le lagune l’artista riscosse subito
un gran successo e divenne ben presto famoso e riverito. La sua patria
elettiva lo investì di numerosi incarichi prestigiosi: i
Ritratti
per il doge Francesco Erizzo, il soffitto per la Libreria Marciana (1635)
e quello della chiesa degli Incurabili (1636, andato però distrutto), ne
sono l’esempio.
Bernardo Strozzi visse e lavorò con continuità a Venezia per oltre un
decennio fino al 2 agosto 1644, data delle sua morte. Venne sepolto
presso la basilica di Santa Fosca. I testimoni delle sue ultime volontà
furono gli allievi “Jo Armanno Stroiffi, padovano” e “Jo Giovanni homo
di Ferro q. Erasmo di Monacho di Baviera pictor” (Matteucci 1953-54).
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