Francesco Maffei (Vicenza 1605 circa - Padova 1660)
Personalità di primo piano della pittura
veneta del Seicento, Francesco Maffei, dopo un iniziale tirocinio a
Vicenza presso Alessandro Maganza, sposta la sua attenzione sui più
vitali testi pittorici cinquecenteschi. Attento alle suggestioni
luministiche di Jacopo Bassano, guarda massimamente al Tintoretto e a
Paolo Veronese. Il suo bagaglio figurativo si completa a Venezia (1638)
dove, lavorando accanto a Sante Peranda nella chiesa dei Tolentini, ha
modo di confrontarsi con la contemporanea pittura “rinnovata” di Liss,
Strozzi e Fetti.
“Egli è, a modo suo, ammalato di nostalgia: guarda cioè all’indietro e
saltando a piè pari ogni influenza caravaggesca che, sia pur mediata,
non poteva non essergli giunta, ritorna alla grande pittura del
Cinquecento veneziano per trarne la sostanza vivificata della sua arte”
(Zampetti 1959). La
lezione dei grandi maestri viene però interpretata in chiave barocca,
con estrose distorsioni formali e cromatiche.
I quattro spettacolari quadroni con le
Allegorie celebrative dei podestà e la
Presentazione al tempio della Vergine della chiesa della Beata
Vergine del Soccorso di Rovigo (La Rotonda), la
Pietà
del Municipio sempre di Rovigo e la
Traslazione dei Santi del Duomo vecchio di Brescia, appaiono “tutti
grandissimi d’invenzione, nuovamente padroni dello spazio, ricchi di
qualità decorative, con un gusto speciale per i colori brillanti e
sonori, in cui rinasce Paolo Veronese, attraverso alle esperienze dei
secenteschi rinnovatori. È una specie di rubensismo in chiaro, che
trionfa in queste opere, ove, come in Domenico Fetti, anche i residui di
maniera, propri di certi allungamenti fuori regola e di certi scorci
arbitrari, hanno un loro senso e una loro sincerità non spiacevoli. Vivi
sbattimenti di luce; cieli nubilosi con squarci crudo azzurro: rossi
valletti accanto a funerei magistrati” (Fiocco 1929).
L’Ultima
cena della Basilica di San Lorenzo a Verolanuova (Brescia), “opera
di meravigliosa forza di colorito e di stupendo concerto pittoresco”
(Paglia 1692-94), tiene conto degli esempi del Tintoretto, soprattutto
della Cena di San Trovaso
(Venezia), ma l’inserto “del grandioso sfondo architettonico è invece di
chiara matrice veronesiana. Gli spunti compositivi, una
caratterizzazione spinta più a fondo in chiave realistica (vedi i volti
grinzosi degli Apostoli), una più marcata dialettica chiaroscurale,
elementi derivati dalle suggestioni tintorettiane, appaiono calati in
un’evocazione ambientale che non ha nulla a che vedere con il mondo del
Robusti e alla quale l’impaginazione veronesiana fornisce il supporto
per una rappresentazione in termini piuttosto di eloquenza decorativa
raggiungendo il suo diapason
nel tipico volo convulso degli angeli” (P. Rossi 1991).
Tra il 1655 e il 1657 l’artista realizza
il ciclo di tele con Miracoli del Santo per l’oratorio vicentino di San Nicola: “convulsi
piani, pittorici, dove il fervore inventivo tocca vertici di fantasia
allucinata a sapore negromantico” (Zava Boccazzi 1966). Di poco
posteriore è l’Angelo custode
della chiesa veneziana dei Santi Apostoli, dove il “palese revival
strozzesco dà la misura della coerenza di un indirizzo di gusto che ha
attinto ad esiti indiscutibilmente del tutto personali” (P. Rossi 1991).
Nell’ultimo periodo di attività, a
Padova, Maffei realizza per la chiesa di San Tommaso Becket un’Adorazione
dei Magi ed “anche qui egli si compiace di alternare il vicino al
lontano, sopprimendo lo spazio e ricavando effetti di contrasto tra le
figure di colore intenso e costruttivo sul primo piano e le diafane
apparizioni dello sfondo. Il corteo dei Magi, evocato da un leggero
pulviscolo evanescente rosa pallido, giallo ed azzurro, serve di alone
misterioso che sposta la scena in un mondo di sogno” (Ivanoff 1956).
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