Fra Galgario, Vittore Ghislandi (Bergamo 1655 - 1747)
Come narrato da Tassi (1793), che con Ghislandi intrattenne rapporti
d’amicizia, l’artista, battezzato a Bergamo il 4 marzo del 1655, fu dal
padre Domenico, pittore di quadrature
e di paesi, introdotto nella
bottega del maestro locale Giacomo Cotta. Successivamente passò
in quella del fiorentino Bartolomeo
Bianchini che in quegli anni
era attivo a Bergamo e presso il quale diede prova delle sue qualità.
Nel 1675 però “un incidente increscioso lo indusse a lasciare la scuola
e la città natale. Suo padre, sorpresolo in colloquio con una giovane,
forse di facili costumi, lo rimproverò aspramente e lo percosse in
pubblico. [..] In seguito a tale fatto, che dovette profondamente ferire
l’amor proprio del giovane, questi partì per Venezia dopo essersi munito
di lettere di presentazione a persone di quella Dominante” (Milesi
1946). Stando a quanto riferisce Tassi (1793), il giovane bergamasco
scendendo sul burchiello lungo il Brenta, da Padova alle lagune,
incontrò un frate dei minimi di San Francesco di Paola di Venezia, al
quale fece il ritratto ottenendo in cambio l’appoggio dei confratelli di
quel convento. Vittore decise allora di
farsi frate paolotto “e per poter anco maggiormente esercitarsi nella incominciata sua professione, non volle essere sacerdote ma contentossi di entrare nel numero de’ laici” con il nome di Fra
Vittore (Tassi 1793). A Venezia Ghislandi “diedesi a fare grandissimi studj da per se stesso sulle opere di Tiziano, e di Paolo Veronese, che lo fecer poi a quel gran posto d’eccellenza arrivare, che a tutti è noto. Dopo tredici anni di soggiorno a Venezia tornossone a questa sua patria tutt’altro che quel di prima” (Tassi 1793). Verso il 1691, “non contento ancora di sé stesso, e di sempre più avanzarsi desiderioso, tratto dal grido di Sebastiano Bombelli, che allora in Venezia gran fama di sé spargea, e ne’ ritratti teneva il primato, colà di nuovo si trasferì” (Tassi 1973). Dopo aver operato “per dodici anni” nello studio dell’udinese, fece ritorno a Bergamo agli inizi del Settecento, dove prese stanza in quel convento al Galgario dal quale gli derivò l’appellativo di Fra’ Galgario. Questi anno "sono caratterizzati dal favore immediato dell'ambiente locale, forse promosso anche dalla fama acquisita a Venezia: dalle lettere del 1701 a Pietro Paolo Tassis risulta che già a Venezia il Ghislandi riceveva richieste di ritratti da parte della committenza bergamasca" (Gozzoli 1982).
Tranne qualche viaggio a Bologna (1717) e a Milano (ante 1709), dove
Salomon Adler, seppur indirettamente, gli fece conoscere la lezione
rembrandtiana, il pittore rimase fino alla morte entro i confini dei
luoghi nativi.
“Il Ghislandi era fisicamente di statura media e di
aspetto simpatico. I suoi guadagni, certamente cospicui, devolveva a
beneficio del Convento e della sua Chiesa” (Milesi 1946), dove
“operosissimo e circondato da affezionati allievi, visse il resto dei
suoi giorni” (Ferro 1966). Morì nel convento di Galgario nel 1747.
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