Marcantonio
Bassetti
(Verona 1586 – 1630)- lo stile pittorico
Allievo di Felice Brusasorci,
Marcantonio Bassetti si trasferì assai giovane a Venezia dove ebbe modo
di accostarsi all’arte di Bassano e soprattutto, attraverso Palma il
giovane, a quella di Tintoretto.
Il Ritratto di uomo con guanto del museo veronese di Castelvecchio
sintetizza in modo esemplare la prima fase della sua pittura, precedente
il viaggio a Roma, vicina ai modi di Bassano (Ottani Cavina 1964). La
sua educazione veneziana appare chiara, inoltre, nei primi lavori
eseguiti dopo il suo arrivo nell’Urbe. Nella Deposizione della Galleria
Borghese (1616 c.), “nodo importante di comunicazioni
veneto-caravaggesche” (Longhi 1926), negli “agganci tintoretteschi (il
tragico franare dei gesti) e perfino veronesiani (la curva dolcissima
del corpo del Cristo) si legge l’intenzione del nostro Bassetti di non
smentire d’emblée la radice più veneta della sua formazione, per
riscattare piuttosto quegli stessi precedenti, verificandoli sul
naturale (l’ombra portata dei piedi del Cristo)” (Ottani Cavina 1974).
La pala dei Cinque santi vescovi, inviata nel 1619 da Roma a Verona, per
la cappella dei Santi Innocenti in Santo Stefano, è considerata dalla
critica come il maggior esempio di caravaggismo in Veneto assieme alle
pale di Alessandro Turchi e Pasquale Ottino nella stessa cappella. In
quest’opera il tardo manierismo di stampo veneto confluisce in un
naturalismo sereno, profondamente assimilato ed esente da un'eccessiva
espressività.
Ritornato nella sua città natale attorno al 1620-1621, Bassetti dipinge
una delle opere di maggior impegno: la pala con I santi Vito, Wolfango e
Giorgio per la Augustinerkirche di Monaco (oggi a Schleißheim). “Sono
anni di ripiegamento su formule già sperimentate, come è caratteristica
dell'ambiente veronese nel terzo decennio del Seicento: vi appartengono
le pale di Alcenago, dell’Uva Secca a Povegliano e di San Tomìo (1627,
oggi a Castelvecchio), nelle quali all’interpretazione caravaggesca di
Saraceni-Borgianni si è sostituita una influenza del Fetti, attivo fra
1613 e 1622 nella vicina Mantova” (Rama 2001). Tale processo involutivo
si fa più marcato nelle ultime opere quali ad esempio le due tele in San
Nicolò o l’Incoronazione della Vergine di Sant’Anastasia, mentre nella
ritrattistica il pittore riesce a mantenere un buon livello qualitativo
e innovativo, ne sono un esempio il Ritratto di monaca e il Vecchio col
libro (1626) del museo veronese di Castelvecchio. In queste tele il
“naturalismo di Bassetti si pone senza altro come eterodosso. La luce,
più che bloccare senza appello le cose, va attuando un processo di
corrosione formale, di metamorfosi sulla materia, che potenzia certi
caratteri per così dire «etnici» della sua pittura, salvando il tono, lo
spessore, la polpa, vale a dire le costanti stilistiche della più
schietta tradizione veneziana. [...] L’uomo è sì ancora protagonista,
occupa la totalità dello spazio dipinto, ma una luce impietosa, radente,
punta omai alla sua psiche turbata, alla segregazione percepita e
sofferta, fasciata di mille ben note tristezze. Da descrittivo e
emblematico il ritratto si fa interiorizzato, indagante, recuperando per
strade producenti e moderne un nuovo crisma di universalità, una
dimensione esistenziale, assoluta. Qui sta la grandezza del nostro
pittore, capace di rendere, nella relativa flessibilità del racconto
entro cui volontariamente restò confinato, intuizioni rilevanti e
moderne” (Ottani Cavina 1974).