Ettore Tito nacque il 17 dicembre 1859 a Castellammare di Stabia in
Campania ma già nel 1867 si trasferì con la famiglia a Venezia.
A
soli dodici anni venne ammesso all'Accademia di Belle Arti per le sue
notevoli abilità espresse nel disegno, nel 1876 terminò la scuola
vincendo il premio della classe di "Pittura di Storia" con il cartone
La presa del castello d'Arezzo da parte del duca Valentino, citato
da Pompeo Gherardo Momenti su "L'illustrazione italiana".
Fin
da subito manifestò molteplici interessi verso i contemporanei pittori
del ritratto e del paesaggio, e per i maestri del passato in particolare
Rubens e Tiepolo, del quale sarà ritenuto un continuatore.
Nel
1887 si presentò al grande pubblico partecipando e vincendo
l'Esposizione Nazionale di Venezia con Pescheria
vecchia. Il dipinto oggi disperso, ma visibile attraverso delle
riproduzioni fotografiche, era molto simile alla seconda versione della
stessa iconografia oggi esposta alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna
di Roma. L'immagine è una tipica rappresentazione di quella che si può
definire pittura "del vero" infatti, è uno scorcio del mercato di Rialto
nella zona detta ancora oggi del Campo della Pescheria che affaccia sul
Canal Grande; la maggior parte del quadro però è occupato dal bancone
del pesce, in primo piano emergono gli animali esposti sui tavoli e
sulle ceste, subito dopo si vedono le decine di persone che affollano quest'ambiente definendole ognuna nei loro abiti, caratteri e
occupazioni, formando un vero e proprio spaccato di vita veneziana.
Nel
1895 diventò professore di figura all'Accademia di Belle Arti, nello
stesso anno si inaugurava la prima Esposizione Internazionale d'arte di
Venezia (I Biennale) e Tito oltre a presenziare il Comitato ordinatore,
presentò due opere La fortuna e Processione. Tale evento
lo mise in contatto con i più importanti artisti europei: Anders Zorn,
Albert Besnard, Joaquin Sorolla, Sargent, Von Stuck, Sartorio e Boldini
che si ritrovavano nella sua casa veneziana (Palazzetto Tito a San
Barnaba) o nelle fastose residenze di ricchi collezionisti come la
famosa Isabella Stewart Gardner, dando vita ad un vivace dibattito
artistico.
Alla
Biennale del 1897 vinse il primo premio (ex aequo con Alessandro Milesi)
con l'opera
Sulla laguna (Cà Pesaro, Venezia), il quadro
presenta in primissimo piano sulla sinistra un gondoliere che porta
nella sua imbarcazione una ragazza, il resto dell'immagine si apre su
un orizzonte altissimo verso la laguna, dove emerge in lontananza un
bragozzo a vela. Questa tipologia compositiva di collocare le figure più
grandi sul bordo del quadro, quasi che stiano uscendo da esso, e invece
allontanare tutti gli altri soggetti portandoli sullo sfondo ?tipico
della riproduzione fotografica; sicuramente i pittori di questi tempi
usavano questo mezzo per la creazione delle loro opere ma che nel caso
di Tito serve soprattutto per accentuare la sensazione di movimento e di
temporaneità elemento fondamentale della sua poetica. Dal punto di
vista formale, la pennellata grossa e veloce definisce ogni particolare
dell'immagine e i colori si fanno molto vivaci ma attenuati nei toni.
Nel
1901 alla Biennale di quell'anno insieme a un'altra versione di
Pescheria mandò anche una statua, un nudo femminile intitolato
Sorgente (Collezione Tito, Venezia) che lo avvicina alle opere
analoghe di Max Klinger.
La
sua pittura cominciò ad essere influenzata dai maestri veneziani del
passato, in particolare del Settecento; nei quadri iniziano ad emergere
riferimenti all'antico come veneri ed amorini, centauri sirene, ninfe e
composizioni allegoriche, ne sono esempi: La nascita di Venere
1903 (Cà Pesaro, Venezia), Baccanale 1906 (GAM, Milano) Amore
e le parche (GNAM, Roma), Il bagno 1909 (Museo d' Orsay, Parigi) e Le ninfe 1911 (GAM Ricci Oddi, Piacenza).
La sua tavolozza si fece sempre più ricca e anche la pennellata più
libera, forse risentendo l'influenza dell'Impressionismo francese;
grande successo ebbero anche i suoi eleganti ritratti, molto vicini
allo stile dell'amico Giovanni Boldini, richiesti da tutta l'alta
società italiana: L'Amazzone 1906 (Raccolte Frugone,
Genova).
Nel
1912 iniziò a lavorare alla tela di ambito simbolista l'Inaugurazione
del campanile di San Marco (Cà Pesaro, Venezia), molto
furono i ripensamenti ma alla fine venne terminata ed esposta alla
mostra personale che gli venne tributata all' XI Biennale nel 1914, un
cronista dell'epoca la ricorda come "un singolare miscuglio di realismo
e allegoria".
Nel
1915 si trasferì con tutta la famiglia a Roma perchè riteneva Venezia un
luogo poco sicuro, considerato l'imminente conflitto mondiale; nella
capitale ha molte commissioni la più importante il ciclo d'affreschi di
Villa Berlinghieri (oggi ambasciata dell'Arabia Saudita).
Nel
1919 venne allestita la sua più grande mostra personale, fuori
Biennale, (63 opere) alla Galleria Pesaro di Milano presentata da Ugo
Ojetti, fu un grande successo tanto che nello stesso anno il suo Autoritratto entrò a far parte della storica Collezione del
Corridoio Vasariano degli Uffizi.
Nel
1929 fu nominato Accademico d'Italia e gli venne offerto di realizzare
la decorazione del soffitto della chiesa di Santa Maria di Nazareth
(Chiesa degli Scalzi) a Venezia, distrutto da una bomba della prima
guerra mondiale, anticamente decorato dall'affresco di Gianbattista
Tiepolo. Tito cercò di schivare l'inevitabile confronto con il grande
maestro del Settecento veneziano cambiando il soggetto dell'opera,
infatti, non ripropose Il Trasporto della Santa Casa di Loreto ma
La Gloria di Maria trionfante sull'eresia di Nestorio dopo il trionfo
del Concilio di Efeso l'opera fu realizzata su un'imponente tela di
100 metri quadrati, per quando riguarda lo spazio principale, i sei
pennacchi laterali ad affresco vennero compiuti dal figlio Luigi,
anch'esso pittore, e da Giovanni Maioli.
Nel
1936 alla XX Biennale gli venne dedicata l'ultima mostra personale
impreziosita da un allestimento di stoffe Fortuny e nel 1940 fu la sua
estrema partecipazione all'Esposizione con un quadro simbolico per la
sua carriera: I maestri veneziani.
Ettore Tito morì il 26 giugno 1941, le sue spoglie riposano in una
cappella della Chiesa degli Scalzi proprio sotto il suo più monumentale
lavoro.