Alessandro
Milesi
(Venezia 1856 -
1945)
Alessandro fu figlio di seconde nozze
di un commerciante di granaglie, lavorò da garzone in un negozio di
tabaccaio e fu iscritto da un fratellastro all’Accademia di Belle Arti.
Visse nel sestiere di Dorsoduro ed è stato più volte rimarcato dai
critici, che agì in un perimetro limitato dalle Fondamenta Ognissanti,
da Rio terrà Foscarini, dall’Accademia e dalle Zattere. Uomo di modesta
cultura si spostò assai poco e malvolentieri, ma si tenne sempre
informato sui principali avvenimenti artistici. Fu amico di Luigi Nono e
di Guglielmo Ciardi di cui divenne cognato dopo aver sposato sua sorella
Maria.
Diciottenne si recò a Verona dove il
Nani gli fece ottenere qualche commissione e tornò in laguna in un
momento davvero entusiasmante per Giacomo Favretto: in seguito i due
divennero amici e non è escluso dipingessero assieme qualche tela.
Milesi si liberò poco per volta delle
cognizioni scolastiche, abbandonò quel metodo di lavoro rigoroso che
aveva appreso all’Accademia e trasse ispirazione dalla vita vera, dal
quotidiano vissuto dalla gente nelle calli, dagli angoli più nascosti,
dai muri (Muro sul rio, Muro vecio, Muro con fogliame,
Staccionata), dai canali e dai gondolieri.
Ne sono felici e ormai classici
esempi pittorici Gli orfani del gondoliere,
La famiglia del gondoliere, Il gondoliere, Le gondole de lo sposalissio (Sposalizio),
Sposalizio ad Ognissanti, Regata sul Canale della Giudecca
e Pope opere nelle quali eccelle la sua bravura di armonizzare il
paesaggio all’uomo.
Milesi continuò ad eseguire ritratti:
nel 1879 fu ospite a Trieste del capitano Perpich, comandante del
piroscafo dell’arciduchessa Carlotta e immortalò l’uomo di mare e i suoi
familiari.
Solo dopo l’Esposizione nazionale di
Milano a Brera (1881), dove presentò
Venditrice di zucca e Il nonno offre ottenne maggior fama
come pittore di genere. Il bozzetto di questo dipinto venne esposto in
un negozio di Trieste e fu venduto per 120 fiorini. Anche molte stagioni
dopo Milesi ricordava volentieri l’episodio poiché il suo
spontaneo e vivace dipinto fu venduto nel giorno dell’onomastico
dell’imperatore Francesco Giuseppe!
Negli anni seguenti Milesi fu
premiato con la medaglia d’oro prima all’Esposizione di Boston con
Notissie Nove (La lettura del giornale), poi a Genova con
La barca del papà, a Monaco con Ore tranquille (titolo
qualche volta sfruttato da Ugo Flumiani) ed infine a Roma con il
celebre La merenda del Gondolier acquistato dalla Galleria
Nazionale d’Arte Moderna.
Talvolta si recò in terraferma,
seguendo i consigli del Bresolin, che gli aveva insegnato a dipingere
all’aperto con la sensibilità del pittore e il gusto per
l’istantanea del fotografo. Milesi amava soggiornare lungo il
Brenta a Mira, dipinse a Marano Lagunare e anche in quelle
località che raggiunse con la sua famiglia: Bassano,
Crespano sotto il Grappa, Pieve di Cadore, Auronzo,
Brunico e Siusi.
Nella IV Biennale del 1901 la Regina
Margherita di Savoia gli acquistò Alla benedizione, ma, nella sua
ormai vasta produzione, si susseguono opere indimenticabili: L’ombreta
de nero, Quiete campestre,
Ponte di Canonica, In attesa.
Gli anni della Grande Guerra lo
trovano profugo a Genova dopo la disfatta di Caporetto; tornò dunque
nella sua città natale e continuò ad esercitare il suo mestiere fino
alla morte avvenuta nel 1945 a quasi novanta anni di età nella sua casa
sulle Zattere.
Dal 1895 fu presente a tutte le
Biennali fino al 1935 anno in cui smise di esporre, ed ebbe due volte un
riconoscimento ufficiale con una sala personale (1912 e 1935).
Tre anni prima della scomparsa di
Milesi, l’amico poeta Domenico Varagnolo scrisse un' affettuosa
biografia del pittore. In età tarda Milesi amò osservare i giovani
colleghi che dipingevano sulla riva del Canale della Giudecca e
discutere con qualche amico di pittura in uno dei tanti caffè o
trattorie della sua città che sempre aveva “sfruttato” per fare disegni
e bozzetti.
A lungo fu uno degli avventori del
Caffè degli Artisti a Santa Margherita che divenne uno dei suoi punti
d’osservazione prediletti; lì, presso il bel biliardo, si trovava con
Nono, Ciardi, Laurenti e Bressanin. Ma in seguito frequentò il
Caffè Florian dove amava trattenersi nella celebre saletta chiamata
il Senato nella quale “nacque” la Biennale.
Tra i suoi quadri sono assai
conosciuti proprio lo storico Caffè Florian che presentò
all’XI Biennale ora proprietà del Civico Museo Revoltella e
Notissie nove (Al Caffè) dove si misura con la pittura
francese del tempo, e offre un saggio elettrizzante di talento.
Nel 1959 Venezia gli dedicò
un’importante mostra postuma che nacque dall’iniziativa di un
cenacolo di artisti e fu allestita nella Sala Napoleonica. A sua
figlia Antonietta, pure lei pittrice, va il merito di essersi prodigata
per tutta l’esistenza al fine di conservare la memoria del padre.
Durante il corso della sua vita,
Milesi che amò un’umanità semplice talvolta ripresa durante le cerimonie
di una cresima, di un matrimonio o della benedizione durante
la messa, eseguì rari lavori nelle chiese: giovane fece alcuni affreschi
(purtroppo scomparsi) per la Cappella nobiliare di Villa Pindemonte ora
Veronesi al Vò d’Isola della Scala e negli anni Trenta, ispiratosi alla
tela del Tiepolo ai Gesuati, dipinse una Pala d’altare dedicata a
Santa Teresa nella neoclassica chiesa di San Maurizio. Certamente
desunse il volto della santa, sua coetanea, da un’immagine eliografica.
Tra i suoi ritratti celebri figurano
quelli del papa Pio X, di Giosuè Carducci (uno è conservato nello studio
del poeta a Bologna), d’Umberto I, di Vittorio Emanuele III (che fu
anche fotoamatore convinto e il I Presidente onorario della Società
Fotografica Italiana), della regina Elena di Savoia, d’Eleonora Duse,
d’Emma Gramàtica, di Marta Abba e dei pittori Pompeo Molmenti, Raffaelle
Brugnoli, Guglielmo Ciardi e John Levery.
Del resto godette pure della stima
d’altri illustri colleghi: Franz Lenbach, Franz von Stuck, Paolo
Troubetzkoi, Antonio Zona e Antonio Mancini.
Milesi colse con gran bravura ed
introspezione psicologica cardinali, ministri, senatori, filosofi,
cantanti poeti e scrittori così come le contadine, le fruttivendole, gli
anziani e i bambini. I suoi “sfregazzi” ricordano le vibrazioni
dell’ultimo Tiziano, ma egli studiò e ammirò costantemente anche le
opere del Veronese e del Bassano.
Dopo gli anni Venti fu
progressivamente dimenticato e negli ultimi decenni di vita rallentò la
sua produzione a causa dei problemi sopraggiunti alla vista.
Artista dalle doti naturali, robusto,
di qualità, Milesi fu criticato, superato e
sbobbato dai moderni; eppure la sua pittura materica, sorretta nei
paesaggi e nelle scene di genere da un disegno fluido e da
prospettive o istantanee fotografiche, è tipica e ricca di
atmosfere.
Nella maturità preparò di frequente
imprimiture neutre usando la biacca e le ocre. In una fase successiva,
dopo l’asciugatura dei cartoni o delle tele, passava una velatura di
bruni sulla quale incominciava a dipingere usando preferibilmente i
colori grassi. Quando realizzava le vesti dei fanciulli, gli scuri
abiti dei modelli, i veli, gli eleganti e civettuoli vestiti
delle ricche committenti o quelli tipici delle popolane, preferiva
usare pennelli piatti di larghezze diverse, ma ne alternava l’uso con
quelli tradizionali, più o meno grossi, morbidi e appuntiti
nell’esecuzione dei volti; ne sono esempi evidenti La gamella del
papà quadro eseguito sul posto nel quale ritrae la figlia di un oste
dell’Isola di Caprera di Mira Taglio, Ritratto di Signora e lo
straordinario Mia figlia Antonietta. Curioso il fatto non tanto
che talora usasse le dita ed i gocciolii del colore diluito per
risolvere velocemente qualche parte del quadro come ne La rossa,
ma che facesse uso di qualche preziosa calza di seta (di certo sfilata a
qualche nobildonna durante una posa prolungata nello studio) per
strusciare, a suo modo, la tela.
Il suo messaggio fu percepito da
alcuni pittori giuliani tra i quali Barison, Fragiacomo e
Flumiani e accolto, tra gli altri, da Marco Novati e Fioravante Seibezzi.
Uno dei suoi capolavori veristici
intitolato Dopo il temporale nel quale è rappresentata una
giovane mamma che cammina con i due figlioletti su un ponte di Venezia,
è conservato a Buenos Aires.
Walter Abrami