Nacque il 26
ottobre 1835 a Venezia, città nella quale il padre Adeodato
soggiornò a lungo negli anni che vanno dal 1833 al 1837.
Il primo
segno della sua presenza lo ritroviamo in una tela eseguita dal
padre, una
Sacra famiglia, nella quale il Bambinello è raffigurato con
le sembianze dell’allora piccolissimo figlio.
Intraprese e
completò i suoi studi presso l’Accademia Atestina di Modena,
sotto la guida del padre che allora ne era il direttore,
perfezionandosi in seguito presso l’Accademia di Firenze. Iniziò
poi la carriera di insegnante presso la Scuola Militare
dell’Accademia di Modena, dove le materie della sua didattica
erano il disegno e le tecniche foto-topografiche.
Accanto a
questa attività, che si protrasse per ben 26 anni, Narciso ebbe
modo di dedicarsi alla pittura prediligendo soggetti storici,
agiografici e di genere, ottenendo una certa notorietà e un
discreto successo tra i contemporanei.
Da un
attestato d’archivio è dato sapere che fu presente
all’Esposizione Mondiale di Vienna del 1873, presentandovi
quattro opere.
La sua fama
fu legata soprattutto alle composizioni a tema
storico-religioso, di genere e anche di tipo ornamentale, come
dimostrano alcune nature morte da lui eseguite, in cui
predominante risulta essere l’eleganza di esecuzione unita a un
cromatismo, di stampo tradizionale, che rasenta il virtuosismo.
Tra i dipinti
suoi più famosi vanno senza dubbio menzionati: Il Falconiere,
considerato in assoluto la sua opera più importante (conservato
nella Galleria d’Arte Moderna di Milano); Il numismatico
(nella Pinacoteca civica di Modena); Il Varchi mentre legge
le Storie a Cosimo de’ Medici (nella Galleria d’Arte Moderna
di Firenze); La chiatta, o Una zattera nelle valli di Finale,
1869, che sembra, quest’ultimo, segnare un emblematico
passaggio dallo storicismo alle forme tipiche del verismo a
sfondo sociale, e nel quale l’artista cerca di adattare ai nuovi
canoni la composizione figurativa classica.
Numerose
altre opere come
Carlo d’Angiò che visita lo studio di Cimabue, Dante che riceve
Boccaccio, La famiglia del disertore, Quadro da caccia,
donato poi dallo stesso artista a Re Umberto I, La moneta
antica, Il Galileo, Macchiavelli e il Duca Valentino, La
famiglia del saltimbanco, 1863, L’aia di Mileto che
ritrae Giulio Cesare, Lo sbarco di Garibaldi a Marsala,
Vittorio Emanuele al Quirinale, pur dimostrando la notevole
abilità del segno caratteristica di Narciso Malatesta, denotano
tuttavia una certa rigidità di composizione che finisce per
confinare queste composizioni al ruolo di attestati di
stampo accademico.
Per quanto
concerne la ritrattistica occorre segnalare il Ritratto
dell’Architetto Poletti (conservato nella Biblioteca Civica
d’Arte L. Poletti di Modena). In questa tela viene coniugata la
lezione accademica di stampo malatestiano, che a sua volta aveva
assorbito la sobrietà degli insegnamenti del Bezzuoli, con le
caratteristiche esecutive peculiari del pittore, il quale tende
a dare alla composizione un impianto di tipo fotografico,
modulandola con morbidezze tonali ed effetti luministici a
carico del cielo e del paesaggio raffigurati alle spalle del
personaggio.
Nel corso
della sua carriera gli vennero conferite numerose onorificienze
e diverse nomine accademiche e la sua presenza fu assidua alle
manifestazioni di carattere culturale e sociale. Non si può
tuttavia disconoscere che la considerazione che si ebbe di lui
in campo artistico e culturale,oltre che per i propri indiscussi
meriti,fosse oltremodo lievitata per merito dell’autorevolezza e
della dignità incarnate dalla figura paterna.
Scomparve a
Sassuolo (Mo) il 26 settembre 1896.
Enzo Montanari