Occasionalmente pittore, fu uno degli scultori più importanti che abbia avuto la
regione, "iniziato al glorioso cammino dell'arte dall'avo suo materno Francesco
Morani" (A. Frangipane). Arrivato a Napoli nel 1869, l’anno successivo si
iscrisse all'Istituto di Belle Arti di Napoli, frequentando le lezioni di Tito
Angelini, Tommaso Solari e Stanislao Lista. Strinse duratura amicizia con
Saverio Altamura e frequentò la casa-studio di Edoardo Dalbono, a Mergellina,
cenacolo di grandi artisti del tempo: Edoardo Tofano, Giuseppe De Nittis, Marco
De Gregorio, Francesco Paolo Michetti. Fu anche assiduo frequentatore delle
lezioni di Francesco De Santis. Esordì alla Promotrice napoletana del 1871 con
due opere di connotazione realistica, la Nidia cieca e il Ritratto di
Girolamo Marafioti. Nel ’72 vinse il Concorso dei Virtuosi del Pantheon, per
cui gli venne affidato l'incarico di realizzare il Monumento funebre a Mary
Sommerville, che venne ubicato (1876) nel Cimitero degli Inglesi di Napoli (nel
giardino della Chiesa di Santa Maria della Fede. Nel 1980 le tombe sono state
sgombrate e l'area destinata a verde pubblico). Da allora il suo lavoro fu
segnato da committenze private, le aristocrazie napoletana e calabrese, e
pubbliche e da successi nazionale e internazionali. Nel 1875 decorò Villa La
Fiorita, oggi Villa Domi, a Capodimonte, su commissione del console Oscar
Meuricoffre, per il quale successivamente (1885), realizzò il Monumento
funerario (Cimitero degli Inglesi). Fu presente a molte Promotrici napoletane
(in alcune della quali fece parte della giuria): 1873 - con la tela Si
pavoneggia e quattro terrecotte, Emir, Alda, La
pacchianella, Il conte di Xiquena; 1874 - con due terrecotte,
Studio e Studietto, il bassorilievo Damea, figlia di Pitagora
e il gesso Et tristis erat amica mea usque ad mortem; 1875 - col
Guappetiello, bronzo, opera affine alla ricerca veristica di Gemito (alla
cui moglie, Anna Cutolo, la modella più richiesta dai pittori del secondo
Ottocento a Napoli, dedicò un ritratto, Cosarella, 1884) e di Achille
d’Orsi, e riesposta in altre edizioni; 1876 - con due terrecotte, due gessi,
Da poco nato e En attendent e un marmo, Dusicka; 1880 - con
La soubrette; 1916,'17- con Myriam, G.B.Vico, e
Anacreontica. Fu invitato alla Mostra Nazionale di Torino del 1880, con
sette opere, tra cui Mariella, bronzo poi tradotto in marmo, Victa,
(allegoria della Polonia: vinta, ma non domata!), riprodotta dall’artista
ben diciotto volte per soddisfare le continue richieste (un esemplare presso
l’Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria e un altro al Museo Filangieri
di Napoli), Marion, ispirata a una poesia di De Musset e il gruppo Il
Trionfo di Germanico, gesso (poi tradotto in marmo, cm 344 x 220 x 165, e
col titolo I Romani a Roma, Galleria Nazionale d’Arte moderna,
acquistato dall’artista nel 1900); alla Mostra di Napoli del 1877, con sei
opere, tra cui ancora il Guappetiello; alla Mostra di Milano del 1881,
con la Victa e la Maia, e del 1894; a Roma, nel 1883, alla grande
Mostra Nazionale nel Palazzo delle Esposizioni (appena costruito da Pio
Piacentini); alla Mostra di Bologna del 1888; alla Mostra di Palermo del 1891,
con le opere Arianna, Fiorita, Principe di Satriano,
Carmosina (Napoli, Galleria di Capodimonte), premiata con Medaglia d’oro, e
del 1901, con la Statua di Antonio Toscano (il prete calabrese che
partecipò alla difesa della Repubblica Napoletana del 1799), per la quale gli
venne nuovamente assegnata la Medaglia d’oro. Partecipò inoltre a dieci
edizioni della Biennale di Venezia (1895, con tre sculture; 1897, con una
scultura; 1899, con otto sculture; 1903, con quattro sculture; 1905, con
Hadria, Berlino - Palazzo Imperiale e un’altra scultura; 1907, con cinque
opere: Ritratti in marmo o gesso di Crispi, Mosè Bianchi, della Baronessa
Savarese, e altri due; 1909, con sala tutta per sè, comprendente quindici
sculture (molti Gruppi) e cinque disegni; 1914, con una scultura; 1920, con una
scultura; 1926, con due sculture); a numerose Mostre Internazionali (Parigi,
1878, 1887, col gruppo Eva e Lucifero, 1900; Melbourne, 1880; Monaco di
Baviera, 1893, 1895, 1900; Vienna e Anversa (con Ercolanea), 1894;
Barcellona, 1896, con l’Arianna; St Louis, 1904); e alle Biennali
Calabresi di Reggio Calabria (1920 - sala personale con, tra le altre opere,
La duchessa Ravaschieri, un Cristo in marmo, il bassorilievo di
San Paolo, un disegno per il monumento al latinista calabrese Diego Vitrioli,
un olio, e il famoso marmo Era di maggio, modellato sugli echi dei versi
di Di Giacomo prima in terracotta, 1896, e poi in due esemplari in marmo, un
esemplare a Reggio Calabria, Amministrazione Provinciale; 1922 - con una
terracotta, Vella, un esemplare del Guappetiello, due disegni e
due pastelli, un olio, Tropea antica, un marmo, Nosside, 1920,
Reggio Calabria, Municipio, e il cui gesso è conservato nella Gipsoteca Jerace
presso l’Amministrazione Provinciale di Catanzaro; 1924 - col marmo L’Eroica,
Reggio Calabria, Amministrazione Provinciale, un Busto di Stanislao De Nava,
un disegno; 1926 - col marmo Cristo e un olio, Rose e spine; 1931
- con Serafina, tre disegni, Letizia, Arianna, Beethoven, quattro
olii, La vallata dei mulini ad Amalfi, Paesaggio, Lia, Ritratto di suor Maria
Stella Morani). Jerace fu un lavoratore instancabile (spesse volte sollecitò
ed ottenne la collaborazione del fratello minore Vincenzo, come anche di
Giuseppe Gibellini e di Fortunato Longo), per cui moltissime sono le opere da
lui realizzate. Tra i monumenti celebrativi: le statue di Vittorio Emanuele
II, 1888, da alcuni studiosi molto contestata, per la nicchia di una
facciata del Palazzo Reale di Napoli; il Miracolo delle reliquie e il
Martirio di San Gennaro, 1904, sulla facciata del Duomo di Napoli,
risistemata dall’architetto - urbanista E. Alvino; i diciotto personaggi del
frontone dell’Università di Napoli, 1910, raffigurante Federico II e la sua
corte; L’Azione, 1910, (allegoria dei valori civici del popolo
italiano), gruppo in bronzo collocato, il primo in basso a destra, nell’ambito
dell’Altare della Patria (pensato nel 1878 per celebrare il re Vittorio
Emanuele, il risorgimento e l’unità d’Italia e inaugurato nel 1911), a Roma; il
Monumento ad Armando Lucifero e il Monumento a Raffaele Lucente in
piazza Pitagora a Crotone. Tra le opere a carattere sacro bisogna citare La
Conversione di Sant’Agostino e Sant’Anna e la Vergine nella Chiesa
di Santa Maria a Varsavia; L’altare del Sacramento nella Chiesa matrice
di Polistena; il gruppo marmoreo con I Santi Alferio, Adiutore, Filippo Neri,
Francesco di Paola, 1924, intorno ad un olmo in bronzo, con due angeli in
marmo in adorazione per il Santuario di Santa Maria dell’Olmo a Cava dei
Tirreni; San Francesco d’Assisi, 1927, scultura a tutto tondo e a figura
intera, per Reggio Calabria, nello spazio antistante la Chiesa omonima; un
Ostensorio in oro per il Congresso Eucaristico Regionale Calabrese di Reggio
(nel cui Duomo è sistemato un monumentale Pergamo, sorretto da una
colonna di marmo cipollino) ed un altro in argento, 1931,'32 per Gioiosa Ionica,
nella Chiesa dell’Addolorata; la Madonna del Rosario, 1930, per la Chiesa
omonima di Cittanova; San Paolo e Santo Stefano di Nicea, 1933, per la
Cattedrale di Reggio Calabria, alla sommità della scalinata di accesso. Fu molto
attivo anche nell’arte funeraria, come testimoniano L’Angelo, in bronzo
(esposto a Londra nel 1884) della Tomba dei Campagna a Schiavonea di Corigliano
Calabro; ancora un Angelo, 1900, della Cappella Greco di Cosenza; la
Cappella French, 1900, nel Cimitero di Dublino; Il ritratto dei genitori
nella Tomba di famiglia a Polistena; la Cappella Pesmazoglu, 1910/’14, nel
Cimitero di Atene, con l’altorilievo Il mito di Demetra sul fronte e due
Angeli ai lati; il sepolcro del Sen. Cocchia, con la Mater Dolorosa,
1920, nel Cimitero di Napoli. Realizzò inoltre numerosi ritratti di personaggi
pubblici o famosi: Beethoven, 1895, per il Conservatorio San Pietro a
Maiella, Napoli ed esposto alla prima Mostra Internazionale di Venezia dello
stesso anno; Gaetano Donizetti, 1897, in piazza Cavour a Bergamo;
Giovanni Nicotera, 1902, e Nicola Amore, 1904, in piazza della
Vittoria, a Napoli; Mons. Sarnelli, a Castellammare; Pietro Rosano,
1907, nella villa comunale di Aversa; Virginia Mirelli, 1913, e la
Marchesa Maddalena Rossi, 1915, nel Museo San Martino di Napoli;
Andrea Cefaly e Francesco Fiorentino nella villa comunale di
Catanzaro (ove sono collocati altri quattro busti marmorei); Gioacchino Toma,
1922, nella villa comunale di Napoli; Domenico Cimarosa, 1929, ad Aversa;
Umberto di Savoia Principe di Piemonte, 1934, nel Palazzo Reale di
Napoli. Nel "salone rosso" del Palazzo della Provincia di Reggio Calabria due
Teste di donna, una raffigurante una dormiente e una raffigurante, forse,
l’Italia; opere nel Museo di Polistena. Sparsi in alcune piazze italiane suoi
Monumenti ai caduti, realizzati spesso con una figura di Vittoria variamente
interpretata: Stefanaconi, 1924; nel borgo di Marina Grande di Sorrento,
1926; Reggio Calabria, 1930, col Fante e il Guerriero bruzi;
Polistena, 1935, La Bellona, una Vittoria alata bronzea che
svetta sopra una roccia di pietra del Carso. In quest’ultima cittadina, in una
Chiesa, è situato un altare in marmo del SS Sacramento, con il sovrastante
dipinto a olio raffigurante L’Ultima cena; mentre sulla facciata esterna
della casa natale di Francesco Morani è sistemato un medaglione marmoreo con
l’effigie del suo maestro.