Alessio
Issupoff (Viatka-Russia 1889 - Roma 1953)
Studia all'Accademia
di Mosca dal 1909 al 1913. Dapprima allievo del ritrattista Seroff e del
Wasnetzoff, poi del Korovine, da cui è esattamente informato sulle
conquiste dell'impressionismo francese, nel 1915 è chiamato alle armi ed
avviato con il proprio reggimento nel Turkestan. Il contatto con
l'Oriente non è generico, bensì esperienza determinante nella sua
cultura figurativa: lo attestano gli schemi bidimensionali che
caratterizzano gran parte della pittura di Issupoff, in una personale
individuazione di rapide accensioni cromatiche. Si stabilisce
definitivamente in Italia verso il 1920 e, in ripetuti soggiorni in
varie località della penisola, esegue ritratti, paesaggi e nature morte
ancorati ad un essenziale rispetto formale della realtà, ma sfibrati
nella gioiosa orchestrazione del colore, nel tentativo di
un'interpretazione più essenziale e vera, meno legata all'oggettivismo
(in cui sa esprimere il movimento pur rifuggendo da precise definizioni
grafiche, e frantumando anzi il disegno nel colore).
Nelle scene in cui rievoca immagini rusticane della vecchia Russia, si
rivela disponibile più alle insistenze del mercato ed alle ripetizioni
che ad un aggiornamento della propria espressione. Sono particolarmente
affascinanti i suoi paesaggi con la neve.
Sue opere sono conservate nei vari musei russi (Viatka, Leningrado,
Mosca) e nella Galleria d'Arte Moderna di Milano.
La tavolozza di Alessio Issupoff ha una gamma coloristica
particolarmente ricca, ed egli usa spesso l'olio con i pigmenti puri,
senza mescolarli tra loro, per esaltarne la brillantezza.
I suoi soggetti sono molto vari, e dopo il 1925 abbandona alcune
tematiche orientali dipinte attorno al '20, quali Il venditore di
porcellane, Il venditore d'acqua gelata, Il venditore di
vassoi, Il comandante, Dopo il bagno, Nella bottega del barbiere,
Orefice, ecc., per dedicarsi ad uno studio altrettanto attento
dell'uomo e della terra che lo ospita.
Compie alcuni autoritratti (1930, 1935) e numerosissimi ritratti tra i
quali, durante la permanenza nella nostra città, quello del pittore
Garzolini (1936) e di Silvio Benco (1937).
L'amore particolare e l'osservazione attenta per i cavalli, si
manifestano fin dal 1929, quando esegue il quadro Il cavallo nella
stalla; del 1937 è Il mercato, del 1944 La gara.
Negli anni seguenti ritorna sull'argomento pittorico nel Seminatore
e nel Cavallo nero. Nel 1948 disegna cavalli dal vero alla
Riunione Ippica Internazionale di Roma, e altri oli dal medesimo
soggetto sono Zingari, Posteggio, La corsa, Cavallo bianco, In
campagna, Carovana, per citarne alcuni della sua brillante
produzione.
Walter Abrami