Brumatti nacque a
Trieste il 2 luglio 1901.
La madre, Antonia
Brumat (poi Brumatti) era figlia di un proprietario terriero friulano,
il padre, Luigi Hermet, portava un cognome illustre...; egli legittimò
Gianni solo poco prima di morire quindi il pittore, che iniziò a
dipingere giovanissimo, firmò sempre i suoi quadri con il cognome
materno.
Egli trascorse
l’infanzia e l’adolescenza in un ambiente artistico: la nonna Amelia era
costumista teatrale e affittava camere a gente di teatro (tra gli altri
ospitò Mascagni che più di una volta le fece visita), la mamma e la zia
erano due brave cantanti liriche e il padre un discreto musicista
(suonava il corno). Brumatti nutrì sempre un grande amore per la musica,
ma scelse la pittura e incominciò a stendere i colori ad olio fin dal
1914 mentre frequentava il Ginnasio di Gorizia. Anch’egli, come Pellis,
‘pagò’ le conseguenze psicologiche (e non solo!) causate dallo scoppio
della Prima Guerra: dovette abbandonare gli studi e lasciare la città
isontina. Ritornò a Trieste presso la famiglia: furono anni difficili e
dovette arrangiarsi; iniziò un duro apprendistato come assistente
scenografo presso il Teatro Fenice e il Teatro Rossetti accanto a
professionisti davvero formidabili e preparati come Rossi e Moscotto.
Nel frattempo frequentò vari artisti (lo svizzero Koch e Wostry) finché
decise di seguire lezioni di pittura presso lo studio di Giovanni
Zangrando. La personalità e la bravura di questo pittore (ma anche
le belle donne che spesso venivano a trovarlo, lo circondavano e
posavano nude per lui!) attirarono molti giovani lassù a Scorcola: nel
suo studio mossero i primi passi anche Nathan, Levier, Marchig, Finazzer
e Sambo. Poco dopo il 1922 Brumatti incominciò ad esporre nelle
mostre collettive del Circolo Artistico Triestino e nel 1923 da Umberto
Michelazzi: mi raccontò che ‘gli sembrò di toccare il cielo con un dito’
quando Wostry, dopo aver ammirato un suo quadro, lo elogiò
pubblicamente. Non a caso le sue prime opere piacquero anche a Barison,
Parin e Grimani che lo notarono. Nel 1924 frequentò la Scuola per Capi
d’Arte di Trieste; in quegli anni era impossibile vivere di sola pittura
e per mantenersi egli eseguì vari lavori decorativi e pubblicitari che
si procurò frequentando il Circolo Artistico Triestino. Dipinse con
Cocever a Capodistria, a Isola d’Istria intervenne nei lavori di
restauro di un affresco nel Duomo e a Trieste fu spesso accanto a Bidoli
e Quaiatti. Si ammalò di tifo e trascorse un lungo periodo di
convalescenza. E’ del 1929 la sua prima personale nel Salone Jerco;
ottenne subito vari riconoscimenti e partecipò ad importanti mostre
nazionali a Pola, Milano, Padova, Firenze e Roma. Strinse amicizia con
Marcello Mascherini e altri esponenti della cultura locale.
Nel ventennio seguente collaborò con l’Ufficio Stampa della Società
Triestina di Navigazione Cosulich e realizzò affiches, disegni,
oleografie, calcografie e sei copertine della rivista ‘Sul Mare’.
Lavorò anche presso la libreria antiquaria d’Umberto Saba;
conobbe bene il poeta e talvolta lo frequentò in case private. Spronato
da Ugo Carà, eseguì per la Finmare alcune opere destinate al Conte
Biancamano. Negli anni Trenta si recò diverse volte a Venezia dove ebbe
modo di ammirare opere di Van Gogh e degli impressionisti francesi, ma
anche quadri di Munch, di Kokoschka, di Picasso, di Chagall e degli
italiani Semeghini, Rossi, Seibezzi, Rosai, De Pisis e Morandi...
Nel 1934 fu presente
alla XIX Mostra Biennale Internazionale della città lagunare; l’anno
seguente ottenne il Premio del Duce per la Pittura; pure nel 1936 e nel
1938 espose rispettivamente alla XX e alla XXI Biennale veneziana.
Trascorse gli anni della Seconda Guerra Mondiale a Trieste città dalla
quale si allontanò raramente e per brevissimi periodi continuando ad
esporre da Umberto Michelazzi. Nel 1943 ottenne un premio acquisto del
Ministero dell’Educazione Nazionale a mezzo della Regia Soprintendenza
alle Gallerie di Venezia. Espose più volte in varie mostre nazionali
d’arte Sacra all’Angelicum a Milano, a Novara al Palagio dell’Arengo, ad
Assisi presso la Basilica di San Francesco, a Bologna, a Pallanza, a
Vercelli, a Salerno ecc. Nel 1949 vinse il premio P. Coscia
con uno splendido quadro realizzato a San Giusto. Nel 1951 e nel 1955
presentò alcune opere alla Quadriennale Romana e tornò nella capitale
nel 1959 con una personale all’YMCA.
In questo decennio
frequentò più d’altri Levier, Torelli, Giordani, Noulian, Samuel e
Rosignano; nel 1966 collaborò con altri artisti per illustrare il libro
di Ketty Daneo Un ragazzo, cento strade.
Negli anni Settanta
dipinse a Marano Lagunare e si dedicò anche all’incisione. Nel 1988
ricevette un importante riconoscimento dal Comune di Trieste.
Continuò a dipingere instancabilmente e ad esporre in Italia e
all’estero quasi fino alla fine sopraggiunta all’età d’ottantanove anni
nel gennaio del 1990.
Walter Abrami