Odoardo Borrani (Pisa 1833 – Firenze 1905)

 

 

 

Odoardo Borrani nasce a Pisa il 22 agosto del 1833, ma si trasferisce a Firenze in tenera età. Figlio di un pittore paesista, dal quale apprende i primi rudimenti dell’arte, nel 1849 viene posto dal padre stesso sotto la guida di Gaetano Bianchi, con il quale intraprende i restauri nel Chiostro Verde di Santa Maria Novella e in Santa Croce: in quest’ultimo edificio si confronta con gli affreschi di Giotto, dei quali trae alcune copie a disegno. Iscrittosi all’Accademia di Belle arti nel 1851, il giovane artista diventa allievo di Enrico Pollastrini, già professore di Silvestro Lega: e, come quest’ultimo, Borrani rimane affascinato dai quattrocentisti toscani, quali Paolo Uccello e il Ghirlandaio. Lo stile del primo Borrani, infatti, è orientato verso una pittura piú classicista, caratterizzata da una resa pittorica piatta e dalla costruzione  dell’immagine tramite disegno. D’altra parte, l’amicizia con gli artisti del Caffè Michelangiolo (su tutti Telemaco Signorini, che conosce intorno al 1853) avvicina Borrani a quella che verrà nominata in seguito “pittura a macchia”, nonostante in questo periodo il pisano non abbandoni totalmente i precetti accademici, che sopravvivono in particolar modo nei dipinti a carattere storico (Disseppellimento del cadavere di Jacopo Pazzi). Partecipa intanto alla Promotrice di Firenze e a quella di Genova nel 1857, mentre l’anno seguente vince la triennale all’Accademia di Firenze, alla quale espone Lorenzo dÈ Medici che, nella congiura dÈ Pazzi, si salva nella sacrestia del Duomo.

Una svolta nella direzione macchiaiola arriva nel 1860 quando Borrani, in compagnia di Signorini e Vincenzo Cabianca, si reca a Montelupo con il dichiarato scopo di sperimentare un innovativo tipo di pittura all’aria aperta, caratterizzato da netti rapporti luministici e cromatici. L’esperienza segna positivamente il nostro artista, tanto che l’estate successiva accompagna Raffaello Sernesi a San Marcello Pistoiese per continuare gli studi sul paesaggio, ora reso in un’atmosfera piú pacata e lirica (Raccolta del grano sull’Appennino): due sue vedute vengono esposte alla prima Esposizione Nazionale allestita nel settembre del 1861. Inoltre, l’influenza macchiaiola si fa sentire anche nella poetica dei quadri di storia contemporanea: emblematico di questo periodo è il dipinto Il 26 aprile 1859 in Firenze, dove le speranze per la seconda guerra di indipendenza italiana (alla quale Borrani ha partecipato come combattente) confluiscono sommessamente nella preghiera della donna dipinta.

Dal 1862, assieme ai suoi amici macchiaioli (Lega, Signorini e Sernesi, ai quali si aggiungerà in seguito Giovanni Fattori), è a Castiglioncello, presso la villa di Diego Martelli, un critico d’arte profondamente legato a questo gruppo di artisti e alla loro poetica. In questa campagna toscana Borrani trova la calma e l’ispirazione adatte per dipingere capolavori come Castiglioncello (1864) e Pagliai a Castiglioncello (1865), nei quali si nota come l’educazione accademica del Pollastrini sia stata oramai accantonata in favore della costruzione del soggetto tramite colore steso a macchie. Il suo stile si volge ora sempre piú verso un pieno anti-accademismo, e la disgregazione dei contorni trova ulteriore evoluzione con il trasferimento, nel 1865, a Piagentina, luogo di “meditazione” di numerosi macchiaioli, su tutti Lega, con il quale condivide lo stile e l’armonia spirituale del paesaggio: intimamente legato alla campagna che lo circonda, Borrani raramente torna in città, della quale riproduce saltuariamente alcuni spazi urbani (Antica porta a San Frediano, Antica porta a Santa Croce). Il sodalizio tra i due artisti appena citati continua per diversi anni, tanto che assieme aprono la “Galleria di quadri moderni Borrani Lega e C.”, che sono peró costretti a chiudere nel giro di due anni.

L’ultimo ventennio della vita dell’artista è caratterizzato dalla partecipazione a diverse rassegne artistiche: tra le piú importanti l’Esposizione Nazionale di Napoli del 1877, l’Esposizione Nazionale di Roma del 1883 (durante la quale realizzò un album illustrativo delle opere presenti), l’Esposizione Nazionale di Venezia del 1887, e la Festa dell'Arte e dei Fiori di Firenze allestita fra il 1896 e il 1897. In difficoltà economiche, Borrani lavora come disegnatore di ceramiche e collabora con la rivista “Illustrazione italiana”, impartendo di quando in quando lezioni private di disegno. Muore a Firenze il 14 settembre 1905.

 

 

Mirko Moizi