ALBERTO SAVINIO La sposa fedele 1930-1931
La sposa fedele, olio su tela, 80 x 65 cm. Verona, Galleria dello Scudo
All'interno di una stanza si staglia in primo piano la figura di una donna zoomorfa seduta su di una poltrona dal bizzarro schienale lapidiforme, le mani quasi intrecciate e lo sguardo austero. In basso a sinistra, seminascosto da quella che parrebbe l'anta di un armadio, si intravede un bambino in posizione fetale, mentre al di là del balcone un angelo si libra in volo al di sopra del mare. Ricorrono in quest'opera diverse peculiarità saviniane, quali la dicotomia dell'ambientazione tra interno ed esterno e la metamorfosi animale della donna, in questo caso raffigurata con la testa e il collo di uno struzzo. Da diverse fonti interpretato come un ironico “omaggio” all'amata-odiata madre, ritengo invece che, ad un livello più profondo e in nome di quella ricerca dell'elemento ignoto delle cose che Savinio aveva postulato nel suo saggio Le drame et la musique (1914), il significato di questo dipinto sia da ricercare in una blasfema e provocatoria interpretazione dell'episodio evangelico dell'annunciazione. Daltronde il medesimo tema religioso verrà affrontato da Savinio poco tempo più tardi in Annunciazione (Donna alla finestra) del 1932, a sottolineare come le “problematiche” spirituali non siano così estranee all'artista. Gli elementi che spingono verso tale direzione sono molteplici, a cominciare dall'angelo volante che può senza dubbio essere accostato all'arcangelo Gabriele, qui colto non nel momento dell'arrivo, come vuole la tradizione iconografica, ma nell'attimo successivo all'annuncio, quando già ha abbandonato la casa di Maria. Questa, a sua volta lontana parente dell'incantevole Madonna dei quadri religiosi rinascimentali, è una donna di estrazione medio-alta, ingioiellata e vestita con un abito raffinato, cui fa da contraltare il volgare viso animalesco di struzzo, il cui uovo, com'è noto, è generalmente associato all'idea di immacolata concezione (si veda, per esempio, la Sacra Conversazione di Piero della Francesca oggi a Brera). Ma se a questo elemento sacro si affiancano il braccialetto serpentinato, posto in bella vista quasi a voler rievocare il peccato originale e la natura intrinsecamente peccatrice dell'essere umano, il bambino rannicchiato, che associato all'uva fa pensare al figlio di Dio (il vino come sangue di Cristo), e quel taglio che attraversa l'addome della donna, a rappresentare più un cesareo che una zip o una piega del vestito, ecco farsi strada l'idea di un concepimento avvenuto già prima dell'arrivo dell'arcangelo, contrariamente a quanto viene insegnato nella dottrina cristiana. Secondo questa chiave di lettura, verrebbero quindi rinnegate da Savinio sia l'idea della verginità della Madonna, la cui morte morale è simboleggiata dalla lapide alle sue spalle e dai crisantemi che porta al collo, sia la fedeltà evocata nel titolo, il quale acquista in tal modo un significato spiccatamente ironico e critico verso i valori che la cultura e l'educazione cristiana porta con sè, indubbiamente avvertiti dall'artista come falsi e incongruenti.
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