Alessandro Varotari detto il Padovanino
Sofonisba con la coppa di veleno. Olio su tela, 81.5 x 106 cm.
Collezione privata.
Figlio di Dario Varotari, pittore e architetto operante a Padova nella
seconda metà del Cinquecento, Alessandro nacque nella città patavina nel
1588. Tra le sue prime opere, l'Incredulità di San Tommaso
— realizzata nel 1610 per la chiesa di San
Tommaso Apostolo, dopo essere stata esposta nell'Ottocento agli Eremitani, dal
1959
è nella chiesa di Santa Lucia — si qualifica
per il classicismo tizianesco, probabilmente
desunto dalla conoscenza degli affreschi
della Scuola del Santo e per l'affrancamento
dai modelli del tardomanierismo palmesco
allora in auge. Nel 1614 Padovanino
si trasferì a Venezia, subito dopo partì per
Roma dove poté studiare alcune opere di
Tiziano, tra cui il Baccanale degli Andrii,
opera esemplare del classicismo cromatico
della produzione giovanile del maestro
cadorino. Nell'Urbe entrò in contatto con le
opere di Carracci, Domenichino e Albani,
a quel tempo impegnati nel completamento
della decorazione della Galleria Farnese,
che esercitarono una influenza decisiva su
quella visione di classicismo idealizzato destinata
a caratterizzare l'intera produzione
del giovane artista. Rientrato a Venezia,
dove risulta iscritto alla Fraglia dei pittori
dal 1615 al 1639 (Favaro 1975, p. 145),
Padovanino svolse un ruolo di primo piano
nella cultura figurativa veneta con il recupero neocinquecentista in chiave prebarocca. ________________
Splendido esempio dello stile del maestro, il dipinto, databile alla fine degli anni venti si distingue per la spumosità effervescente della materia pittorica di derivazione tizianesca. La tela raffigura Sofonisba, nobildonna cartaginese figlia del generale Asdrubale di Gisgo, che sposò in prime nozze Siface di Numidia, acerrimo nemico di Roma. Rimasta vedova, Sofonisba si unì in seconde nozze con Massinissa, re africano alleato di Roma. Quando, a seguito di alterne vicende, Roma ordinò a Massinissa di portare la moglie nell'Urbe come ostaggio, la donna, per non sottostare alla imposizione, preferì bere il calice di veleno procuratole dal marito. L'eleganza formale del dipinto si coniuga con l'andamento maestoso della composizione ritmata dai gesti e drammatizzata dalla ripresa dal basso della protagonista, di gusto ormai prebarocco.
Tratto, con il consenso dell'autore, da: Il Fiore di Venezia - dipinti dal Seicento all'Ottocento in collezioni private - Leg Edizioni, Gorizia
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