Cimabue, pseudonimo di
Cenni di Pepo (Firenze, 1240 circa – Pisa, 1302)
Cimabue, Crocifisso.
Firenze, Museo di Santa Croce (prima dell'alluvione)
Probabilmente la sua
formazione si svolse a Firenze, tra maestri di cultura bizantina.
Giorgio Vasari, a questo proposito, ne Le vite dei più eccellenti architetti,
pittori, et scultori italiani, da Cimabue 'insino a' tempi nostri (Firenze,
1550), narra: “erano venuti di Grecia certi pittori in Fiorenza...Cimabue,
cominciato a dar principio a questa arte che gli piaceva, si fuggiva spesso da
la scuola e tutto il giorno stava a vedere lavorare que' maestri ... di continuo
esercitandosi...passò di gran lunga di disegno e di colorito e' maestri che
gl'insegnavano”.
Intorno al 1270, Cimabue realizzò il Crocifisso, tempera su tavola, della
chiesa di San Domenico ad Arezzo. L'opera, ancora fortemente legata alle
rappresentazioni ieratiche ed idealizzate di gusto bizantino e al modo di
trattare lo stesso soggetto proposto a suo tempo da Giunta Pisano, è stata
attribuita al catalogo del pittore fiorentino dallo studioso Pietro Toesca ed è
considerata la più antica fra quelle a noi note.
Nel 1272, come ci attesta un documento notarile dell'epoca, Cimabue soggiornò a
Roma.
Circa un decennio più tardi rispetto al Crocifisso aretino, a giudicare
dallo stile - come ha scritto lo storico dell'arte Luciano Bellosi- più
raffinato nella stesura pittorica e nello studio anatomico della figura, Cimabue
dipinse il Crocefisso per la chiesa di Santa Croce a Firenze, duramente
danneggiato dall'alluvione del 1966.
Verso il 1280 eseguì anche La Madonna in trono o Maestà del Louvre, già
nella chiesa di San Francesco a Pisa.
Recenti attribuzioni collocano nello stesso periodo alcune opere, quali: il
dittico della National Gallery di Londra con la Madonna in trono con bambino
e santi; La flagellazione della Frick Collection di New York; la
Maestà di Santa Maria dei Servi a Bologna; laMadonna della
Pinacoteca di Castelfiorentino, forse in collaborazione con Giotto.
Secondo il Ghiberti e il Libro di Antonio Billi, Cimabue fu al contempo maestro
e scopritore di Giotto.
Vasari scrive: "Or, s'alla gloria di Cimabue non avesse contrastato la gloria di
Giotto suo discepolo, sarebbe la fama sua stata maggiore"
Dante lo considerava il maggior esponente della pittura in Italia prima di
Giotto.
« Credette Cimabue nella pittura
tener lo campo, ed ora ha Giotto il grido,
si che la fama di colui è scura »
(Dante Alighieri, La divina commedia, Purgatorio, XI, 94-96)
Dal 1288 al 1292, Cimabue lavorò ad Assisi dove diede un notevole contributo
alla decorazione della Basilica di S. Francesco.
Nella Basilica superiore realizzò i seguenti affreschi: gli Evangelisti
nella volta della crociera (gravemente danneggiati dal sisma del 1997); scene
con le due Crocefissioni nel braccio sinistro e nel braccio destro del
transetto, di grande effetto drammatico; le storie di S. Pietro nel
braccio destro del transetto; le Storie della Vergine nel coro. Gli
affreschi si trovano oggi in un pessimo stato di conservazione avendo subito la
biacca (il bianco di piombo utilizzato per le lumeggiature) un processo di
ossidazione, che ha reso i toni chiari scuri, per cui oggi il dipinto si
presenta come un negativo fotografico.
Nella Basilica Inferiore realizzò l'affresco con la Maestà con quattro angeli
e S. Francesco, oggetto di pesanti ridipinture. Il San Francesco che vi
compare è simile a quello presente in una tavola che si trova al museo della
Basilica di Santa Maria degli Angeli; la tavola suddetta è stata al centro di
accese controversie, prima riconosciuta dal Longhi, poi a causa delle sue
peculiarità tecniche considerata un falso, recentemente di nuovo autenticata dal
Bellosi.
Tra il 1290 e il 1300, probabilmente, Cimabue dipinse la Maestà nella
chiesa di Santa Trinità a Firenze, ora consevata agli Uffizi. Nell'opera, una
tempera su tavola, risaltano la perfetta simmetria e la monumentalità della
composizione.
Tra il 1301 e il 1302 compare a Pisa come membro della Compagnia dei Piovuti. A
Pisa fu incaricato di eseguire un cartone per il mosaico absidale del duomo, per
cui ricevette dei pagamenti nel 1301. Di questo lavoro rimane la figura di S.
Giovanni.
Cimabue morì a Pisa nel 1302.
Silvia Guidi
Bibliografia:
AA.VV., Cimabue a Pisa. La pittura pisana del Duecento da Giunta a Giotto,
catalogo della mostra (Pisa, 2005) a cura di M. Burresi e A. Caleca, Ospedaletto,
Pacini Editore, 2005.
L. BELLOSI, Cimabue, Milano, Motta, 1998.
BERTELLI C.- BRIGANTIG.-GIULIANO A., Storia dell'arte italiana, vol. 2,
Electa, 1991.
MIKLOS BOSKOVITS, s. v. Cenni di Pepe (Pepo), detto Cimabue, in
Dizionario biografico degli italiani, XXIII, 1979.
MIKLOS BOSKOVITS, Cimabue e i precursori di Giotto. Affreschi, mosaici
e tavole, Firenze, Scala Istituto Fotografico Editoriale, 1976.
E. BATTISTI, Cimabue, Milano, Istituto Editoriale Italiano, 1963.
G. VASARI, “Le vite dei più eccellenti architetti, pittori, et scultori
italiani, da Cimabue 'insino a' tempi nostri” (Firenze, 1550),vol. 1, a cura
di L. Bellosi e A. Rossi, Einaudi, 1991.
D. ALIGHIERI, La Divina Commedia, Purgatorio, canto XI, Garzanti, 1992.