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Giambattista Tiepolo (Venezia 1696 – Madrid 1770)

 

 

 

Giambattista Tiepolo, “figliuolo di Domenico, mercante di negozj da nave, nato il dì quinto del marzo” 1696 (Da Canal 1732), fu battezzato il 16 aprile dello stesso anno nella chiesa di San Pietro di Castello a Venezia. Cresciuto “in una famiglia di agiati mercanti, protetto sin dall’adolescenza da membri di nobili famiglie veneziane, venne avviato alla pittura da Gregorio Lazzarini, pittore aulico, accademizzante” (A. Pallucchini 1968). Inizialmente, “fu pittore del doge Cornaro a s. Polo, nella cui ricca abitazione presiedeva alla distribuzione delle cose pittoriche, oltre all’avervi fatto più sovra porte con ritratti e quadri di buon gusto. D’anni venti [cioè ne1 1716] in concorrenza d’altri pittori eseguì in tela Faraone sommerso, opera applaudita il giorno di s. Rocco, in cui venne esposta» (Da Canal 1732).
Il suo nome figura iscritto nella Fraglia dei pittori veneziani del 1717 e poi, a più riprese, dal 1726 al 1753 (Favaro 1975). Il 21 novembre 1719 convoglia a nozze con Cecilia Guardi, sorella dei pittori Antonio, Francesco, Niccolò e dalla quale avrà nove figli.
Già “pittore celebre”, nel 1726 gli viene commissionata dal patriarca veneziano Dionisio Dolfin la decorazione della cappella del Sacramento nel Duomo di Udine e quella di alcuni ambienti del Palazzo Arcivescovile della stessa città. Successivamente, gli incarichi divenuti sempre più numerosi, lo spingono ad impegnarsi in una produzione talmente vasta e varia difficilmente sintetizzabile.
Nel 1737 comincia gli affreschi della chiesa veneziana dei Gesuati mentre qualche anno dopo (1740) a Milano porta a termine la decorazione di Palazzo Clerici. Prima di recarsi a Würzburg (1751), chiamato dal Principe vescovo von Greiffennlau a decorare la Residenza, Tiepolo dipinge a Venezia il soffitto della Scuola del Carmine, quello della chiesa degli Scalzi (andato distrutto) ed il salone di Palazzo Labia. Rientrato fra le lagune nel 1753, carico di gloria e di commissioni, continua senza sosta ad affrescare i palazzi e le chiese  della Dominante nonché le ville della provincia.   
Recatosi in Spagna nel 1762, su invito di Carlo III, succede nell’incarico di pittore di corte a Jacopo Amigoni. Ivi, nonostante l’ostilità della corte, è sostenuto dal favore del sovrano che gli procura continue ordinazioni, trattenendolo, di fatto, fino alla morte, avvenuta il 27 gennaio 1770. I figli Lorenzo e Gian Domenico lo fecero seppellire nella chiesa di San Martino a Madrid, la tomba però è andata dispersa con la distruzione della chiesa stessa. 
 


Daniele D'Anza

 

 

settembre 2005