Bartolomeo Nazzari (Clusone 1693 – Milano 1758) - lo stile pittorico
Dei primi anni di carriera di Nazzari - quelli vissuti in patria - non
sappiamo praticamente nulla, ma, trattandosi di un ritrattista, la
critica ha spesso ipotizzato, non senza eccezioni (Colombo in Fra Galgario.
Le seduzioni… 2003), una sua vicinanza a Fra Galgario.
In ogni caso, tra i dipinti di cronologia certa, il più antico è il
Ritratto del provveditore generale Francesco Correr (Venezia, Fondazione Cini), eseguito a Venezia nel 1724. Ritratto pomposo,
d’apparat,
costituisce, secondo Noris (1982), il “tentativo, non completamente
riuscito, di sganciarsi da reminescenze scolastiche (Bombelli-Trevisani)
e di rielaborare lo spirito caratterizzante del Ghislandi che qui è
rivisto solo nell’accostamento delle tonalità intense e calde”. Allo
stesso periodo dovrebbe risalire il Ritratto di Luca Carlevarijs
(Oxford, Ashmolean Museum), nel quale, anche in virtù di un approccio
meno retorico, i debiti verso Fra Galgario sono senza dubbio maggiori.
L’ascendente bergamasco, tuttavia, comincia rapidamente a smorzarsi,
lasciando il posto a un’intonazione sempre più idealizzata, più vicina
ai modi di Jacopo Amigoni e, come si può intuire, più in linea con la
ritrattistica veneziana di quegli anni.
Un chiaro esempio, in questa direzione, viene dal Ritratto di Samuel Egerton (Tatton Park, National Trust; il modelletto è conservato al
Museo Correr) e dal Ritratto del cantante Farinelli. Il primo è stato
dipinto nel 1732, il secondo riporta la data “1734”. Entrambi tradiscono
un’evidente intonazione amigoniana e un gusto più ‘internazionale’, che
ben si sposa con le attese dei collezionisti inglesi presenti in laguna.
Tanto aggiornato sulla pittura britannica da non sembrare opera di un
italiano è il Ritratto di Lord Boyne con quattro amici (collezione
privata), per il quale Pallucchini (1993) osserva: “Non sappiamo come il
pittore abbia potuto tenere presenti elementi della tematica,
tipicamente inglese, dei family groups: il Morassi (1951) ha ipotizzato
un viaggio in Inghilterra del Nazzari, di cui però manca oggi
documentazione. Sappiamo invece che verso il 1730 giunge a Londra Jacopo
Amigoni, per trattenersi tutto il decennio. Forse il Nazzari, pronto ad
assecondare il committente, fiutò il vento e si rese conto, magari
tramite le stampe, che un certo tipo di ritratto di gruppo di gusto
amigoniano era colà di moda”.
Negli anni ’40, invece, Nazzari predilige soprattutto le ‘teste di
carattere’, cioè i volti maschili e femminili nati dalla sua
immaginazione, senza particolari agganci con persone in carne ed ossa.
In questo genere, frequentato da molti pittori veneziani, come
Piazzetta, Giambattista Tiepolo e Nogari, Nazzari conquista ampi
consensi e attira l’attenzione di collezionisti assai famosi, come
Federico Augusto III di Polonia e il maresciallo Schulenburg. Tassi
(1793) ricorda: “Molto esercitossi il Nazari nel fare singolare studio
sopra teste di giovani e di vecchi prese dal naturale, ornate poi a
capriccio con bizzarre acconciature, finite sul gusto fiammingo, con
carnagioni tanto vere, e con tanto rilievo e spirito, che sembrano vive;
ed in questa sorta di pitture è divenuto singolarissimo”. E ancora:
“Seppe egli passare dal morbido e delicato al fiero e risoluto, come
vedesi in altre capricciose teste di vecchi barbuti con turbanti e
berrettoni in capo, tocchi con grandissima forza e finimento, riducendo
egli in tali cose il più fino gusto della scuola fiamminga”.
Con molta probabilità, a spingerlo in modo deciso verso questo genere
hanno contribuito sia le stampe di Rembrandt e del Grechetto presenti a
Venezia (ad esempio nelle collezioni di Anton Maria Zanetti il Vecchio e
di Joseph Smith), sia il soggiorno tedesco. Al conte Carrara, in una
lettera del 1746, scrive: “per quel che riguarda a incidere in
acquaforte non è affare per me positivamente; pure se fosse per fare
qualcosa di mio capriccio o qualche mezza figura di vecchio e di giovane
senza essere costretto a copiare o star soggietto alla somiglianza,
quello lo farei, ma altrimenti non è cosa per me”.
Negli anni ’50, l’interesse di Nazzari per le ‘teste di carattere’ è
sempre più vivace e, non di rado, invade anche i confini della
ritrattistica. Un chiaro esempio viene dal Ritratto del conte Giacomo
Carrara (Bergamo, Accademia Carrara), nel quale il famoso collezionista
bergamasco indossa un’inaspettata armatura. “La presenza di questo
accessorio, piuttosto curioso in accostamento al Carrara, può spiegarsi
sulla base dell’interesse, comune a effigiato e ritrattista, per le
‘teste di carattere’ di sapore rembrandtiano” (Baccanelli, in Fra Galgario e la ritrattistica… 2008). Elegante e spiritoso al tempo
stesso, il dipinto fonde abilmente i due generi più amati da Nazzari: il
ritratto di rappresentanza e la ‘figura di capriccio’. Così facendo, ci
rivela l’aspetto più affascinante della poetica del pittore, vale a dire
la tormentata convivenza tra un linguaggio che insegue - ora in modo
deciso ora in modo discreto (è garbo il suo, non timidezza!) - la realtà
e un’indomita attrazione per la fantasia.