CONSULENZE-STIME-EXPERTISE

 

 Condividi su Facebook

 

 

Alessandro Tiarini (Bologna 1577 - 1668) 

 

 

Secondo lo storico seicentesco Carlo Cesare Malvasia (1706), Alessandro Tiarini fu avviato all’arte da Lavinia Fontana, che lo affidò al padre Prospero. Alla morte di Fontana (1597), dopo aver cercato di essere ammesso all’Accademia degli Incamminati, passò nella bottega di Bartolomeo Cesi. A seguito di un litigio però fu costretto a riparare in Toscana, e documenti ne attestano dal 1599 al 1606 la presenza a Firenze, dove si perfezionò nella bottega del Passignano.
Rientrato a Bologna realizzò la sua prima opera pubblica, la Santa Barbara per la chiesa di San Petronio. Iniziò così un’attività prolifica e remunerativa, che gli garantì un elevato tenore di vita: "insomma egli era nato più per fare il gentiluomo che il pittore", stando "bene ammobiliato in casa, tenendo serve e servitori, facendo buona tavola abbondante e squisita, e ricca di buoni vini. Vestiva nobilmente, e di seta se stesso, la moglie ed i figli". A tal punto da offrire sontuose cene e rinfreschi ad alti prelati o principi della Chiesa con cui era in grande dimestichezza; e fra questi ospiti vi erano uomini di gran cultura e collezionisti come il cardinal  Giustiniani o il Ludovisi (Malvasia 1706).  
"Tiarini visse assai a lungo: alla sua morte, avvenuta dopo un periodo di inattività a seguito della perdita della vista e poi di una paralisi che, senza privarlo della sua lucidità, lo aveva immobilizzato a letto, il panorama della pittura emiliana era ormai del tutto mutato rispetto a quello che lo aveva visto brillante protagonista nel corso di ben cinquant’anni. Sopravvissuto agli stessi suoi figli, aveva da tempo donato la propria tavolozza e gli altri arnesi del mestiere a Giovanni Andrea Sirani" (Benati 2002), per dedicarsi fino alla morte "alle devozioni e spirituali esercizi" (Malvasia 1706).

 

Daniele D'Anza

 

giugno 2005