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Francesco Albani (Bologna 1578 – 1660)
Francesco,
secondo figlio di Agostino Albani, ricco mercante di seta, nacque a
Bologna il 17 agosto 1578 (Gualandi 1840). Rimasto, appena dodicenne,
orfano del genitore, fu, poco dopo, introdotto alla scuola di Dionys
Calvaert: pittore fiammingo di cultura manierista attivo a Bologna già
da parecchi anni. “Qui, subito, strinse amicizia con Guido Reni, che
aveva conosciuto due anni innanzi condiscepolo presso l’umanista
Gugliemini. Reni, benché quindicenne, era già bravissimo, e
l’indaffaratissimo Calvaert risolse di affidargli l’ancor più giovane
Francesco. Tra i due adolescenti non tarda a nascere affiatamento e
amicizia, Francesco crescendo ai consigli di quel singolare
«vicemaestro». Ma Guido abbandonò la «stanza» del fiammingo per
andarsene a scuola dai Carracci, mentre Francesco rimase, insofferente
al pensiero di aver perduto gli affettuosi consigli del compagno, e
senza difesa rispetto ai modi spicci e scortesi del Calvaert” (Milantoni
1995).
Francesco Albani comunque “non dovette tardare ad imitarlo, attirato,
oltre che dal desiderio di non perdere gli ammaestramenti dell’amico
genialissimo, dalla reputazione di più moderna cultura che presso i
giovani i Carracci si erano stabilmente acquistata. Restavano tuttavia
ad accogliere i transfughi dalla bottega del Calvaert soltanto il più
anziano Ludovico e Agostino, essendo già partito Annibale per servire a
Roma il Cardinal Farnese” (Volpe 1962). “Sulle prime pare ci fosse
sincera allegrezza in entrambi per questo ricongiungimento. Ma, passato
il dosso dell’età scolare, della freschezza adolescente, i due giovani
intrapresero a guardarsi con occhi diversi. Si affacciò l’emulazione,
che «da qualche neo di livore non parve esente». Comunque, fu un
attestato di grandissima stima l’incarico che, mallevadore Ludovico, il
ventenne Albani ricevette per decorare ad affresco una sala del
bolognese palazzo Fava con Storie dal primo libro dell’Eneide, databile
al 1598” (Milantoni 1995).
Nell’ottobre del 1601 Francesco Albani è a Roma ancora in
compagnia di Guido, ma “contrariamente a quest’ultimo, ben deciso anche
in quest’occasione a mantenere una posizione autonoma, egli si pone al
seguito di Annibale Carracci e partecipa ad alcune imprese a lui
commissionate e da lui ideate, ma cedute in gran parte agli allievi per
l'esecuzione: tra queste si ricordano gli affreschi in San Giacomo degli
Spagnoli (1602-1607; ora staccati e divisi tra i musei di Madrid e di
Barcellona) e la partecipazione al compimento delle lunette con Storie
di Cristo entro ampi sfondi paesaggistici per il cardinale Pietro
Aldobrandini (Roma, Galleria Doria Pamphilj), capitali per la storia
della moderna pittura di paesaggio. Tra queste ultime, i cui pagamenti
(1605 e 1613) sono di fatto a lui intestati, gli spettano, più o meno
integralmente, l’Adorazione dei magi, la Visitazione, la Deposizione e
l’Assunzione [...]. Nel 1610 partecipa, in sottordine a Guido, alla
decorazione della cappella annessa al palazzo del Quirinale, occasione
del definitivo litigio tra i due antichi discepoli. Cruciale appare la
decorazione di una sala in palazzo Giustiniani a Bassano Romano, nella
quale è impiegato anche Domenichino” (Benati 1989).
“Prima del giungo del 1609 l’Albani aveva fatto ritorno a Bologna, non
sappiamo per quanto tempo, come certifica un documento dell’Archivio
Giustiniani, pubblicato da M. V. Brugnoli (1957), relativo alle spese
«per il suo viaggio per venire a dipingere a Bassano». Qui a Bassano di
Sutri, nel Palazzo del Marchese Vincenzo Giustiniani, l’Albani lavorò ad
affrescare una galleria a partire dal 20 di giugno, per cinque mesi,
ritornandovi nella primavera del 1610 per completamenti e ritocchi. In
questo secondo viaggio compare accanto all’Albani il suo protetto
paesaggista G. B. Viola” (Volpe 1962).
“In the seven years from 1607 to 1614, he had firmly established his
reputation in the papal city with three major fresco cycles for the
palaces of prominent private patrons and a fourth one in a church that
enjoyed special papal favor. Strangely Albani undertook no further
large-scale commissions in the next three years. The artist’s personal
circumstances may best explain this. Writing in about 1620, Mancini
remarked on Albani’s reduced output and speculated that a too
comfortable financial status was at fault. Indeed, Albani was well off,
as a result of his earnings and a family inheritance. Furthermore, when
he married the twelve-year-old Anna Eufemia Rusconi on February 14,
1613, he obtained a handsome dowry from her mother. But the death of
Anna, ten days after the birth of their first child in June 1614, left
him with both a newborn to care for and a burdensome lawsuit. His older
brother Domenico wanted adamantly to remain a bachelor and pressured
Francesco to return home, remarry, and carry on the family line. Either
out of a sense of family duty or because he saw some advantage in his
brother’s promise to manage all financial affairs leaving him from free
to devote himself to painting. Albani obeyed the summons, abandoned his
Roman career, and moved back to Bologna in 1617” (Puglisi 1999).
Durante il periodo trascorso nella città natale (1617-1621), Francesco
Albani realizza il Battesimo di Cristo per la chiesa bolognese di
San Giorgio in Poggiale (ora Pinacoteca Nazionale), la pala della chiesa
dei Servi a Rimini e “i quattro tondi con Storie di Venere e Diana,
“documentati nella collezione di Scipione Borghese già nel 1622 (Roma,
Galleria Borghese): per la prima volta l’artista si cimenta in un genere
che gli dà modo di esibire la propria sapienza letteraria e di calare
entro la favolosa dimensione del mito una tenera inclinazione
naturalistica. Di fatto questa serie gli procurerà grande fortuna, come
attestano le commissioni analoghe (una per il duca Ferdinando Gonzaga,
poi portata a termine per Giovan Carlo de’ Medici, si trova ora al
Louvre)” (Benati 1989). Francesco Albani difatti era stato
invitato a Mantova, fra il 1621 e il 1622 assieme a Lucio Massari,
proprio al servizio del duca Federico. “L’impegno prevedeva una
decorazione all’interno della Villa Favorita, dove rimase sei mesi
perdendo tempo «in ciarlare e fare i cartoni» e concludendo poco. Per
Malvasia l’Albani è anche disordinato, un po’ arruffone, dedito alla
chiacchiera, «chiarlone» anche malevolo nei confronti del Reni, che
Francesco soprannominò «Vanone». Fatto sta che le storie di Venere e
Diana, oggi al Louvre, presero la via per Firenze, e presso quella
corte Albani le ultimò ben molto tempo dopo, nel 1633”.
Nel 1623 Francesco Albani è di nuovo a Roma, dove rimane fino al 1625.
La definitiva partenza dall’Urbe “segna tuttavia la fine delle fortune
dell’artista nella grande capitale, dove gli accadrà di veder disdetta,
nel 1629, la commissione di una pala per San Pietro in Vaticano affidata
in sua vece al Valentin. L’Albani si ritira a Bologna nelle sue due
ville suburbane, dove fra la numerosa prole nata dal suo secondo
matrimonio, ma tra affanni e risentimenti amarissimi che lo esacerbarono
per tutti i rimanenti anni di vita, condusse a compimento non poche
ragguardevoli decorazioni di altari delle chiese bolognesi del
circondario. Fra il 1630 e il ’32 l’Albani assolveva ad uno dei suoi
maggiori impegni in patria dipingendo la pala d’altare e gli affreschi
della cappella Cagnoli in Santa Maria di Galliera” (Volpe 1962).
Nonostante le continue gratificazioni, questo periodo bolognese fu
esacerbato “da alcuni avvenimenti familiari che non mancarono di
incidere sulla sua attività. Il più grave dei fatti fu un raggiro
operato dal fratello cui il pitore aveva affidato una procura d’affari,
col risultato che, alla morte del congiunto, dovette far fronte anche ai
debiti lasciati da quello, che sommavano a circa settantamila lire.
Francesco Albani si dette pertanto a cercare più committenze
possibili, soprattutto quadri da cavalletto, prodotti in velocità e da
vendersi a poco prezzo: si raccomandava a Girolamo Bonini, suo
corrispondente veneziano, affinché gliene procurasse in gran numero.
Nonostante tutto questo affanno, Albani continuava però ad esser
ricercato da personaggi di rango, come Vittoria dè Medici che volle il
Riposo nella fuga in Egitto (1659-1660), tuttora conservato nelle
Gallerie Fiorentine” (Milantoni 1995), ed eseguito poco prima che la
morte lo cogliesse a Bologna il 4 ottobre 1660 (Malvasia 1841).
Daniele D'Anza
aprile 2005
BIBLIOGRAFIA:
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Appendice: Ecfrasi poetica di Giovan Pietro Bellori del 'Ciclo di
VenerÈ di Francesco Albani (1672),
in L'idéal classique: les échanges artistiques entre Rome et Paris au
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2002
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