Francesco Zanin (Nove 1824 - Venezia 1884)

 


 

F. Zanin, Solenne regata in onore di Edoardo, Duca di York, olio su tela. Collezione privata

 

Francesco Zanin nasce a Nove in provincia di Vicenza il 22 giugno 1824 da Martino “fornasier” (fornaciaio) - come attesta l’atto di battesimo della parrocchia dei Ss. Pietro e Paolo di Nove[1]. I primi documenti su Francesco si trovano nella Matricola Generale degli alunni[2] dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove risulta iscritto per il biennio 1849-50 alle scuole di Architettura, Prospettiva e Paesaggio, quindi sotto gli insegnamenti rispettivamente di Francesco Lazzari, Federico Moja e Francesco Bagnara. Alle tre scuole ottiene ottimi voti e già nel 1850, a conclusione del primo anno di iscrizione, lo troviamo tra gli espositori, con Chiostro di monastero[3], alla consueta mostra annuale dell’Accademia che si teneva in agosto.

L’anno seguente Zanin espone Angolo rientrante di fabbriche diroccate, dipinto eseguito come saggio finale del corso di paesaggio tenuto da Bagnara; lo stesso soggetto fu presentato da Carlo Matscheg e Giacomo Berti. Tutti e tre i pittori risultano vincitori della medaglia e Zanin anche della medaglia in disegno “Per la riproduzione in disegno a memoria di varii studi anteriormente copiati dal vero”. Il soggetto e quanto pubblicato negli atti di quell’anno, evidenziano le grandi novità apportate al corso di paesaggio con l’insediamento alla presidenza di Pietro Selvatico. Le lezioni venivano divise in due parti; la prima consisteva nella “copia in dipinto” per la quale fu scelto a modello “un paese con torrenti del sig. Turpin[4], la seconda consisteva nella “copia dal vero in dipinto”. Quest’ultima prova era la vera novità del corso, perché gli studenti dovevano per la prima volta andare a dipingere all’aperto, en plein air; anche i docenti per dare il loro giudizio si recavano nel luogo scelto dagli alunni per confrontare il dipinto[5] con la realtà.

In questi primi anni Zanin espone regolarmente in Accademia[6]: nel 1853 espone due opere Veduta della Chiesa della Salute in Venezia e Una notte di carnevale nel campo de' SS. Gio. e Paolo[7]. Nel 1854 cinque opere, di cui tre oli: La Piazzetta di Venezia al chiaro di luna, Interno della chiesa di S. Marco, Battistero della Chiesa dei Frari e due acquerelli: Veduta della Chiesa della Salute e Porta della Carta[8]; nel 1855 Interno della chiesa di S. Marco, Porta del Tesoro, Porta di Pergamo[9].

Zanin continua ad esporre fino al 1860 vedute dei siti veneziani più famosi[10], e dal 1861, accanto ai titoli delle opere appare la menzione di imitazione o copia dei quadri di Canaletto, Canale che serve d'ingresso all'Arsenale di Venezia, eseguito ad imitazione del Canaletto oppure Veduta della Chiesa dei SS. Gio e Paolo in Venezia, copia di un Canaletto[11]. Nel 1866 partecipa alla Società Promotrice di Belle Arti di Genova e a quella di Torino, esponendo in entrambi i casi un tema simile Interno della Basilica di S. Marco[12] e Interno della chiesa di S. Marco in Venezia[13].

La critica in genere riserva all’artista vicentino giudizi non favorevoli e poco frequenti, sebbene nel complesso fosse noto il favore che incontrava presso i collezionisti, particolarmente stranieri, per i quali dipingeva i luoghi più conosciuti di Venezia e della sua tradizione pittorica[14].

Nonostante la situazione critica che molti artisti si trovarono a vivere alla metà del secolo e nel periodo postunitario, che per esempio costrinse Carlo Matscheg ad abbandonare la pittura di vedute per dedicarsi alla decorazione, Zanin trovò un proficuo filone commerciale nel mercato anglosassone, risalendo al quale è iniziata ai giorni nostri la riscoperta di questo epigono dell’antica tradizione vedutistica. L'artista vicentino fu attento anche alle novità introdotte da Caffi, come la veduta della città notturna, alla quale anche Zanin stesso ebbe modo di dedicarsi.

Con il mutare del gusto e con le innovazioni che investirono la scuola di paesaggio e prospettiva, la sua fortuna presso i collezionisti iniziò a mancare ed egli venne reputato dalla critica come mero imitatore di Canaletto, come risulta dalle recensioni delle mostre: “si compiace imitare il Canaletto e cadere perciò in tutte le conseguenze […] di chi imiti più gli autori che il vero”[15]; “Francesco Zanin, il quale, per non so quale capriccio, tentando imitare il Canaletto, acquistò le tinte proprie di un quadro vecchio, anziché quelle più belle, che la luce li mette dinanzi”[16]; “sig. Francesco Zanin volle insistere nelle sue imitazioni del Canaletto […] E quali sono di fatti le conseguenze di siffatte sue imitazioni? Una tinta uniforme, monotona, dominatrice in ciascun suo dipinto; certi sporchi, che per non derivare dagl’insulti, che il tempo reca alle pitture, e meglio talora le armonizza, fanno invece riuscire pesanti le sue; un filettare, che se al Canaletto veniva suggerito dal sentimento proprio, ed individuale, nell’imitazione sono segni insignificanti, per non dire disgustosi: tali sono le conseguenze in generale delle imitazioni, ed in questo caso di quelle del signor Zanin.”[17][17]

 

Il suo legame ideale con Canaletto, o se vogliamo il suo imitare e qualche volta addirittura copiare con successo le opere del Maestro settecentesco, costituiscono semmai prova della fortuna ininterrotta di Canaletto anche nell’Ottocento. Fortuna di cui tratta anche lo scritto Del Canaletto di Niccolò Tommaseo dato alle stampe nel 1838[18]. Il patriota italiano, elogiando il Maestro, conclude che “l’arte è nata non già per essere imitatrice dell’arte, ch’è allora raggio ripercosso di luce riflessa, ma per illustrare la natura e rinnovarla d’effetto generoso”[19]. Ciò che i critici contemporanei contestavano a Zanin era di imitare passivamente Canaletto, rappresentando gli stessi scorci in maniera non soggettiva. Il suo essere pittore prospettico alla stessa maniera di Canaletto fu dunque ritenuto ad un certo punto della carriera, un limite, in un epoca in cui l’Accademia si era rinnovata, mutando anche il gusto dei collezionisti rivolgendolo alla nuova generazione di paesaggisti.

Zanin con la sua maestria, con il suo perfezionismo assimilabile a quello del Maestro, aveva colmato la grande richiesta di opere di Canaletto ormai introvabili, talché, come sostengono alcuni critici suoi contemporanei, molte opere non furono intenzionalmente firmate dall’artista per facilitarne lo smercio nel mercato dei vedutisti del Settecento. Basti notare che in molte opere Zanin faceva precedere alla firma il numero di reiterazione del soggetto rappresentato. Ad esempio nell’opera Il rio dei Mendicanti e la Scuola di San Marco, (nella Collezione della Fondazione Palazzo Coronini Cromberg di Gorizia), copia di un’opera di Bernardo Bellotto di proprietà delle Gallerie dell’Accademia di Venezia che in passato si pensava fosse ascrivibile a Canaletto, il vicentino firma N° 33. Zanin Fran.co 1869. In questo caso specifico il numero 33 sta a significare che Zanin ha realizzato fino al 1869 almeno 33 copie delle stesso dipinto, alcune delle quali sono apparse nel mercato antiquario con la firma apposta da Zanin e altre, prive di firma, verosimilmente assorbite dal mercato come autentici Canaletto.

Nel panorama dei vedutisti veneziani dell’Ottocento Zanin è un pittore all’inizio della sua carriera quotato e di un certo valore, maestro in uno specifico filone in cui svolge la sua attività. Si è accostato alla produzione di Canaletto copiandone spesso i dipinti, ma allo stesso tempo assimilandone il gusto e rinnovandolo con l’invenzione e reinterpretazione di nuovi soggetti come il Ponte delle Pazienze ai Carmini oppure rappresentando la nuova Stazione ferroviaria.

 

 

F. Zanin, I festeggiamenti per il nuovo acquedotto in Piazza San Marco, olio su tela, firmato  e datato Zanin Fran. 1877. Collezione privata

 

 

Nell’opera I festeggiamenti per il nuovo acquedotto in Piazza San Marco Zanin mostra una festa notturna in Piazza San Marco, in occasione di un evento contemporaneo, come si desume dalle fogge delle macchiette in Piazza e dal tricolore italiano issato sopra le Procuratie sulla destra.

Come nel Settecento, anche nell’Ottocento si celebrano nelle vedute le feste veneziane. Il maggiore rappresentate di questo genere fu Ippolito Caffi, che con la sua Venezia rischiarata da luci artificiali ne aveva svelato un volto nuovo. Zanin si destreggia sapientemente nella resa degli effetti delle varie fonti di luce artificiale: quella dei fuochi d’artificio, che investono il campanile, la biblioteca marciana e la parte superiore della Basilica, quella dei lampioni a gas inaugurati a Venezia nel 1843 e quella del faro che illumina la fontana enfatizzandola. La festa qui celebrata è quella per l’inaugurazione dell’acquedotto, voluto dal governo italiano dopo l’annessione di Venezia al Regno d’Italia. In quest’occasione venne allestita in piazza una fontana provvisoria, visibile nel dipinto in basso a destra. In questa tela Zanin unisce le nostalgie settecentesche alla contemporaneità, inquadrando l’evento in una tradizionale prospettiva della Piazza e enfatizzando la modernità con un minuzioso racconto episodico.

Con il cambiamento del gusto a Zanin vennero a mancare i compratori e i mezzi per sopravvivere, talché il pittore morì per indigenza e in solitudine nella sua stanza a Venezia il giorno di Natale del 1884.

 

 

 

Elena Catra

 

 

 


Approfondimenti:

Per la sezione Documenti si veda Il Vasaio innamorato. Scritti per gli ottant’anni di Alessio Tasca, a cura di Elisa Prete e Nico Stringa, Treviso, Canova, 2010, pp. 55-57.

 

 

 

Note:

[1]Nove (Vicenza) Archivio parrocchiale (v. sezione documenti)

[2]Alla voce Zanin Francesco, in R. Accademia di Belle Arti in Venezia, Matricola Generale degli alunni dal 1817-18 al 1852-53, vol IV parte I II.

Appena iscritto risulta domiciliato ai Gesuati n. 327, per poi trasferirsi poco lontano; A S.M. del Rosario alle Zattere al n. 921.

[3]N. 56, Elenco degli oggetti d’arte ammessi all’esposizione nelle sale della veneta I.R. Accademia di Belle Arti nel 1850, Venezia, Tip. Naratovich, 1850.

[4]Del conte Lancelot – Théodore Turpin de Crissé le Gallerie dell’Accademia possiedono due opere donate dal pittore, Paesaggio con centauri e Paesaggio con antichi ruderi per cui si veda S. Moschini Marconi, Gallerie dell’Accademia di Venezia – Opere d’arte dei secoli XVII, XVIII, XIX, Voll. III, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1970, n. 533 e 534. Il nobile parigino, pittore di vedute e di paesaggi, trovato in Venezia un ambiente a lui congeniale, vi si stabilisce all’inizio degli anni Trenta, ricevendovi una cordiale accoglienza in accademia, grazie anche ai buoni rapporti instaurati con il Presidente Cicognara. La sua presenza in veste di espositore alle rassegne veneziane si osserva solo alle edizioni del 1833 e del 1838 e pur non essendo delle più consistenti dal punto di vista quantitativo, la sua produzione rivela qualità pittoriche tali da suscitare l’entusiasmo e l’elogio del pubblico e della critica. La sua pittura caratterizzata dalle luci nordiche e gli effetti particolari fu probabilmente l’ispiratrice della pittura di Caffi.

[5]Al riguardo si veda quando riportato da N. Stringa, Il paesaggio e la veduta: appunti per una storia, in La pittura nel Veneto. L’Ottocento, II, a cura di G. Pavanello, Milano 2003, p. 599 e Atti dell’Imp. Regia Accademia di Belle Arti in Venezia, Venezia, 1851, pp. 44-45.

[6]Di alcuni anni come il 1857 e il 1859 non sono stati trovati gli elenchi delle opere esposte all’Accademia, mentre nel 1858 Zanin non risulta abbia esposto.

[7]N. 52 e 60, Elenco degli oggetti..ivi., 1853;  

[8]N. 47, 80, 82 e 111, 112; Elenco degli oggetti..ivi., 1854

[9]N. 118, 119, Elenco degli oggetti..ivi., 1855

[10]Veduta della Chiesa di S. Marco in Venezia, Il ponte delle Pazienze e l'Apside esterno della chiesa di S. Maria del Carmine in Venezia, ai N. 14 e 44, Elenco degli oggetti..ivi., 1856; Veduta della Chiesa e del Campo SS. Gio. e Paolo, La Porta della Carta, Altare di S. Giacomo nella Chiesa di S. Marco in Venezia, ai n. 57, 84, 85, Elenco degli oggetti..ivi., 1860.

[11]Rispettivamente ai numeri 64 e 65 assieme a 63. Altare di S. Pietro nella chiesa dei Frari in Venezia, 66. Altar Maggiore nella Basilica di S. Marco in Venezia, Elenco degli oggetti..ivi., 1861.

E così avanti fino al 1881; 55. Interno della chiesa di S. Marco in Venezia, secolo XVIII, 88. Canale di S. Lucia in Venezia, imitazione di Canaletto, 89. Dogana della Salute, simile, 90. Canale di SS. Gio. e Paolo, copia da Canaletto, 157. Facciata della Chiesa dei Scalzi in Venezia, nel 1862; 83. Isola di S. Michele presso Murano, imitazione del Canaletto, 84. Fondaco dei Turchi in Venezia, imitazione del Canaletto, 85. Isola di Marghera, copia da Canaletto, 86. Palazzo Corner sul Canal Grande, simile, 87. Veduta della Cripta o sottoconfessione della Chiesa di S. Marco in Venezia, 88. Veduta simile, nel 1863; 91. Chiesa della Carità, 92. Isola di S. Giorgio e Punta della Dogana, 94. Punta della Dogana in Venezia, 95. Veduta di S. Pietro di Castello, 96. Altare di S. Giacomo nella Basilica di S. Marco. Epoca e costumi del 1500, 97. Canal Grande di Venezia con la regata, 98. Isola di S. Michele presso Murano, 99. Palazzo Goldoni e di Marco Polo a Venezia, 100. Ponte del Paradiso nel 1864; 28. Campo San Lio con funerali a Canaletto, 42. Chiesa di San Lio con funerali di Canaletto nel 1878; 5. Veduta della Piazzetta e Piazza San Marco, 9. Stazione ferroviaria nel 1881 all’Esposizione d’Arte antica e Moderna di Palazzo Pisani.

[12]Società Promotrice di Belle Arti in Genova – Catalogo degli oggetti esposti, 1866, n. 93, p. 15.

[13]XXV Esposizione Società Promotrice di Belle Arti di Torino – Catalogo degli oggetti esposti, 1866, n. 412, p. 27.

[14]Molte dell’opere rinvenute recentemente provengono da collezioni prevalentemente inglesi e francesi, cfr. Francecso Zanin: un “Canaletto” nell’Ottocento, a cura di F. Magani, Milano, Caiati & Salomon, 2007.

[15]Pubblica mostra delle Belle Arti in questa I.R. Accademia, in Gazzetta Uffiziale di Venezia, 24 agosto 1861.

[16]S. M., Pubblica Mostra nell’I.R Accademia, in Gazzetta Uffiziale di Venezia,  12 Settembre 1864.

[17]S. Manfrin, Pubblica mostra nell’I.R. Accademia, in Gazzetta Uffiziale di Venezia, 12 Settembre 1865.

[18]Per la prima volta il piccolo trattato su Canaletto viene pubblicata da Tommaseo in Della Bellezza Educatrice. Pensieri, Venezia, coi tipi del Gondoliere, 1838; per poi essere ripubblicato in Bellezza e civiltà delle arti del bello sensibile; Firenze, Felice Le Monnier, 1857.

[19]N. Tommaseo, Del Canaletto, ivi., 1857, p. 256.