Telemaco Signorini (Firenze 1835 – 1901)  

 

 

 

Telemaco Signorini nacque a Firenze il 18 agosto 1835. Il padre era pittore della corte del Granduca e avviò il figlio, contrariamente alla sua volontà agli studi di disegno presso l'Accademia di Belle Arti di Firenze, dove Signorini seguì i corsi di nudo. Inizialmente, per aiutare il padre, copiò diligentemente i paesaggi seicenteschi conservati presso le gallerie fiorentine, prediligendo i quadri di autori olandesi.

Amico di Odoardo Borrani e Vincenzo Cabianca, insieme a loro praticò la copia dal vero, prediligendo i paesaggi campestri della zona di San Giminiano.

Con i suoi compagni di pittura, Signorini cominciò a frequentare il Caffè Michelangelo ed iniziò ad interessarsi alla letteratura naturalista di origine francese. Le discussioni teoriche di questo circolo di artisti e intellettuali di fede democratica, si concentravano soprattutto sulle esperienze dell'arte europea, da Corot a Constable, ma nella Firenze di quegli anni fecero breccia anche le nuove tecniche della fotografia, dal momento che, nel 1854, aprì il celebre laboratorio fondato da Leopoldo Alinari. Tutti questi spunti portarono Signorini verso un nuovo modo di dipingere, attraverso una curata stesura del colore a macchie luminose, mezzo per cogliere l'immagine del vero in tutta la sua immediatezza, eliminando quasi la pratica del disegno, a favore di un effetto più spontaneo. Il chiaroscuro era trascurato: l'artista doveva procedere costruendo l'ombra con il solo accostamento dei colori, abolendo l'uso del nero. Si otteneva così un effetto di grande luminosità dovuto anche alla semplificazione dello scenario, risolto nelle sue linee essenziali. Si vedano, ad esempio, i giochi mobili delle luci e delle ombre nella calma assolata delle Colline di Settignano, del 1855.

Nel 1856 Signorini si recò a Venezia, dove realizzò diversi disegni di chiese e palazzi, eseguiti con un segno pittorico nitido. Questi studi gli serviranno per realizzare i lavori che, nel 1867 presenterà alla Promotrice delle Belle Arti di Firenze.

Nel 1958 il pittore compì un altro viaggio di studio, in Liguria, alla ricerca di un ambiente visivo che gli rendesse più diretto il rapporto con il "vero", dove i contrasti tra luce ed ombra fossero netti al fine di individuare la "macchia" come elemento grammaticale del suo dipingere. Signorini sentiva l'esigenza di un'arte che superasse le finzioni della visione accademica, per recuperare un rapporto più diretto con il dato reale.  A La Spezia realizzò il bozzetto de Il merciaio di la Spezia, opera che verrà poi esposta alla Promotrice nel 1859 e che rappresenta il primo esempio di uso della macchia per una scena di vita quotidiana.

Nel 1859 Telemaco Signorini si arruolò nelle truppe garibaldine e partecipò, come volontario, agli eventi militari della seconda guerra d'indipendenza. Va ricordato che i pittori cosiddetti macchiaioli, furono quelli che maggiormente si fecero portavoce dell'esigenza di una svolta politica in senso democratico, interessandosi anche alle teorie sulla funzione dell'artista nel contesto sociale.

Al ritorno dal fronte, Signorini, insieme a Cabianca sperimentò un metodo pittorico scientificamente analitico nella resa dei valori cromatici e luminosi per mezzo della macchia. Il periodo di maggiore intransigenza macchiaiola, vide Signorini impegnato a dipingere dal vero nella campagna di Montelupo, a La Spezia, ma lo vide anche tornare suoi luoghi dove si erano svolte le battaglie del 1859.

Nel 1861 Signorini andò a Parigi. Qui ebbe modo di conoscere personalmente l'anziano Corot, Courbet  e di vedere le opere degli artisti della Scuola di Barbizon, appassionandosi ancora di più alla pittura di paesaggio.

Nel 1862, ospite del critico d'arte Diego Martelli a Castiglioncello, Signorini diede vita alla Scuola di Piagentina. Sarà questa la sua unica visita alla tenuta.

Nel 1862 si consolidò il rapporto di amicizia con Silvestro Lega, insieme al quale Signorini dipinse paesaggi e vedute nella zona di Piagentina.

Nel 1865 si accostò anche al tema sociale, con il famoso dipinto La sala delle agitate al S. Bonifazio di Firenze, ambientato nel manicomio. L'impostazione obliqua della prospettiva di quest'opera, le figure ammassate e contorte delle povere dementi che si stagliano su uno sfondo inesorabilmente vuoto e angosciante, rendono terribilmente drammatica la rappresentazione della reclusione umana.

Nel 1868, insieme al critico d'arte Diego Martelli, fondò "Il Gazzettino delle Arti e del Disegno", al quale partecipò attivamente, oltre a collaborare con il "Giornale Artistico" di Cecioni.

Tornato a Parigi, nel 1868, Signorini fu ospite di De Nittis, con il quale si recò a Londra. Nel 1871 si recò a Napoli e a Roma, in compagnia di Adriano Cecioni e lo stesso De Nittis.

Tra il 1873  e il 1881, furono numerosi a viaggi di Signorini in Francia, dove conobbe Boldini con il quale dipinse paesaggi per il mercante d'arte Goupil, ma anche in Inghilterra e in Scozia, dove la sua bravura nel realizzare vedute fu apprezzata dal mercante Visart.

Durante i suoi periodi di soggiorno a Firenze, Signorini dipinse numerose vedute di Settignano e Riomaggiore, ma tornò anche sul tema della denuncia sociale della condizione di chi vive ai margini della società - è il caso del quadro Il bagno penale di Portoferraio, all'isola d'Elba, dipinto nel 1888. Con Giovanni Fattori, Signorini fu il primo a trattare argomenti sociali sgraditi ad un pubblico sostanzialmente borghese e conformista.

In quest'ultimo periodo della sua vita il pittore appoggiò paternamente l'opera di artisti più giovani, anch'essi attenti a raggiungere straordinari effetti di resa atmosferica, attraverso un'attenta stesura del colore, intriso di luci ed ombre; è il caso di Plinio Novellini e Pellizza da Volpedo.

Telemaco Signorini continuò a viaggiare tra la Francia e l'Inghilterra, riuscendo sempre a carpire, nei suoi quadri, la natura e l'atmosfera del luogo dove si trovava, senza per questo perdere coerenza di stile.

La morte lo colse nella sua Firenze, il 10 febbraio 1901.

 

 

Maria Cristina Bonisolli