Giovanni Battista Rava (Alba 1874 - Agliè Canavese 1944)

 

 

 

G. Rava, Autoritratto con pipa, 1923

 

 

Rava Giovanni Battista, (così fu iscritto nei registri comunali) nacque ad Alba il 14 settembre dell'anno 1874 alle ore nove, in Via Tanaro (attuale via Cavour) nella casa del cav. Giuliano, dalla diciannovenne Margherita Minassi e dal ventitreenne Carlo, entrambi originari di Magliano Alfieri, dove il nonno di Giovanni era proprietario di un'azienda agricola. Ad Alba, i suoi genitori esercitavano l'attività di "pristinai" (venditori di pane e pasta). La famiglia Rava, si completò negli anni successivi con la nascita di Dante (abile decoratore) di Luigi ed infine di una bambina alla quale fu posto il nome di Carmela (Carmelina). Dopo aver frequentato le scuole dell'obbligo e successivamente le Scuole Tecniche, Giovanni, s'iscrisse ai corsi della "Regia Accademia Albertina per le Belle Arti di Torino". L'ammissione alla stessa, dopo il corso preparatorio (novembre 1891 - giugno 1892) al termine del quale ottenne la votazione complessiva di 24/30, fu firmata in ordine dagli insegnanti: Lorenzo Delleani, Celestino Turletti, Andrea Tavernier, Giovanni Battista Quadrone, Pier Celestino Gilardi, Vittorio Cavalleri e Giacomo Grosso. In quell'anno a compagni di studio, ebbe tra gli altri: il parigino Eugenio Berloquin, i torinesi Ennio Morelli, Guido Tirozzo e quell’Oreste Pizio che, negli anni successivi fece incetta di medaglie e menzioni e col quale "il nostro" fu legato da sincera amicizia. Nello studio, Giovanni, non si distinse in modo particolare, anzi un piccolo neo macchia il suo quinto anno; ma andiamo con ordine. Il 30 gennaio 1896, fu iscritto a registro col numero di matricola 4430 ed in quell'occasione a rappresentare la famiglia, fu la signora Marocchino Giuseppina che,   l'ospitava nella sua abitazione di Via Saluzzo 9 a Torino. Il 30 giugno a chiusura dell'anno scolastico, mentre l'amico Pizio, otteneva la medaglia di "rame" al corso di geometria, allo stesso Rava, con 17/30 non superava l'esame; a rimandarlo era stato l'inflessibile Giovanni Sacheri: fratello del pittore Giuseppe  che, negli anni successivi fisserà la sua dimora a Pianfei, nelle vicinanze di Cuneo. Nella seduta del 23 gennaio 1897, il Consiglio d'Amministrazione dell'Accademia, l'ammise al 3° anno del Corso Superiore, ponendo come condizione di superare gli esami prima di essere ammesso ai concorsi con i quali gli allievi più meritevoli, potevano guadagnarsi dei bei gruzzoletti. In quello stesso anno, Giovanni, mostrando tanta voglia di fare, s'iscrisse ad un corso speciale (facoltativo) di "Plastica Ornamentale" ed il 21 giugno dopo sei anni di dure fatiche, fu licenziato dall'Accademia con la qualifica di "Professore". Forte del suo diploma, aprì studio in Via Mazzini 2 a Torino, dove nei primi anni, fu dedito in particolare ad opere di ritratto ed alla miniatura, esprimendosi con grande maestria. Il suo esordio espositivo, era avvenuto nel 1899 presso la palazzina della Promotrice di Torino, con un dipinto titolato: "Testa di vecchio" che fu acquistato dalla principessa Laetitia Napoleone di Savoia (Duchessa d’Aosta) sotto il patrocinio della quale, operava la "Società degli Amici dell'Arte" che era sorta nel 1894 sulle ceneri di un sodalizio denominato "Acquerellisti e Pastellisti Piemontesi". L'esposizione sociale, avveniva annualmente presso il salone dell'Accademia Albertina e fu lì che nel 1901, presidente Leonardo Bistolfi e con un comitato direttivo, nel quale figurava il braidese Giovanni Piumati; Rava fu presente con sette opere, tra le quali spiccava una soave figura femminile titolata "Voluttuosa" lavoro eseguito a pastelli colorati. Nel 1902, fu presente alla Quadriennale di Torino, con due opere di sapore verista, titolate: "Tramonto" e "Sera in montagna" quest'ultima, acquistata per la somma di lire 1000 da S.M. il Re Vittorio Emanuele III. A proposito di Società Promotrici, Massimo D'Azeglio nè "I MIEI RICORDI" scrisse: "…A forza di fabbricare artisti, l'arte è dovuta diventare un'industria; e siccome in essa  è più l'offerta che la domanda, si e dovuto pensare a provvedere a quella messe di lavoranti necessariamente a spasso. A questo effetto, le buone persone di molte città hanno istituito le "Società Promotrici" veri luoghi pii" ed a quella torinese, Giovanni, fu presente nel 1903 con cinque miniature e due dipinti titolati: "In montagna" e "Reveries" (fantasticherie, sogni) quest'ultimo venduto a 800 lire. L'estate del 1904, la trascorse a Magliano Alfieri, dedito alla realizzazione di una grande tela di contenuto sacro titolata: "Il miracolo di S. Antonio Abate" figuranti della quale furono le contadine ed i contadini del luogo. Nell'autunno di quell'anno alla Promotrice Torinese, fu presente con due miniature titolate: "Occhi azzurri" e "Ritratto di bambino" inserite a catalogo col n° 187. Nel 1906, fu invitato a partecipare alla Quadriennale di Brera a Milano, dove espose due opere: "Nella valle di Ronco Canavese" e "Quiete" segnalate dalla critica specializzata, mentre alla Promotrice torinese (dove espose ininterrottamente, sino al 1941 salvo la parentesi bellica 1915-18) presentò una bella miniatura titolata "Primavera" e altre due tele "Tramonto" e "Il tempo minaccia". Nel 1908, fu ancora alla Promotrice dove espose: "Sera in Valtournanche" e "Casolari del Breuil" più sei studi e sempre alla stessa l'anno successivo espose: "Pensiero dominante", "Quiete autunnale"  e "Ritratto della signora N. E." quest'ultimo, acquistato dal marito della stessa che, ne concesse l'esposizione, chiedendo però la cancellazione del prezzo posto al retro sull'etichetta (2650 lire).  Nel 1911, era primo ministro d'Italia, Giovanni Giolitti, l'uomo di Stato forse il più avverso alle imprese coloniali; ma il trattato di Racconigi del 1909 che, riconosceva all'Italia, diritti d’espansionismo coloniale in Africa, non gli permetteva di procrastinare ulteriormente e così, toccò proprio a Lui, portare guerra alla Turchia con la quale divennero colonie italiane la Libia e le isole del Dodecanneso. Nella "Storia delle Civiltà" di Achille Pelizzari e Carlo Bornate, si legge: "…Il 28 settembre del 1911, il governo italiano con a Capo Giovanni Giolitti e ministro degli esteri Antonino di S. Giuliano, aveva inviato alla Turchia un'intimazione (ultimatum) di porre fine entro ventiquattrore alla sua condotta poco amichevole verso l'Italia. Non avendo la Turchia risposto in tempo, il giorno 29 venne dichiarata la guerra. Il 5 ottobre, i nostri marinai sbarcavano a Tripoli, sotto la guida dell'ammiraglio Umberto Cagni e pochi giorni dopo le truppe regolari del Corpo di Spedizione, al comando del Generale Caneva giungevano a Tripoli…". Giovanni Rava, fu l'unico pittore accreditato dal governo a recarsi in Libia, per ritrarre scene di battaglie, ritratti esotici, mercati e costumi. Il 18 ottobre 1912 col trattato di Losanna, veniva sancita la pace tra l'Italia e la Turchia. Giovanni che, nel frattempo era rientrato in Italia, venne invitato a Roma ad esporre le opere che aveva colà dipinto ed all'uopo, gli venne concessa una grande sala del Quirinale. Da S.M. il Re Vittorio Emanuele III che, già possedeva i dipinti: "Via maestra ad Alba" e "Sera in montagna" gli venne acquistato il dipinto "Nell'oasi di Sciara-Sciat", oasi che nel ottobre del 1911 era stata teatro di uno dei più sanguinosi combattimenti. La mostra riproposta a Torino provocò vivissimo interesse artistico e le sue opere, oltre che dalla famiglia Reale furono acquistate da ministri e da altre personalità di spicco. Sul CORRIERE DELLA SERA del 1 agosto 1912 in “ECHI DI CRONACA” si legge  -Il pittore Giovanni Rava a Tripoli- “…All’inizio della guerra Italo Turca, il pittore Giovanni Rava di Torino, otteneva l’autorizzazione di recarsi in Tripolitania e colà traeva una cinquantina di bozzetti stimati veri capolavori. Dodici di questi sono stati tradotti in tricromia in una serie di cartoline postali illustrate che riproducono in modo artistico l’opera del Rava sotto forma di vere miniature. La collezione di lusso completa di dodici cartoline illustrate del pittore Giovanni Rava in Tripolitania, forma il più bel ricordo della nostra gloriosa conquista e comprende i seguenti soggetti: Tramonto nell’oasi - L’oasi di Sciara Sciat - Donna araba - La dogana di Tripoli - Forte spagnolo - Arco di Marco Aurelio - L’oasi pittoresca - Il forte del comando - Alle trincee - Sotto le mura di un forte - Al campo di aviazione - Lungo la spiaggia. L’importante collezione, sarà messa in vendita tra pochi giorni al prezzo di lire due. Il lavoro è stato affidato alla ditta PAUL COURTIAL Via Madama Cristina 26 Torino. Tornato a Torino, dopo i trionfi romani, fu ancora alla Promotrice, dove espose: "Nella valle di Alagna", "Tramonto" ed una "breve" tavoletta titolata "Dintorni di Alba" che, fu subito venduta per la somma di duecento lire. In quegli anni d'inizio secolo, ebbe offerte da scuole pubbliche e private per dedicarsi all'insegnamento, ma Egli le respinse sempre giustificando i suoi rifiuti con il fatto che avrebbe perso la propria libertà creativa. Se ciò era vero, era pur vero che appartenendo ad una famiglia agiata, poteva permettersi di fare esclusivamente il pittore con buona pace di tutti.  Intanto dopo la mostra romana al Quirinale, il numero dei suoi estimatori era aumentato varcando i patri confini e sempre più spesso, le gallerie d'arte di Vienna e di Parigi, ospitavano i suoi lavori. Nel 1913 alla Promotrice di Torino, espose due opere: "Tramonto" a catalogo col n. 258 e "Impressioni tripoline" (un insieme di  sette bozzetti) a catalogo col n. 45. Nel 1914  sempre alla Promotrice, espose: "La rugiada del mattino" e "La sosta" prezzate l'una a seicento  e l'altra ad ottocento lire. La prima guerra mondiale (1915-1918)  interruppe bruscamente l'attività espositiva e chi non era stato chiamato a battersi sui monti del Cadore o nella piana di Caporetto, attendeva con ansia la fine delle ostilità. Nel 1921, Giovanni è in Argentina: lo testimonia una fotografia, scattata nella città di Mar Del Plata, dallo studio fotografico Bixio y Merlino con sede centrale in Avenida Carlos Pellegrini 752 a Buenos Aires. La foto, ce lo mostra elegantemente vestito, a passeggio sotto i portici della città mentre da il braccio ad un amico. La “Post Card” è indirizzata a papà Carlo, abitante all’epoca ad Alba in Piazza Rossetti. Come sempre, in basso nella foto regna sovrana la scritta: “…Arrivederci a presto e tanti saluti Giovanni”. A trasportarlo oltre oceano era stato il piroscafo “Principessa Mafalda” che divenne tristemente noto per il suo affondamento, avvenuto il 25 Ottobre 1927 mentre era in navigazione verso il Rio della Plata, al comando del Capitano di Lungo Corso, Simone Gulì, che affondò con la sua nave. Giovanni Rava, riapparve nelle mostre pubbliche nel 1922 nell’annuale rassegna della Promotrice di Torino con un'opera titolata "Nella valle del silenzio". Nella Torino di quel dopoguerra, Egli amava ritrovarsi  con gli amici al caffè Nazionale sito in Via Po all'angolo di Via Accademia Albertina (realizzato in puro stile neoclassico e andato distrutto dalle bombe della seconda guerra mondiale) oppure al Fiorio, sito nella stessa via e che condivideva con quello succitato, la fama di luogo di ritrovo per artisti e letterati. Anche in questo caso, lo testimoniano le fotografie formato cartolina che Egli inviava alla famiglia accludendo i saluti con la solita promessa di: "…arrivederci a presto".                                     

E spesso tornava in seno alla famiglia, dapprima ad Alba  poi a Magliano Alfieri, dove trascorreva fattive estati dipingendo i colli roerini, la piana lungo il Tanaro o le vicine Langhe. Nel libro "Gente di Magliano" a cura della locale Pro-Loco, il maglianese Antonio Adriano che, ha steso una breve scheda circa il nostro artista, ci riferisce sul suo carattere: "…Era uomo bonario, estroverso, pronto sempre alla battuta scherzosa e stravagante (…) Vogliamo ancora riferire un aneddoto, che può farci meglio capire la personalità del nostro pittore. Era venuto una volta in autunno a vendemmiare con i mezzadri una sua vigna al Cornale. Al ritorno era salito anche lui sulle fascine del rabast (freno a strascico) legate al carro con la bigoncia colma d'uva, per rallentare la velocità nella discesa. (…) E il Rava, in quell'occasione, proprio si divertì come un bambino: affondava le mani e i piedi nel fango e nello sterco delle mucche per poi, finita la discesa, rotolarsi nella terra e gridare come una creatura felice. Era anche solito "fare delle voci" nella vigna e nelle strade e intonare canzoni popolari, spesso sgridato dalla sorella Carmelina, che non trovava confacente quel suo comportamento alla sua fama di pittore".

 

G. Rava, Un tramonto da Courmayer, 1924. Collezione privata

 

Nella primavera del 1923 e precisamente il 14 aprile, s'inaugurò a Torino nel palazzo del Valentino, la Quadriennale di Belle Arti. Ernesto Quadrone (fratello del pittore Giovanni Battista) sulla Gazzetta del Popolo, scrisse: "…La nostra Quadriennale, ha scelto quello che di migliore e di più interessante c'era ancora da raccogliere in fatto di pittura e di scultura". Nella seconda sala, "Paesaggio di Ceresole Reale" di Giovanni Rava, faceva bella mostra di se, insieme a "Ritratto di signora" di Carlo Pollonera, a "Ritratto di filosofo" di Giovanni Grande, (oggi nella Galleria d'Arte Moderna di Torino) a "Passa la bella" di Romolo Bernardi, a "Modelle sulla spiaggia" di Giulio Romano Vercelli, a "Orto presso  al mare" di Giulio Sommati di Mombello, a "Verso il silenzio" di Emilia Ferrettini Rossotti, a "Campagna  Padana” di  Ettore Beraldini, mentre Marco Calderini ed il figlio Luigi, erano presenti con due paesaggi ciascuno. Giorgio Nicodemi, sulla rivista bergamasca "Emporium" di quell'aprile scrisse: "…I paesisti piemontesi, portano con le vivezze delle loro derivazioni a  volte quasi insensibili dalle glorie della loro tradizione più vicina a noi, una delle note più liete della mostra (…) La loro passione, è passione di puri pittori, non ha favole, non ha incantesimi fuori di quello che spiegano le rivelazioni dei colori. E questi soli con il loro palpitare breve, rivelano tutte le sorprese del più alato senso panico". Nel 1924 alla Promotrice di Torino, espose due opere titolate: "A Champoluc" in catalogo col n. 302  e " La casa del Macrino in Alba" a catalogo col n. 279 che gli valse la medaglia d'argento del  Ministero della Pubblica Istruzione  che, ne sottoscrisse il relativo acquisto per la somma di lire millecinquecento.                                                      

 

 

Francesco Margotti, Rava e Margotti a bordo del piroscafo Mafalda

 

Nel 1926 a Cuneo, sotto il patrocinio della Camera di Commercio ed Industria, si tenne la “Prima Esposizione Provinciale di Belle Arti”. Il comitato promotore, è composto da: Prof. Emilio Bissoni, (presidente) Dott. Lino Fulcheri, (segretario) Cap. Romolo Garrone, (pittore) Leonardo Piatti, (scultore) e dal Dott. Dino Terracini. Il manifesto, raffigura la Musa dell’Arte, vestita da un lungo drappo che lascia trasparire il seno e ne mostra i piedi. Ha lo sguardo volto al cielo e le braccia sollevate a mezz’aria. Sullo sfondo di sinistra campeggia la Bisalta, mentre quello di destra, mostra uno scorcio della città con il ponte ad archi ed alcuni svettanti campanili. L’opera è del pittore Antonio Piatti (Viggiù 1875–1962) che diciassettenne, aveva frequentato la Scuola di Disegno presso l’Istituto Tecnico di Cuneo e successivamente l’Accademia di Brera. Nel “Introduzione ai Visitatori” il Prof. Emilio Bissoni, tra l’altro scrive: “… Noi vi dimostreremo, colle opere esposte nelle nostre sale, come tanti nostri comprovinciali, come i nostri fratelli migliori, nati ed educati in una Provincia che in fatto d’arte è senza tradizioni, senza scuole, senza musei, senza istituzioni, emigrati lontano per trovarvi ambienti meno ostili al proprio sviluppo e mezzi decorosi di vita fra difficoltà d’ogni specie, seppero trovare nella forza del volere, anzi nella natia tenacia montanara, nell’amore inestinguibile del Bello, i mezzi per fare realtà i propri sogni radiosi…”

 

G. Rava, Cappuccetto Rosso, 1926

 

L’Esposizione comprende trecentocinquantuno opere di cinquantasette artisti, divisi in due gruppi: invitati (29) ed accettati (28). Tra gli invitati, Giovanni Rava è presente con le seguenti opere: -Nella pineta di Champoluc; Estate in montagna; Mercato in Alba; Cappuccetto Rosso-. Fra gli invitati, figurano inoltre: Giuseppe Sacheri, Matteo Olivero, Romolo Bernardi, Giulio Boetto, Filippo, Emilio e Sandro Vacchetti, Ottavio Steffenini, Gherzi Felice Paruzza, Agide Noelli, Guido di Montezemolo, ecc. Nel mese di maggio, del 1927, per iniziativa della Rivista Torinese denominata “Le Arti Belle” venne indetta presso l’omonima Galleria una collettiva di pittori piemontesi. Giovanni Rava, è presente assieme ai colleghi: Giovanni Depetris, Luigi Serralunga, Giovanni Rovero, P.Anacleto Boccalatte, Angelo Malinverni ed altri. Sempre a Torino, nel 1932 presso la Galleria Codebò, venne ordinata una mostra collettiva, titolata: “Ventidue Pittori Piemontesi Per Una Mostra”, Giovanni Rava è presente assieme a: Cesare Ferro, Giuseppe Bozzalla, Giovanni Guarlotti, Giovani Battista Carpanetto, ecc. All'inizio degli anni trenta, nella sua vita sentimentale entrò prepotentemente una splendida donna dell'alta borghesia torinese, il suo nome: Vittoria Stratta (di ben 24 anni più giovane di Lui) nipote del pittore Carlo Stratta, allievo prediletto di Antonio Fontanesi ed al quale il "Grande reggiano" aveva dedicato una serie d’epistole, raccolte in un volumetto titolato "Lettere a Pasquini e Stratta". Giovanni, che era sempre stato uno scapolo impenitente, s'innamorò pazzamente della giovane e col suo gran fascino d’uomo esperto e di artista colto, fece sì d'essere da Lei pazzamente riamato. Vittoria, posò nuda per Lui ed  Egli espose l'opera in una mostra pubblica e fu subito scandalo. Il fratello di Lei, Giandomenico, l'affrontò in privato, volarono parole grosse ma l'estroverso Giovanni, sopportò la sgridata col sorriso sulle  labbra, restando nel più religioso silenzio. Avvenne così che a cinquantotto anni compiuti, Giovanni condusse all'altare la sua amatissima Vittoria:  era il 16 gennaio 1933. Il loro fu un amore grande che, non ebbe fine neppure con la morte dell'artista che, giunse improvvisa (infarto del miocardio) nella loro casa di Aglie' Canavese, il 14 giugno 1944.  Accadde di giovedì  e l'inconsolabile Vittoria, da quel giorno dedicò tutti i restanti giovedì della sua vita a ricordare il suo indimenticabile Giovanni. L'ultima apparizione in una mostra pubblica, era avvenuta ancora una volta alla Promotrice Torinese nel 1941. In quell'occasione, aveva presentato soltanto un'opera: una bella tavola di cm. 63x73 del 1939 raffigurante un cortile   di cascina langhigiana, dove tra galline razzolanti, un vecchio ed ossuto cavallo in libertà  "Un  veterano" (titolo dell'opera) affonda il muso in un mucchio di fieno appositamente servitogli. La targhetta posta al retro oltre al titolo, recita: "Pittore Giovanni Rava - Corso Galileo Ferraris 18 Torino - £. 3.000". Il bombardamento prolungato sulla città di Torino durante la seconda guerra mondiale, distrusse la sua abitazione (composta di sette camere) con la quale andarono perdute oltre cinquanta opere. Nel corso della Sua attività  lavorativa, Giovanni dipinse finissime miniature,  sublimi ritratti,  le vallate dell'arco alpino (con particolare riguardo  per la valle Varaita), le Langhe, il Roero, la Marina ligure e la Costa Azzurra e in particolare a Nizza  dove ordinò alcune personali e poi nature morte, il tutto con grande abilità disegnativa e coloristica. In mostre pubbliche, espose a: Torino, Milano, Roma, Genova, Firenze, Cagliari,  Vienna, Dusseldorf, Parigi, Nizza, Barcellona,  Buenos Aires. Di carattere allegro ed estroverso, scherzosamente soleva dire: "I pittori sono come i maiali, valgono solo da morti", ma purtroppo oggi non è così. Paul Nicholls, profondo conoscitore della pittura italiana dell'ottocento e collaboratore della Casa Editrice Mondadori di Milano, sul n. 200 della rivista "Antiquariato" (dic. '97) scrive: "…Molti pittori dell'ottocento, sono avvolti nelle pieghe del tempo e dimenticati. Di seicento pittori dell'ottocento si ha una conoscenza discreta, attraverso alcune imprese mirate di vari editori fra i quali spicca la Mondadori. Da un mio recente sondaggio, risultano ben 4/5000 quelli attivi nel periodo e forse solo di una cinquantina è disponibile una monografia aggiornata ed attendibile". Ma la pittura di Giovanni Rava, (artista eclettico e professore colto), non è certo da dimenticare e quella sua "G" dura come la lama di un falcetto che, ne precede il cognome sui diversi supporti, rimarrà suggello indelebile ed incontrovertibile a segnare un periodo ed un modo di fare pittura ormai consegnato alla storia dell'arte. Pittura la Sua, meritevole di ben altre fortune ed al riguardo della quale, qualcuno prima o poi dovrà certamente interrogarsi.  

 

 

Flavio Bonardo

 

 

 

BIBLIOGRAFIA:
Archivio –Accademia Albertina di Belle Arti – Torino
Archivio –Soc. La Promotrice delle Belle Arti di Torino
D’AZEGLIO Tapparelli Massimo – “I Miei Ricordi”
Società Amici Dell’Arte – VIII Esposizione Sociale – Torino 1901
Echi Di Cronaca – “Il Pittore Giovanni Rava a Tripoli” –Corriere Della Sera - 1 agosto 1912
E. Quadrone, “Il vernissage alla Quadriennale di Belle Arti” in Gazzetta Del Popolo – Torino 14 aprile 1923
G. Nicodemi, “Artisti ed opere alla Quadriennale torinese” in Emporium – Bergamo 1923.
E. Bissoni, “Prima Esposizione d’Arte” – Cuneo 18 luglio-22 agosto 1926 – Patronato Camera Commercio ed Industria.
A. Pelizzari; C. Bornate – “Storia Delle Civiltà”
E. Gianeri, “I Caffè Dei Pittori” in -45° Parallelo- Torino 1970.
A. Adriano, “Giovanni Rava in AA. VV. –Gente di Magliano- Magliano Alfieri 1986
P. Nicholls “Antiquariato n° 200 dic. 1997” Ed. Mondadori Milano.