La sua famiglia d'origine,
Flaschner, era di Graz, città nella quale la giovane Otty frequentò dapprima il
Mädchen Lyzeum, e, dopo aver conseguito il diploma commerciale, si iscrisse
all'Accademia di Belle Arti.
Studiò a Monaco di Baviera con Koch e a Vienna con Oskar Kokoschka, la cui
lezione espressionista la influenzò sì da allontanarla sensibilmente dai
precedenti apprendimenti accademici.
A ventisei anni sposò un medico di origine ebrea e si trasferì a Trieste. Donna
di cultura dai molteplici interessi, dopo aver seguito a Vienna le lezioni dello
psicoanalista Alfred Adler, il fondatore della Società di psicologia individuale
che si era staccato da Freud, istituì a Trieste un centro di attività adleriana
per l'Italia. Convinta assertrice delle teorie del caposcuola che mettevano in
rilievo il nesso tra conflitti psicologici e fattori sociali nella vita umana,
continuò a diffondere questi principi anche dopo la morte di Adler avvenuta nel
1937.
Tuttavia non rinunciò mai a disegnare, a schizzare ritratti di familiari, di
amici, a cercare nell'osservazione dal vero soggetti e motivi d'interesse.
Numerosa è pure la sua produzione di nature morte; meno frequenti e più 'duri'
nel segno i suoi nudi femminili.
A Trieste dipinse con Gino Parin e Magda Springer.
Durante la seconda guerra mondiale trascorse un difficile periodo nell'Italia
centro-meridionale, e quando, nel 1945, tornò a casa, riprese a disegnare e a
dipingere con rinnovata energia, esponendo le sue opere in numerose mostre
collettive.
Il soggiorno a Parigi del 1957 determinò le scelte successive e influenzò
decisamente l'avventura pittorica dell'ultimo trentennio artistico nel quale la
Stock inventa un linguaggio personale nuovo, astratto, simbolico, che implica
studi protostorici, analisi grafiche di incisioni rupestri, interessi rivolti a
scritture di antiche civiltà mesopotamiche e mediterranee, nonché
approfondimenti di altri sistemi linguistici inseguiti nel gesto, intuiti
attraverso la musicalità del colore in un'essenziale ricerca di segni, geometrie
progressivamente abbandonate, e colori.
Negli anni Settanta sostituisce i tradizionali colori ad olio per dedicarsi alla
pittura acrilica, combinazione di un pigmento con una resina sintetica; tale
tecnica è usata pure nel suo ultimo quadro, L'ultimo imperatore, eseguito
all'età di novantaquattro anni, in cui cerca allusivi colori "molto cinesi",
come vengono brillantemente definiti in una critica di Sergio Molesi. In
occasione del primo anniversario della scomparsa della pittrice è stata
allestita nel gennaio-febbraio 1990, nella Sala comunale triestina, una mostra
antologica postuma accompagnata da un'interessante monografia del prof. Molesi.