Otty Stock (Graz 1894 - Trieste 1989)

 

 

La sua famiglia d'origine, Flaschner, era di Graz, città nella quale la giovane Otty frequentò dapprima il Mädchen Lyzeum, e, dopo aver conseguito il diploma commerciale, si iscrisse all'Accademia di Belle Arti.
Studiò a Monaco di Baviera con Koch e a Vienna con Oskar Kokoschka, la cui lezione espressionista la influenzò sì da allontanarla sensibilmente dai precedenti apprendimenti accademici.
A ventisei anni sposò un medico di origine ebrea e si trasferì a Trieste. Donna di cultura dai molteplici interessi, dopo aver seguito a Vienna le lezioni dello psicoanalista Alfred Adler, il fondatore della Società di psicologia individuale che si era staccato da Freud, istituì a Trieste un centro di attività adleriana per l'Italia. Convinta assertrice delle teorie del caposcuola che mettevano in rilievo il nesso tra conflitti psicologici e fattori sociali nella vita umana, continuò a diffondere questi principi anche dopo la morte di Adler avvenuta nel 1937.
Tuttavia non rinunciò mai a disegnare, a schizzare ritratti di familiari, di amici, a cercare nell'osservazione dal vero soggetti e motivi d'interesse. Numerosa è pure la sua produzione di nature morte; meno frequenti e più 'duri' nel segno i suoi nudi femminili.
A Trieste dipinse con Gino Parin e Magda Springer.
Durante la seconda guerra mondiale trascorse un difficile periodo nell'Italia centro-meridionale, e quando, nel 1945, tornò a casa, riprese a disegnare e a dipingere con rinnovata energia, esponendo le sue opere in numerose mostre collettive.
Il soggiorno a Parigi del 1957 determinò le scelte successive e influenzò decisamente l'avventura pittorica dell'ultimo trentennio artistico nel quale la Stock inventa un linguaggio personale nuovo, astratto, simbolico, che implica studi protostorici, analisi grafiche di incisioni rupestri, interessi rivolti a scritture di antiche civiltà mesopotamiche e mediterranee, nonché approfondimenti di altri sistemi linguistici inseguiti nel gesto, intuiti attraverso la musicalità del colore in un'essenziale ricerca di segni, geometrie progressivamente abbandonate, e colori.
Negli anni Settanta sostituisce i tradizionali colori ad olio per dedicarsi alla pittura acrilica, combinazione di un pigmento con una resina sintetica; tale tecnica è usata pure nel suo ultimo quadro, L'ultimo imperatore, eseguito all'età di novantaquattro anni, in cui cerca allusivi colori "molto cinesi", come vengono brillantemente definiti in una critica di Sergio Molesi. In occasione del primo anniversario della scomparsa della pittrice è stata allestita nel gennaio-febbraio 1990, nella Sala comunale triestina, una mostra antologica postuma accompagnata da un'interessante monografia del prof. Molesi.

 

 

Walter Abrami