Eso Peluzzi
(Cairo Montenotte 1894 -
Monchiero
1985)
Cairo Montenotte, è un paese di scolastica memoria che, ci ricorda una
pagina triste della nostra "Historia Patria". Lì, nel 1796, le truppe
napoleoniche, inflissero all'esercito piemontese una dura sconfitta che,
assunse aspetti ancora più disastrosi dopo il trattato di pace di
Cherasco, con il quale Vittorio Amedeo III, seppure a malincuore,
dovette cedere ai francesi, i territori di Nizza e della Savoia. Oggi,
Cairo Montenotte è citato sempre più spesso dai cultori e dai
collezionisti d'arte, per aver dato i natali al pittore Eso Peluzzi che,
in un lontano sabato del 1894 "addì 6 gennaio" vide la luce da Placidia
Rodino e da Giuseppe.
Peluzzi Eso, Autoritratto al
cavalletto, 1924. Collezione privata
Il padre liutaio, la madre fotografa, il nonno
intagliatore in legno, influenzarono positivamente il giovane Eso che,
mostrò giovanissimo intendimenti artistici. Dopo le scuole dell'obbligo,
frequentò a Torino le scuole tecniche, terminate le quali, manifestò il
desiderio d'iscriversi al conservatorio ma non potè attuare il suo
proposito, avendo superato l'età prevista dalle regole statutarie.
Vistosi preclusa la "Scala Diatonica" egli, optò per la "Scala
Cromatica" dedicandosi alla pittura. Nel 1911, s'iscrisse all'Accademia
Albertina per le Belle Arti di Torino, dove ebbe a maestri: Cesare Ferro
per l'ornato, Paolo Gaidano per il disegno e la figura e Giacomo Grosso
per il colore, ottenendo il diploma nel 1915. Nello stesso anno e
precisamente il 24 aprile, aveva condotto all'altare la Cairese Delfina
Pregno, dalla quale ebbe una figlia: Elsa. La prima guerra mondiale,
alla quale aveva partecipato congedandosi con il grado di Tenente di
Fanteria, ferì profondamente il suo animo sensibile, tanto da
convincerlo ad isolarsi; cosa che egli fece il 15 giugno 1919, fissando
la sua dimora, nel tranquillo borgo del Santuario della Madonna della
Misericordia, sopra Savona. Lì, iniziò per lui un'esaltante periodo
pittorico, dedicato in gran parte al tema sociale, per il quale trasse
spunto dai vecchi, ricoverati presso il locale ospizio e dalle miserie
in cui si dibatteva l'umanità, in quei tristi anni del dopoguerra. Nel
1922, allestì la sua prima personale a Torino, presso la Società
Promotrice delle Belle Arti e nello stesso anno, sempre in Torino, gli
fu assegnato il premio "Vittorio Avondo" per il paesaggio. I suoi
frequenti soggiorni a Montechiaro d'Acqui, si alternarono a quelli di
Como (1923-24-25) e di Assisi (1928) supportati dalle "Personali" di
Como (1923), Milano (1924) e di Torino (1929). Alla sua abilità
pittorica, egli, affiancò una grande padronanza nella tecnica
dell'affresco; significativi di quegli anni, sono quelli della
parrocchiale di Ellera raffigurante il "Martirio di S. Bartolomeo" ed il
"Coro degli Angeli" nell'abside del Santuario della Madonna della
Misericordia di Savona. Nel 1931, fu incaricato dal Comune di Savona,
assieme ai pittori: Orlando Grosso (Genova 1882-Bonassola 1968) e Mario
Gambetta (Roma 1886-Albisola 1968) dello riordino secondo criteri
artistici, della Civica Pinacoteca di palazzo Pozzobonelli, dove
all'ultimo piano egli, tenne studio sino al 24 ottobre 1942, quando un
bombardamento aereo lo distrusse, riducendo in cenere le oltre duecento
opere ivi contenute. Nel 1932, soggiornò a Roma, dove fece ritorno nel
'36 ed ancora nel '39, anno in cui raggiunse Parigi. Anche in quegli
anni, alla pittura ad olio, intercalò lavori all'affresco, vedasi: "Il
Seminatore" e la "Minestra dei Poveri" eseguiti nel salone della Cassa
Di Risparmio di Savona, nel 1934. Nello stesso anno, fu incaricato della
preparazione dei Cartoni Oro, osannanti il Cristo Re, per il "Bel San
Domenico" di Alba. Nel 1935, fu invitato alla Seconda Quadriennale di
Roma, dove una sua opera, ottenne il "Premio Acquisto" di lire 5000. Nel
1937, ebbe il "Premio Genova" e nel '39, il "Premio San Remo" per il
ritratto, mentre alla Biennale di Venezia, del 1938, (dove fu presente
dal 1926 al 1948) gli venne riservata una sala. Allo scoppio della
seconda guerra mondiale, fu richiamato con il grado di capitano ed
inviato sul fronte occidentale, dove si battè con onore, riportando
ferite tali da essere considerato: invalido di guerra. Rimpatriato nel
1943, si rifugiò a Como, presso un nobile estimatore, dove rimase sino
al 1946, realizzando lavori ad olio ed affreschi. Di questi ultimi,
vanno ricordati quelli eseguiti nella parrocchiale di Capiago (CO)
raffiguranti: "Abramo ed Isacco" e "Caino e Abele" (1944). Nel 1948,
trasferì la sua dimora nelle Langhe, nel comune di Monchiero. Qui,
stimolato dal paesaggio locale, (dopo gli orrori bellici e mosso da
quell'ardore che, l'aveva fatto grande già negli anni giovanili)
rinacque il pittore, fantastico e materico che il critico d'arte,
Raffaello Giolli, nel lontano 1924, aveva definito: "...Di quelli che
vengono all'arte con una semplice natura...". A dimostrazione del
ritrovato vigore, ci furono le personali, allestite nel 1949 a Milano (Gall.
Annunciata) ed a Novara (Bottega d'Arte). Nel 1950, la casa editrice
Noseda di Como, dette alle stampe una monografia, intitolata: "La
Pittura di Eso Peluzzi", curata da Alberto Sartoris, il quale, tra
l'altro scrisse: "...Disponendo di un vastissimo repertorio di
possibilità immaginative, Eso Peluzzi, apre una porta sconosciuta
sull'infinito colorato e sul mondo della fantasia...". Nel 1963, per
meriti artistici, ottenne la nomina ad "Accademico di San Luca" e sempre
con la stessa motivazione, nel 1971, il comune di Savona, gli conferì la
"Cittadinanza Onoraria", quella stessa che già nel 1967, gli aveva
conferito il comune di Monchiero. Rimasto vedovo, nel 1970, si risposò
in Bardonecchia, con Mariantonietta Tartaglino che, diventerà per lui:
"L'amata Nietta". Nell'aprile del 1971, riprese a lavorare a quel
grandioso ciclo di affreschi, eseguiti in parte negli anni 1936-38,
nella Sala Consiliare del comune di Savona e raffiguranti la storia
della città: da libero comune nel XII secolo, sino alla ricostruzione
del secondo dopoguerra, portandoli a termine nel dicembre del 1972.
Peluzzi Eso, Dalla finestra del
mio studio, 1973. Collezione privata
Nel
1975, alla veneranda età di ottantuno anni, Eso, sciolse come fosse
stato un voto, il suo più recondito desiderio: dar vita, nelle sue tele
a quelli che furono del padre, i soggetti della sua arte: fragili
elementi di legno che, assemblati divenivano violini. In quel tempo, il
suo impegno fu febbrile ed utilizzando oli magrissimi, (parvenza di
antiche tempere) dette vita ad oltre quaranta tele, presentate poi in
mostra a Cremona, nel 1982 ed a Savona, nel 1986. In occasione di
quest'ultima, Gina Lagorio, scrisse: "...Peluzzi, si è raccolto
nell'ascolto di se, ascoltando la voce seppellita nei fragili legni dei
violini.
Peluzzi Eso, Elementi di violini,
1975. Collezione privata
Una musica insieme terrestre e celeste gli è venuta incontro
dagli strumenti che furono del padre, presente e passato trascolorando
nell'eternità...". La seconda metà degli anni settanta ed i primi anni
ottanta, videro l'allestimento in suo onore di diverse mostre, tra le
quali, si evidenziarono le antologiche organizzate dal comune di Cairo
Montenotte, nel 1977 e dalla Regione Piemonte (Palazzo Chiablese) nel
1979. Nel 1984, il comune di Savona, gli ha allestito presso il museo
civico, due sale permanenti dove sono esposte ventisei opere, la maggior
parte delle quali, appartenenti al periodo di "Santuario" che egli, anni
addietro aveva donato alle "Opere Sociali di N. S. della Misericordia".
Peluzzi, ebbe con il figurativo un lungo ed ininterrotto dialogo che,
gli permise di restare fedele a quel "vero quotidiano", consentendogli
di esternare nelle sue tele, i propri sentimenti; nonostante (come ebbe
a scrivere Mario De Micheli, nella presentazione del volume "Peluzzi al
Santuario" -Ed. Sabatelli- Savona 1970) egli, fosse passato attraverso:
"...Futurismo, Metafisica, Novecentismo...". Peluzzi, espose in
personali e collettive, nelle più importanti città italiane ed estere,
dove alcune sue opere, figurano collocate in gallerie e musei. Al
Peluzzi artista, si affiancò l'uomo, per conoscere il quale, rileggiamo
quanto scrisse Davide Laiolo, in occasione della mostra di Acqui Terme,
del 1982: "...Eso Peluzzi è quello che, essendo modesto dentro, avendo
vissuto trasformando in sogno la realtà quotidiana, lontano dai clamori
e dai terrori di chi vuole partecipare ai fatti trafelatamente, ti fa
capire che non ha nulla da insegnarti, se non raccontarti il filo
leggero della sua esistenza che ha saputo a tutti i costi vivere
serenamente divorando soltanto poesia, musica, il concerto celeste della
natura". Si spense il 17 maggio 1985, là, (come scrisse Angelo Dragone
sulla Stampa di Torino, in occasione della morte) "...A pochi passi
dall'alta e silenziosa chiesa di Monchiero, nell'antica casa che tra i
grigi tufi langaroli s'era scelto come sfondo all'ultimo tratto della
sua esistenza...Udendo suoni che non c'erano nel silenzio in cui la
moglie Mariantonietta l'ha sino all'ultimo assistito".
Flavio Bonardo
BIBLIOGRAFIA:
Archivi: Accademia Albertina Di Belle
Arti di Torino
A. Sartoris- “La Pittura di Eso Peluzzi” –Ediz. Noseda – Como 1950.
M. De Micheli – “Peluzzi a Santuario” – Ediz. Sabatelli – Savona 1970.
M. De Micheli – “La coerenza artistica ed umana di Eso Peluzzi” –
Palazzo Chiablese – Torino 8 marzo 8 aprile 1979.
A. Dragone – “I COLORI DEL SOGNO” in morte di Eso Peluzzi – La
Stampa di Torino – 18/5/1985.
G. Bruno, G. Lagorio – ESO PELUZZI: variazioni di forme di violino
– Sala Consiliare Comune di Savona – 6 dic. 1986 – 7 gen. 1987