Antonella Ongaro

 

 

 

 

Nata a Spilimbergo (PN) nel 1960, vive e lavora a Trieste e Spilimbergo. Nel 1994 frequenta la Scuola Internazionale di Grafica a Venezia, sotto la guida dell'artista Andreas Kramer e nel 1996 frequenta uno stage a Berlino sempre con l'artista Kramer. Ha partecipato a varie mostre in Italia e all'Estero continuando sempre la sua ricerca pittorica.

 

 

La pittura di Antonella Ongaro segue una logica basata sull'emozione, e sulla memoria, le sue scelte tematiche sono sempre il risultato di un'intima e profonda meditazione.

Viene incarnata in una materialità visibile, tra tecniche e materiali diversi: terra, sacchi, tessuti riciclati, libri, legno, pietre, minerali, vegetali.

Oggetti e materiali di scarto,  trovati nei mercatini, e nei luoghi più disparati, che hanno già avuto una loro vita, una loro storia  e che l'artista rielabora facendoli rivivere nella loro semplicità e povertà.

 


Partecipa all'Associazione "Giovani Pittori di Spilimbergo".

È presente соn unа propria opera al "World Museum, 1000 Artisti a Palazzo" Palazzo Arese Jacini a Cesano Maderno (MI).

 


 

Nel 2008 ha partecipato, su invito, alla XI Biennale di Architettura di Venezia con l'evento collaterale "La Città dell'uomo".

Nel 2010 ha partecipato, su invito, alla XII Biennale di Architettura di Venezia con l'evento collaterale "Oltre il Giardino", "Un Giardino Globale".

 

 


 

 

 

 

Testimonianze

 

 

Quando è possibile distinguere il cromatismo vivido e solare da un uso del colore che cela in sè la forza espressionista, dichiaratamente aggressiva?

Credo che, al di là degli accademismi che troppo spesso spacciano per arte ciò che è mero virtuosismo, la pittura istintiva di Antonella Ongaro sia una prova di convinta espressione.

Parlare con un artista, talvolta, crea una certa preoccupazione in chi deve poi interpretare con le parole ciò che l’eloquenza delle forme esprime. Con Antonella, invece, la sintonia è immediata, poichè un'innata discrezione ed una autentica umiltà sembrano portarla ad una ricerca solitaria, priva di costruzioni ingombranti o accenti di protagonismo.

Antonella Ongaro guarda alla figura come all’astrazione con eguale interesse. Le sue scelte tematiche sembrano dettate da volontà immediate ma anche da meditazioni intimamente maturate.

Non va sottovalutato che, con l’affrancamento del segno dalle regole ufficiali della rappresentazione, l’arte contemporanea, ad ogni livello, gode oggi di una libertà linguistica che la conduce su molteplici  piani, a tratti comunicanti.

Entro questa logica si muove anche l’autrice di cui vi parlo, giacchè la sua pittura a volte materica, a volte alternativamente riconducibile alla matrice espressionista, ci fa capire quanto in questa artista dimorino echi e suggestioni del tutto spontanee, non pilotate, eppure forti di una memoria storica inaspettata.

La pittura di Antonella è forte, in ogni sua opera è possibile scorgere lo sforzo di comunicare con onestà, con naturale pregnanza ciò che l’animo custodisce gelosamente.

Dalle macchie di colore in cui la forma è indefinita si passa alla realtà iconica degli oggetti. Eppure in questo relativo iconismo la forma è sempre sintetica, interpretata, stravolta.

I colori sono forti e coadiuvati nella loro incisività da un segno che sfrangia, dilata, graffia la materia. Le tele diventano depositarie di pensieri gioiosi o cupi e tutto si risolve nel tripudio della luce che batte sulla tela e fa emergere queste stratificazioni cromatiche.

 

Loretta Secchi

 

Storica dell’arte (Curatrice e responsabile del Museo tattile di pittura antica e moderna "Anteros" di Bologna)

 

 

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"Per accostarsi alle opere di Antonella Ongaro occorre andare ben oltre l'impressione codificata ed immanente al quadro, che non è mai composizione ordinata, decoro o, ancora, specchio di una realtà fissata sulla tela, quanto piuttosto espressione potente ed invadente di stati d'animo che vengono prepotentemente alla luce con i bagliori, gli èclats improvvisi di una introspezione che ha scavato fin dentro all'anima."
Così scrive Roberto Jacovissi che partendo dal movimento della transavanguardia (o neo espressionismo) cui è legata l'artista friulana, alla ricerca di un legame nuovo e diverso соn le cose e con la realtà, sostiene che Antonella Ongaro "ha scelto di incarnarla in una materialità visibile, manipolando, con il colore, materiali poveri come la terra, i sacchi, i vecchi tessuti riciclati, che richiamano l'uomo al biblico detto che lo vuole nato da polvere e ritornare in polvere".
La pittrice spilimberghese – secondo Jacovissi – non ritrae un mondo reale e definito, poiché "il ponte" соn la realtà del contingente è stato rotto dall'artista, "motu proprio" all'inizio della sua carriera pittorica. Ne sono simboli incontrovertibili i coloriti fiori sfrangiati e le figure umane passate oltre o in procinto di farlo, le finestre, le grate, le porte che chiudono tanti suoi quadri.

"...accattivante invito rivolto allo spettatore a penetrare più in fondo, ad entrare nel quadro."
Un invito ad oltrepassare la soglia proibita ... " vincendo il timore e la paura, osando unа sfida che può portare ciascuno di noi a scoprire in sè stessi il fascino misterioso della natura."


Testo tratto da "Il fascino misterioso della natura nelle tele di Antonella Ongaro" (dalla rivista "La Panarie".)

 

 

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L'espressione artistica di Antonella si collega alla tradizione friulana non solo della pittura astratta, ma anche dell'uso materico del colore. Le sue composizioni vivono di un'interferenza tra il colore e il disegno, come nell'opera "Segni del tempo", lievi sfumature prendono risalto nella stesura materica, come se il tempo si fosse depositato, testimone del suo passaggio e di tutti quegli intrecci della storia umana di cui è stato artefice.
Anche nell'opera "Passare oltre" è presente il segno del tempo, ma in questo soggetto l'uso di un materiale semplice come la juta, unito alle estensioni cromatiche, apparentemente senza relazione, costituiscono campi di colore dalle forme geometriche che occupano l'intera superficie, in percorsi che si sovrappongono, producono felici effetti di un primo piano che mette in risalto i1 valore della forza interiore rispetto all' indifferenza.

 


Lidia Mazzetto