Alessandro Lupo (Torino, 1876 – 1953)

 

Flavio Bonardo


 

 

Alessandro Lupo - Mattino d'ottobre in laguna, 1939 - Cuneo, Palazzo Civico

 

 

Il filosofo e matematico britannico Thomas Hobbes (1588 – 1679) scrisse: “Homo homini lupus” cioè -l’uomo è lupo all’uomo- ma, Alessandro Lupo (portante un cognome riferito a quei rabbiosi e ululanti carnivori) pittore gentiluomo, garbato e colto, non fu mai quanto espresso dal filosofo d’oltre Manica, anche quando la commissione della Biennale di Venezia gli rifiutò con una scusa banale una sua opera. In quell’occasione, il dolore fu forte ma contenuto in lui che ne portò il ricordo anche in età avanzata, trasformando con gli anni, l’amarezza di quel giorno in una nota umoristica.

Alessandro Lupo nacque a Torino il 1 luglio 1876 al civico 2 di piazza S. Giovanni all’interno di Palazzo Chiablese, dimora di Elisabetta di Sassonia, Duchessa di Genova, della quale il padre Carlo (già ingegnere capo al comune di Torino) era segretario. Lo mise al mondo Brunechilde Pollini in collaborazione con il succitato Carlo, che divenne così padre di quattro figli, essendo Alessandro l’ultimo nato. Purtroppo nella sua infanzia, Alessandro fu colpito da un grave lutto: a soli quattro anni perse il genitore che era anche il principale sostentamento della famiglia; ma la madre donna di carattere forte non si arrese, e nonostante l’esigua pensione elargitale dai Duchi di Genova, a ognuno dei figli diede un’adeguata istruzione. Dopo le Scuole dell’obbligo, fu avviato a studi classici terminati i quali s’iscrisse a Giurisprudenza, laureandosi nel 1901. Il giovane sin dai banchi di scuola mostrò grande interesse per il disegno riempiendo album di lavori a matita, a pastelli colorati e all’acquerello, il tutto da autodidatta. In quegli anni di fine secolo, a Torino imperava il pittore Giacomo Grosso (1860-1938) ritrattista alla moda e che aveva dato scandalo nell’arte col dipinto –La morte di Dongiovanni-; ma un altro Maestro tenace, silenzioso, considerato dalla critica il più forte colorista piemontese, operante lontano dai clamori della città, nel suo romitorio di Tetti Varrò nel comune di Nichelino, attirava tanta attenzione: si trattava di Vittorio Cavalleri. Alessandro (dentro di lui) l’aveva scelto, ma il coraggio di entrare in quella casa che Giuseppe Lavini aveva dichiarato che: “Sulla porta non esiste picchiotto, l’uscio sarà aperto o socchiuso”, non riusciva proprio a trovarlo. Il giorno in cui finalmente spinse quella porta, il cuore gli batteva forte in petto. Davanti a quel Maestro fece la sua confessione d’intenti e di passione verso l’arte lasciando l’artista commosso. Molti anni dopo raccontando il fatto, Alessandro Lupo disse che quando uscì da quello studio aveva la testa in fiamme e che in quel momento aveva sposato la pittura. Crebbe così alla scuola di Cavalleri che frequentò dal 1896 al 1899 ma contemporaneamente, s’iscrisse ai corsi serali dell’Accademia Albertina. Il 1901 fu per lui, un anno ricco di soddisfazioni: si laureò in Giurisprudenza, fu assunto presso il Comune di Torino, condusse all’altare Cesarina Sincero (cugina di secondo grado) che negli anni successivi darà alla luce Valeria, Silvana e Cesare, ma fu anche l’anno del suo esordio espositivo alla Promotrice torinese con tre studi dal vero, uno dei quali –Marzo-o (Primavera incipiente) fu acquistato dall’anziano collega Vittorio Bussolino che di Fontanesi era stato l’allievo più fedele. Nel 1902 fu presente alla Quadriennale di Torino che oltre alla gioia di potervi partecipare, gli permise di guardarsi d’intorno e scoprire i lavori di colleghi illustri. In quell’esposizione, di Pellizza da Volpedo si poteva ammirare –Il Quarto Stato-, di Matteo Olivero –Ultime capanne-, di Gaetano Previati –Via crucis-, ma altri campioni di quella tecnica simbolista e divisa erano presenti, e corrispondevano ai nomi di Plinio Nomellini, Carlo Cressini, Filiberto Minozzi e tra i piemontesi spiccavano le tele di Andrea Tavernier con –Mattino autunnale-, -Settembre-, e –Ginestre-; “Mirabili d’espressione e verità”, com’ebbe a scrivere Efisio Aitielli; una pittura robusta verso la quale il nostro guarderà in previsione del suo sviluppo futuro. I dipinti dei primi anni dieci del Novecento, risentivano degli insegnamenti del suo unico maestro, e la critica del tempo gli rimproverava questa dipendenza, vedasi: –Il monte dei cappuccini-, –Aratura- del 1910 e ancora –Il ruscello- del 1914. La sua affermazione però non doveva tardare se già alla Quadriennale del 1906 le cose stavano cambiando, e in modo definitivo, questo avvenne quando l’attenzione dell’artista si fermò sugli animali e sui mercati, soggetti che nel tempo divennero i suoi cavalli di battaglia.

 

 

Alessandro Lupo - Mercato a Vico Canavese - Già mercato antiquario

 

 

Alessandro Lupo - Mercato aostano - Già mercato antiquario

 

 

 

Intanto si era associato al Circolo degli Artisti e alla Società Amici dell’Arte, (quest’ultima nata nel 1894 sulle ceneri di un sodalizio denominato -Acquerellisti e Pastellisti Piemontesi-), che nel 1913 lo aveva chiamato a far parte del Consiglio Direttivo assieme a Leonardo Bistolfi, Cesare Ferro e Alberto Cibrario. Nel 1913 sue opere figurarono alla II Esposizione Internazionale di Firenze.  Nel 1914 fu presente per la prima volta al Salon des Artistes Lyonnaise con tre opere -Il bucato-,-Ritorno di primavera- e –Torrente in estate-, tutte riprodotte su –La Revue Moderne- e Clement Morro nella sua recensione scrisse: “…I suoi lavori ci rivelano un’artista capace di sentire e provare le più alte e pure emozioni estetiche”. Nell’annuale rassegna della Promotrice di Torino tra i suoi esposti figurava –Il ruscello- opera sopracitata che fu acquistata dal Museo Civico di Asti. Sempre in quell’anno alla Società Amatori e Cultori delle Belle Arti di Roma, espose tra l’altro il dipinto –La stradetta della vigna- che fu acquistata dal Comune di Roma. In quell’occasione il Direttore di vendite, Alfredo Politi con una garbata lettera scusandosi della bassa offerta (Lit. 500) ma facendo presente delle poche vendite effettuate, e di essere stato prescelto da un così importante ente, spera nella sua adesione, così che si possa apporre il cartellino d’acquisto e tanto avvenne. Nel 1916 alla mostra sociale del Circolo degli Artisti, espose un grande quadro titolato –Le lavandaie- che fu acquistato dalla GNAM di Roma; il dipinto (in prestito) tornò a Torino nel 1969, quando la Galleria Fogliato ordinò una grande retrospettiva.

 

 

 

 

Alessandro Lupo - Cavalli a Sabbionai - Già mercato antiquario

 

 

Il tema “Cavalli” (sicuramente il più nobile degli animali) Lupo iniziò a svilupparlo nella prima metà degli anni dieci del Novecento e il primo soggetto esposto che si conosce è –Partenza- un dipinto di grandi dimensioni che fu esposto in mostra nel 1916 all’Accademia di Brera a Milano. I cavalli di Lupo non sono gli eleganti destrieri di Alfredo Tominz, imbardati e infiocchettati che quasi si pavoneggiano al traino di leggere carrozzelle e non hanno neppure nulla da spartire, con i purosangue che si esibivano a quell’epoca nelle corse a Longchamp, ripresi dai vari Degas, De Nittis e Pittara (periodo parigino). I cavalli di Lupo sono simili a quelli di Alessandro Viazzi, che nella sua Genova li dipingeva negli alaggi sulle banchine del porto. Si tratta di cavalli pesanti o semi-pesanti, di razza belga, normanna o nostrana, utilizzati dai sabbionai e dai carrettieri per il trasporto di derrate varie. Animali dal petto e dal dorso largo, dalla muscolatura robusta, ripresi sotto sforzo o nei momenti di riposo, nei quali assumono pose che denotano tutta la fatica sopportata. La sua tematica animalista non fu strettamente legata ai cavalli, (anche se questi furono sempre i preferiti) ma comprese anche i bovini: mucche pascolanti, all’abbeveraggio o libere con vitelli nei cortili di cascina. -Il piccolo guardiano- (riguardante appunto il tema animali) raffigura un grosso cavallo bianco affidato alla custodia di un bambino; dipinto che esposto nel 1918 alla Società Cultori e Amatori di Roma fu acquistato da S. M. il Re. Nel 1920 fu presente alla Mostra del Paesaggio Italiano di Gardone Riviera. Nel 1921 ordinò una Personale presso la Galleria Vinciana di Milano, dove espose 130 opere, che furono quasi tutte vendute. La Mostra fu occasione per stringere amicizia con importanti pittori lombardi quali: Emilio Gola, Leonardo Bazzaro e Ambrogio Antonio Alciati; i quali gli dimostrarono la loro simpatia riconoscendogli il valore della sua arte. Uno dei recensori della Mostra, Rio di Valverde in –La Cultura Moderna- scrisse: “Ai primi bozzetti, esposti nel corridoio d’accesso, mi fermai sorpreso. Io ero di fronte a un pittore. Procedetti con crescente interessamento passando, da una sala all’altra, tornando spesso indietro, confrontando, ammirando. Mi pareva, a tratti, di scoprire in una certa tecnica esuberante, in certe pennellate piene e nella vivezza di alcuni colori, reminescenze di qualche maestro lombardo, ma poi, a un più attento esame, questa impressione dileguava: Lupo era Lupo”. Sempre nel 1921 da maggio a ottobre, si tenne la prima Biennale di Napoli, alla quale Lupo espose –La voce nota- ma anche Roma tenne la sua prima Biennale in occasione dei cinquant’anni di Roma Capitale, e Lupo vi espose –Un po’ di ristoro-. A Roma, tornerà nel 1923 per la seconda Biennale con due dipinti di cavalli titolati: -Ciacolone- e –Il vecchio arzillo-. Il 1921 fu anche l’anno in cui sciolse il suo vincolo di lavoro presso il Comune di Torino dedicandosi da quel momento solo alla pittura. Nel 1923 a Torino nel mese di aprile fu inaugurata la Quadriennale di Belle Arti, e tra le opere esposte dal nostro, figurava –Campo S. Margherita a Venezia- (situato nel sestiere di Dorsoduro, vicino a piazzale Roma) con sullo sfondo il campanile della chiesa dedicata all’omonima Santa. Il dipinto fu pubblicato su Emporium, e Giorgio Nicodemi nella sua recensione scrisse: “Per Vittorio Castagneto, Lidio Ajmone, Alessandro Lupo, Giuseppe Manzone e per qualche altro che a questi è molto vicino, la natura si dischiude con palpiti coloristici, pieni di poesia vera, di commozioni intime”. In merito, Ernesto Quadrone sulla Gazzetta del Popolo di Torino del 14 aprile, scrisse: “Bene la visione veneziana di Lupo, le figure nel quadro si muovono vivacemente in un’atmosfera dai toni caldi, indovinati e non manierosi”. All’annuale Mostra di Brera a Milano presentò –Gli assetati-, opera che fu acquistata dalla GAM di Genova, e a Torino presso la Società Amici dell’Arte, allestì una Personale con quaranta opere, che gli riscossero larghi consensi. Per Lupo, appena quarantasettenne, ormai libero da vincoli di lavoro, nel pieno delle forze, tutto il suo ardore fu dedito alla pittura. Nel 1924 invitato alla Biennale di Venezia, espose –Sempre de nove- e sempre nel 1924 acquistò una villetta in Strada Valpiana, (contornata da una vigna e da alberi secolari) che divenne così la sua nuova casa, dove con opportune modifiche, realizzò un grande studio. Come il suo vecchio Maestro (Vittorio Cavalleri) adesso anche lui possedeva un luogo romito dove lavorare, allietato dal canto degli uccelli e dal frinire delle cicale nei mesi estivi.

 

 

 

Alessandro Lupo - Prodromi d'inverno - Bra, collezione privata

 

 

 

Nel 1925 ordinò una Personale a Genova presso la Galleria d’Arte Vitelli, dove presentò quarantacinque impressioni, dipinte in Val d’Aosta; tavolette nelle quali si fa manifesta la libertà d’espressione dell’artista davanti al motivo. Sempre in quell’anno, fu invitato al Salon des Beaux Arts di Parigi e vi figurò con il dipinto –MadameBesicles-: si trattava di una scena di mercato fittamente popolata (com’era uso) con in primo piano un’occhialuta signora che da titolo al dipinto. A Parigi vi ritornerà l’anno dopo con –Il vecchio lavoratore-: un robusto cavallo da tiro, ripreso nella mascalcia in attesa di verifica ai suoi vecchi zoccoli ferrati; cavallo di grossa stazza ma vecchio e stanco che l’amico Francesco Sottomano (Ricercatore d’arte) aggettiverebbe come frusto. A proposito di mercati, (tema che con i cavalli fu a lungo sfruttato) Lupo ne traeva gioia nel riprenderli e ovunque andasse se gli era possibile fissava quei brulichii, quelle masse colorate e piene di luce nelle sue tele. Oltre a quelli rionali e di Porta Palazzo nella sua Torino, già ripresi da Pugliese Levi, Giulio Sommati di Mombello,  Roda e successivamente dai fratelli Gheduzzi, Vellan e altri ancora, Lupo che fu assiduo nella città di Venezia, li riprese nei vari sestieri e così a Milano, Lugano, Napoli e nella ridente Capri. I mercati a Chivasso, (cittadina non distante da Torino) Lupo li riprese più volte e sicuramente non bastano le dita delle mani a contarli tutti. L’impostazione era sempre la stessa: i palazzi che affacciano sulla piazza ripresi in fuga prospettica e come fondale la tardo-gotica chiesa di S. Maria Assunta; l’unica variante, la disposizione mercatale. Nel dicembre del 1926 nell’annuale rassegna del Circolo degli Artisti di Torino espose –Il mercato di Chivasso-. Emilio Zanzi in Emporium di febbraio 1927 (La mostra si era conclusa nel mese di gennaio) sempre pronto a mettere i puntini sulle i, scrisse: “Il bazzariano Alessandro Lupo nel davvero dialettale –Mercà d’Civas- (Il mercato di Chivasso) con un virtuosismo esasperato getta una macchia di rosso vivo nel bel mezzo di un gruppo di donne vestite di grigio, sul corsetto fiammante di una comare prosperosa. Ed è un peccato perché, attenuata la nota violenta , la tela del Lupo sarebbe assai lodevole”.Il 1926 fu anche l’anno che ebbe l’invito per la seconda volta alla Biennale di Venezia, dove espose –Al sole- nel quale riprese la consorte, comodamente seduta in giardino, intenta alla lettura che si ripara dallo stesso con un elegante ombrellino: dipinto che oggi è patrimonio della GAM di Torino. Quell’anno a Venezia fece una conoscenza importante: tra i membri della giuria figurava il parigino Emile Bernard, pittore neo-impressionista e critico d’arte e che era stato tra i fondatori della rinomata Scuola di Pont-Aven. Scaturì così tra i due un’amicizia che durerà tutta la vita e che porterà Lupo a Parigi ma più spesso sarà lo stesso Bernard a soggiornare presso il romito dell’artista piemontese. Subito il francese gli propiziò una Personale a Parigi presso la Galleria R. G. Michel, che gli valse un lusinghiero successo.

 

 

Alessandro Lupo - Verso casa - Già mercato antiquario

 

 

Nel 1928 fu ancora il Salon di Parigi a ospitare sue opere tra le quali spiccava –Il velo giallo-; e ancora una volta è la moglie, ritratta nel giardino di casa intenta alla lettura. Di questo elaborato, Renzo Guasco ha scritto: “La fattura è libera e concitata. La luce radente del sole fa brillare tante piccole macchie di colore, sulle foglie degli alberi, sul cappello, sul velo giallo e sull’abito bianco”. La gioia del successo parigino, purtroppo fu breve. Nubi temporalesche si stavano affacciando all’orizzonte: la Giuria della Biennale di Venezia gli rifiutò un’opera. I movimenti artistici che stavano segnando il primo Novecento, tendevano a escludere dalle esposizioni nazionali coloro che rappresentavano un’arte di derivazione ottocentesca, considerata (erroneamente) ormai superata, e a nulla valsero le proteste dell’amico Bernard che di quella era un componente. Sostenuto da un amico che aveva contatti con l’America latina, fu in Personale a Lima (Perù) dove riscosse un grande successo e il Museo National de Historia, gli acquistò –Il rancio-. Nel 1929 allestì una Personale alla Galleria Scopinich di Milano, tra le opere esposte figurava una grande tela titolata: -Mercato a Chivasso-, sicuramente uno dei suoi lavori più noti in assoluto. Presso questa Galleria, si ripresenterà ancora nel 1934 e il suo –Mercato a Lugano- sarà acquistato dal Museo Civico di Padova. Nel 1930 nel mese di giugno, fu presente alla 11a Sindacale di Torino ed Emilio Zanzi nella sua recensione su Emporium scrisse: “Non ostili alle teorie ottocentesche, più legati alla tradizione che simpatizzanti con le forme nuove, si notano i quadri di Zolla e di Lupo, che bazzareggia clamorosamente superficiale”. Nello stesso anno fu presente con una Personale a Lugano presso il Palazzo Antognini e a Milano alla Galleria Bardi; in quest’occasione la presentazione della stessa fu affidata all’amico Emile Bernard, che tra l’altro scrisse: “Alessandro Lupo è un pittore con la poesia dell’arcobaleno”; alla Bardi si ripresenterà ancora l’anno dopo. Nel 1933 il Circolo degli Artisti di Torino, concesse al socio Lupo le sue sale per una grande Personale e nell’occasione la GAM della sua città gli acquistò il dipinto –Al sole- che era stato esposto nel 1926 alla biennale veneta. Sempre in quell’anno espose a Montevideo (Uruguay) e –El Museo Nacional de Artes Visuales- (che oggi conserva ed espone di pittura e scultura, circa seimila elaborati) gli acquistò tre opere: -Ristoro-, -Mercato- e il –Porto di Genova-. Nel vibrare delle sue corde, cantava anche il mare, che riprese nella vicina Liguria vedi: -Il transatlantico-, -Il porto di Genova- (appena citato) –La nave carboniera-, esposto nel 1922 alla Promotrice di Torino e pubblicato su Emporium nel mese di maggio e poi a Venezia, (vi si recava tutti gli anni) dove nel 1939 dipinse uno spettacolare –Mattino d’ottobre in laguna- con sullo sfondo la Chiesa della Salute e i velieri con le loro alte alberature, mentre nel primo piano monta l’acqua in un luccichio di spruzzi d’arcobaleno; il dipinto oggi troneggia a Palazzo Civico di Cuneo. Nel 1936 espose a Trieste presso la Galleria omonima e il Museo Revoltella gli acquistò il dipinto titolato: -La sosta-. Silvio Benco su -Il Piccolo- del 23 febbraio scrisse: “Alessandro Lupo è uno di quei pittori che si è felici di poter conoscere; e la Galleria Trieste ce ne offre ampia conoscenza con una mostra che, inaugurata già da alcuni giorni, va suscitando la meritata ammirazione”. A Trieste vi ritornò alle soglie del secondo conflitto mondiale nel 1940 sempre presso la stessa. Il 1936 fu per il nostro artista un anno triste, l’amata moglie Cesarina morì lasciandolo nel più nero sconforto. Nel 1938 festeggiò il quarantennale della sua attività pittorica, con una Personale a Milano presso –Casa d’Artisti-, recensita da Dino Bonardi, che scrisse: ”Alessandro Lupo viene giù dagli insegnamenti della pittura piemontese che egli ha onorata e serve con un caratteristico piglio pittorico. Fu detto giustamente –pittore gentiluomo- di quella schiera ristretta che in Piemonte fece fiorire le esperienze  di Massimo D’Azeglio, di Giacinto Corsi, di Clemente Pugliese Levi. Un talento, una cultura, un’educazione, una tradizione spirituale che vegliano accanto alla tavolozza”. Nel 1944 fu in Personale a Milano presso la Galleria Italiana d’Arte e nello stesso anno fu eletto Presidente del Circolo degli Artisti di Torino, carica che tenne sino al 1949. Nel 1948 fu ancora in Personale in America Latina e precisamente a Caracas (Venezuela). Nei suoi ultimi anni, sempre assistito dalla figlia maggiore Valeria, si spense nella sua casa studio di Valpiana il 23 giugno 1953. Di lui, Francesco Sottomano ha scritto: “D’indole eclettica e versatile e dedicatosi allo studio del vero ispirandosi alla natura, sperimentò mediante l’uso di un intenso impasto materico con cui raggiunse effetti di scintillanti cromie, i paesaggi alpini, quelli lagunari in cui risentì gli influssi della pittura dei Ciardi, i mercati popolari, le scene con animali e in particolare i cavalli, quelli da tiro, soggetti per cui soprattutto divenne noto e ricercato”. Ricordandolo, Marziano Bernardi ha scritto: Il Lupo più autentico, quello che ancora oggi si può definire un –pittore moderno- è affidato ai dipinti che nelle sue tante mostre potevano sembrare minori alle tavolette nelle quali per secondare il suo gusto più intimo, riversava la sua gioia di vivere e la sua abilità pratica che fu il tesoro della sua esistenza”. Personaggio distinto, acculturato e gentile, dispensava consigli a tutti quelli, che si avvicinavano all’arte; in una lettera scritta a un amico (pittore dilettante) che umilmente chiedeva lumi, Lupo rispose: “Mai dipingere solo per il piacere della pittura ma lavorare collo scopo di capire e interpretare il vero in modo da rendere bene il momento, l’ora e l’effetto. Cerca sempre in principio del tuo lavoro di essere sintetico e di mettere apposto le masse, ricordando che l’arte pittorica è il chiaroscuro”. Dopo la sua morte, la prima postuma (che sarebbe stata una Personale se l’artista non fosse defunto) fu allestita alla Galleria Van Riel di Buenos Aires; nel 1954 a ricordarlo fu La Promotrice di Torino; nel 1969 la Galleria Fogliato (sempre di Torino); nel 1973 la Galleria Braghiroli di Milano; nel 1975 la Galleria Berman di Torino. Il suo pensiero sull’Arte è tutto condensato in queste brevi parole: “L’Arte non è che sofferenza, e un’artista non è tale che soffrendo”.

 


Flavio Bonardo – sabrotu@yahoo.it -

 


Bibliografia:

A. Vinardi – L’esposizione di Arti Figurative a Torino – Emporium n° 329 – giugno 1922

G. Nicodemi – Quadriennale di Torino – Emporium n° 340 – aprile 1923

E. Quadrone – La Quadriennale Torinese - Gazzetta Del Popolo – Torino 14 aprile 1923

E. Zanzi – Esposizione Sociale Circolo degli Artisti – Torino 1926 – Emporium n°386 -  febbraio 1927

E. Zanzi – 11a Esposizione Sindacale Piemontese – Emporium n° 426 – giugno 1930

AA.VV. – Arte Italiana per il Mondo – Edizioni  Celit – Torino, giugno 1974

R. Guasco – Il Pittore Alessandro Lupo – Editrice Torinese – Torino, maggio 1978

E. Bellini – Pittori Piemontesi dell’Ottocento e del 1° Novecento – Edit. Lib. Piemontese – Torino 1998 –

F.Fabiano/F.Sottomano – Testimonianze d’Arte – Gall. La Finestrella – Canelli, sett. 1999

G. L. Marini – Alessandro Lupo “Un colorista del Novecento” – Centro Saint Benin, Aosta dicembre 2001/aprile 2002