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Ivo Gemelli (Milano 1897 – Torino 1964) 

 

  

 

 

Ivo Gemelli - Adolescente. Alessandria, Collezione privata.

 

 

Nel mese di novembre del 1933 su A B C rivista d’arte, Giovanni Reduzzi (pittore, scultore  e critico d’arte) presentando Ivo Gemelli scrisse: “Parliamo di un giovane pittore che vive ed opera nel suo tempo, come molti altri, in piena comprensione delle discipline e nel tacito compimento dei più alti e più duri doveri dell’uomo e dell’artista. Ivo Gemelli non procede a suon di trombe e di tamburi ne salterella ognor plaudente al seguito dei santoni dell’arte e della critica. Preferisce la vita densa di rischi, le ansie le gioie intime pure schiette dell’artista operoso e forte della propria umiltà e dignità alla gloria facile e fuggente attorno alla quale a legioni si affannano colleghi di ogni età e di ogni stile”. Questo “incipit” ci dice già ampiamente di che pasta fosse il nostro artista. Ivo Gemelli nacque a Milano il 12 agosto 1897 secondogenito (Bruno primogenito) di  Emilia Merlin e di Medico. I Gemelli (dinastia numerosa per lo più dedita al teatro) con lontane origini venete e con stimoli vari si trasferirono in Piemonte alcuni dapprima a Vercelli e successivamente a Torino. Nella città Sabauda il giovane Ivo compì i suoi primi studi ma alle porte incombeva la “Grande Guerra” ed egli poco più che diciottenne fu arruolato e chiamato a battersi sugli Altipiani, sul Pasubio e sul Basso Piave. A guerra conclusa in lui si manifestò un grande desiderio verso l’arte pittorica e chi meglio della Scuola del Gerbido poteva soddisfare le sue ambizioni. A Gerbido nel comune di Nichelino ai margini della campagna torinese, ospite a vita della famiglia Gachet operava un artista illustre: Vittorio Cavalleri assistito dal suo fidato discepolo Mario figlio del suo munifico benefattore. Formatosi a quella scuola rigida e severa il giovane Ivo divenne pittore nel senso più vero e completo del termine, accettando con dignità e per nulla scosso i primi insuccessi.

 

 

Ivo Gemelli - Mentone. Alessandria, Collezione privata.

 

 

Nel 1923 fece il suo esordio artistico partecipando con l’opera: -Preludio di primavera- alla Quadriennale della Promotrice di Torino. Giorgio Nicodemi recensendo la stessa sulla rivista Emporium di quell’aprile scrisse: “Le commoventi bontà della giuria, e delle diverse commissioni regionali, formate per lo più da artisti, i quali, come si sa, quando son chiamati a giudicare trovano le più deliziose e inattese severità e le più rare tenerezze per le opere dei colleghi, hanno spalancato le porte a numerosi giovani, i quali, visti attraverso le loro opere, riescono di vero e vivo interesse anche quando recano, come spesso avviene, il loro solo buon volere. E di questo certo nessuno può muover lamento: recano essi, accanto alle opere più note e più facilmente vedute altrove, le note di una freschezza emotiva leggiadra che si disegna cauta tra il consueto atteggiarsi di ogni esposizione nei due diversi campi degli artisti che corrono verso le credute novità, e di quelli che tengono fede alla tradizione e che qui quasi li unisse la dolce primavera torinese tutta palpiti teneri di verde nelle colline, nei giardini, nei viali, e di soavità rannuvolate di cielo, si uniscono con una serenità netta ed onesta”. Sempre nel 1923 fu presente alla Società Amici dell’Arte con due studi e presso la stessa fu ancora presente l’anno successivo con cinque disegni e tre oli titolati: Sulle rive del Po; Casanova al tramonto; Vita monastica. Nel 1925 si tenne a Biella la terza Esposizione Sociale “Per l’Arte” e Gemelli presentò: Pagliai e Paesaggio. Il futurista Fillia (Luigi Colombo) sul giornale fascista L’Impero di Roma (fondato nel 1923 da Mario Carli che fin dagli anni dieci del Novecento aveva stretto una profonda amicizia con Filippo Tommaso Marinetti aderendo al movimento futurista che all’arte abbinava anche la politica) scrisse: “…Paesaggi composti con un equilibrio cromatico molto sicuro e di una tecnica che rivela delle qualità personali evidenti”. Nel 1926 all’Esposizione Nazionale della Promotrice di Torino espose: -Luci di un monastero- citato da tutti i recensori della stessa e sempre in quell’anno entrò a far parte del Circolo degli Artisti di Torino dove per l’occasione presentò tre dipinti denominati: -Studi di Coazze- che il critico d’arte Emilio Zanzi segnalò come: “…tra le opere più ammirate presentate dai giovani artisti”. Nel 1927 allestì una mostra personale a Biella visitata con grande ammirazione e sempre in quell’anno a Torino la “Società Giovane Montagna” organizzò una mostra dedicata a fotografi e pittori alpinisti: tra questi ultimi figurarono Carlo Follini, Giuseppe Grassis, Decoroso Bonifanti, Vittorio Piano, l’avvocato sandiamianese (San Damiano D’Asti) Vittorio Daneo, i divisionisti Don Angello Rescalli e Ernesto Barbero e naturalmente il nostro Ivo che la critica definì: ottimo pittore e alpinista audace. A proposito di nevi, alcuni anni fa un amico mi sottopose la visione di un dipinto raffigurante un pittore piantato nella neve col suo cavalletto e impugnante il pennello. Il mio interlocutore mi disse che l’artista era stato riconosciuto come Cesare Maggi ma il volto segaligno di Maggi con appuntati due sottili baffetti, non trovava riscontro con quello tondeggiante e sorridente dello sconosciuto, sul capo del quale una fitta e nera capigliatura (suo vanto) tirata all’indietro in bell’ordine e trattenuta da una lucente brillantina, mi diceva che non poteva essere altri che lui: Ivo Gemelli. Lo storico dell’arte Marziano Bernardi sulla Stampa di Torino del 18 maggio di quell’anno tra l’altro scrisse: “Per Lui il vero è ancora la guida sicura, il maestro da interrogare di continuo e i cui precetti vanno diligentemente annotati e il Gemelli infatti annota, instancabilmente”. E a riguardo del “Vero” Gianfranco Bruno ha scritto: “Sulla scia delle grandi innovazioni in Francia, i pittori scoprivano il “Plein Air” presto assurto, da modalità inizialmente rivoluzionaria a innovativa del fare arte a condizione creativa imprescindibile affinché la pittura potesse proporsi come riflessione poetica, ogni volta assolutamente individuale e quindi unica del pittore davanti al “motivo”. Nasceva un’arte “democratica” la cui portata fu immensa al punto da consentire non solo gli straordinari esiti della pittura di “macchia” dei vari paesismi delle scuole regionali dai napoletani al gruppo ligure-piemontese di Carcare e di Rivara, ai pittori veneti e di altre scuole, ma tale da travalicare il secolo resistendo oltre l’avvento delle avanguardie italiane della pittura, che anzi dal naturalismo, per superarlo, oppure per elaborarne le forme in un vasto orizzonte di interessi per la cultura europea, partirono”. Il 1927 fu anche il centenario della nascita di quel grande politico e alpinista che portava il nome di Quintino Sella e nell’infiocchettata Biella nei locali di Palazzo Ronco su iniziativa degli industriali lanieri si tenne una mostra di pittura titolata “La Pecora” allestitori della quale furono i pittori Giuseppe Bozzalla (biellese) e il presidente del Circolo degli Artisti di Torino, l’avvocato/pittore Felice Gherzi Paruzza (proveniente da una nobile e ricca famiglia di Alba). I partecipanti furono una cinquantina e il Gemelli presentò un elaborato del quale conosciamo solo il titolo: “Il primo artefice”. Intanto Bruno Gemelli (fratello maggiore del nostro) dopo aver compiuto un brillante percorso politico ed essere successivamente entrato nella carriera diplomatica, nel 1928 fu inviato dapprima in Argentina poi in Bolivia e Venezuela con l’incarico di console generale. Per Ivo l’occasione fu propizia per  visitare l’America Latina; dapprima in Argentina poi in Brasile dove si trattenne sino al 1930. A San Paolo del Brasile ebbe modo di conoscere artisti italiani che là avevano messo radici e primo fra tutti Bigio Luigi Gerardenghi (Dronero 1876 – San Paolo del Brasile 1957) che giuntovi nel lontano 1923 teneva Scuola di Pittura assieme ad Antonio Rocco (Amalfi 1880 – S. Paolo del Brasile 1944) e altri. A San Paolo oltre a dipingere il paesaggio locale, si distinse per la sua abilità ritrattistica tanto da conquistarsi il plauso dell’evoluta critica locale. Fra i tanti ritratti eseguiti, meritarono un elogio sui giornali, quelli della signora Tina Lazzati di Rosita Goncalvez di Donna Marisa Hernandez e di Dino Crespi per il Circolo Italiano.

 

 

Ivo Gemelli - Paesaggio con figura, 1931. Bra, Collezione privata.

 

 

Nel 1930 la Casa Editrice Artisti D’Italia di Milano dette alle stampe I Pittori Italiani Dell’Ottocento - Dizionario Critico e Documentarioa firma di Agostino Mario Comanducci, con lo scopo di divulgare l’arte e la conoscenza degli artisti operanti mostrando anche alcune loro opere. Sempre per promuovere questa iniziativa, nel 1932 dal 17 maggio al 18 giugno presso la Galleria d’Arte Codebò di Torino sita al civico 4 di via Po, Agostino Mario Comanducci presentò un primo gruppo di opere di pittori citati nel suo Dizionario. Tra i ventidue artisti proposti (tra i quali con sette opere figurava anche l’albese Giovanni Rava) Ivo Gemelli fu presente con cinque dipinti titolati: Estate; Vecchia strada di Pollone; Un momento di sosta; Sul muricciuolo della villa; Mucca in riposo. Tornato in Italia memore dei successi ottenuti in America Latina l’eco dei quali aveva varcato l’oceano consolidandone anche in patria la sua reputazione; deciso e forte nel suo carattere come sempre, Ivo Gemelli si rituffò nel suo lavoro che tendendo ormai alla semplificazione ne aveva ridotto la descrittività a favore di una pittura basata di più sui ritmi interni dei toni e delle masse cromatiche. Nel mese di ottobre del 1933 allestì una personale presso le sale del Circolo Degli Artisti di Torino e l’acuto recensore sulla Stampa di quella città scrisse: “…Ivo Gemelli la cui sensibilità artistica si rivela attraverso un’armoniosa e delicata gamma di colore, nell’originalità del taglio del quadro, e in un senso di poesia che si sprigiona da tutti i suoi dipinti”. Giovanni Reduzzi a proposito scrisse: “Un senso di poesia profonda, un’ampiezza solenne racchiudono gli elementi naturali fusi in una musicalità ora tenue carezzevole ora vigorosa e squillante calda come i raggi del sole sfolgorante sulle nevi e sui campi. La mistica bellezza del –sentire-“. Nel 1934 all’età di trentasette anni, Ivo condusse all’altare a Torino Berta Bernhardt (conosciuta a Buenos Aires durante il viaggio in America Latina) facendola sua sposa. Nel mese di febbraio del 1938 a Milano presso Casa d’Artisti furono allestite contemporaneamente due personali: Ivo Gemelli e i suoi oli e Giovanni Muller (1890 – 1970) con le sue xilografie. Vincenzo Bucci sul Corriere Della Sera, tra l’altro scrisse: “Ma la mostra ordinata ora a Casa d’Artisti, isolando dai saggi di figura la produzione paesistica, ne sottolinea meglio i caratteri e le qualità. Gemelli –ed è questo uno dei suoi meriti- ha saputo sottrarsi al fascino delle mode volubili, senza tuttavia attardarsi in posizioni, come suol dirsi superate”. Gli anni successivi lo videro presente alla Promotrice di Genova e alle Promotrici di Torino che per motivi vari furono ordinate: nel 1939 nella palazzina al Valentino, nel 1945 presso il Salone della Stampa e infine nel 1946 presso le sale dell’Accademia Albertina.

 

 

Ivo Gemelli - Quiete, 1947. Alessandria, Collezione privata.

 

 

Nel 1962 nel mese di dicembre allestì una Personale presso la Galleria La Garitta di Bergamo e sempre nello stesso mese fu presente alla IV “Mostra della Tavoletta e del Bronzetto” allestita dall’Associazione Piemonte Artistico Culturale. Scomparse prematuramente a Torino il 28 marzo 1964. Nel 1966 l’opera “Genova” (riprodotta in catalogo) fu esposta alla 104° Mostra della Promotrice di Torino.

 

Ivo Gemelli - Il bucato. Già mercato antiquario.

 

 

A ricordarne la figura, nel 1967 la galleria La Scaletta di Torino ordinò una Mostra Commemorativa, comprensiva di oltre sessanta opere. Nel mese di marzo del 1975 la Galleria Berman di Torino propose una mostra titolata: Dipinti scelti di Ivo Gemelli. In quell’occasione il critico d’arte Antonio Oberti scrisse: “Ivo Gemelli pittore d’intuito, investe dunque le sue opere di una sincerità immediata e spontanea. Nelle sue descrizioni c’è il genuino senso delle cose viste con ottimismo e con fiducia e allora forme e colori e piani assumono un senso, trasmettono quel silenzioso messaggio di sincerità e di abbandono, quel sapore di armonia di chi non ha mai perso il gusto delle più autentiche e genuine passioni e corre dietro al tempo senza fretta, prima che le lunghe ombre lo avvolgano nel silenzio, ma non nell’oblio del tempo”.

 

 

Flavio Bonardo  (sabrotu@yahoo.it)   

 

 

 

Bibliografia:

G. Reduzzi – Artisti Contemporanei: Ivo Gemelli – ABC Rivista d’Arte – Torino nov. 1933;

A. Oberti – Ivo Gemelli – Arte Italiana nel Mondo – Edit. Celit – Torino 1978;

E. Bellini – Pittori Piemontesi dell’800 e del I° Novecento – Edit. Libreria Piemontese – Torino 1998;

G. Bruno/F. Sottomano – Ivo Gemelli – Galleria d’Arte La Finestrella – Canelli mag/giu. 2004.