Saverio Gatto (Reggio Calabria, 1877 - Napoli, 1959 )
Zio del poeta Alfonso Gatto, scultore e pittore, fu una delle personalità tra le più affascinanti e complesse del panorama artistico del suo tempo. Negli anni della prima giovinezza fece il marinaio a bordo di un barcone che navigava nel Mediterraneo; successivamente iniziò gli studi nella città dello stretto e divenne aiuto dello scultore Giuseppe Scerbo. Nel 1898 si trasferì a Napoli, dove fu alla scuola di Achille d’Orsi e di Michele Cammarano. Espose per ben cinque volte al “Salon” di Parigi (1906, con Testa di fanciulla, 1907, 1908, 1909, 1911) e poi in tutto il mondo: Monaco; Milano, 1910, con Impertinente; Barcellona, 1911, con Testa di ragazzo che piange, opera premiata; Bruxelles; Santiago, con Sonno tranquillo; Lione; Roma, con La camicia; Firenze, 1922, con Provocatrice, Donna con ventaglio, Suonatrice di chitarra. All’inizio della carriera seguì un indirizzo ellenistico-barocco (La spina, Il centauro e la ninfa, Donna che si cava la camicia, 1912, ritenuta un capolavoro da Sergio Ortolani); quindi si ispirò al mondo della mitologia (La ninfa e il satiro, Il centauro ferito, Andromeda). Tra il 1910 e il 1920 ebbe una fase espressionistica, modellando una serie di mendicanti e di prostitute e alcuni ritratti. Nel 1910 fu presente, con l’opera Offesa, “che designa un felice temperamento di scultore” (A. Lancellotti) alla Biennale di Venezia (alla quale partecipò per altre sette edizioni: 1920 - con una scultura; 1922 - con due sculture; 1924 - con una scultura; 1926 - con una scultura; 1928 - con una scultura; 1930 - con due sculture, Le amiche, gesso, e Ritratto di Libero Bovio, bronzo, e una cartella con disegni e incisioni; 1952 - con due disegni); nel ’13 alla Mostra di Napoli col Gruppo Secessionista dei Ventitrè (assieme a Curcio, Villani, Galante). Nel 1914 conobbe Boccioni, di cui divenne amico. Prese parte alle Biennali di Reggio Calabria del 1920 (con i bronzi Busto di Tommaso Campanella, Bimbo che ride e bimbo che piange), del 1924, dove fu premiato, del 1926, del 1949 con tre bronzi, Testa di ragazza, Delfino, toro e donna, Testa di ragazzo ridente (l’ultimo a Reggio Calabria, palazzo Foti Amministrazione Provinciale); alle Esposizione di Belle Arti della Società Amatori e Cultori di Roma del 1917, con L’attesa, Il fardello; 1922, 1926; alla Quadriennale di Torino del 1923; alla I Quadriennale Nazionale d’arte di Roma del 1931, con l’opera Gianna e alla VI del 1951/’52, con tre bronzi, Toro, Le quattro giornate di Napoli (1943), Europa. Le sue prime opere pittoriche, di grandi dimensioni, sono del 1920. Assieme a Brancaccio Ciardo Scorzelli fece parte (1927) del Gruppo Flegreo, specie di comitato di salute pubblica dell’arte napoletana, che si riuniva al Vomero nella villa del suo presidente, Giuseppe Casciaro; nel ’27 fu invitato a Fiume, all’Esposizione Fiumana internazionale. Dopo il 1930 dipinse in chiave tonale e naturalistica. Nel 1940 fu presente alla Sindacale napoletana; e nel corso degli anni ’40 frequentò il gruppo di intellettuali, Gino Doria, Riccardo Ricciardi, Raffaele Viviani, Eduardo De Filippo, Vasco Pratolini, Renato Guttuso, Gaspare Casella, Antonello Trombadori, che si riuniva a Villa Lucia, da Paolo Ricci, il pittore comunista napoletano. Negli anni della maturità fu a contatto di Luigi Crisconio, entrambi protesi a un rinnovamento delle arti a Napoli. Nel 1953 fu invitato alla Prima Rassegna delle Arti Figurative nel Mezzogiorno, promossa dalla “Salvator Rosa”, a Napoli. Sue opere sono conservate nella Galleria Comunale d’arte moderna e contemporanea di Roma (Il fardello, terracotta policroma, h. cm 67); nel Museo di Capodimonte di Napoli (Bambino che piange, bronzo). Fu anche autore di busti (Tommaso Campanella, per una piazza di Reggio Calabria; Giosuè Carducci, per Napoli) e di monumenti (Monumento ai caduti, 1923, Muro Lucano). Nel 1993 sue opere nella mostra "Scultura Italiana del primo Novecento", Savona, Fortezza del Priamàr, catalogo a cura di Vittorio Sgarbi, Grafis edizioni; e alla rassegna "La Divina Bellezza", Complesso del San Giovanni, Catanzaro, 2002. Il comune di Napoli gli ha dedicato una strada.
BIBLIOGRAFIA:
Emilio Lavagnino, L’Arte Moderna, Utet. Torino, 1954
Mario Maiorino, Una scultura campana, Ist. Grafico ed. italiano. Napoli, 1984
Giannelli (op. cit.)
Thieme/Becker (op. cit.)
A. Panzetta, Dizionario degli Scultori Italiani dell’Ottocento e del primo Novecento. Allemandi, Torino, 1994
Arte a Napoli dal 1920 al 1945. Gli anni difficili. Electa, Napoli, 2000
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