Dolores Del Giudice
Fortunato Depero (Fondo in Val di Non, 1892 - Rovereto,
1960)
Solitamente annoverato come uno dei maggiori esponenti della "seconda generazione futurista Fortunato Depero si è però distinto per il suo stile singolare e riconoscibilissimo, nonché per le audaci ricerche compiute mediante disparati linguaggi espressivi. Nato il 1892 a Fondo, paesino ubicato in cima alla Val di Non in Trentino, si trasferisce giovanissimo a Rovereto dove si iscrive alla Scuola Reale Elisabettiana, un istituto superiore a indirizzo di arti applicate. Risalgono a questi anni i primi prodotti d’arte pervenutici di Depero, dei disegni veristi a inchiostro di china di fattura scolastica realizzati nel 1907, a soli quindici anni. Fondamentale per la sua formazione è il soggiorno a Torino nel 1909 dove segue un corso di scultura e conosce Canonica. Rientrato a Rovereto inizia a lavorare presso il marmista Scanagatta dove sviluppa una sensibilità plastica che caratterizzerà tutta la sua produzione futura. Al periodo prefuturista appartiene il suo primo libro Spezzature, pubblicato nel 1913, una raccolta di poesie, prose e pensieri vicine all’immaginario decadente, mentre i disegni di gusto grottesco rimandano a Goya, Daumier e Alberto Martini. Da iscriversi al realismo sociale e al simbolismo sono i disegni esposti sempre nel 1913 alla Libreria Giovannini di Rovereto, figure scultoree e massicce sulle quali più tardi attuerà un lavoro di semplificazione verso soluzioni geometrizzanti. Determinante per il suo rinnovamento pittorico è il soggiorno a Roma sul finire dell’anno. Qui visita la mostra di Boccioni e ne rimane fortemente colpito, nascono da questo incontro opere di transizione come Ritmi di ballerina + clowns, in cui il dinamismo futurista è pienamente recepito, ma la pittura pastosa, lavorata con le dita, tipica dell’area alpina non è ancora stata raffinata dall’artista. Questo avviene nel febbraio del 1914 quando inizia a frequentare la Galleria Futurista ed incontra Marinetti e Balla; quest’ultimo in particolare, la cui influenza è ravvisabile nello studio e nell’analisi del movimento in Scomposizione di bambina in corsa del 1914, lo indirizzerà verso una pittura più asciutta distesa a superfici compite e con l’uso delle vernici anziché dell’olio. Divenuto uno degli allievi di spicco di Balla alla fine del 1914 entra a far parte del gruppo dei pittori e degli scultori futuristi e nel 1915 è artefice insieme a Balla del Manifesto Ricostruzione futurista dell’universo; nel programma alquanto ambizioso il futurismo travalica gli angusti confini della pittura e della scultura e volge alla creazione di un’opera totale di coinvolgimento ambientale. Tale dottrina trova piena espressione nei suoi "complessi plastici" che mescolano cinetica e rumorismo. Tra il 1914 e il 1916 realizza un gruppo di opere non figurative, quasi tutte disperse eccetto Movimento d’uccello 1916 e Ciz-Ciz-guaglia 1915, emblematiche di un’astrazione analogica che rifugge da basi "non oggettive", bensì trae origine dal mondo animale e vegetale. Con l’entrata in guerra dell’Italia si arruola volontario e va al fronte, ma presto si ammala e viene esonerato per motivi di salute. Poco dopo il suo rientro a Roma, nella primavera del 1916, si inaugura la sua prima vera personale futurista dove espone più di duecento opere tra olii, disegni e collage di stile astratto, oltre a costruzioni plastiche, tavole di canzoni rumoriste e canzoni "onomalingua" (un linguaggio di sua invenzione). In questi lavori è ancora chiara l’influenza di Balla, ma è del tutto personale quel vigoroso plasticismo che infonde alle grandi campiture a tinte piatte dei suoi soggetti. Tra il 1914 e il 1916 realizza numerosi disegni a china simili a delle xilografie che attestano la conoscenza della grafica espressionista, tuttavia risolti elaborando un proprio codice grafico riconoscibile come stile deperiano. Egli abbandona definitivamente le sperimentazioni astratte nel 1916 quando inizia una serie di lavori figurativi a collage di carte colorate, di cui ci rimane solo la Donna + rosario, nonostante le prime sperimentazioni in senso figurativo siano coeve alla produzione astratta, in Kikigolà del 1915 la forma del gallo appare infatti riconoscibile. Sempre nel 1916 si avvicina al teatro sperimentale con Mimismagia, del quale ci rimangono alcuni bozzetti di progetto dei costumi, e verso la fine dell’anno conosce Diaghilev, l’impresario dei Balletti Russi, che gli commissiona la realizzazione delle scene e dei costumi plastici per Il canto dell’usignolo con musiche di Stravinskij, ed inoltre quelli di Il giardino zoologico di Cangiullo su musiche di Ravel; entrambi gli incarichi non saranno portati a termine nei tempi previsti. I bozzetti dei costumi realizzati a collage di carte colorate desteranno l’attenzione di Picasso che chiede il suo aiuto per realizzare i costumi di Parade. Molti dei panni colorati acquistati da Depero per i costumi dei Balletti Russi, e poi rimasti inutilizzati, vengono riciclati per realizzare dei "collage di stoffe colorate" incollati su dei supporti in cartone, e poco dopo nasce l’idea dei "quadri in stoffa" impropriamente chiamati arazzi, ove le stoffe colorate vengono cucite su tela grezza per lenzuola. Nel 1917 illustra il libro Un istituto per suicidi del poeta svizzero Gilbert Clavel, che sarà artefice insieme a Depero della coreografia dello spettacolo I Balli Plastici messo in scena al Teatro dei Piccoli di Roma nel 1918, opera sperimentale in cui attori e ballerini sono sostituiti da marionette di legno. I personaggi robotizzati dei Balli Plastici diventeranno i protagonisti di un nuovo ciclo pittorico: l’artista trasferisce sulla tela, e più tardi su cuscini ed arazzi, queste forme meccaniche, dal plasticismo vigoroso e dal cromatismo acceso, che ritroviamo in alcune delle sue opere più note quali La grande selvaggia 1917 e Rotazione di ballerina e pappagalli 1917-18. Nel 1919 tiene una personale da Bragaglia a Roma ed espone accanto a De Chirico, Carrà, Ferrazzi ed altri al Kursaal di Viareggio. Successivamente realizza dei quadri, La casa del mago e Lettrice e ricamatrice automatiche, in cui associa stilemi propri della metafisica a un gusto per il magico e il meccanico di sapore prettamente deperiano, che testimoniano il contributo del tutto singolare dato dall’artista al futurismo. Nella tarda primavera del 1919 ritorna a Rovereto dove fonda la sua Casa d’Arte Futurista, un laboratorio per la produzione di arazzi, mosaici, vetrate, giocattoli, soprammobili, mobili e cartelli pubblicitari, che rimarrà in attività sino all’inizio degli anni Quaranta. L’anno successivo ottiene importanti incarichi: due grandi arazzi commissionati da Umberto Notari, scrittore e direttore de "L’Ambrosiano", e una serie di cartelli pubblicitari per conto dell’agenzia I.I.I. illustranti i prodotti italiani promossi dalla Fiera Navigante nei porti del Mediterraneo. Il carattere versatile dell’artista impronta anche il suo stile, sempre pronto a registrare le ricerche del momento, questa volta è il Manifesto dell’arte meccanica di Panneggi e Paladini a trovare eco nei toni metallici e levigati che improntano la pittura degli anni Venti, rivisitando per l’occasione anche il dinamismo plastico bocconiano in Ciclista moltiplicato 1922. Nel 1921 Depero da libero sfogo al suo estro inventivo nei lavori di allestimento (realizza l’arredo e le decorazioni murali) del Cabaret del Diavolo, una sorta di bolgia dantesca frequentata da artisti, strutturato secondo un percorso discendente Paradiso-Purgatorio-Inferno. Viene inaugurato nel 1922, ma chiude poco dopo e il lavoro di Depero andrà distrutto. Nel maggio di quell’anno partecipa alla mostra futurista al Winter Club di Torino: la mostra viene pubblicizzata con un lancio di volanti ad opera di Depero e del futurista-aviatore Fedele Azari, sicuramente uno dei primi esempi di pubblicità aviatoria. L’anno successivo è presente alla I Biennale di Arti Decorative di Monza dove i suoi arazzi riscuotono grande successo. Nel 1924 si dedica nuovamente al teatro partecipando alla tournee del Nuovo Teatro Futurista, per l’occasione mette in scena al Trianon di Milano il balletto meccanico (o delle locomotive) titolato Anihccam del 3000 (dove "Anihccam" sta per "Macchina" letto a rovescio), noto per i famosi panciotti futuristi creati dall’artista e indossati sia da lui che dagli altri futuristi. Di estrema importanza è la partecipazione nel 1925 all’Esposizione Internazionale di Arti Decorative di Parigi che gli procura un discreto successo di vendita e contatti a livello internazionale. Nel dicembre tiene una personale nel foyer del Teatro des Champs Elysèes, nel 1926 partecipa alla prima mostra del Novecento a Milano, è presente all’Esposizione Internazionale del Teatro a New York, ed infine in Italia alla XV Biennale di Venezia. A partire dalla metà degli anni Venti nella sua pittura si intravedono nuovi cambiamenti: una luce inconsueta dalla duplice funzione modellante ed estraniante fa la sua comparsa in La lanterna 1926 e Coleottero veneziano, mentre la componente meccanica delle sue opere convive con elementi bucolico-folclorici in Fienagione ed Alto paesaggio d’acciaio 1927. Fra i vari interessi non va dimenticato quello per l’editoria che lo terrà occupato per oltre quarant’anni scrivendo e illustrando svariate pubblicazioni. Indubbiamente Il Depero futurista 1913-1927 (autocelebrazione di quasi tre lustri di attività artistica nel futurismo), noto come libro bullonato, è una delle realizzazioni più importanti, se non altro per l’originalità della rilegatura: due grossi bulloni (trovata dell’amico Fedele Azari, editore pure del volume). Riguardo ad arditezza il contenuto dell’opera non è da meno, parole e frasi sono disposte in varie direzioni e su vari tipi di carta, inoltre i testi non sono impressi a pacchetto bensì composti come figure geometriche, in forma circolare o quadrata o triangolare. Altrettanto innovativo è il Padiglione del Libro realizzato alla III Biennale di Arti Decorative tenuta a Monza nel 1927, perfetto esempio di architettura tipografica. Tra il 1924 e il 1928 si dedica con particolare intensità all’attività pubblicitaria. Lavora per moltissime ditte quali Verzocchi, Alberti, Bianchi, Linoleum, Rimmel, e molte altre ancora. Ma è con la ditta milanese della Campari che la collaborazione si protrae sino alla metà degli anni Trenta. Depero realizza una moltitudine di schizzi, collage di carte colorate, progetti per plastici pubblicitari, nonché cartelli pubblicitari ed oggetti come la lampada e il vassoio campari, solo per citarne alcuni. Nel 1928 vola a New York e subito tiene una personale alla Guarino Gallery, successivamente realizza le ambientazioni di noti ristoranti, coreografie e costumi per il Roxy Theatre, e collabora con le maggiori agenzie pubblicitarie e le più diffuse riviste di moda (copertine per Vogue e Vanity Fair). Mentre è in America il suo nome compare tra i sottoscrittori del manifesto L’aeropittura futurista. Rientrato in Italia nel 1930, l’anno dopo espone con il gruppo futurista alla I Quadriennale Nazionale d’Arte a Roma, collabora inoltre con alcuni articoli a diversi giornali quali "La Sera" e "Illustrazione Italiana". Ritorna a vivere a Rovereto dove lo stretto contatto con la realtà montana si riflette nelle opere che espone alla XXVIII Biennale di Venezia del 1932, in cui il cromatismo si fa esiguo, perlopiù tonalità monocromatiche, e i temi recuperano il folclore trentino: casolari, rustici bevitori e animali montani. Nella seconda metà degli anni Trenta sperimenta il Buxus, un materiale economico ideato per sostituire il legno nelle impiallacciature, con il quale realizza mobili e pannelli decorativi intarsiati con motivi ornamentali. Ritorna poi alla scrittura pubblicando la rivista "Dinamo futurista" (1933) e "Liriche Radiofoniche" (1934). Gli anni Quaranta si aprono con la corposa autobiografia Fortunato Depero nelle opere e nella vita (1940), e con il lavoro consenziente al regime fascista A Passo romano (1943), una raccolta di liriche"guerriere". Nel 1941 esegue un grande mosaico a Roma in vista dell’esposizione E42. Nel 1947 ritorna a New York, ma la città è cambiata, divenuta ostile al futurismo non accoglie più con entusiasmo la sua arte, nonostante ciò vi rimane due anni, e poi finalmente in Italia dove alla fine del 1950 lancia il Manifesto della pittura e plastica nucleare. L’attività pittorica continua ad essere intensa anche nel secondo dopoguerra, ove non propone nuove soluzioni stilistiche ma rivisita i temi e le modalità espressive del passato: l’atmosfera metafisica in Fiori inventati 1944, il dinamismo e l’analisi del movimento futurista in Colpo di vento 1947, e si ricorda di Balla nel fondale di Coppa del deserto. Negli anni Cinquanta allestisce ed arreda la sala del consiglio provinciale di Trento, ma la realizzazione più importante è certamente la Casa Museo Depero, fondata nel 1957 ed inaugurata nel 1959, unico esempio di un museo futurista. Sono opera di Depero anche i mosaici del pavimento, i pannelli dipinti ed i mobili che lo arredano. A questo patrimonio estremamente variegato l’artista affida la propria memoria quasi presagendo l’eminente morte: se ne andrà a Rovereto il 29 novembre del 1960. «[…] Depero è il fondatore di un sogno futuro, quello di snidare l’arte dal suo nascondiglio e portarla fuori, nel mondo, nel quotidiano!». (Intervista al maestro Ugo Nespolo)
Bibliografia: Maurizio Scudiero e Daniela Magnetti, Depero futurista, Milano, Electa, 2004.
Sitografia: www.depero.it
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